Giuseppe
Bonito nacque a Castellammare di Stabia nel 1707, ancora fanciullo, fu accolto
nella celebre scuola dell’abate Solimena, una sorta di sodalizio formato dai
migliori allievi del tempo che, in omaggio al loro maestro, vestivano tuniche
marroni, in cui è confutata, per la prima volta, anche la presunta povertà della famiglia Bonito, sostenuta
sia da Giuseppe Cosenza, sia da Bruno Molajoli e da altri. Del folto gruppo di
allievi, furono privilegiati i pochi che riuscirono ad emergere, per talento e
tenacia, tra cui, in modi e tempi diversi, Sebastiano
Conca, Domenico Antonio Vaccaro, Francesco De Mura, Corrado Giaquinto e Giuseppe
Bonito, il quale, nella sua lunga attività, fu insignito di onorificenze
ambitissime che lo posero in una condizione di sovrana e pubblica
considerazione, monopolizzando per molto tempo l’attenzione sia della corte,
sia di privati collezionisti.
Giuseppe
Bonito, pur inquadrandosi, con le caratteristiche diverse, nell’ambito del
solimenismo, dal quale assorbì la densità del colore e gli effetti contrastati
della luce, in un secondo tempo si orientò verso l’accademismo classicizzante
romano, forse anche per rispondere ai gusti di una committenza sempre molto più
esigente ed erudita.
Le
prime opere di Bonito furono un Angelo
Custode e l'Arcangelo Raffaele e
Tobia per la chiesa di S. Maria
Maggiore di Napoli (terza cappella a destra): firmate e datate 1730, furono
nello spirito di Solimena per quanto riguarda la corrispondenza, ma più asciutte
nell'esecuzione. Allo
stesso periodo appartengono Cristo che
consegna le chiavi a San Pietro della Cattedrale
di Castellammare di Stabia, e il San
Vincenzo Ferrer nella chiesa di San
Domenico a Barletta, firmato e datato 1737. La prima tra queste, molto
bella, fu acquistata dal comune di Castellammare di Stabia, dietro
sollecitazioni di Domenico Morelli e Benedetto Croce che consideravano Bonito
una vera gloria nazionale.
Fra
il 1738 -1740 Giuseppe Bonito si distinse, oltre che nella pittura di genere, nella ritrattistica – in
mancanza della fotografia, nobili e personaggi facoltosi si facevano ritrarre
da pittori – tentando di conciliare l’esigenza del ritratto iconografico, rappresentativo
della istituzione, specie il sovrano, secondo una certa visione specialmente di
Mengs, con la tradizione napoletana di naturalismo espressivo, evidenziando
aspetti psicologici e sentimentali. Questo suo “nuovo” modo di fare “ritrattistica”,
dove le figure erano “vive”,
popolari, persone note e familiari nel quartiere, nella zona, nella corte,
piacque molto e gli procurò grandi soddisfazioni morali e materiali. In questo
anno ricordiamo il Ritratto di Maria
Amalia di Sassonia, moglie di Carlo di Borbone e regina di Napoli. Fra il
1736 e il 1742 Giuseppe Bonito, sotto la committenza di Carlo di Borbone, fu
impegnato per la decorazione a fresco delle sale della Reggia di Portici;
mentre, quando a Napoli arrivò l’ambasciatore di Tripoli, egli fu incaricato di
eseguire un ritratto dell’ambasciatore stesso.
Fra
il 1736 e il 1742 Giuseppe Bonito, sotto la committenza di Carlo di Borbone, fu
impegnato per la decorazione a fresco delle sale della Reggia di Portici.
Sempre
nel 1742 egli eseguì la Carità sul
soffitto della Sacrestia del Monte di
Pietà a Napoli.
Il
29 marzo 1751 Carlo III lo nominò pittore
di camera di S. R. Maestà, carica che non comportò uno stipendio fisso, ma
certo un considerevole prestigio.
Il
23 aprile del 1752 fu eletto membro dell'Accademia
di S. Luca a Roma. Non datate, ma probabilmente dei primi anni del quinto
decennio, furono le tele per la piccola chiesa di S. Maria delle Grazie (la
Graziella) a Napoli: sull'altare maggiore la Vergine della Mercede e la Vergine
che appare a San Carlo Borromeo sull'altare di sinistra.
Nel
1755 Bonito diventò Direttore Dell’Accademia del disegno a Napoli, con
l'incarico di "riconoscere e opinare sopra ogni sorta di pitture
antiche", ufficio che egli doveva poi ricordare in una supplica, alla morte
di C. Ruta (1767), per diventare "pittore di camera con soldo".
Nel
1757 Bonito entrò più decisamente nello spirito del Rococò con due deliziose
tele per gli altari laterali della chiesa dei SS. Giovanni e Teresa: sulla
sinistra una Crocifissione, sulla destra una Sacra famiglia con Sant’Elisabetta
e San Giovannino e anche l'ovale sopra l'altar maggiore, la Madonna col
Bambino.
Quando
nel 1758 si iniziò la lavorazione della serie di arazzi per la reggia di
Caserta, a Bonito furono affidati numerosi soggetti: i dipinti che egli eseguì
per la fabbrica degli arazzi di Carlo III, si avvicinano molto alla pittura di
genere; tre di essi sono conservati nel palazzo reale di Napoli: Don Chisciotte
contro i mulini a vento, per cui fu pagato nel 1759; Don Chisciotte e la regina
Micomicona, pagato nel 1761; Don Chisciotte che beve per mezzo di una canna,
nel 1761.
Quadri di genere e ritratti attribuiti a Bonito, ma non documentati,
sono oltre che in numerose collezioni private, a Bari, Pinacoteca provinciale (tre);
Barletta, Pinacoteca comunale; Barnard Castle (contea di Durham), Bowes Museum;
Madrid, palazzo reale; Napoli, musei di Capodimonte e Filangieri; Rodez, Musée
des Beaux-Arts; Roma, Galleria nazionale d'arte antica (due); Sorrento, Museo
Correale.
Fra
il 1765-1770 si ricorda oltre all’autoritratto, conservato agli Uffizi, si
conoscono tre ritratti di gruppo del 1765 firmati, già della collezione Lignola
di Napoli di cui due si trovano nella badia di Cava dei Tirreni e uno presso
gli eredi Lignola, e un Ritratto di Fanciullo, firmato, già nella collezione
Tesorone sempre a Napoli.
Nel
1768 fu nominato condirettore Francesco De Mura.
Nel
1770 alle dimissioni di De Mura, Bonito chiese l'emolumento di cui godeva De
Mura in aggiunta al suo.
Nel
1772 Vanvitelli fu incaricato di proporre con il Bonito un piano di
riorganizzazione dei corsi. Intanto Bonito era occupato in commissioni
importanti: nel gennaio 1752 firmò il contratto per gli affreschi nella chiesa
di S. Chiara a Napoli, che la critica concorda nel considerare le sue opere più
importanti (l'ultimo pagamento è del febbraio 1756). Distrutti completamente
dai bombardamenti del 1943, essi raffiguravano Salomone che fonda il tempio al
centro della volta e intorno, in pannelli, Davide, Salomone, S. Gregorio e S.
Gerolamo; quattro pannelli più piccoli recavano decorazioni simboliche. Nel
Museo nazionale di Capodimonte resta però il bozzetto dell'affresco centrale.
Dal
1775 Bonito diventò membro della congregazione che aveva sede nella chiesa di
Santa Maria della Salvazione dei Bianchi della Morte, alla quale donò un altare
marmoreo e la pala con San Giuseppe e Gesù bambino firmata "Ios Bonito P.
A quest'ultima fase del Bonito, appartengono, anche se non sono datate, per i
loro toni slavati e per il suo senso di languido abbandono, La Madonna che
appare a San Carlo Bartolomeo e a San Giovanni Nepomuceno, sull'altare della
prima cappella a sinistra nella chiesa di S. Paolo Maggiore dei teatini, a
Napoli.
Nei
suoi ultimi anni Bonito dipinse cinque tele per l'abside della chiesa
dell'Annunciata a Vico Equense: Presentazione al Tempio, Sposalizio della
Vergine, Natività, Circoncisione e, al centro, l'Annunciazione, firmata e
datata 1788.
Nel 1789 Bonito fu nominato cavaliere di grazia
dell'Ordine costantiniano di San Giorgio ed eseguì una delle sue ultime opere
l'enorme Immacolata Concezione per l'altare maggiore della Cappella Palatina
della Reggia di Caserta, opera che corona gli ultimi anni della sua attività
che Bonito dipinse per sostituire la pala di Sebastiano Conca, che non piaceva
al re.
Teresa Capezza
Ottimo lavoro. Ho due piccoli dipinti che ritengo essere proprio di Giuseppe Bonito molto vicini ai due dipinti di scene familiari in quart'ultima posizione nel suo saggio. Se le interessa posso mandarle una buona foto di entrambi. Cordiali saluti e complimenti
RispondiEliminaGiovanni Turchi