lunedì 12 maggio 2014

Il duomo di Amalfi: note medievali e moderne di Gerry Longobardi

Secondo il Chronicon Amalphitanum, il villaggio di Amalfi era stato fondato da un gruppo di Romani che, diretti a Costantinopoli, avevano fatto naufragio sulle coste pugliesi; poi, dopo aver fondato Melphi (oggi Melfi), si erano spinti verso sud per stabilirsi sulla costiera amalfitana.
Amalfi era nata, tra i monti Lattari e il Tirreno, come un piccolo villaggio di pescatori: i Bizantini, per difendersi dall'invasione dei Longobardi di Alboino, trasformarono il villaggio in fortezza cioè in castrum. Gli Amalfitani, a ridosso della montagna, che li isolava dagli agglomerati campani del golfo di Salerno, dovettero espandere le loro attività sul mare con il commercio. La posizione strategica in cui sorgeva Amalfi, tra le montagne e il mare, fece acquisire al piccolo agglomerato una notevole importanza durante la lotta tra Bizantini e Longobardi.
L'influenza napoletano-bizantina non impedì agli abitanti di Amalfi di godere di una sostanziale autonomia periferica che andò sempre più rafforzandosi. Ciò permise un notevole sviluppo dei traffici della gente della costiera amalfitana.
Intorno all'836, i commerci condotti da Amalfi erano in piena espansione e raggiungevano i territori dell'Italia meridionale fino alla Sicilia e quelli dell'Africa mediterranea, ormai da molto tempo sotto il dominio degli arabi. Essi erano, inoltre, agevolati anche dalle buone relazioni con Napoli e Bisanzio.
Nell'839, nel contesto della lotta fra Longobardi e Bizantini, la filobizantina Amalfi fu assalita ed espugnata dal longobardo principe di Benevento, Sicardo.
In seguito alla tragica morte di Sicardo e alla lotta per la successione al Principato di Benevento, gli amalfitani si ribellarono riuscendo a cacciare il presidio longobardo.
Il 1º settembre 839 Amalfi ottenne l’autonomia amministrativa (anche se sussisteva una formale tutela di Bisanzio tramite il Ducato di Napoli); era una libertà de facto.
Agli inizi, ci fu un sistema di comites e di praefecturii: i comites governavano per un anno, e talvolta in due o in tre, mentre i praefecturii, preposti ai comites, restavano in carica più a lungo.
Il praefecturus Marino tentò di inaugurare una dinastia, creando coreggenti i suoi figli, ma il tentativo fallì col suo successore.
Con la ripresa della politica espansionistica degli Arabi del Magreb, il duca di Napoli Sergio fu costretto a costituire una Lega Campana a cui aderirono Gaeta, Sorrento e Amalfi. Allorché i Musulmani tentarono di penetrare in Roma, attraverso il Tevere, la Lega Campana, spronata dal pontefice Leone II, mobilitò la sua flotta e sconfisse gli invasori alla foce del Tevere nell’849. Anche Amalfi partecipò con la sua flotta alla Battaglia di Ostia, combattuta nell'estate, contro la flotta saracena. Amalfi, nonostante fosse impegnata in un conflitto armato contro i musulmani, continuò comunque ad avere rapporti commerciali, sia pure in misura ridotta, con i mercanti arabi della Sicilia, della Spagna e dell'Africa.
La Chiesa cattedrale attuale dedicata a Sant'Andrea risale al IX secolo d.C., fu costruita a fianco della precedente e comunicante con la stessa, su commissione del duca Mansone I.
Il periodo preducale ebbe termine nel 954, quando Mastalo II s'intitolò duca al raggiungimento della maggiore età, ma morì nel 958. Il nuovo duca, Sergio I, fondò quindi una nuova dinastia, destinata a regnare ininterrottamente per i successivi 115 anni, tranne nel periodo 1039–1052, quando il Principe di Salerno conquistò il Ducato di Amalfi.
Nel 987 Amalfi fu eretta in arcidiocesi e sede metropolitana da papa Giovanni XV, sorse l’attuale Cattedrale, che diede vita ad un’unica maestosa cattedrale metropolita a sei navate, poi divisa in due chiese in epoca barocca. Nello stesso anno sono erette a sedi vescovili, suffraganee della nuova sede metropolitana, le città di Scala, Minori, Lettere e Capri.
Amalfi fu conquistata da Roberto il Guiscardo, duca di Puglia nel 1073 e poco dopo suo figlio terzogenito, Guido fu nominato duca. Ma Amalfi si ribellò due volte, la prima elesse il precedente principe di Salerno, Gisulfo, la seconda volta un membro della famiglia dei duchi di Napoli. La comunità amalfitana decise di rinunciare alla propria indipendenza chiedendo la protezione di Roberto il Guiscardo. Nella seconda metà del secolo XI il piccolo Ducato di Amalfi si trovò in seria difficoltà, all'interno di un contesto che vedeva alternarsi le lotte tra i capi normanni, gli imperatori d'Oriente e d'Occidente e la Chiesa di Roma, con continui rivolgimenti nei principati campani. Amalfi, già dalla metà del secolo XI, aveva perso la completa autonomia, anche se continuava i propri scambi commerciali godendo di un'ampia (almeno in questo periodo) autonomia amministrativa.
Sotto la protezione del normanno Guglielmo, terzo Duca di Puglia, gli amministratori di Amalfi, i maggiorenti che godevano di larga autonomia amministrativa, conclusero nell'ottobre del 1126 un accordo riguardante i commerci con la Repubblica di Pisa. Questo trattato rispondeva ai rapporti amichevoli esistenti da diversi decenni tra le due città marinare per la complementarità dei loro interessi di mercato. Amalfi, però, non disponeva di un esercito proprio che proteggesse gli interessi dei commercianti amalfitani. Ecco perché non vediamo le navi di Amalfi molto spesso impegnate in azioni militari contro altre Repubbliche Marinare. Il pontefice Innocenzo II (anche se preoccupato per la crisi scismatica provocata dall'antipapa Anacleto II) e il nuovo imperatore Lotario II, iniziarono una guerra contro Ruggero II di Sicilia, nella quale intervennero diversi principati nonché le Repubbliche di Pisa e di Genova. Quando la guerra raggiunse anche la Campania, i Pisani, che con Napoli e con altre città della regione (tra cui la stessa Amalfi) avevano stretto rapporti di affari, raccolsero l'invito del pontefice per un diretto intervento. Nel 1131 Ruggero II di Sicilia sottomise definitivamente la città di Amalfi.
Amalfi raggiunse il suo massimo splendore nell'XI secolo, dopodiché iniziò una rapida decadenza: nel 1131 fu conquistata dai Normanni e nel 1135 e 1137 saccheggiata dai pisani. Infatti, fu proprio l'esercito di Pisa a rompere l'accordo con Amalfi e attaccare la città costiera il 4 agosto 1135 nel contesto della guerra che vedeva impegnati il pontefice Innocenzo II e il nuovo imperatore Lotario II (e con loro le Repubbliche di Genova e di Pisa) contro il normanno Ruggero II d'Altavilla che controllava il territorio di Amalfi. Quella guerra si concluse in favore di Ruggero II che vide riconosciuti i propri diritti sui territori dell'Italia meridionale. Amalfi perse anche la sua autonomia politica. Saccheggiate le navi alla fonda nel porto e quasi distrutto l'abitato, i Pisani furono attaccati dall'esercito di Ruggero II, proveniente da Aversa attraverso le montagne. Si verificarono diversi scontri nei quali, soprattutto lungo la costiera amalfitana, si impegnarono le milizie pisane, ma la guerra terminò favorevolmente per Ruggero II, il quale nel luglio del 1139 ottenne il pieno riconoscimento dalla Chiesa e dall'Impero della sua piena giurisdizione su tutta l'Italia meridionale: Amalfi era caduta per sempre sotto la dominazione normanna. La libertà di Amalfi non ritornò mai più.
La decadenza politica di Amalfi non significò, però, la fine delle colonie d'oltremare e del commercio che rimase attivo anche nei secoli che seguirono, nonostante i continui attacchi. A peggiorare la crisi ci fu poi nel 1343 un devastante maremoto che le diede il definitivo colpo di grazia: non tanto perché gran parte della città andò distrutta, ma poiché gli arsenali (nei quali si costruivano le galee grazie alle quali Amalfi era stata padrona dei mari) furono irrimediabilmente danneggiati e resi, di fatto, inservibili.
Il primo edificio dedicato al culto cristiano, fu una chiesa paleocristiana risalente al VI secolo d.C., che, come in molti casi analoghi in tutta Italia, probabilmente sostituiva un tempio dedicato a divinità romane. Ad ogni modo una cattedrale amalfitana viene indirettamente menzionata nella lettera che papa Gregorio Magno inviò nel 596 al rettore delle Chiese della Campania, con la quale richiamava ufficialmente Pimenio, vescovo della Civitas Amalfitana, perché non risiedeva stabilmente nella sua sede.
Dopo di lui la serie dei vescovi si interrompe per mancanza di documenti. Più che di Duomo, il più celebre monumento di Amalfi, sarebbe più corretto parlare di complesso monumentale, in quanto composto da più corpi autonomi, sebbene intimamente collegati tra loro.

Il Duomo in stile arabo-siciliano dedicato a Sant'Andrea, patrono della città: l'attuale edificio risulta da sovrapposizioni ed affiancamenti di varie chiese di varie epoche, un complesso architettonico costituito da due basiliche accostate e comunicanti, dalla cripta inferiore, dalla scalea e dall’atrio d’ingresso, dal campanile e dal Chiostro Paradiso.
Il nucleo primitivo di tale complesso è rappresentato senz’altro dalla basilica settentrionale, la quale presenta un orientamento con altare ad est ed ingresso ad ovest, nonché un impianto risalente con certezza al IX secolo, individuabile in un’ampia navata collegata ad un’altra più stretta, divenuta in seguito vano di collegamento con la basilica adiacente.
La Cattedrale fu edificata in una posizione strategica sia dal punto di vista della centralità e dell’emergenza urbana sia da quello della difendibilità, su di un pianoro rialzato di circa 20 metri sul livello del mare, composto da una pomice vulcanica particolarmente dura e compatta. Di quella primitiva cattedrale paleocristiana oggi restano forse soltanto le colonne e i capitelli classici di spoglio, recuperati da edifici romani della zona o trasportati via mare da località più lontane. Della parte absidale oggi sopravvivrebbero tre piccoli archi a sesto ribassato di stile bizantino del VI secolo, poggianti su pilastri e colonne, inglobati in seguito nella cappella dei SS. Cosma e Damiano, trasformata nel corso del XIV secolo nella cripta superiore o del Presepe.

Nel IX secolo la chiesa paleocristiana fu completamente trasformata in un edificio romanico su più navate. Tuttora nell’ambito del complesso si conservano transenne, balaustre e portali di marmo scolpiti con elementi artistici bizantini (intrecci marinareschi di funi) e longobardi (motivi floreali a spirale e figure animalesche antropomorfiche) e risalenti all’VIII – IX secolo. Quest’antica cattedrale fu dedicata, forse fin dal principio, alla Vergine Assunta, patrona della città; ebbe anche come sottotutelari i SS. Cosma e Damiano e Andrea Apostolo.

La cattedrale di S. Maria (così è menzionata in una cronaca del IX secolo) ospitò per breve tempo le spoglie di S. Trofimena, la più antica protettrice di tutti gli Amalfitani, nonché patrona della città di Minori.

Nell’anno 987 avvenne un fatto straordinario per la storia della Chiesa amalfitana e della sua cattedrale: il duca di Amalfi Mansone I ottenne dal pontefice Giovanni XV l’elevazione a sede arcivescovile e metropolitana della diocesi amalfitana. In virtù di questo notevole riconoscimento, Mansone edificò una nuova cattedrale, fondata su tre navate, accanto a quella vecchia dell’Assunta. Dato che S. Andrea Apostolo era già da tempo diventato il protettore dell’intera diocesi, il nuovo tempio fu dedicato a lui. Venne così a costituirsi un complesso architettonico formato da due basiliche accostate e comunicanti, quindi una “duplice cattedrale”, che rendeva l’edificio sacro amalfitano più simile ad una moschea araba che ad una chiesa cristiana. Infatti alcune coppie di colonne classiche scanalate e lisce sono venute fuori nel corso di saggi effettuati lungo la parete divisoria tra le due cattedrali. Il Duomo fu completamente ristrutturato nel 1203, nelle forme arabo-normanne introdotte dai conquistatori. Rimaneggiato ancora intorno al 1570, fu ricostruito nell'800 dopo un disastroso crollo avvenuto a metà del secolo. A dominare sulla cittadina costiera, in cima ad una suggestiva scalinata, il mosaico, ricco di forme e luminosi colori, che ricopre la facciata della Cattedrale, e rappresentante Cristo in trono in mezzo agli Evangelisti.
L’elemento più antico della struttura è certamente la Basilica del SS. Crocifisso, edificata prima dell’anno 833: tra il VI ed il IX secolo, la prima Cattedrale eretta sulla precedente paleocristiana.
Accanto alla basilica, nel 987, sorse l'attuale Cattedrale. In seguito della costruzione della cattedrale mansonea, la vecchia basilica dell’Assunta cominciò a perdere gradualmente importanza: infatti, già nel 1176 essa era diventata una semplice navata, la Nave dei SS. Cosma e Damiano poi fin dal 1180 davanti al suo ingresso si cominciò ad erigere il campanile.
La Basilica del Crocifisso fu successivamente adattata al Barocco, infine restituita allo stile originario dai restauri del 1994, nelle teche poste al centro dell’aula è oggi allestito il Museo diocesano, nel quale è esposto il Tesoro della Cattedrale: reperti rilevanti, databili tra il XII ed il XIII secolo, sono i vari frammenti di mosaico che un tempo facevano parte degli amboni delle due basiliche. Liberata inoltre della veste seicentesca, si può ammirare in tutto il suo splendore il bellissimo matroneo, ornato di bifore e monofore, e le antiche colonne della struttura originaria.

Sul lato sinistro, forse residuo del primitivo tempio, due cappelline riccamente affrescate con Scene di Miracoli ed Effigi di Santi, tra cui il Beato Fra Gerardo Sasso, amalfitano e fondatore dell’Ordine di Malta. Nelle teche poste al centro dell’aula è custodito parte del tesoro della Cattedrale. Percorrendo l’area si ammirano: il delicato ricamo della Mitra Angioina del 1297, fatta di gemme, oro, smalti ed un pavè di 19.000 perline; il fine cesello del Calice in argento dorato con smalti, perle e gemme della prima metà del secolo XIV; una Portantina Cinese del secolo XVIII, proveniente da Macao; un magnifico Collare dell’ordine del Toson d’Oro; pezzi rari di argenteria di scuola napoletana; e la magnifica Falca derivante da una galea veneziana del XV secolo, impiegata dai predoni Saraceni per assaltare la città ma, come tramanda la tradizione, finita con molte altre a picco, sconquassata dalla terribile tempesta che Sant’Andrea, al quale si erano votati gli Amalfitani, scatenò in difesa dei suoi protetti. In fondo, sul primo pilastro sul lato destro, è il dolcissimo affresco della Madonna col Bambino del secolo XVI. Da non tralasciare una statua lignea raffigurante una Madonna col Bambino, e frammenti del mosaico originario della facciata del Duomo.

La facciata del duomo è stata realizzata nel 1891 perché l'antica era crollata; spettacolare il mosaico del timpano raffigurante Il Trionfo di Cristo, opera di Domenico Morelli: i cartoni originali sono conservati nel Salone del Comune.
Le Porte Di Bronzo, le prime comparse in Italia, provenienti da Costantinopoli, quale dono di un patrizio amalfitano che le fece realizzare da Simone di Siria intorno al 1060.
Disponendosi in fondo alla navata centrale si ha una visione d’insieme dell’edificio. Lo sguardo è subito attratto dal grande Crocifisso Ligneo del XIII secolo che domina l’area liturgica; in alto invece, sull’altare, è la tela del Martirio di Sant’Andrea, opera di Andrea Dell’Asta, discepolo di Solimena del 1715; due maestose colonne di granito egiziano sostengono l’arco trionfale, più avanti due Colonnine Tortili ed i due Pulpiti, tutti che facevano parte degli antichi amboni della Cattedrale del XII secolo. In alto è l’artistico Soffitto a cassettoni del 1702 con le tele centrali che raffigurano la Flagellazione di Sant’Andrea e la Crocifissione dell’Apostolo ed il Miracolo della Manna anch’esse opera del Dell’Asta del 1710. Procedendo verso sinistra, incontriamo: la delicata Croce di madreperla, portata dalla Terra Santa da Mons. Marini, di fianco il Battistero in porfido rosso egiziano e, scendendo lungo la navata, nelle cappelline laterali alcune tele di Silvestro Mirra e dei suoi allievi. Nell’ultimo pilastro si nota una colonna nascosta, un saggio, a mostrare l’antica struttura romanica nascosta sotto i marmi e gli stucchi barocchi. Passati per la navata centrale, si ammira il nuovo Altare Maggiore realizzato con il sarcofago dell’arcivescovo Pietro Capuano morto nel 1359; della stessa provenienza l’Aquila che sostiene il leggio. Passati nella navata destra, quasi sul fondo, in una nicchia, troviamo il Busto Reliquario di S. Andrea del XVI secolo e, sulla porta, una grande tela raffigurante Sant’Andrea e San Matteo che accorrono in aiuto di Amalfi minacciata dal terribile pirata Kairen-Din, meglio noto come il Barbarossa.
Sotto l'episcopato di Matteo Capuano, il cardinale Pietro Capuano trasferì ad Amalfi da Costantinopoli il corpo dell'apostolo Andrea. La Cripta di Sant’Andrea fu edificata nel 1206, per accogliere le sacre spoglie dell’Apostolo Andrea, che giunsero due anni più tardi, traslate da Costantinopoli dal cardinale Pietro Capuano, legato pontificio nel corso della IV crociata. L'altare centrale è caratterizzato da una statua di bronzo di S. Andrea, opera di Michelangelo Naccherino, affiancata da quella dei diaconi della chiesa, San Lorenzo e Santo Stefano, mentre il soffitto è decorato con scene della passione di Gesù. I lavori furono eseguiti nei primi anni del XVII secolo su progetto dell’architetto Domenico Fontana, al quale fu affidato l'incarico di restaurare sia la cripta di San Matteo a Salerno, sia la cripta di Sant'Andrea ad Amalfi: entrambi gli ambienti conservavano le uniche spoglie di apostoli presenti in Campania.
Fontana racconta che quando il conte di Mirandola andò a visitare i corpi degli apostoli, ritrovò questi due luoghi male adornati, perciò quando tornò in Spagna chiese al re Filippo di adornare questi luoghi bellissimi. Re Filippo incaricò Fontana di fare diversi disegni e di adornare l'altare con quattro colonne e con la statua di Sant'Andrea in metallo. La pubblicazione di un insieme di documenti ha consentito di individuare con certezza tutti gli artisti che hanno lavorato nei cantieri di Salerno e di Amalfi, fra cui Michelangelo Naccherino, Pietro Bernini e Francesco Cassano. Si possono anche seguire attraverso i documenti, le varie fasi di realizzazione del cantiere.
A Salerno e ad Amalfi Fontana compose un progetto di doppio altare bifrontale. Il 7 dicembre 1601 furono pagati 50 ducati a Michelangelo Naccherino per la statua di metallo di S. Andrea e la statua di S. Matteo. Il 30 settembre furono pagati ad Andrea Merliani 10 ducati per la cassa per la statua di S. Andrea da inviare ad Amalfi. Il 6 agosto 1602 furono pagati 40 ducati a Pietro Bernini per la manifattura di due statue di marmo cioè una di S. Stefano e l'altra di S. Lorenzo per ornare l'altare di Amalfi. Il 6 agosto 1602 Francesco Cassano riceve 140 ducati per le opere di marmo, due sculture di angeli sopra il frontespizio dell’altare di Amalfi. L'altare fu completato nel 1604 con l'inserimento delle statue del Bernini e quelle del Cassano a decorazione del timpano della cona. Il nuovo altare fu benedetto e inaugurato nel 3 novembre 1604.
Il nuovo altare assume il carattere di una grande macchina molto articolata, delimitata da 4 colonne marmoree scalate a coppie, all'interno del quale è collocata la statua di bronzo del santo patrono, mentre in due nicchie laterali sono inserite le statue di marmo bianco dei santi Lorenzo e Stefano. La struttura è chiusa in alto dalla trabeazione sormontata da una cimasa contenente lo stemma dei reali di Spagna con al lato le due statue di angeli e le statue dei santi Francesco e Domenico.
Il santo realizzato da Naccherino ha lo squardo pensieroso, assorto verso il basso a destra, proteso a leggere il vangelo, tenuto lontano. Si crea così un articolazione dei volumi del corpo, sviluppati nel braccio sinistro e nella gamba sinistra. Questa tecnica, già realizzata da anni in Toscana, mostra che Naccherino, originario di Firenze, ma trasferendosi a Napoli ancora giovane, presenta ancora forti legami con la sua terra.
Le statue di San Lorenzo e Santo Stefano sono dell'altro fiorentino, Pietro Bernini, il quale realizza due sculture di altissimo livello.
Diversamente dal più statico Naccherino, Bernini ha avuto una maggiore mobilità: a Roma, a soli 16 anni, nel 1578 entrò come pittore nel cantiere di Caprarola, nel 1584 si trasferì a Napoli, nel 1594 fu di nuovo a Firenze dove lavorò con Giovanni Battista Caccini e nel 1598 fu attivo nel cantiere della Certosa si San Martino.
In questa fase Bernini sembra orientarsi verso il classicismo. I due diaconi a differenza del Sant'Andrea, non hanno necessità di accentuare posizioni. Bastano pochi accenni di movimenti con la gamba e una leggera inclinazione della testa per percepire una sensazione di classicità.
L’ultimo scultore presente è Francesco Cassano, certamente più debole dei primi due, ma con essi ricordato nella realizzazione delle figure minori e dei rilievi dei simboli dei casati.
La dipintura della volta si svolge in tempi paralleli a quelli dell'altare, Il 10 aprile 1603 sono pagati 100 ducati a Vincenzo di Pino per conto della pittura nella lamia del succorpo. Il 30 luglio 1607 Isabella Toscano, vedova del pittore chiese il saldo dell’opera del marito, il quale aveva finito la pittura del succorpo dell'Arcivescovato di Amalfi e ha ricevuto 680 ducati. Il 24 maggio 1602 sono stati pagati 200 ducati a Bernardino Vassallo, Andrea Merliano e Domenico Nuvolone e a compimento 100 ducati, in conto delle opera di stucco fatte per il servizio degli ornamenti delle lamie di S. Andrea e S. Matteo. Il 14 ottobre 1606 sono pagati 100 ducati a mastro Leonardo di Gaeta per conto della doratura sopra gli stucchi, sopra le cappelle di S. Andrea e S. Matteo.
Il Campanile romanico fu iniziato nel 1180 e completato da un altro grande personaggio ecclesiastico amalfitano, l’arcivescovo Filippo Augustariccio, fece completare il campanile nel 1276, facendovi aggiungere la cella campanaria, la quale mostra archi intrecciati composti da maioliche bicrome. I due piani sottostanti, che presentano bifore e trifore, furono realizzati verso il 1190. Il campanile fu restaurato nel 1929.

Ultimo in ordine di tempo è il Chiostro del Paradiso, edificato tra il 1266 e il 1268. In perfetto stile romanico-amalfitano, il Chiostro del Paradiso fu voluto tra il 1266 ed il 1268 dall’arcivescovo Filippo Augustariccio, destinato a cimitero dei nobili amalfitani. Di stile arabo, decorato con archi intrecciati su colonnine marmoree, conserva al suo interno reperti lapidei, sarcofagi di epoche diverse e sei cappelline patronali edificate tra il XII ed il XIV secolo. Procedendo da sinistra, troviamo vari reperti lapidei, sarcofagi di epoche diverse e sei cappelline patronali edificate tra il XII ed il XIV secolo.

Sul fondo incontriamo la cappellina con l’affresco del Cristo Pantocràtor, poi quella con la magnifica Crocifissione di scuola giottesca (Roberto D’Oderisio): è un grandioso disegno con in primo piano il Cristo, la Vergine sofferente, Giovanni, la Maddalena, i soldati in armature angioine e, in alto, l’Angelo che prende in consegna l’anima del buon ladrone.

In seguito al concordato del 1818 tra il papa Pio VII Chiaramonti e il re Ferdinando I, con la bolla De utiliori Amalfi perse tutte le sue diocesi suffraganee che furono soppresse: le diocesi di Minori e Scala (con la sede di Ravello) furono incorporate ad Amalfi; Lettere fu assorbita nella diocesi di Castellammare e Capri fu aggregata all'arcidiocesi di Sorrento.
Il 25 settembre 1972 ebbe termine l'unione aeque principaliter delle diocesi di Cava de' Tirreni e Sarno. Contestualmente il vescovo di Cava, Monsignor Alfredo Vozzi, fu nominato anche arcivescovo di Amalfi, unendo così in persona episcopi le due sedi. Il 13 aprile 1979 Amalfi, pur conservando il titolo arcivescovile, è entrata a far parte della provincia ecclesiastica dell'arcidiocesi di Salerno. Il 30 settembre 1986 in forza del decreto Instantibus votis della Congregazione per i Vescovi le due sedi di Amalfi e Cava sono state unite con la formula plena unione e la nuova circoscrizione ecclesiastica sorta dall'unione ha assunto il nome di arcidiocesi di Amalfi-Cava de' Tirreni.

L'arcidiocesi di Amalfi-Cava de' Tirreni è una sede della Chiesa cattolica suffraganea dell'arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno appartenente alla regione ecclesiastica Campania.
Gerardo Longobardi

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