Nella cappella di San Nicola della Cattedrale di Castellammare di Stabia, ci sono due tele di Giovan Vincenzo Forli.
Giovan
Vincenzo d’Onofrio da Forlì, noto come Giovan
Vincenzo Forli, nacque a Campobasso nella metà del Cinquecento, non si
conoscono gli estremi anagrafici di questo pittore originario di Forlì del
Sannio. L'Associazione Giovan Vincenzo Forli ha effettuato
ricerche durate anni in Campania per ricercare notizie inerenti il pittore fin
quando sono state fatte scoperte le numerose opere che Forli ha prodotto e che
si trovano nelle Chiese più importanti dell'epoca, però nonostante l'importanza
artistica che egli abbia rivestito nella Napoli del '600, non sono state
rinvenute monografie o testi interamente dedicati al pittore.
Definito
pittore di prima classe per i suoi tempi, fu eletto Console dell'Arte dei Pittori insieme ad altri artisti, tra cui Teodoro d’Errico, nella Napoli di fine
'500. Qui vi fu attivo tra l'ultimo decennio del XVI secolo e il quarto
decennio del XVII. A capo di una bottega particolarmente attiva nell'esecuzione
di pale d'altare, Forli venne incontro per lo più alle esigenze devozionali del
ceto borghese cittadino e delle innumerevoli parrocchie e confraternite di
provincia con una produzione caratterizzata da un eclettismo accomodante e
privo di slanci creativi.
Tra il
1592 e il 1594 Forlì strinse importanti rapporti di lavoro con i governatori
della Casa Santa dell'Annunziata, uno
degli enti assistenziali più potenti della città, impegnandosi a realizzare
alcune tele, oggi perdute, destinate ad integrare le decorazioni dell'altare
maggiore e del soffitto cassettonato della chiesa annessa a tale istituto. In
quest'ultima impresa, compiuta nel 1594, Forli ebbe l'incarico di dipingere Angeli con i simboli delle litanie
mariane accanto ad A. Mytens, J. Snyers,
G.A. D'Amato, Curzio di Giorgio, Giulio dell'Oca e sotto la sorveglianza
diretta di Fabrizio Santafede, a sua
volta impegnato nella realizzazione di uno dei quadri grandi insieme con W.
Cobergher, G. Imparato, G.B. Cavagna.
Tale
circostanza, che vide Giovan Vincenzo Forlì lavorare a stretto contatto con i
pittori più affermati a Napoli in quel momento, contribuisce a chiarire gli
orientamenti stilistici delle sue prime opere nelle quali sembrano condensarsi
le principali tendenze della pittura napoletana degli anni Novanta.
L'Apparizione della Vergine a S. Giacinto
e tavolette con Storie della vita del
santo in S. Domenico Maggiore e la Madonna
degli Angeli tra i SS. Francesco e Caterina d'Alessandria in S. Francesco a Padula, databili entrambe
al 1595, palesano, all'interno di una costruzione solida e bilanciata,
sicuramente al corrente delle posizioni riformate
del Santafede, levità cromatiche baroccesche, nelle quali la compattezza della
materia si stempera in una serie di effetti atmosferici, secondo la linea
seguita anche dall'Imparato. Agli inizi del nuovo secolo Forli eseguì l'Annunciazione per la napoletana chiesa della Croce di Lucca del 1600 e l’Annunciazione per la chiesa dello Spirito Santo a Napoli del 1602,
le tele con la Natività e l'Assunzione della Vergine, già nella cappella De Caro in S. Lorenzo Maggiore
e ora nella Cattedrale di
Castellammare di Stabia (1604 circa), e la Madonna
degli Angeli con i SS. Francesco e Stefano per la chiesa di S. Michele a
Piano di Sorrento del 1606. In queste opere Forli sembra allinearsi, come G. Balducci, I. Borghese e G.B. Azzolino, alle tendenze
moderatamente realistiche richieste dal clima devozionale della Controriforma
con una particolare attenzione verso i modi di Santafede e di Belisario Corenzio. La ricerca di una
visione più domestica dei fatti religiosi è tradotta da Forli in uno stile
sobrio e monumentale e in un colorito dai toni più vicini al naturale.
Tali
orientamenti furono in vigore a Napoli fino alla venuta di Caravaggio nel 1606 che, come è noto, scatenò negli ambienti del
tardo manierismo locale una crisi destinata a coinvolgere tutti i pittori,
aggravata dalla repentina scomparsa di alcuni dei protagonisti della cultura
del decennio precedente come Girolamo Imparato
nel 1607, Francesco Curia nel 1608, Luigi Rodriguez nel 1609.
Tra il
1607 e il 1608 Forli fu chiamato a dipingere per il Pio Monte di misericordia la tela con Il buon Samaritano, da affiancare alla pala dell’altare maggiore
dipinta poco tempo prima da Caravaggio e dalla quale l’opera di Forli copia, in
chiave più monumentale, classicheggiante e atteggiata
il gruppo divino circondato dagli angeli. Certo rispetto alle fisionomie
stupendamente umane, di una soda bellezza popolana, del gruppo divino e degli
angeli di Caravaggio presenti nella pala con Le sette opere di
misericordia nella stessa chiesa, Forlì sfodera fisionomie più
convenzionali e stereotipate, di una bellezza piuttosto tipica che reale. La parte di maggiore sincerità espressiva diviene
allora lo splendido paesaggio ombroso, illuminato da improvvisi bagliori,
secondo la tradizione fiamminga che Paolo
Brill aveva introdotto a Napoli e che aveva conquistato anche Imparato e
Santafede. Forli appare influenzato dalla tela di Caravaggio della quale cita
alcuni particolari tradotti in una sostanziale riaffermazione del formulario
manieristico; inoltre, i toni bassaneschi dell'atmosfera notturna e
l'accentuazione dei contrasti luministici avvicinano Forli alla pittura
veneziana come contemporaneamente avviene anche nell'opera di Santafede, in
particolare nella Resurrezione
dipinta per il Monte di pietà nel 1608.
Tra il
1610 e il 1612 Forli eseguì la tela raffigurante La circoncisione per la Chiesa
di S. Maria della Sanità: parte della critica ipotizza o un primo
intervento di Caravaggio sulla tela, in seguito completata da Forli, o una
commissione assegnata al pittore lombardo raccolta in seguito da Forlì. È
innegabile che a partire dal primo decennio del Seicento Forli tenda ad
includere elementi caravaggeschi nella propria produzione pittorica come si può
notare ad esempio nella figura di vecchia in basso a sinistra nella pala della
Sanità, desunta da quella dipinta da Caravaggio nella Crocifissione di Sant’Andrea del Museum of Art di Cleveland, la Circoncisione
è oggi esposta presso la Chiesa di Santa
Maria della Sanità di Napoli.
Intorno
al 1617 Forli eseguì le tele per il soffitto della Chiesa dell'Annunziata di Capua e il Crocifisso per la Chiesa
dell'Annunziata di Arienzo. In queste opere Forli, pur ancorandosi a schemi
disegnativi tradizionali, sembra approfondire l'indagine luministica e trarre
ispirazione dalla pittura di Carlo
Sellitto e Battistello Caracciolo.
Tra il
1620 e il 1622 Forlì eseguì la decorazione del soffitto della Chiesa dell'Annunziata di Giugliano,
purtroppo molto rovinata, e, nel 1621, quella del soffitto del duomo di Napoli.
Dai documenti si sa con certezza che Forli fu attivo ancora per circa un
ventennio, ma non sono noti il luogo e la data della sua morte.
Giovanni
Previtali in La pittura del Cinquecento a
Napoli e nel vicereame gli attribuisce una Madonna con Bambino che appare ai Santi Francesco, Agostino, Biagio e
Antonio da Padova nella chiesa del
Gesù delle Monache. Lo stesso Previtali dice di Forli che egli «al pari di
altri artisti italiani e spagnoli prima di adeguarsi alle nuove rivoluzionarie
tendenze naturalistiche, avrebbe partecipato al gran corale baroccesco di fine
secolo». La corrente baroccesca, che prende nome da Federico Fiori detto il
Barocci si sviluppa in sintonia con un modo di dipingere pastoso. Il pittore
molisano è insomma legato al tardo-manierismo, come Santafede, caposcuola della
cultura riformata a Napoli, e Azzolino.
Rosaria Esposito
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