L’ingresso
dell’arte nella modernità, se si esclude il manipolo di pittori fiamminghi,
avviene tutto nel primo Quattrocento a Firenze, dove alcuni maestri rivoluzionarono
il modo di concepire artisticamente lo spazio, dando vita alla renovatio.
Già alla
metà del XIII secolo l’arte italiana aveva già incominciato a percorrere una
strada autonoma rispetto all’arte medievale e a quella gotica. In quella fase
va individuato il reale punto di svolta che portò alla nascita della moderna «arte italiana». I primi periodi
tuttavia furono soprattutto di incubazione e di sperimentazione e soltanto all’inizio
del XV secolo l’arte italiana giunse ad una vera maturazione, proponendo una
visione artistica pienamente innovativa che segnò l’inizio della modernità.
Alcune
opere architettoniche sono particolarmente esemplari.
Filippo Brunelleschi
(1377 – 1446) è l'architetto della straordinaria cupola di Santa Maria del
Fiore a Firenze, alla quale egli lavorò quasi ininterrottamente nel corso
di tutta la sua vita. Alta 105,5 metri da
terra e con un diametro di 51,7 metri, la modernità della cupola di Santa Maria
del Fiore consiste nella dimostrazione che l'uomo non è più
costretto ad imitare la natura, ma è capace di creare uno spazio umano che si rapporta con essa e si impone con la sua forza.
La cattedrale,
centro simbolico della vita cristiana e simbolo della nuova realtà storica, era
stata progettata da Arnolfo di Cambio in
forme imponenti e armoniose,
innestestando lo spazio longitudinale, diviso in tre
navate, sull'ampio coro a pianta centrale, dilatato da tre
grandi absidi.
Ai
tempi di Brunelleschi era già costruita fino al tamburo e
bisognava compiere una scelta difficile, decidendo se adeguarsi alla struttura
esistente oppure realizzare qualcosa di completamente nuovo. Ai tempi di
Arnolfo la tecnica costruttiva si basava sull'uso di grandi centine lignee che sostenevano
la struttura durante la costruzione: una volta impostata la chiave, la cupola poteva sostenersi
autonomamente, per mezzo delle spinte reciproche delle arcate. Esistevano
all’epoca maestranze specializzate che però nel corso del secolo si erano
perse. Agli inizi del
Quattrocento, quando i fiorentini affrontarono il problema di
voltare la cupola, forma e dimensioni risultavano
pertanto già decise e ribadite in tutta la loro eccezionalità.
Su un
diametro esterno di 55 metri essa si sarebbe dovuta innalzare fino a
110 metri dal suolo, seguendo la
forma dell'arco ogivale: il raggio di curvatura della cupola
negli spigoli doveva essere pari a 4\5 del diametro d'imposta.
Per
individuare la soluzione di un problema così complesso, in periodo di
crescenti difficoltà economiche, l'Opera del Duomo bandì un concorso per accogliere idee
e proposte esecutive.
La risposta data
da Brunelleschi apparve
subito una tecnica costruttiva del tutto nuova e pertanto vincente sotto ogni aspetto: due
calotte sovrapposte e collaboranti, innervate da costoloni marmorei e da catene
in ferro e in legno; una struttura autoportante in ogni fase dei lavori e
quindi un metodo costruttivo che non necessitava di costose e
forse irrealizzabili armature interne.
Un'opera così
innovativa non poteva più basarsi sull'esperienza delle maestranze:
l'architetto, unico responsabile del progetto, era chiamato a dirigere la
manodopera, la quale doveva semplicemente seguire le sue istruzioni. Dal punto
di vista formale la cupola, con la sua forma ogivale, compensava lo sviluppo
longitudinale della pianta e la raccordava col corpo ottagonale. A dispetto della
straordinaria mole, invece che gravare, la cupola sembra gonfiarsi nell'aria,
contenuta dalle nervature nitide delle arcate.
Quando Alberti
dice che la cupola «erta sopra e'
cieli, amplia da coprire con sua ombra tutti e' popoli toscani» ne comprende il significato più forte, che supera l’ambito
architettonico e urbanistico, ammettendo un significato decisamente ideologico.
La cupola di Brunelleschi, come elemento di conclusione e definizione
dell'unità architettonica, «è l'opposto del gotico moltiplicarsi delle forze
verso l'alto con le numerose, esili guglie libere nello spazio» (Argan).
Intorno al 1430
Brunelleschi realizzò alla base della cupola le tribunette che dovevano darle leggerezza e nel 1432 la lanterna.
Molti
aneddoti hanno contribuito a tramandarci l'immagine di Brunelleschi come
di un isolato, che gisce con la
fermezza di chi trova i motivi di riferimento e la saldezza di una dottrina
nella forza della ragione e nella consapevolezza di quei valori scientifici e
conoscitivi.
Sulle
vicende di quest'opera, che divenne subito il simbolo più clamoroso della
Rinascenza fiorentina, è stata scritta una grande quantità
di testi, ma ancor oggi è un mistero come Brunelleschi abbia potuto concepirla
nella totale assenza di riferimenti a precedenti analoghi. In realtà l'invenzione di Brunelleschi parte
da conoscenze specifiche e ben individuabili nell'esperienza che egli ha certamente
di edifici pur concettualmente, strutturalmente e cronologicamente lontani tra loro,
come il fiorentino battistero di San Giovanni,
il Pantheon o il Duomo di Pisa.
Il cosiddetto
dispositivo, il programma per la
costruzione della cupola che Brunelleschi redasse nel 1420, è il solo documento
autentico giunto a noi: in esso appare evidente il senso della certezza che informa la sua
progettualità. Più che esprimere un programma egli enuncia il progetto impartendo
disposizioni esecutive. Nei dodici punti da lui elencati è contenuta
già l'opera finita, ma c’è anche di più vi sono indicate persino quelle
variazioni, incidenti e aggiunte che si dovranno fare, perché "nel murare la pratica insegnerà quello
che si avrà a seguire".
Il dispositivo brunelleschiano è un
documento di straordinaria modernità: esso è già il progetto poiché
prevede una serie di operazioni e il modo di attuarle.
La
cupola per altezza e per volume domina il panorama dell'intera città. Occupa quasi
il centro geografico di Firenze e della sua vallata e ne costituisce il punto
di riferimento e il perno. Nella sua imponenza c'è uno straordinario accordo
con la città e soprattutto con i monti circostanti: l'opera, pur dominando la
natura, non la stravolge, ma la esalta mettendosi in relazione con essa. La
cupola dunque rappresenta, nel modo più evidente, l'idea
rinascimentale dell'uomo, padrone in virtù della ragione, dell'ambiente
circostante, non per conquista, ma per accordo naturale.
E
proprio per l'intervento di Brunelleschi che Firenze, pur essendo ancora in
sostanza medioevale, si propone sempre fino ad oggi come città rinascimentale.
Massimo Capuozzo.
Il genio compreso quello notevole di Brunelleschi spesso si manifesta attraverso processi ricorsivi, giochi di specchi. Così come con le tavolette prospettiche dove il punto di fuga veniva a coincidere con il punto di vista. E' la doppia cupola del duomo, una interna all'altra, di cui quella interna ne contiene una virtuale a sezione circolare, che ne ha garantito la costruzione autoportante senza uso di centine di sostegno. Infine la presenza della ricorsiva sequenza di Fibonacci nella costruzione. Cfr. Ebook (amazon) di Ravecca Massimo. Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo. Grazie.
RispondiEliminagrazie a lei per la squisita citazione
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