mercoledì 4 giugno 2014

Giacinto Diano a Castellammare e a Gragnano di Annamaria D'Auria


Giacinto Diano, detto il Pozzolano, nacque a Pozzuoli il 28 marzo 1731.
Visto nel suo svolgimento, l'itinerario pittorico di Diano appare contrassegnato da un'iniziale predilezione per le soluzioni figurative adottate da F. De Mura nella cui bottega è ricordato nel 1752 e nel cui ambito probabilmente maturò la sua prima formazione. Negli affreschi del soffitto dello scalone del seminario di Pozzuoli del 1755 e, sempre a Pozzuoli, nelle tele di S. Raffaele (Martirio di S. Caterina, 1758; Incoronazione della VergineGuarigione di Tobia, 1760, sul soffitto della sagrestia; il Ritratto di don Domenico d'Oriano, che mostra una stampa tratta dal dipinto di N. M. Rossi del 1749 raffigurante Tobiolo e l'angelo), l'accoglimento dei termini propri dell'arcadia demuriana appare integrale, soprattutto nella scelta delle pose dei personaggi e nella rispondenza ritmica dei gesti, che rimandano agli esiti della Nunziatella riconsiderati sulla base delle più tarde esperienze demuriane. Un coerente sviluppo di tali scelte manifestano le tele del Presbiterio di S. Pietro Martire, raffiguranti S. Caterina che invoca il ritorno della sede pontificia a Roma Il trionfo della dottrina tomistica e l'affresco della volta con un Miracolo di S. Domenico Soriano (1759).
Su tale linea si pongono anche i due ovali di S. Nicola alla Carità con Scene della vita di Tobiolo e le tele del 1760 per la cattedrale di Ischia (AssuntaConversione di S. AgostinoS. Nicola da Tolentino) e per S. Maria delle Grazie a Pozzuoli con l'Assunta e l'Ultima Cena.

Del 1762 sono la Madonna del Rosario del Santuario della Madonna dell'Arco, la Decollazione del Battista della Cappella del seminario di Pozzuoli e la Sacra Famiglia di S. Agostino degli Scalzi, che attraverso un più spiccato gusto cromatico si ricollega alle Allegorie dipinte da De Mura per i Savoia. A queste seguirono la Crocifissione di S. Agostino alla Zecca (1763), gli Episodi della vita di s. Giovanni di Dio, affrescati sulla volta della sala grande dell'ospedale di S. Maria della Pace (1764) e nel '67 la Lavanda dei piedi e Cristo che saluta Maria per il duomo di Pozzuoli (ora a Capodimonte), mentre nel 1768 nelle due tele per S. Agostino alla Zecca, con il Battesimo di s. Agostino e la Conversione di s. Agostino, emerge, in un crescendo della densità dei valori atmosferici, pervasi da una luce dorata che rimanda al Giordano, un interesse nuovo verso l'ampliamento della dinamica spaziale.
Non andrà riferito alla prima delle due citate composizioni il bozzetto di collezione Pisani a Napoli: non solo perché l'ipotesi di uno schema invertito è poco convincente, ma perché l'opera costituisce una prova di Diano riferibile ad esperienze successive, dato l'accresciuto impegno formale, pur sempre ricondotto nell'ambito dei prelievi demuriani. Nel caso della seconda, andrà rilevata la voluta coincidenza con espressioni tipiche del teatro metastasiano, sia perché queste avevano trovato già accoglienza all'interno del linguaggio demuriano, sia perché tali formulazioni riuscirono particolarmente efficaci per la propaganda religiosa del momento, sollecitata dall'azione vigile e suadente di Alfonso M. de' Liguori. 
In tale fase si colloca anche il Martirio di S. Sebastiano del Museum of Art di Indianapolis.
La decorazione della volta della sagrestia della Basilica di S. Maria di Pozzano, realizzata su disegno di Luigi Vanvitelli, segnò l'inizio di una convergenza di interessi, soprattutto rispetto al nuovo ruolo assunto dalle architetture all'interno della composizione: il che fu certamente determinante per l'inserimento del pittore tra i docenti dell'accademia napoletana, su proposta dello stesso architetto, tra il 1771 e il '72, dopo la fondamentale impresa decorativa di palazzo Serra di Cassano del 1770 e i lavori per il duomo di Santa Maria Capua Vetere (Assunta del 1770), per la Chiesa del Corpus Domini di Gragnano (Ultima Cena, 1770: che ripeteva lo schema dell'omonima tela del De Mura per l'Annunziata di Capua; seguita dalla Caduta della manna, 1771, e dal Trasporto dell'arca nel 1773) e per l'Annunziata di Venafro (Madonna del Carmine, 1771; Vergine in gloria e santiGloria della Croce). La ricerca di un più netto e definito ordine di stampo classicistico dovette indurre Diano, nella fase di accoglimento delle istanze teoriche del Mengs, a non trascurare la fondamentale traccia lasciata da F. Solimena nella Cacciata di Eliodoro dal Tempio al Gesù Nuovo, nonché a una attenta riconsiderazione degli esiti, tutti di ambito napoletano, maturati nella cerchia dei suoi discepoli, a seguito della virata classicistica di Solimena. Così, ultimata la decorazione della sala dell'udienza nel palazzo del Banco dei poveri a Napoli, nello stesso anno fu proposto dal Vanvitelli per la decorazione della sala della guardia del corpo del palazzo reale di Caserta.
Nel 1773 realizzò la Deposizione per S. Agostino alla Zecca e nel '75, per il Santuario di S. Maria Materdomini a Nocera Superiore, l'Apparizione di Maria e il Ritrovamento della tavola miracolosa.
Nel 1776, in occasione della decorazione della volta della sagrestia di S. Agostino alla Zecca con la raffigurazione della Dedicazione del tempio di Salomone, l'aver assunto a modello l'omonimo affresco di Bonito, allora presente sulla volta di S. Chiara, comportò un notevole approfondimento dei preesistenti interessi cromatici, che gli consentì di impreziosire la materia attraverso raffinate striature luminose, che accompagnano la definizione della forma: un procedimento ancor meglio apprezzabile nel bozzetto oggi presso la National Gallery of Ireland a Dublino.
Dal punto di vista scenografico l'opera si poneva in netta direzione di continuità rispetto alla Gloria di S. Francesco di Paola di S. Maria di Pozzano, ma inclinava piuttosto verso il contenimento dell'apparato architettonico, sottoposto sapientemente ad un gioco di emergenze di corpi, di panni disciolti o annullati per forza d'ombra. Attraverso la riproposta di alcune delle maggiori espressioni del Bonito si tendeva a riavvalorare anche alcuni dei suggerimenti più significativi maturati nella prima metà del Settecento, non esclusa la dinamica sensibilizzazione cromatica messa in atto da F. Peresi: un percorso destinato a sfociare necessariamente nella riscoperta della produzione di Giaquinto nota a Napoli.
Nelle quattro tele per la Trinità dei Pellegrini del 1778 (Lavanda dei piedi; Probatica PiscinaS. Filippo Neri e i confratelli dei Pellegrini accolgono gli storpi; Lavanda dei piedi presso i confratelli dei Pellegrini; il cui bozzetto è oggi nella collezione Pisani a Napoli) e nei due affreschi per la stessa chiesa (Estasi di S. Filippo Neri e Gloria dello stesso) Diano condensava le espressioni più mature della propria ricerca: a tale fase andrà ricondotto anche l'Enea e Didone della collezione privata a San Severo.
Nel 1779 la richiesta di Diano, inoltrata insieme a P. Bardellino per sostituire G. Cestaro all'interno del gruppo dei collaboratori del direttore dell'Accademia, fu accompagnata da un giudizio favorevole di Bonito, il quale sottolineava come in ambedue i pittori "concorrono tutti li meriti, non meno per aver dato bastante saggio della loro abilità e professione di Pittura, che per la loro bontà di costumi". Nei dipinti dell'81 per la Pietà dei Turchini (Deposizione e Nascita di Maria nell'abside; Adorazione dei pastori, CirconcisioneAdorazione dei magiStrage degli innocenti e affreschi con Scene della vita di Cristo, nel cappellone a sinistra) Diano puntò ad equilibrare il brulicante addensamento dei corpi attraverso l'uso di un colore smaltato, che nella vivace lucentezza degli incarnati condensava un'intenzionalità di definizione dei contorni ormai dichiaratamente neoclassica. Il bozzetto dell'Adorazione dei magi è oggi nella collezione Capomazza a Napoli, mentre quello della Strage degli innocenti si conserva a Minneapolis presso l’Institute of Arts. Nel 1782 realizzò l'Annunciazione per la Real Casa santa dell'Annunziata e nello stesso anno le tele per S. Caterina da Siena (Crocifissione e Madonna del Rosario); nell'83 il S. Agostino e il Tobiolo e l'angelo per S. Pietro ad Aram; nell'84 i due Miracoli di S. Potito per l'omonima chiesa napoletana, in cui gli elementi architettonici assumono netta prevalenza, e nell'85 eseguì una Crocifissione per S. Giuseppe dei Ruffi ed inviò alcune tele a Frosolone: Madonna del Rosario; Madonna del Carmine; S. Giuseppe.
Un documento del 26 marzo 1788, interviene utilmente a chiarire i tempi dello spostamento del pittore in Abruzzo, poiché contiene la richiesta di Diano al re per potersi allontanare da Napoli e quindi interrompere l'insegnamento accademico per un periodo di tre o quattro mesi, in modo da poter realizzare i numerosi interventi pittorici richiestigli nel duomo di Lanciano, dove eseguì gli Evangelisti nei pennacchi della cupola nel 1788 e l'anno successivo tre scene bibliche sulla volta, in una delle quali, la Dedicazione del Tempio di Salomone, riutilizzò il medesimo schema compositivo di S. Agostino alla Zecca.
La sosta in Abruzzo dovette però prolungarsi oltre il previsto, e Diano si vide costretto a chiedere al re anche una proroga dei termini relativi al concorso bandito per il posto di direttore dell'accademia, resosi vacante per la morte di Bonito.
In tale occasione il pittore trovò modo di precisare anche la propria posizione riguardo alla prova stabilita, non condividendo l'esecuzione di una macchietta e proponendo piuttosto la decorazione di un'intera parete di una delle sale di palazzo reale: posizione che trovò consensi e che finì tuttavia per convertirsi in richiesta di miglioramenti economici da parte del gruppo dei dissidenti.
Lo spegnersi delle vitali energie innovative divenne consequenziale anche all'atteggiamento programmatico della corte borbonica, che favorì gli orientamenti di più rigida ripresa classicistica in contrapposizione ad ogni residua traccia di solimenismo, finendo per tradurre in esigenza normativa quanto precedentemente proposto da Vanvitelli in termini di integrazione pittorico-architettonica. Diano si trovò così ad imprimere alle sue composizioni un marchio ancor più netto di adeguamento ai canoni classici di chiarezza e di armonia, riducendo l'emergenza cromatica e i colpi d'ombra a favore di una limpida delineazione delle forme. A quanto traspare dalle opere dell'ultimo periodo di attività: le numerose tele per la parrocchiale di Quindici del 1790, la tela coeva di S. Sebastiano a Caserta, la Immacolata Concezione di S. Potito a Napoli, nonché l'Assunta della Croce al Mercato del 1791 e il soffitto di S. Andrea delle Dame con il Trionfo della Vergine del 1792. Solo l'affresco di palazzo Martinetti Bianchi a Chieti del 1796 rappresentò un momento di notevole ripresa inventiva, non parimenti sostenuta nel S. Giuseppe Calasanzio per S. Domenico a Chieti, né nelle tele con la Madonna del Rosario per l'omonima congregazione di Gragnano del 1800, né nella Visitazione della Cattedrale di Castellammare del 1802.

Diano morì a Napoli il 13 agosto 1803.
Annamaria D'Auria

Nessun commento:

Posta un commento

Archivio blog