sabato 31 ottobre 2015

La Primavera di Sandro Botticelli di Alfonso Iovino

La Primavera è un dipinto a tempera su tavola (203x314 cm) di Sandro Botticelli, databile all’incirca nel 1482.
Realizzata per la villa medicea di Castello, il dipinto è attualmente conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze.
La Primavera è considerata il capolavoro dell'artista e faceva forse anticamente pendant con l'altrettanto celebre Nascita di Venere, con cui condivide provenienza, formato e alcuni riferimenti filosofici.
La Primavera fu dipinta per Lorenzo di Pierfrancesco dei Medici, appartenente al ramo cadetto della potente famiglia fiorentina e cugino di Lorenzo il Magnifico. La sua collocazione originaria era nel Palazzo Medici di Via Larga, dove rimase prima di essere trasferita nella Villa di Castello accanto alla Nascita di Venere; con il riordino delle collezioni fiorentine l’opera fu trasferita agli Uffizi nel 1919.
I critici sono discordi sulla datazione. In ogni modo l’opera è stata sicuramente dipinta tra il 1477 e il 1482. Lightbrown ipotizzò una datazione immediatamente successiva al rientro del maestro da Roma, nel 1482, coincidente con le nozze del committente Lorenzo il Popolano con Semiramide Appiani.
In un ombroso boschetto, sullo sfondo di un cielo azzurrino, sono disposti nove personaggi. Il primo personaggio a sinistra dello spettatore è una figura maschile vestita con una sola mantella rossa ed un pugnale, nell'atto di cogliere un frutto. Il primo gruppo è rappresentato da tre figure femminili che danzano. Nella parte centrale del dipinto è presente una donna con una veste rossa e blu, sopra di essa un angelo ondeggia mentre è nell'atto di scagliare una freccia dal suo arco.
A destra sono presenti altre due figure femminili: la prima è una donna con una veste decorata di fiori, la seconda indossa semplicemente una veste con un velo e sembra nell'atto di fuggire dalla figura maschile posta alle sue spalle.
Il suolo è composto da un verde prato, disseminato di un'infinita varietà di specie vegetali e di un ricchissimo campionario di fiori.
Nell'iconografia della Primavera, Botticelli esprime una chiara rappresentazione dello stile del Rinascimento italiano, dove il recupero della cultura classica si pone come elemento caratterizzante in tutte le arti.
Nell'opera, per certi aspetti ancora di oscura interpretazione, è combinata la mitologia e l'iconografia classica con la ricerca di nuove forme:  realtà e fantasia si scontrano per dare vita ad nuovo modo di concepire l'arte.
Anche se possiamo distinguere i tre diversi gruppi raffigurati nel dipinto, essi tuttavia si dispongono su diversi piani prospettici, dando profondità ed una lieve prospettiva alla raffigurazione.
La linea di disposizione delle figure procede quindi come una  “S” disposta orizzontalmente: la prima figura è disposta lievemente più indietro rispetto alle tre damigelle danzanti, mentre la figura centrale acquisisce il ruolo di riferimento simmetrico rispetto a tutte le altre. L'artista sceglie di porre in primo piano la figura centrale, facendo uso di un'accennata prospettiva. Le ultime due figure sulla destra sono disposte in modo obliquo ed orientate verso lo spettatore.
Il dipinto va letto da destra verso sinistra.
Il primo personaggio presente è Zefiro, il vento primaverile, mentre rincorre la sua amata, la ninfa Clori, divinità dei fiori e della Primavera.
Al centro è presente Venere, la dea della bellezza, posta dinanzi ad un cespo di mirto, mentre allunga il braccio verso le tre Grazie poste alla sua sinistra. 
Cupido, la divinità dell'amore, aleggia sopra di lei, nell'atto di scoccare la potente freccia, capace di far innamorare gli uomini e gli dei.
Le tre Grazie, Aglaia (lo splendore), Eufrosine (la gioia), Talia (la prosperità), nate da Zeus ed Eurinome, danzano una carola. 
A sinistra di queste ultime è presente Mercurio, dio dell'eloquenza, del commercio e dei ladri, nell'atto di allontanare le nubi con il Caduceo, bastone di araldo, sormontato da ali, con due nastri bianchi attaccati.
Come per altri capolavori del Rinascimento, la Primavera nasconde vari livelli di lettura: uno strettamente mitologico, legato ai soggetti rappresentati, la cui spiegazione è ormai accertata; uno filosofico, legato alla filosofia dell'Accademia neoplatonica e ad altre dottrine; uno storico-dinastico, infine, legato alle vicende contemporanee ed alla gratificazione del committente e della sua famiglia.
Mirella Levi D'Ancona ha ipotizzato che il dipinto possa essere l'allegoria del matrimonio tra Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici e Semiramide Appiani; Botticelli lo avrebbe oltretutto eseguito in due momenti successivi, perché l'opera era stata inizialmente commissionata da Giuliano de' Medici in occasione della nascita del figlio Giulio, il futuro papa Clemente VII, avuto con Fioretta Gorini che egli avrebbe sposato in gran segreto nel 1478. Ma Giuliano morì nella congiura dei Pazzi in quello stesso anno, un mese prima della nascita del figlio, per cui il quadro incompiuto fu riciclato dal cugino qualche tempo dopo, per celebrare le sue nozze, inserendovi il suo ritratto e quello della moglie, che si diceva essere donna dall'estrema bellezza.
Il gruppo di destra rappresenterebbe l'istintività e la passionalità notoriamente condannate dal Neoplatonismo, perché portatrici di atteggiamenti irrazionali. I fiori presenti nella scena alluderebbero a vari significati matrimoniali: fiordalisi, margherite e nontiscordardime alludono alla donna amata, i fiori d'arancio sugli alberi sono ancora oggi un simbolo di felicità matrimoniale, così come la borrana che si vede sul prato.
In base ad altri ritratti, dipinti da Botticelli o da altri artisti della sua cerchia, nei vari personaggi della rappresentazione sono stai individuati vari esponenti di casa Medici,  ma trattandosi spesso di opere altamente idealizzate, si possono fare per lo più semplici ipotesi, più o meno suggestive.
La presenza di Flora sarebbe pertanto un'allusione a Florentia e dunque alle antiche origini della città. Le altre figure sarebbero città legate in vario modo a Firenze: Mercurio-Milano, Cupido (Amor)-Roma, le Tre Grazie Pisa, Napoli e Genova, la ninfa Maya Mantova, Venere Venezia e Borea Bolzano.
L’opera è densa di significati allegorici di difficile ed incerta interpretazione.
Tra le ipotesi più accreditate c’è quella dell’interpretazione del regno di Venere. Il dipinto sarebbe quindi la rappresentazione di Venere dopo la nascita, raffigurata nell'altro celebre dipinto di Botticelli, durante l'arrivo nel suo regno. Vi si narrerebbe come l'amore, nei suoi diversi gradi, arrivi a staccare l'uomo dal mondo terreno per volgerlo a quello spirituale. In tal caso la scena si svolgerebbe nel giardino sacro di Venere, che la mitologia collocava nell'isola di Cipro, come rivelano gli attributi tipici della dea sullo sfondo e la presenza di Cupido e Mercurio a sinistra in funzione di guardiano del bosco. Le Tre Grazie rappresentavano tradizionalmente le liberalità: la parte più interessante del dipinto è tuttavia quella costituita dal gruppo di personaggi sulla destra, con Zefiro, la ninfa Cloris e la dea Flora, divinità della fioritura e della giovinezza, protettrice della fertilità. Zefiro e Clori rappresenterebbero la forza dell'amore sensuale e irrazionale, che però è fonte di vita – dalla loro unione nasce Flora – e, tramite la mediazione di Venere ed Eros, si trasforma in qualcosa di più perfetto – le Grazie – per poi spiccare il volo verso le sfere celesti guidato da Mercurio.
Per Panofsky la Venere della Primavera sarebbe la Venere celeste, vestita, simbolo dell'amore spirituale che spinge l'uomo verso l'ascesi mistica, mentre la Nascita di Venere raffigurerebbe la Venere terrena, nuda, simbolo dell'istintività e della passione che ricacciano gli individui verso il basso.
Numerose sono le proposte di lettura per le Grazie. Esse possono rappresentare tre aspetti dell'amore, descritti da Marsilio Ficino: da sinistra, la Voluttà, dalla capigliatura ribelle, la Castità, dallo sguardo malinconico e dall'atteggiamento introverso, e la Bellezza, al cui collo una collana che sostiene un elegante prezioso pendente e un velo sottile che le copre i capelli. Proprio verso di lei la quale Cupido sembra stare per scoccare la freccia.
A parte le varie interpretazioni possibili e proposte dai vari studiosi, rimane sicuramente il significato prettamente umanistico dell’opera: Venere si identifica con l’Humanitas che separa i sensi e gli amori materiali a destra dai valori spirituali a sinistra. Per Humanitas si deve intendere quella particolare concezione che promuove l’ideale di un’umanità positiva, fiduciosa nelle proprie capacità e sensibile ai bisogni degli altri.
Tale concezione di origine antica fu fatta propria dagli umanisti e dal circolo neoplatonico che gravitava intorno alla corte dei Medici. Il Neoplatonismo fu una corrente filosofica ed estetica che si rifaceva al filosofo greco Platone cercando una fusione con i concetti più nobili del Cristianesimo. La concezione del bello e dell’amore ideale ed assoluto tipica del Neoplatonismo influenzò molto la cultura del tempo e lo stesso Botticelli.
Nell'opera sono leggibili alcune caratteristiche stilistiche tipiche dell'arte di Botticelli: innanzitutto la ricerca di bellezza ideale e di armonia, emblematiche dell'umanesimo, grazie al disegno e alla linea di contorno. Ciò genera pose sinuose e sciolte, gesti calibrati, profili idealmente perfetti. L'ondeggiamento armonico delle figure, che garantisce l'unità della rappresentazione, è stato definito musicale.
In ogni caso l'attenzione al disegno non si risolve mai in effetti puramente decorativi, ma mantiene un riguardo verso la volumetria e la resa veritiera dei vari materiali, soprattutto nelle leggerissime vesti.
L'attenzione dell'artista è tutta focalizzata sulla descrizione dei personaggi e in secondo luogo delle specie vegetali accuratamente studiate, sull'esempio di Leonardo da Vinci che in quell'epoca era già artista affermato. Minore cura è riservata, come al solito in Botticelli, allo sfondo, con gli alberi e gli arbusti che creano una tinta scura e compatta. Il verde usato, come accade in altre opere dell'epoca, doveva originariamente essere più brillante, ma col tempo si è ossidato arrivando a tonalità più scure.
Le figure spiccano con nitidezza sullo sfondo scuro, con una spazialità semplificata, sostanzialmente piatta o comunque poco accennata, come negli arazzi. Non si tratta di un richiamo verso l'ormai lontana fantasia del mondo gotico, ma piuttosto dimostra l'allora nascente crisi degli ideali prospettici e razionali del primo Quattrocento, che ebbe il suo culmine nell’epoca di Savonarola (1492-1498) ed ebbe radicali sviluppi nell'arte del XVI secolo, con un più libero inserimento delle figure nello spazio.
La Primavera è dipinta con stesure ad olio su un fondo di tempera, la parte inferiore corrispondente al prato e agli alberi è stesa su di una campitura nera destinata a dare profondità al verde che vi è steso ad olio. Le figure del cielo sono invece dipinte al di sopra di un fondo di biacca che ne evidenzia la luminosità. L’opera è caratterizzata da diverse tonalità di colore chiaro che si pongono in contrasto con lo sfondo in un gioco di luci ed ombre che risalta i chiaroscuri. I dettagli naturalistici del prato, l’uso sapiente del colore, l’eleganza delle figure, la poesia dell’insieme, hanno reso giustamente celebre quest’importante ed affascinante opera.

Alfonso Iovino

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