sabato 28 dicembre 2013

La Chiesa di San Pietro Apostolo a Cetara di Massimo Capuozzo

Il borgo marinaro di Cetara custodisce la Chiesa di San Pietro Apostolo –ben inserita nel nucleo edilizio più antico del borgo marinaro di Cetara, di cui è la chiesa principale – è un luogo dove si intrecciano tutte le popolazioni che sono passate per questi luoghi. 

Con il suo carattere ascensionale – nel centro urbano a breve distanza dal mare – sottolineato dal lanternino della cupola maiolicata e dal campanile, rappresenta sia per il suo innegabile simbolismo ideologico sia per le sue valenze figurativo–spaziali un forte polo visivo di riferimento.
La chiesa fu edificata alla fine del X secolo quando i Longobardi (?) di Salerno debellarono la comunità saracena che si erano insediati a Cetara e costruirono l’edificio sacro per testimoniare la superiorità della cristianità sui musulmani sconfitti.
Molto probabilmente la chiesa originariamente dovette essere dedicata a San Giacomo, ma in seguito fu dedicata a San Pietro Apostolo, Santo Patrono della città, protettore di tutti i pescatori, celebrato il 29 giugno con una grande processione.
La chiesa è ad unica navata, ma distrutta e ricostruita più volte nel corso dei secoli ha subìto numerosi cambiamenti: il corpo originario doveva essere molto più piccolo rispetto all’attuale fabbrica e coincideva probabilmente con l’attuale cripta, mentre l'ingresso era rivolto verso il contrario di oggi. L’unico elemento risalente alle origini è il campanile che presenta una base romanica è a base rettangolare nei primi tre ordini ed ottagonale nei due successivi e presenta bifore su ogni lato con una caratteristica cuspide ottagonale.
L'ingresso principale si apre su un sagrato lungo quanto la facciata della chiesa e largo circa tredici metri, posto alla sommità di una lunga scalinata. Un iscrizione marmorea posta sulla parete in fondo al sagrato A DIVOZIONE / DEI PADRONI E MARINAI PESCATORI / REDUCI DA ALGERI / 1898 rende immediatamente il genius loci dell'invaso spaziale.
La facciata in stile neoclassico risale alla sistemazione settecentesca, con una coppia di paraste con capitello ionico ai lati del portale.
Le linee del prospetto sono accompagnate sulla destra a lato del transetto dalla possente mole del campanile alto oltre 8 metri, a cinque ordini, a base rettangolare nei primi tre ed ottagonale nei due successivi, con monofore su ogni lato. Il primo ordine del campanile, di stile romanico, attesta una verosimile prima edificazione o riedificazione della chiesa intorno al X secolo, nel periodo in cui la Repubblica Marinara di Amalfi raggiungeva il massimo splendore.
La chiesa è stata ingrandita nel corso dei secoli con l’aggiunta di una costruzione sopra quella originaria e l’elevazione di una cupola maiolicata che è stata rivestita all’estradosso a metà degli anni ‘70 da ambrogette in ceramica di tipo industriale, che ripetono lo stile classico a losanghe gialle e verdi, separate da fasce realizzate con tondi bianchi e ocra, presente anche in altre cupole realizzate alla fine del XIX secolo nelle chiese di Positano, Vietri sul Mare, Praiano, Atrani e Maiori.
Ristrutturato nel XVIII secolo, oggi l’edificio si presenta in stile barocco ma l’intervento barocco è frutto di una sintesi storico-artistica che interpreta magistralmente l’arte del passato, rispondendo ai contenuti pittorici locali ed all’ambiente circostante.
La porta in bronzo statuario di Battista Marello[1] – sacerdote artista, autore di altre notevoli opere e portali – è stata realizzata saldando 18 lastre modellate con la tecnica a cera persa e fissandole al sottostante supporto ligneo. Raffigura l’apostolo Pietro, con le chiavi del Regno dei Cieli ed il fratello Andrea nell’atto di tirare le reti, dalle quali guizzano una miriade di pesci. Quasi nell’ombra, il Cristo domina nel registro superiore della porta: è colui che sovrintende alla pesca, che simbolicamente si riferisce ad una chiesa che cerca in ogni modo di salvare quanti più uomini possibile. L’opera, commissionata dal Comitato portale San Pietro apostolo, è stata inaugurata il 22 febbraio 2005.
L’interno, originariamente molto più piccolo e con entrata dalla parte opposta a quella attuale, è ad unica navata con transetto ad una serie di altari laterali. Lungo il lato destro è stata ricavata un camminamento che attraversa la serie di cappelle.
L'ambiente è interamente rivestito di intonaci e stucchi tratti dal repertorio tardo-barocco: paraste composite, con falsi capitelli corinzi dorati e fusto liscio affrescato ad imitazione del marmo, sono addossate alle pareti e reggono in alto una trabeazione con cornice molto sporgente, su cui si imposta la volta a botte che sovrasta la navata, coperta da una festosa e luminosa composizione a stucchi con motivi floreali sempre in stucco.
Passando agli altari laterali, a sinistra si trovano un altare di fabbrica, con stucchi decorati a effetto marmorino, dedicato all'Immacolata sul quale è collocata una tela di bottega campana raffigurante la Madonna Immacolata, risalente al XVIII secolo; al centro è posto il fonte battesimale in marmo bianco di bottega italiana del XVIII-XIX secolo, sul quale poggia un moderno elemento di chiusura in rame a sbalzo.
Il secondo altare a sinistra, di fabbrica rivestito con marmi, conserva inserita in una cornice una tela ad olio raffigurante la Madonna con Gesù Bambino in gloria.
Il terzo altare, anch'esso di fabbrico con rivestimento marmoreo, recante in basso la iscrizione FRANCESCO D'ACUNTO 1910, accoglie una statua lignea di bottega italiana della Madonna Addolorata, con vestimenti in seta; al di sotto della mensa è custodita una statua del Cristo morto, racchiusa in una teca.
Il quarto ed ultimo altare a sinistra è dedicato a san Pietro e custodisce, chiusa in una teca protetta dal vetro, il busto ligneo scolpito e dipinto del santo patrono. Le reliquie del Santo patrono furono acquisite dalla comunità di Cetara all’inizio del XVIII secolo, come documentato nella visita pastorale effettuata nel 1721 dall’Arcivescovo Bologna che segnalò la presenza della reliquia aprobata e del busto ligneo: Il busto, realizzato probabilmente tra il 1712 e il 1721, raffigura l’apostolo a mani giunte con uno sguardo estatico  rivolto verso l’alto, in un’intensa resa espressionistica e naturalistica del volto, eloquente manifestazione di religiosità popolare. Alla sua destra il gallo in argento di scuola napoletana, in stile naturalistico – alto circa 31,5 cm – rievoca il triplice rinnegamento che egli fece successivamente all’Ultima Cena.  La scultura in legno dipinto è completata da un’aureola in argento sbalzato e da un collare che regge il castone contenente la reliquia.)
Lungo il lato destro si sviluppano quattro cappelle, rese comunicanti tra loro.
La prima cappella a destra ha un altare con tela  raffigurante la Madonna con bambino fra i SS. Ignazio e Francesco di Paola.
La seconda cappella a destra, conserva una tela raffigurante Il transito di san Giuseppe”.
La terza cappella a destra ha un altare sulla cui mensa è collocato un quadro della Madonna del Rosario di Pompei. 
Sul quarto altare è allocato il busto in legno dipinto di s. Vincenzo Ferrer.
Il presbiterio, rialzato di due scalini e chiuso da una balaustra marmorea, ospita al centro l'altare maggiore settecentesco, con decorazioni ed intarsi policromi, arricchito da due pregevoli  putti capoaltare in marmo bianco e una mensa eucaristica in marmi policromi, realizzata negli anni '70 per la nuova liturgia.
Molto bella è la vetrata istoriata disegnata da Padre Tarcisio Musto che orna il tamburo della cupola realizzata nel 1993. La vetrata combina l'immagine della cupola di S. Pietro a Roma con una veduta cetarese della torre, della chiesa e dell'arenile con le barche, ricorda l'episodio evangelico avvenuto sul lago di Tiberiade dopo la Resurrezione, quando il Cristo Risorto appare agli apostoli e per tre volte interroga Simon Pietro chiedendo "mi ami più di costoro?" ed invitandolo a "pascere gli agnelli".
Il busto di San Pietro, realizzato probabilmente tra il 1712 e il 1721, raffigura l’apostolo a mani giunte con lo sguardo rivolto verso l’alto con intensa espressione. Completano la statua il gallo in argento di scuola napoletana, un’aureola in argento sbalzato ed un collare che regge il castone contenente la reliquia. Un vero gioiello artistico, espressione di una cultura marinara, che riporta al rapporto fra uomo e mare. La statua, dieci giorni prima della festa patronale, viene portata sulla riva per ricevere il cosiddetto bagno, ovvero gli spruzzi d’acqua di mare da parte dei bambini, quale rito propiziatorio per una pesca abbondante. Durante la festa del 29 giugno la statua è collocata su un gozzo di legno ornato con fiori, trasportata a spalla per il paese al suono della banda. Giunta in località Marina, viene posta sotto il cappellone, costruito con bellissime luminarie, per la funzione sacra, poi, a passo di danza i portatori la conducono per tre volte verso la battigia per la benedizione del mare, fra gli applausi della folla radunata sulla spiaggia, alla quale si aggiungono centinaia di barche ancorate per l’occasione nella baia di Cetara. In seguito la processione ritorna verso la chiesa di San Pietro, dove avviene il rituale della corsa lungo la scalinata.
Una tradizione che gli abitanti di Cetara continuano nel nome di quella fede antica alla quale la gente di mare si affida con la semplice spontaneità del suo cuore.
Sul lato sinistro ci sono due lapidi.
Una lapide bilingue in latino e in araboemblematico esempio di come l'arte e la cultura riescano spesso a integrare culture e culti, elevando l'anima e la mente umana oltre le dispute terrene e gli antagonismi religiosi – che commemora Grandenetto d’Aulisio, che vi è sepolto, un eroe di Cetara protagonista della liberazione del principe Federico d’Aragona fatto prigioniero dai baroni di Salerno nel 1484, durante la Congiura dei Baroni.
Una lapide commemora Gennaro Parlati, curato di Cetara passato poi al servizio di Pio IX Mastai Ferretti.
All’interno della chiesa si deve segnalare l’antico organo da poco ristrutturato.

Massimo Capuozzo

[1] BATTISTA MARELLO – Battista Marello, sacerdote artista, di origini casertane, nato nel 1948, ha il suo studio nel centro storico di Caserta e il suo "pensatoio" al Belvedere di San Leucio, dove, alla cura del suo piccolo gregge, affianca un lavoro di ricerca sulle tematiche dell’arte sacra contemporanea, soprattutto come scultore.
All’iniziale contatto con gli ambienti artistici dell’area napoletana, si aggiunge la prolungata frequentazione dello studio romano di Pericle Fazzini, fino agli anni ’80.
Le tappe più significative sono le mostre allo Studio Oggetto di Caserta, la partecipazione con Gallerie campane alle "Expo arte" di Bari, la trasmissione di Emanuela Falcetti "Un parroco artista", Rai1 1990, la personale presso la Galleria San Fedele di Milano, dello stesso anno, la mostra "Don Battista Marello: Bilder Zeichnungen", alla Galerie Jesse, Bielefeld (Germania), nel 1991. Inoltre la mostra "Apparizione", dedicata e inaugurata da Giovanni Paolo II a Caserta, 1992, e il portale in bronzo per la chiesa di Valeggio di Verona, consacrata da Papa Benedetto XVI nel 2006, sono due degli accadimenti più rimarchevoli che hanno segnato sino ad ora il suo percorso artistico.
Tra le ultime significative opere vanno annoverate le porte bronzee per Cetara presso Amalfi, per la cattedrale ottocentesca di Caserta e quelle per il Duomo duecentesco di Caserta Vecchia, la Madonna della Salute ai piedi delle Dolomiti, la Colonna di Fuoco antistante la Cattedrale di Sessa Aurunca. Inoltre tra le realizzazioni di numerosi spazi liturgici, è da ricordare quella relativa al progetto nazionale prescelto della Conferenza Episcopale Italiana per la realizzazione di una nuova chiesa in Italia, anno 2007.

3 commenti:

  1. per maggiori dettagli consultare il testo a colori Vincenza De Vita, La Chiesa di S.Pietro apostolo a Cetara. Le porte in bronzo di Battista Marello, Gutenberg Edizioni, 2008.

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  2. La seconda foto raffigura la facciata della Chiesa di San Francesco che si trova a poca distanza dalla Chiesa di San Pietro

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