Giacinto
Diano, detto il Pozzolano, nacque a Pozzuoli il 28 marzo 1731.
Visto
nel suo svolgimento, l'itinerario pittorico di Diano appare contrassegnato da
un'iniziale predilezione per le soluzioni figurative adottate da F. De Mura
nella cui bottega è ricordato nel 1752 e nel cui ambito probabilmente maturò la sua prima formazione. Negli affreschi del soffitto dello scalone del seminario
di Pozzuoli del 1755 e, sempre a Pozzuoli, nelle tele di S. Raffaele (Martirio di S. Caterina, 1758; Incoronazione della Vergine; Guarigione di Tobia, 1760, sul soffitto
della sagrestia; il Ritratto di don
Domenico d'Oriano, che mostra una stampa tratta dal dipinto di N. M. Rossi
del 1749 raffigurante Tobiolo e
l'angelo), l'accoglimento dei termini propri dell'arcadia demuriana appare
integrale, soprattutto nella scelta delle pose dei personaggi e nella
rispondenza ritmica dei gesti, che rimandano agli esiti della Nunziatella
riconsiderati sulla base delle più tarde esperienze demuriane. Un coerente
sviluppo di tali scelte manifestano le tele del Presbiterio di S. Pietro
Martire, raffiguranti S. Caterina
che invoca il ritorno della sede pontificia a Roma e Il trionfo della dottrina tomistica e
l'affresco della volta con un Miracolo
di S. Domenico Soriano (1759).
Su
tale linea si pongono anche i due ovali di S.
Nicola alla Carità con Scene
della vita di Tobiolo e le tele del 1760 per la cattedrale di Ischia (Assunta; Conversione di S. Agostino; S. Nicola da Tolentino) e per S. Maria delle Grazie a Pozzuoli con l'Assunta e l'Ultima Cena.
Del
1762 sono la Madonna del Rosario del
Santuario della Madonna dell'Arco, la
Decollazione del Battista della Cappella del seminario di Pozzuoli e
la Sacra Famiglia di S. Agostino degli Scalzi, che attraverso
un più spiccato gusto cromatico si ricollega alle Allegorie dipinte
da De Mura per i Savoia. A queste seguirono la Crocifissione di S.
Agostino alla Zecca (1763), gli Episodi della vita di s. Giovanni di
Dio, affrescati sulla volta della sala grande dell'ospedale di S. Maria della
Pace (1764) e nel '67 la Lavanda dei
piedi e Cristo che saluta
Maria per il duomo di
Pozzuoli (ora a Capodimonte), mentre nel 1768 nelle due tele per S. Agostino
alla Zecca, con il Battesimo di
s. Agostino e la Conversione
di s. Agostino, emerge, in un crescendo della densità dei valori
atmosferici, pervasi da una luce dorata che rimanda al Giordano, un interesse
nuovo verso l'ampliamento della dinamica spaziale.
Non
andrà riferito alla prima delle due citate composizioni il bozzetto di
collezione Pisani a Napoli: non solo perché l'ipotesi di uno schema invertito è poco convincente, ma perché l'opera costituisce
una prova di Diano riferibile ad esperienze successive, dato l'accresciuto
impegno formale, pur sempre ricondotto nell'ambito dei prelievi demuriani. Nel
caso della seconda, andrà rilevata la voluta coincidenza con espressioni
tipiche del teatro metastasiano, sia perché queste avevano trovato già
accoglienza all'interno del linguaggio demuriano, sia perché tali formulazioni
riuscirono particolarmente efficaci per la propaganda religiosa del momento,
sollecitata dall'azione vigile e suadente di Alfonso M. de' Liguori.
In tale fase si colloca anche il Martirio di S. Sebastiano del Museum of Art di Indianapolis.
La
decorazione della volta della sagrestia della Basilica di S. Maria di Pozzano, realizzata su disegno di Luigi
Vanvitelli, segnò l'inizio di una convergenza di interessi, soprattutto
rispetto al nuovo ruolo assunto dalle architetture all'interno della
composizione: il che fu certamente determinante per l'inserimento del pittore
tra i docenti dell'accademia napoletana, su proposta dello stesso architetto,
tra il 1771 e il '72, dopo la fondamentale impresa decorativa di palazzo Serra di Cassano del 1770 e i
lavori per il duomo di Santa Maria
Capua Vetere (Assunta del 1770), per
la Chiesa del Corpus Domini di
Gragnano (Ultima Cena, 1770: che ripeteva lo schema dell'omonima tela del De Mura
per l'Annunziata di Capua; seguita
dalla Caduta della manna, 1771,
e dal Trasporto dell'arca nel
1773) e per l'Annunziata di Venafro (Madonna del Carmine, 1771; Vergine in gloria e santi; Gloria della Croce). La ricerca di un
più netto e definito ordine di stampo classicistico dovette indurre Diano,
nella fase di accoglimento delle istanze teoriche del Mengs, a non trascurare
la fondamentale traccia lasciata da F. Solimena nella Cacciata di Eliodoro dal Tempio al Gesù Nuovo, nonché a una attenta riconsiderazione degli esiti,
tutti di ambito napoletano, maturati nella cerchia dei suoi discepoli, a
seguito della virata classicistica di Solimena. Così, ultimata la decorazione
della sala dell'udienza nel palazzo del Banco dei poveri a Napoli, nello stesso
anno fu proposto dal Vanvitelli per la decorazione della sala della guardia del
corpo del palazzo reale di Caserta.
Nel
1773 realizzò la Deposizione per
S. Agostino alla Zecca e nel '75, per
il Santuario di S. Maria Materdomini
a Nocera Superiore, l'Apparizione di
Maria e il Ritrovamento della
tavola miracolosa.
Nel
1776, in occasione della decorazione della volta della sagrestia di S. Agostino alla
Zecca con la raffigurazione della Dedicazione
del tempio di Salomone, l'aver assunto a modello l'omonimo affresco di
Bonito, allora presente sulla volta di S. Chiara, comportò un notevole
approfondimento dei preesistenti interessi cromatici, che gli consentì di
impreziosire la materia attraverso raffinate striature luminose, che
accompagnano la definizione della forma: un procedimento ancor meglio
apprezzabile nel bozzetto oggi presso la National
Gallery of Ireland a Dublino.
Dal
punto di vista scenografico l'opera si poneva in netta direzione di continuità
rispetto alla Gloria di S. Francesco
di Paola di S. Maria di Pozzano,
ma inclinava piuttosto verso il contenimento dell'apparato architettonico,
sottoposto sapientemente ad un gioco di emergenze di corpi, di panni disciolti
o annullati per forza d'ombra. Attraverso la riproposta di alcune delle
maggiori espressioni del Bonito si tendeva a riavvalorare anche alcuni dei
suggerimenti più significativi maturati nella prima metà del Settecento, non
esclusa la dinamica sensibilizzazione cromatica messa in atto da F. Peresi: un
percorso destinato a sfociare necessariamente nella riscoperta della produzione
di Giaquinto nota a Napoli.
Nelle
quattro tele per la Trinità dei
Pellegrini del 1778 (Lavanda dei
piedi; Probatica Piscina; S. Filippo Neri e i confratelli dei Pellegrini accolgono gli
storpi; Lavanda dei piedi presso i
confratelli dei Pellegrini; il cui bozzetto è oggi nella collezione Pisani
a Napoli) e nei due affreschi per la stessa chiesa (Estasi di S. Filippo Neri e Gloria dello stesso) Diano condensava le espressioni più mature
della propria ricerca: a tale fase andrà ricondotto anche l'Enea e Didone della collezione
privata a San Severo.
Nel
1779 la richiesta di Diano, inoltrata insieme a P. Bardellino per sostituire G.
Cestaro all'interno del gruppo dei collaboratori del direttore dell'Accademia, fu
accompagnata da un giudizio favorevole di Bonito, il quale sottolineava come in
ambedue i pittori "concorrono tutti li meriti, non meno per aver dato
bastante saggio della loro abilità e professione di Pittura, che per la loro
bontà di costumi". Nei dipinti dell'81 per la Pietà dei Turchini (Deposizione e Nascita di Maria nell'abside; Adorazione dei pastori, Circoncisione, Adorazione dei magi, Strage degli innocenti e
affreschi con Scene della vita di
Cristo, nel cappellone a sinistra) Diano puntò ad equilibrare il brulicante
addensamento dei corpi attraverso l'uso di un colore smaltato, che nella vivace
lucentezza degli incarnati condensava un'intenzionalità di definizione dei contorni
ormai dichiaratamente neoclassica. Il bozzetto dell'Adorazione dei magi è
oggi nella collezione Capomazza a Napoli, mentre quello della Strage degli
innocenti si conserva a Minneapolis presso l’Institute of Arts. Nel 1782 realizzò l'Annunciazione per la Real
Casa santa dell'Annunziata e nello stesso anno le tele per S. Caterina da
Siena (Crocifissione e Madonna del Rosario); nell'83
il S. Agostino e
il Tobiolo e l'angelo per S. Pietro ad Aram; nell'84 i due Miracoli di S. Potito per
l'omonima chiesa napoletana, in cui gli elementi architettonici assumono netta
prevalenza, e nell'85 eseguì una Crocifissione per
S. Giuseppe dei Ruffi ed inviò alcune
tele a Frosolone: Madonna del
Rosario; Madonna del Carmine; S. Giuseppe.
Un documento del 26 marzo 1788, interviene utilmente a chiarire i tempi dello
spostamento del pittore in Abruzzo, poiché contiene la richiesta di Diano al re
per potersi allontanare da Napoli e quindi interrompere l'insegnamento
accademico per un periodo di tre o quattro mesi, in modo da poter realizzare i
numerosi interventi pittorici richiestigli nel duomo di Lanciano, dove eseguì
gli Evangelisti nei pennacchi della cupola nel 1788 e l'anno
successivo tre scene bibliche sulla volta, in una delle quali, la Dedicazione del Tempio di Salomone,
riutilizzò il medesimo schema compositivo di S. Agostino alla Zecca.
La
sosta in Abruzzo dovette però prolungarsi oltre il previsto, e Diano si vide
costretto a chiedere al re anche una proroga dei termini relativi al concorso
bandito per il posto di direttore dell'accademia, resosi vacante per la morte di
Bonito.
In
tale occasione il pittore trovò modo di precisare anche la propria posizione
riguardo alla prova stabilita, non condividendo l'esecuzione di una macchietta e proponendo piuttosto la decorazione
di un'intera parete di una delle sale di palazzo reale: posizione che trovò
consensi e che finì tuttavia per convertirsi in richiesta di miglioramenti
economici da parte del gruppo dei dissidenti.
Lo
spegnersi delle vitali energie innovative divenne consequenziale anche
all'atteggiamento programmatico della corte borbonica, che favorì gli
orientamenti di più rigida ripresa classicistica in contrapposizione ad ogni
residua traccia di solimenismo, finendo per tradurre in esigenza normativa quanto
precedentemente proposto da Vanvitelli in termini di integrazione
pittorico-architettonica. Diano si trovò così ad imprimere alle sue
composizioni un marchio ancor più netto di adeguamento ai canoni classici di
chiarezza e di armonia, riducendo l'emergenza cromatica e i colpi d'ombra a
favore di una limpida delineazione delle forme. A quanto traspare dalle opere
dell'ultimo periodo di attività: le numerose tele per la parrocchiale di Quindici del 1790, la tela coeva di S. Sebastiano a
Caserta, la Immacolata Concezione di
S. Potito a Napoli, nonché l'Assunta della Croce al Mercato del 1791 e il soffitto di S. Andrea delle Dame con il Trionfo
della Vergine del 1792. Solo l'affresco di palazzo Martinetti Bianchi a Chieti del 1796 rappresentò un momento
di notevole ripresa inventiva, non parimenti sostenuta nel S. Giuseppe Calasanzio per S. Domenico a Chieti, né nelle tele con
la Madonna del Rosario per l'omonima congregazione di Gragnano del 1800,
né nella Visitazione della
Cattedrale di Castellammare del 1802.
Diano
morì a Napoli il 13 agosto 1803.
Annamaria D'Auria
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