lunedì 12 maggio 2014

Capri e le sue Cattedrali di Nello Iovine e Titti Cascone

L'isola di Capri è situata nel golfo di Napoli e nel golfo di Salerno, tra la penisola sorrentino-amalfitana. Nel 476 d.C. con la fine dell’età imperiale Capri ritornò a far parte dell’orbita napoletana. In questo stesso periodo l’isola fu anche vittima delle scorrerie e dei saccheggi da parte di pirati.
Nell’886 Capri passò sotto il dominio di Amalfi per decisione dell’imperatore Ludovico II, il quale, desiderava premiare gli amalfitani per i servigi offertigli, durante la lotta contro i saraceni, nella liberazione del vescovo di Napoli Atanasio, imprigionato in Castel dell’Ovo da Sergio II duca di Napoli.
Sergio II era molto giovane quando aveva ereditato il ducato di Napoli e non ascoltava i consigli del santo Vescovo suo zio: non volle infatti sottomettersi a Ludovico II, padrone di quasi tutta la penisola, rinchiuse tutti gli zii compreso il Vescovo, congiura che fu ordita da sua suocera.
Atanasio trovò rifugio sull’isolotto del Salvatore (Castel dell’Ovo), non rinunciando alla carica episcopale così come voleva il nipote. Allora il Duca con la sua milizia, tra cui si contavano molti saraceni, ordinò di assaltare l’isolotto, ma Ludovico II che si trovava a Benevento, riuscì a salvare Atanasio inviandogli Marino di Amalfi con 20 sagene. Per lo smacco subito, il Duca fece saccheggiare il tesoro della Chiesa napoletana e perseguitò così tanto il clero che si attirò la scomunica del Papa. Atanasio che si era rifugiato a Sorrento, volle andare a Roma per poter far togliere la scomunica al nipote e alla città, ma morì durante la strada nel Monastero di San Felice nei pressi di Montecassino.
Il forte controllo esercitato da Amalfi su Capri è particolarmente evidente nel campo artistico ed architettonico: Amalfi, avendo infatti frequenti rapporti con l’Oriente, introdusse anche nella piccola isola stili e modelli classici, bizantini e islamici. Nonostante questi diversi influssi artistici, la Chiesa di Sant'Anna, la Chiesa di San Michele, la Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli e la Chiesa di San Costanzo sono riuscite a conservare i loro originari caratteri e la loro semplicità.
Tra il X e il XVIII secolo dell’isola la popolazione si trasferì dalla piana di San Costanzo sulle alture, forse intorno alla Chiesa di Sant'Anna. La diocesi di Capri, oggi una sede soppressa Chiesa cattolica, fu istituita nel 987, l'anno in cui l'arcidiocesi di Amalfi fu elevata a sede metropolitana e furono erette con Capri le diocesi suffraganee di Scala, Minori e Lettere.
Nello stesso anno la cattedra vescovile fu stabilita nella chiesa di San Costanzo, patrono della città, e in essa, per ordine di Papa Giovanni XV fu consacrato il primo vescovo caprese.
La piccola Chiesa di San Costanzo, sorta nel borgo medioevale e intorno alla quale si raccoglieva la popolazione che risiedeva presso Marina Grande, era originariamente intitolata a San Severino e successivamente al santo protettore di Capri e al culto della Madonna della Libera, è considerata una delle più antiche di Capri. La data precisa di costruzione della chiesa resta tuttora ignota. Alcuni storici sostengono che un primo impianto sia già esistito intorno al V secolo d.C. sulle rovine di un palazzo romano di epoca tardo-repubblicana, mentre altri affermano che potrebbe essere stata costruita tra il IX ed il XII secolo. Tuttavia una primitiva chiesa doveva sicuramente esistere quando fu creata la diocesi di Capri periodo in cui a seguito dell’evento dovette essere profondamente rinnovata: la chiesa passò infatti da uno stile paleocristiano ad uno bizantino.
Nel 1928 la chiesa di San Costanzo subì ulteriori danni quando, abbattendo follemente il pronao ed il timpano triangolare e modificandone la facciata, fu costruita la casa canonica in soprelevazione. Proprio a seguito di questo evento, si rese necessario un intervento di ristrutturazione e di consolidamento, che durò dal 1932 al 1935, facendo assumere alla chiesa l'aspetto attuale: della vecchia struttura rimane solo un acquerello di Giacinto Gigante del 1840. Nel 1990 furono effettuati altri lavori di restauro che portarono alla luce un pavimento di epoca romana in opus signinum o cocciopesto ed un tratto di muro in laterizio del V secolo: non è chiaro tuttavia se questi ritrovamenti facessero parte della chiesa o di edifici preesistenti prima della costruzione del tempio.
La facciata è divisa in due da una sottile trabeazione e nella parte inferiore, si apre il portale risalente al XIV secolo, sovrastato dallo stemma degli Angioini, mentre in quella superiore si trovano due finestre della casa parrocchiale. Tutto termina con una sorta di piccolo timpano ed ai lati delle volute. Nel XIV secolo, più precisamente tra il 1330 ed il 1370, per ordine del conte Giacomo Arcucci che commissionò importanti lavori di ristrutturazione, alla struttura iniziale della Chiesa di San Costanzo: furono aggiunti il presbiterio e il pronao facendo così assumere alla struttura l'architettura tipica gotica con un campanile in stile arabo, successivo alla prima edificazione, e volte a cupola.
L'interno della chiesa è a croce greca, inserita in un quadrato, nelle cui diagonali si aprono quattro cappelle con volta a crociera; nel punto d'incontro dei bracci, con volta a botte, poggiante su quattro archi a sesto rialzato, si apre la cupola. Tutto il perimetro era ornato in origine da dodici colonne, alcune delle quali rimosse per essere utilizzate nella Reggia di Caserta; sul lato sud è posto il presbiterio quadrato del XIV secolo, sul lato ovest c’è l'abside: probabilmente in origine l'ingresso doveva essere sul lato est, in linea con la zona absidale e solo dopo il restauro trecentesco spostato sul lato nord.
Nel XVII secolo, precisamente nel 1560, la chiesa di San Costanzo perse la sua funzione di cattedrale di Capri la cui sede fu spostata nella chiesa di Santo Stefano.
La Cattedrale di Santo Stefano è la principale chiesa di Capri e la più grande dell'isola: essa si trova in cima alle scale della piazzetta ed è stata cattedrale della diocesi di Capri fino al 1818.
L'edificio fu progettato dall'architetto napoletano Francesco Antonio Picchiatti[1] (1617  1694), architetto stimato dalla corte spagnola tanto da affidargli numerosi incarichi come la realizzazione della guglia di piazza San Domenico Maggiore di Napoli, per reinterpretare, rielaborare e recuperare l'antico il convento benedettino dedicato a santa Sofia del VI secolo, eretto in cima alle scalinate della piazzetta di Capri, e di cui è rimasto soltanto il campanile sulla piazzetta. Il progetto fu realizzato tra il 1688 ed il 1695 dal maestro muratore amalfitano Marziale Aniello Desiderio, riflette lo stile barocco con le cupole e le volte estradossate delle cappelle laterali che ne esaltano il barocco.

Il 17 maggio 1723 fu consacrata dal vescovo Michele Vandeneyndel, diventando cattedrale di Capri. I lavori di completamento definitivo si protrassero tuttavia fino al 1751, quando fu sistemato il coro e alcuni accorgimenti all'interno: agli stessi anni risale il dissotterramento di Villa Jovis di cui il più bel pavimento di marmo della villa imperiale fu destinato alla cattedrale di Santo Stefano.
La facciata della chiesa di Santa Stefano si presenta scandita in due da una trabeazione: la parte inferiore è caratterizzata da un portale principale, decorato con finti riquadri in marmo e due laterali, sormontati da nicchie nelle quali sono contenute statue di santi ed una serie di lesene, mentre la parte superiore, più piccola rispetto a quella sottostante, presenta un ampio finestrone centrale e termina alle estremità con delle volute; su tutta la facciata sono riconoscibili diverse decorazioni in stucco.
All'interno la chiesa si presenta a croce latina, divisa in tre navate, dove quella principale è coperta da una volta a botte, mentre le due laterali, dove si aprono quattro cappelle su ogni lato, sono coperte da una serie di cupole: all'esterno, tali cupole, sono caratterizzate da tamburi con solchi verticali e contrafforti ad arco; la cupola principale, extradossata, si trova all'incrocio tra la navata centrale e il transetto.
La zona dell'altare maggiore è a forma di abside rettangolare: la mensa è stata realizzata tramite una colonna in marmo giallo proveniente dalla chiesa di San Costanzo, mentre la pavimentazione è in marmo policromo, proveniente da Villa Jovis; alle spalle dell'altare si trova l'organo.
Nella navata di destra la prima è la Cappella di San Michele Arcangelo, con dipinto di Paolo De Matteis (1662 – 1728), la seconda è la Cappella della Vergine Maria e reca sull'altare una tela del XIX secolo raffigurante la Madonna tra gli angeli; la terza è la Cappella della Madonna del Carmine, con dipinto della Vergine del Carmelo tra le anime del Purgatorio sempre di Paolo De Matteis; la quarta è la Cappella del Sacro Cuore di Gesù, la quale, sulle pareti laterali, contiene dei reliquiari in legno risalenti al XVII secolo ed altri reliquiari, sempre in legno, a forma di statue di santi, tra cui quello del Sacro Cuore, opera di Giacomo Colombo (1663 – 1731), in origine raffigurante il Salvatore e poi riadattato.
Nella navata sinistra la prima cappella una tavola del XV secolo effigiante Sant'Antonio e San Michele con in mezzo la Madonna col Bambino, la cui leggenda narra sia tornata miracolosamente al suo posto dopo essere stata gettata dai corsari in una rupe. nella seconda cappella è presente il fonte battesimale ed è adornata con un dipinto che riproduce il Battesimo di Gesù, opera della scuola del Solimena, la terza cappella è dedicata a san Nicola di Bari e la quarta è dedicata a san Giuseppe, con raffigurazioni della Sacra Famiglia sull'altare, di Maria ed il Bambino tra san Giuseppe e san Francesco sul lato destro e il Transito di san Giuseppe sulla parete sinistra.
Nella parte destra del transetto si trovano una tela di Andrea Malinconico (1624 - 1698), raffigurante Sant'Andrea ed una di Giacomo Farelli  (1629 – 1706), rappresentate il Martirio di san Giovanni, oltre ad un'epigrafe che ricorda la consacrazione della chiesa; sullo stesso lato del transetto si apre la Cappella del Santissimo Crocifisso, emblema del gusto seicentesco, dove sono conservate le tombe di Giacomo e Vincenzo Arcucci (interessante la prima tomba dove è una riproduzione della certosa posta nelle mani del suo fondatore), realizzate nel 1612 da Michelangelo Naccherino (1550 – 1622) e trasferite dalla certosa di San Giacomo nel 1891 ed il sepolcro della Serva di Dio Madre Serafina: sull'altare è posta una pala del VII secolo che ritrae Maria, Giovanni e Maria Maddalena ai piedi della croce, un Crocifisso in legno del 1691, realizzato da Giacomo Colombo.
Nella parte sinistra del transetto si trova l'altare contenente le reliquie di san Costanzo, ornato con una tela di Giacomo Farelli che raffigura San Costanzo che scaccia i saraceni e con la statua in argento impreziosita di zaffiri e granati; anche in questo lato del transetto si apre la cappella del Santissimo Sacramento: sull'altare è un dipinto raffigurante la Madonna del Rosario, mentre ai lati uno rappresenta Gesù fanciullo, uno Maria Immacolata ed uno San Gioacchino e Sant'Anna, della scuola di Luca Giordano.
Gli arabeschi e le linee sinuose arricchiscono l’aspetto estetico della chiesa, impreziosita da pavimenti in marmi policromi, provenienti dalle ville romane e Villa Jovis.
Il 27 giugno 1818 la diocesi di Capri fu soppressa con la bolla De utiliori di papa Pio VII Chiaramonti ed il suo territorio fu annesso all'arcidiocesi di Sorrento.
Nello Iovine e Titti Cascone



[1] Francesco Antonio Picchiatti, detto il Picchetti. - Architetto (Napoli 1619 - ivi 1694).
Figlio di Bartolomeo (n. Ferrara - m. Napoli 1643), anch'egli architetto e (dal 1623) ingegnere maggiore del Regno di Napoli. Noto esponente del Barocco; ricordiamo tra le sue opere principali a Napoli: il palazzo del Monte dei poveri vergognosi (1657), la guglia di piazza S. Domenico (1658), la chiesa e il palazzo del Monte della misericordia (1658-78), il convento e la chiesa di S. Maria dei Miracoli (1661-75), il convento di S. Maria Regina Coeli (1682-83) e il convento del Divino Amore (1688-89), la chiesa di S. Girolamo, ecc.

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