venerdì 10 giugno 2016

Napoleone: la nascita di un mito

L'attività artistica sotto il regime napoleonico fu indirizzata ad abilitare la figura di Napoleone con una forte accezione politica e propagandistica. Napoleone si comportò da stratega eccellente, gestendo nei minimi dettagli anche la diffusione della propria immagine di fronte al mondo. La sua figura, infatti, risplendeva su tutto l'impero “folgorante in solio”. Su sua richiesta, egli doveva essere rappresentato con fierezza nei suoi ritratti, tralasciando spesso le reali fattezze del volto e del corpo, mirando soprattutto all'idea cesarea del geniale condottiero e dello statista acuto. Per ottenere tutto questo, si servì di un gran numero di artisti, di diverso spessore e oggi di diversa notorietà, tutti per lo più allievi del pittore della Rivoluzione francese, Jacques Luis David.
Il mito di Napoleone non è basato tanto sui suoi meriti quanto sui fatti, allora straordinari, della sua carriera. I grandi e famosi riformatori del passato erano già in partenza dei re, come Alessandro, o dei patrizi, come Giulio Cesare; Napoleone, invece, fu le petit caporal che divenne il sovrano di tutto un continente solo in virtù del suo talento personale. Napoleone era l'uomo civile del XVIII secolo, razionalista, indagatore, illuminato. Era l'uomo della Rivoluzione e nello stesso tempo era l'uomo che aveva portato l'ordine. Solo una cosa egli aveva distrutto: la Rivoluzione giacobina, il sogno di libertà, di uguaglianza, di fraternità, il sogno del popolo che si solleva in tutta la sua maestà per scuotersi di dosso l'oppressione. Ed era quello un mito più potente del suo, poiché, dopo la sua caduta, fu esso, e non la sua memoria, a ispirare, anche nella sua stessa patria, le rivoluzioni del XIX secolo.
Napoleone fu un personaggio che dominò il periodo a cavallo fra '700 e '800, ma il suo mito influenzò tutto il XIX secolo poiché da una parte, estendendo i suoi domini dalla Spagna fino ai confini russi, fu in grado di creare un impero paragonabile a quello dell'antica Roma, da un altro mettendo a soqquadro l’Europa con i suoi eserciti, scosse potentemente l’assolutismo e diffuse le idee di libertà e di uguaglianza che avevano dato una spallata alla Francia di Luigi XVI.
Lo stesso Manzoni, pur astenendosi da un giudizio politico su di lui, scrisse:
"Ei si nomò: due secoli,
l'un contro l'altro armato,
sommessi a lui si volsero,
come aspettando il fato;
ei fe’ silenzio, ed arbitro
s'assise in mezzo a loro."
Napoleone Bonaparte nacque nel 1769 ad Ajaccio, da piccola nobiltà provinciale ed ebbe un'educazione familiare molto rigida. Studiò presso il collegio di Autun, poi per volontà del padre proseguì gli studi nel collegio militare di Brienne e nel 1784 fu invece ammesso alla scuola militare di Parigi, dopo un anno ottenne il grado di sottotenente di artiglieria.
Allo scoppio della Rivoluzione, i realisti còrsi si schierarono a difesa dell'antico regime, ma Napoleone aderì con entusiasmo alle idee che il nuovo movimento popolare professava. Dopo l'assalto e la presa della Bastiglia, Napoleone cercò di diffondere la febbre rivoluzionaria anche nella sua isola. Si getta nella vita politica locale. I suoi meriti sono tali che nel 1791 fu nominato comandante di battaglione nella Guardia Nazionale di Ajaccio.
Il 21 gennaio 1793 Luigi XVI fu ghigliottinato in Place de la Révolution e Napoleone Bonaparte, promosso capitano di prima classe, partecipò alla repressione dell'insurrezione girondina e federalista delle città di Marsiglia, Lione e Tolone. Nell'assedio di Tolone il giovane capitano ottenne la capitolazione della piazzaforte. A soli ventiquattro anni diventò generale, dimostrando il suo carattere indomabile e passionale.
Quando si aprì la fase del Direttorio, finì il regno di terrore di Robespierre, durante il quale migliaia di cittadini erano stati giustiziati anche secondo un semplice sospetto di fare qualcosa di contrario alla Rivoluzione. Gli oppositori del tiranno avevano cercato di ristabilire l’ordine nel paese, instaurando un governo costituzionale, il cui potere esecutivo fu affidato a un Direttorio composto da cinque membri che agiva indipendentemente dalle assemblee, ma non poteva scioglierle.
In un primo momento, alla lotta sanguinosa tra le varie fazioni, dai giacobini ai realisti si sommavano la profonda crisi economica del paese, il crollo della produzione e del potere d’acquisto dei già miseri salari e lo stato di bancarotta nel quale versavano le casse dello Stato.
Nonostante la vittoria di Tolone e i gradi da generale, quando Robespierre fu ghigliottinato, il filogiacobino Bonaparte fu arrestato e rinchiuso nelle carceri di Antibes. Quando però nell’ottobre del 1795 scoppiò una pericolosa rivolta filomonarchica, Barras, il più eminente uomo del Direttorio, richiamò Bonaparte in servizio attivo sulle barricate parigine.
Quando poi l’armata francese dovette aprirsi la strada in territorio tedesco, per costringere alla resa l’Austria, un contingente esiguo e male armato al comando del giovane Bonaparte doveva attaccare l’Italia come diversivo: ma ciò si rivelò un trionfo e le armate nemiche furono costrette alla resa.
Nel frattempo Bonaparte, per quanto restio alla vita mondana, nei salotti della Parigi che contava, conobbe una persona fondamentale per la sua vita: Marie Josèphe Rose de Tascher de la Pagerie, meglio nota come Josephine de Beauharnais. Josephine fu la prima moglie di Napoleone dal 1796 al 1809 e fu una donna fondamentale per la sua vita perché lo aiutò nella scalata al potere e a costruire il suo mito.
Dopo il matrimonio con Josephine, Napoleone partì senza moglie e in compagnia di un corpo d’armata per la prima campagna d’Italia.
Le brillanti vittorie ottenute fecero aumentare il prestigio del giovane generale che aveva costituito in Italia repubbliche che ricalcavano il modello di quella francese; il saccheggio delle ricchezze dell’Italia risollevò inoltre le finanze della Francia, ma misero il governo in una pericolosa condizione di dipendenza dalle vittorie napoleoniche.
Napoleone aveva ottenuto la sua prima grande vittoria ad Arcole in provincia di Verona.
Questo momento fu immortalato da Jean Antoine Gros, allievo di David, che intitolò l'opera "Il generale Bonaparte ad Arcole".
Il 15 novembre 1796, Gros era presente con l'esercito nei pressi di Arcole, quando Bonaparte piantò la bandiera dell'armata francese d'Italia sul ponte. A Milano Bonaparte commissionò un dipinto per immortalare l'evento. Soddisfatto del lavoro, Bonaparte diede a Gros l'incarico di ispettore alle recensioni, che gli permetteva di seguire l'esercito.
Nel 1797, su raccomandazione di Josephine de Beauharnais, Bonaparte nominò Gros capo della commissione per selezionare le opere d'arte da prelevare in Italia per arricchire le collezioni del Louvre. In tutta la sua lunga carriera Gros realizzò delle tele che si possono genuinamente classificare come pittura di storia che cone dice l’espressione stessa, rappresenta i grandi episodi storici in particolare militari, a gloria di una nazione. Durante il consolato e il primo impero, l’artista ricevette importanti commissioni di quadri raffiguranti gli avvenimenti contemporanei. L’artista si fece notare da Napoleone quando questi non era ancora Primo Console. Quando le battaglie ingaggiate dalla Francia si moltiplicarono, i critici presenti al Salon rivendicarono un ritorno alla grande pittura di storia, direttamente ispirate alle tele che Charles Le Brun aveva dipinto nel corso del XVII secolo per il re Luigi XIV.
Questo dipinto si riferisce agli avvenimenti della battaglia, combattuta dal 15 al 17 novembre 1796 presso il comune veronese di Arcole, dove Napoleone Bonaparte da generale del Direttorio si distinse per le sue doti.
Gros, che aveva partecipato alla campagna d'Italia con il grado di Ufficiale di Stato Maggiore, rivela in questo dipinto eroicizzato tutto il fascino che la figura di Bonaparte esercitava su di lui.
Il ritratto raffigura Napoleone mentre, nel corso di una battaglia contro gli austriaci, pianta una bandiera sul ponte d'Arcole, incitando i propri uomini alla vittoria.
Questo noto dipinto è considerato da molti studiosi come il prototipo del ritratto romantico ed è inoltre la prima opera in cui Gros si allontana consapevolmente dagli schemi rigidi della ritrattistica neoclassica: il dipinto è caratterizzato da contorni più mossi e fluidi, i colori sono resi con colpi di pennello vivi e rapidi.
Bonaparte è colto durante il compimento di un gesto eroico, che tuttavia non contiene eccessiva enfasi, ma mette in evidenza il suo volto, giovane e scavato, e i suoi occhi decisi sono rivolti verso i soldati che vengono verso di lui.
Napoleone è rappresentato di profilo da sinistra con i capelli mossi dal vento, in un ricercato e consapevole rimando ai ritratti di Alessandro Magno, il grande condottiero dell'antichità.
La sua figura, che sappiamo essere stata piccola e tozza nella realtà, appare qui come amplificata dall'enfatica gestualità che l'artista gli ha attribuito e dall'uniforme splendente ornata da un monumentale fiocco.
La spontaneità del ritratto è forse anche dovuta al fatto che Napoleone concedeva al pittore solo pochi momenti per le pose, tanto che Gros se ne lamentava spesso, scrivendo a sua madre.
Questo dipinto inaugura l'inizio di un'attività dedicata alla celebrazione dell'epoca napoleonica.
Al Salon del 1804 Louis François Lejeune presentò La battaglia del ponte di Lodi che si era svolta il 10 maggio 1796, in un chiaroscuro tipicamente romantico
Nato nel 1775, Lejeune, protagonista eroico dell’epopea napoleonica, ferito molte volte nei combattimenti, ha lasciato vividi ricordi delle sue campagne: le famose memorie e numerosi dipinti raffiguranti le grandi battaglie, come le Piramidi o Marengo. I suoi quattordici dipinti conservati a Versailles rivelano un pittore originale. Dall'assedio di Charleroi nel 1794 fino alla battaglia di Borodino, le sue opere sono primi documenti storici che raccontano il suo coinvolgimento in campo militare. Con le sue undici ferite e le sue diciassette campagna militari Lejeune è stato presente nell’epopea napoleonica che è stata anche la sua.
Nel 1797 Napoleone creò la Repubblica Cisalpina che comprendeva parti attuali di Lombardia, Veneto e Piemonte; il desiderio di Napoleone sembrava quello di unificare l'Italia, ma alcuni fatti lasciarono capire che piuttosto l'Italia fosse per lui una longa manus della Francia: Napoleone firmò il trattato di Campoformio con cui l'Austria si impegnò a cedere alla Francia i Paesi Bassi austriaci, la riva sinistra del Reno e la Lombardia, in cambio di Venezia.
In seguito a questi strepitosi successi, ritornò in Francia per poi partire verso l'Egitto per una spedizione militare e vi rimase.
Apparentemente la spedizione in Egitto serviva per colpire gli interessi orientali degli inglesi, ma in realtà, Napoleone fu inviato dal Direttorio, che cominciava a considerarlo troppo pericoloso in patria.
Per affrontare la spedizione il giovane Generale partì da Tolone nel 1798 e successivamente sbarcò Alessandria d’Egitto.
Arrivato al Cairo, l’esercito di Napoleone combatté la battaglia delle piramidi il 21 luglio 1798 contro le forze dei Mamelucchi guidate da Murād Bey e da Ibrāhīm Bey, nel corso della quale Bonaparte utilizzò una delle sue tecniche militari più significative: il grande quadrato divisionale.
Louis François Lejeune, interprete e protagonista dell’epopea napoleonica, ferito molte volte nei combattimenti, ha lasciato vividi ricordi delle sue campagne : le famose memorie e numerosi dipinti raffiguranti le grandi battaglie, come le Piramidi o Marengo.
Lejeune espose dipinto Al Salon del 1806.
La battaglia fece guadagnare alla Francia Il Cairo e il Basso Egitto e  segnò anche la fine, dopo 700 anni, del dominio mamelucco in Egitto. I Mamelucchi erano, assieme all'ordine di Malta, distrutto da Napoleone poco prima, le ultime vestigia dell'organizzazione politica e militare rimasta dal tempo delle crociate.
Quando al Salon del 1806 Lejeune espose La battaglia delle Piramidi del 21 luglio 1798, l'esercito francese, era già entrato nella leggenda napoleonica, celebrato e glorificato dai più grandi artisti del tempo. La battaglia delle Piramidi, famosa per le leggendarie parole di Napoleone: "Soldati, dalla cima di queste piramidi, quaranta secoli vi guardano dall'alto in basso!".
Il dipinto di 180 x 258 cm, si trova a Versailles. Le truppe formate in quadrati e l'artiglieria francese mette in rotta la cavalleria dei Mamelucchi. Diversamente da La battaglia delle Piramidi di Gros, immagine di propaganda grandiosa centrata sulla figura dell'eroe provvidenziale - più e più volte ricorre infatti nelle sue opere l’immagine di Napoleone sul suo cavallo rampante - Lejeune svolge una narrazione panoramica e narrativa  che allo spettatore.
La prospettiva ampia facilita la distribuzione delle forze in campo e consente allo spettatore una facile lettura della strategia messa in atto da Bonaparte. Sulla riva sinistra del Nilo, le cinque divisioni dell'esercito adottano la posizione del quadrato, gli angoli difesi dall'artiglieria, e protegge al loro interno la cavalleria e le truppe di riserva. I Mamelucchi sono spinti verso il fiume e sono bombardati dalla flottiglia francese.
Ma al di là del valore educativo di questa composizione, una vera e propria dimostrazione di tattiche militari, Lejeune si distingue come un grande paesaggista, esperto di effetti atmosferici.
La luce splendida che unisce cielo e deserto, evidenzia la forma mitica delle piramidi che si delineano all'orizzonte, l'esotismo del sito e della sua vegetazione, già annunciano il periodo d'oro dell'Orientalismo.
Il dipinto di Gros pone al centro Bonaparte che monta su un cavallo bianco riccamente bardato all’orientale che saluta con la mano sinistra e mostra con la destra le piramidi. È vestito con la divisa di generale del Direttorio: abito blu scuro bordato d’oro, sciarpa rossa e bianca che cinge la vita e cappello a tre punte con piume bianche e rosse. L'artista ha voluto rappresentare il momento in cui Bonaparte arringa le sue truppe, incitandole e pronunziando la celebre frase dei quaranta secoli. Dietro di lui si riconoscono molti dei suoi generali: in primo piano a campo scoperto Gioacchino Murat, nel gruppo a destra Duroc, Sulkowski, Berthier, Junot e Eugene de Beauharnais; e in quello di sinistra, Desaix, Rampon, Lasalle. Sullo sfondo si trova la piana di Giza con la silhouette delle tre piramidi di Cheope, Chefren e Micerino.
L'esercito francese vinse la battaglia, con pochissime perdite. Mourad Bey, che comandava l'esercito mamelucco, si ritirò a Giza con 2500 cavalieri superstiti del suo esercito.
Questa vittoria aprì a Bonaparte le porte del Cairo, dove entrò il 24 luglio 1798; in seguito Napoleone voltò a nord est e raggiunse la Palestina, Giaffa e San Giovanni d’Acri.
Legato ancora alla Campagna d’Egitto, è il dipinto “Napoleone visita gli appestati di Giaffa” (inserire il dipinto) Jean-Antoine Gros del 1804, esposto lo stesso anno al Salon di Parigi.
Il quadro di carattere celebrativo, si riferisce a un avvenimento risalente al 1799, quando Napoleone, indifferente del pericolo di contagio, visitò il lazzaretto con i suoi soldati ammalati di peste.
Il dipinto, per il suo intento moraleggiante appartiene in pieno alla cultura neoclassica, ma nello stile si possono identificare anche elementi di spunti romantici.
La scena si compone di due parti corrispondenti: in primo piano, con la scena degli appestati e in secondo piano con l’immagine eroica di Napoleone.
La scena del primo piano ricorda molto l’inferno dantesco per la sua drammaticità e riprende il tema della peste seicentesca. I corpi, infatti, sono rappresentati con una sensualità che ricorda l’estetica barocca.
Mentre la scena del secondo piano è caratterizzata da Napoleone che visita i soldati francesi, si toglie la giacca e con una mano tocca il costato di un ammalato di peste. Questo gesto è particolarmente evidenziato dalla solennità con cui è rappresentato. Napoleone è rappresentato come un uomo coraggioso, ma anche con un alone mistico, poiché tocca e risana: è utilizzata un’iconografia che appartiene al repertorio sacro e trasferisce nel gesto una concezione di “uomo salvatore”.
Gros dipinge anche un raggio di sole, che si riflette sul costato dell’uomo malato come in una scena miracolosa.
Questo episodio è una citazione del “Dubbio di S. Tommaso” di Caravaggio. L’iconografia sacra dell’esempio di Caravaggio, è richiamata volutamente da Gros, e celata sotto termini eroici, secondo una precisa volontà di propaganda politica.
Infatti, anche se si tratta di un episodio realmente accaduto, non è mostrato nulla che alluda al seguito della vicenda; Napoleone, per non essere ostacolato nella sua azione militare, fece, infatti, avvelenare tutti i soldati ammalati.
La meravigliosa scenografia ha la funzione di  aumentare l’impatto emozionale.
La cultura neoclassica e il legame con l’accademia si possono rintracciare nella struttura prospettica molto rigorosa, nel tono retorico e nella tendenza alla semplificazione delle forme.
Accanto a questi elementi si accosta una componente quasi di evasione dalla realtà, rappresentata dall’architettura arabeggiante.
Anche nei costumi orientali di alcuni personaggi s’inserisce una componente di folklore, mentre l’intento dell’artista è chiaramente quello di celebrare la generosità di Napoleone, a costo di non rispettare la realtà storica.
Dopo aver terminato la campagna in Siria, Bonaparte tornò in Egitto.
Avvicinandosi al Cairo, Napoleone apprese che una flotta turca, sotto il comando di Moustafà Pasha e Hussein, era approdata nella penisola di Abukir. I turchi si erano impadroniti del forte e si erano sistemati in fretta. Bonaparte, non volendo lasciare loro più tempo per sistemarsi e fortificare la città, li attaccò improvvisamente e da tutte le direzioni. I turchi resistettero a lungo, ma la cavalleria di Murat riuscì a sfondare le loro linee. Essi gettarono un tale disordine che gran parte di soldati turchi presi dallo spavento, si gettarono in mare e perirono nel tentativo di raggiungere la loro flotta a nuoto.
Sulla tela si possono riconoscere Hussein Pascià e suo figlio portati prigionieri dai soldati francesi. Alcuni soldati turchi stanno ancora cercando di difendersi. Sulla destra, si possono riconoscere il Generale Berthier e gli ufficiali che cavalcano dei dromedari e a sinistra, il generale Bonaparte è arrivato sul campo di battaglia.
Lejeune presentò La battaglia d'Abukir, al Salon del 1804.
Diversamente da Lejeune, nella sua rappresentazione de La battaglia di Abukir, Gros concentra la raffigurazione della battaglia sui personaggi: in primo piano al centro c’è il generale Murat con la sciabola sguainata e il cavallo bianco impennato mentre guida l’attacco, sulla sinistra alle spalle di Murat un dragone semina il terrore fra i turchi, sulla destra un tocco di grande romanticismo nella scena del Pascià che cerca di imporre ai suoi uomini di resistere. Nonostante Gros sia stato allievo di David, grande maestro del neoclassicismo, Gros se ne allontana rivolgendosi alla pittura italiana come mostra una raccolta di schizzi eseguiti durante il suo soggiorno a Roma Gros disegna schizzi da Masaccio e Andrea del Sarto. Il suo tocco diviene più colorato più vivo ispirato dai maestri fiamminghi e dai soggetti romantici Più visibile e meno regolare questo nuovo stile vuole dinamizzare le sue tele e fare di Gros l’annunciatore della pittura romantica.
Di questa parentesi egiziana di Napoleone rimangono importanti opere.
A dispetto di questo promettente inizio, le speranze di Bonaparte di una gloriosa conquista del Vicino Oriente furono quasi completamente vanificate dalla vittoria dell'ammiraglio Orazio Nelson nella battaglia del Nilo appena 10 giorni dopo, figurativamente descritta dal pittore inglese George Arnald.
Pur non avendo conseguito gli obiettivi sperati, Napoleone si dimostrò generalmente superiore agli inglesi in tutte le battaglie terrestri, ma subì una rilevante sconfitta da Horatio Nelson nella battaglia navale di Abukir.
Deciso a tornare, Napoleone affidò il comando delle sue truppe al generale Kleber e si imbarcò per la Francia, contravvenendo agli ordini di Parigi. Il 9 ottobre 1799 Bonaparte sbarcò a Saint Raphael; giunto a Parigi, in confronto agli insuccessi del Direttorio, Napoleone fu acclamato come un salvatore della Patria al suo rientro a Parigi nel 1799 e la popolarità da lui acquisita gli fornì l’occasione per realizzare il colpo di Stato del 18 brumaio: la situazione in Francia intanto peggiorava per il disordine e per la confusione, senza contare che l'Austria stava raccogliendo numerose vittorie. Con un colpo di stato Napoleone abbattette il Direttorio e sciolse il governo, prendendo in questo modo il potere quasi assoluto. Il 24 dicembre varò poi l'istituzione del Consolato, di cui si nominò Primo Console, rivelando subito le proprie aspirazioni dittatoriali: questo evento rappresentò la fine della Rivoluzione Francese e l’inizio dell’era napoleonica e lo stesso Napoleone, dopo avere sciolto i due parlamenti, dichiarò che la Rivoluzione Francese era definitivamente finita.
A seguito di questi disordini interni e della lunga campagna d’Egitto l'artista Jean Pierre Franque, un pittore poco noto in Italia legato anch’egli a Jacques Lous David, interpretò lo stato d'animo dei francesi che si sentirono sperduti per la mancanza del loro leader, ciò emerse nel quadro "Allegoria dello stato della Francia prima del ritorno di Napoleone dall'Egitto".
Jean Pierre Franque interpretò perfettamente lo stato d’animo dei francesi, che si sentivano sperduti per la mancanza del loro miglior generale, nel bellissimo dipinto Allegoria dello stato della Francia prima del ritorno di Napoleone dall’Egitto, esposto nel 1810 al Salon parigino. Franque, uno dei meno noti allievi di Jacques-Louis David, ma non per questo inferiore agli altri, crea uno scenario quasi onirico dominato da una luce accecante. La Francia è rappresentata da una donna su una nuvola. Si nota che la donna è la figura più importante perché è la più luminosa. Il secondo personaggio più importante è Napoleone, indicato dalla donna. Napoleone, sconcertato assiste all’apparizione dell’allegoria della Francia che piange la sua assenza e invoca a grandi gesti il suo ritorno dall’Egitto, rappresentato simbolicamente dalle piramidi.
Dietro la donna ci sono più persone che rappresentano vari pericoli per la Francia. Si nota inoltre che Napoleone si appresta ad agire perché egli ha la mano sulla sua spada. Sullo sfondo vi è un paesaggio tipico egiziano, infatti, si notano le piramidi e delle palme.
Relativo a questo periodo è il dipinto Bonaparte, primo console realizzato nel 1804 da Jean-Auguste-Dominique Ingres. Il dipinto è attualmente in mostra presso il Museo del Grand Curtius della città di Liegi.
Ingres ricevette, a ventitré anni, l’ordine di un ritratto del Primo Console, da Napoleone stesso, da destinare alla città di Liegi. Bonaparte non concede sessioni di posa con l'artista Ingres; è stato poi ispirato nella  postura di un ritratto dipinto da Jean  Antoine Gros del 1802.
Napoleone è ritratto a circa trentaquattro anni mentre mette la mano su un atto chiamato "Borgo di Amercoeur ricostruito", che è pronto per essere firmato. Napoleone non brandisce la spada saggiamente riposta nel fodero e non porta i capelli lunghi come in epoca rivoluzionaria, né indossa la sua uniforme blu del Ponte di Arcole; ma l’abito rosso di Console della Repubblica, i capelli corti e la mano sinistra sotto la giacca come segno di saggezza e di maturità.
Le tende aperte, simbolo del futuro, scoprono un paesaggio in cui si distinguono la cattedrale di Saint-Lambert di Liegi, che  era in demolizione dal tempo della Rivoluzione a Liegi, quando Ingres dipinse questo quadro.
Il I Agosto 1803, il Primo Console si era fermato due giorni a Liegi, durante la sua marcia trionfale attraverso i nove dipartimenti uniti. Dalla terrazza di un palazzo di Mont-Saint-Martin, Bonaparte guardò la città, criticò  la chiesa di Saint-Jean-en-Isle Una folla particolarmente grande, la popolazione della città era triplicato durante la visita di due giorni e si era ammassata per allietare Bonaparte; alcuni addirittura si inginocchiarono al suo passaggio. Il capo dello Stato andò al  distretto di Amercoeur devastata dai bombardamenti austriaci quando questi avevano lasciato la città nel 1794. Profondamente commosso dalla miseria degli abitanti, il primo console decretò che 300.000 franchi sarebbero stati a disposizione del prefetto della Ourthe, il barone Micoud per accelerare la ricostruzione del sobborgo.
Gli eccessi della rivoluzione francese come pure quelli contro rivoluzionari sono messi in prospettiva in un contesto di pacificazione, la conciliazione tra la Francia e la Chiesa cattolica. La ricostruzione pianificata di quartiere Amercoeur si riferisce ad un decreto firmato da Napoleone nel 1803 presso la Prefettura del dipartimento Ourthe per ripristinare questo sobborgo di Liegi bruciato dagli austriaci quando hanno lasciato la città dopo la battaglia di sprimont del 1794. Ciò mostra i benefici della Repubblica in una città di recente costruzione in Francia, così come se volesse prendere simbolicamente possesso.
La fedele riproduzione della Cattedrale di Liegi, mentre il secondo è in rovina simboleggia il ripristino delle relazioni ufficiali e pacifiche, minato dalla Costituzione civile del clero del 1790 tra la Francia e il papato; così come la "protezione" della Chiesa cattolica concesso dalla Repubblica dopo il concordato del 1801.
Nel maggio 1800 Napoleone fu costretto a tornare in Italia per difendere le Repubbliche filofrancesi dagli attacchi austriaci.
Il suo passaggio del Gran San Bernardo fu documentato da molti dipinti, il più famoso quello di David chiamato "Napoleone al passo del Gran San Bernardo".
Quest’opera è stata realizzata all’incirca al 1800, l’autore si è servito della tecnica dell’olio su tela. Essa fu commissionata per il Re di Spagna. Il dipinto mostra un’idealizzazione dell’attraversamento delle Alpi.
Questo episodio,  meglio noto come La Campagna D’Italia, fu costituito da una serie di operazioni militari combattute nel 1800, durante la caduta nel 1799 delle repubbliche sorelle filo-francesi e il ritorno di Bonaparte dall’Egitto.
Il generale organizzò e diresse un audace attraversamento delle Alpi per prendere alle spalle l’esercito austriaco che assediava le truppe francesi bloccate a Genova. Dopo il buon esito della manovra, Bonaparte avanzò nella Pianura Padana e affrontò l’armata austriaca nella decisiva battaglia di Marengo che si concluse con la vittoria dei Francesi. Così Napoleone consolidò il suo potere sulla Penisola.
Il dipinto originale rimase a Madrid fino al 1812, quando fu preso da Giuseppe Bonaparte,  dopo aver perso il trono di Spagna e lo portò con sé nel suo esilio negli Stati Uniti.
La commissione richiedeva un ritratto di Napoleone in uniforme da primo console, ma David scelse d’introdurre l’elemento equestre. L’attraversamento, in realtà, fu compiuto con condizioni meteorologiche serene e Napoleone aveva viaggiato su un mulo accompagnato da una guida. Napoleone tuttavia chiese espressamente a David di essere ritratto sereno, su un cavallo focoso.
Quest’opera era un esempio di ritratto eroico già di gusto romantico.
Il movimento vorticoso del panneggio e lo slancio del cavallo in corsa sullo sfondo di una natura grandiosa, fissano il mito dell’azione fulminea e titanica di Napoleone, destinato ad influenzare l’arte e la letteratura.
David preparò numerosi studi per Napoleone, ma il generale non volle posare per l’artista più di tre ore nel 1798, sostenendo che il ritratto dovesse somigliargli nel carattere e tramandarne le gesta, non le sembianze, l’autore si basò quindi su un busto come modello.
La composizione pone il soggetto al centro di un cerchio ideale, e il pomo della spada al centro di quest’ultimo, mentre Napoleone e il cavallo sono ritratti costruendo una forma a “Z” che sottolinea il dinamismo della posa.
In primo piano, su di una roccia, sono incisi i nomi di Bonaparte, Annibale e Carlo Magno Imperatore, a richiamare gli altri due personaggi storici che attraversarono le Alpi. In questo modo David vuol far capire che soltanto i Generali più forti ed audaci sono capaci di attraversare le Alpi.
Il gesto della mano che punta verso il cielo invece è onnipresente nelle opere di David e in questo caso sembra raffigurare la determinazione del soggetto a compiere la sua impresa con successo.
L’elemento dominante di quest’opera è uno splendido cavallo impennato. Quest’immagine coglie Napoleone pronto a conquistare l’Italia.
La scena è come fermata nell’attimo in cui Bonaparte sta spronando i propri soldati a compiere un’impresa, l’azione è veloce, basta osservare per capirlo la coda e la criniera del cavallo, colte con molta attenzione curata nei particolari.
David ha saputo ben evidenziare la volontà e la forza di Napoleone attraverso il gesto della sua mano destra, il portamento e lo sguardo fermo e deciso rivolto allo spettatore.
Bonaparte indossa un’elegante divisa, con rifiniture dorate, tipica dei generali francesi. Sullo sfondo, tra le rocce, si vede la fila dei soldati che sta per attaccare con un pesante cannone, dietro le zampe del cavallo spuntano oggetti ed il resto dell’armata francese.
L’iconografia di Napoleone in David è ricorrente infatti ci sono due famosissime opere che ritraggono “Napoleone che Valica Il San Bernardo”.
Al Salon del 1802, due anni dopo la seconda campagna italiana, Lejeune espose La Battaglia di Marengo, avvenuta il 14 giugno 1800. Lejeune era il beniamino di tutti e non solo delle donne belle. I suoi compagni gli hanno dato un premio d’incoraggiamento, riconoscendo che questa grande tela odorava di polvere e aleggiava il terrore della morte. I visitatori commentarono appassionatamente l’epopea che infiammava e si accendeva in tutta l’Europa. Il Primo console commentò che i bollettini in immagini di Lejeune parlano meglio dei suoi, in fraseggi di cui egli inonda il popolo per seguirlo. Napoleone che aveva capito molto prima degli esegeti di narrazioni storiche che la comunicazione è azione e che in Lejeune aveva trovato un grande reporter. Lejeune è curioso di tutto. Egli sa che l’aneddoto può essere la rivelazione della grande Storia, un gesto che fissa nel tempo un’emozione. Egli cerca l’esattezza, ma guarda il romanticismo, il mistero Egli è il narratore e il regista in scena ma più di tutto egli ha capito che per sapere devi essere là, sul terreno.
Come di consueto nella pittura di battaglie, il primo piano mette in rilievo le figure più importanti.
Napoleone Bonaparte a sinistra, aureolato di un fumo bianco, è seguito dai suoi ufficiali e generali. Ma Alexandre Berthier sulla destra attira tutta l’attenzione: Lejeune si è presentato a lui in uniforme blu militare. Il secondo piano rende conto del movimento delle truppe dacanti alla chiese di Marengo. Il punto di vista dell’artista si è allontanato per dare una panoramica di combattimento. La prospettiva aerea risponde al punto di vista di un comandante in capo che osserverebbe la battaglia da lontano.
Diversi aneddoti sono richiamati in primo piano: si identifica un soldato sconfitto che si suicida, un cane che abbaia accanto al cadavere del suo padrone, un soldato che dà acqua a un ferito, e, nell’angolo in basso a destra, alcune ossa che richiamano un combattimento aveva avuto luogo un anno prima. Sebbene i dettagli nitidi, l'artista si permette qualche libertà rispetto alla realtà storica: la carica della cavalleria che fa oscillare le sorti della battaglia, non occupa il posto che dovrebbe, e in fondo a sinistra la morte del generale Desaix che colpito al petto, cadde da cavallo, non si verifica in quel momento.
Ancora una volta vittorioso contro la coalizione austriaca, impone la pace agli Inglesi e firma nel 1801 il Concordato con Pio VII che mette la Chiesa francese al servizio del Regime.
Nel 1802 Napoleone si proclamò console a vita e, dopo aver scoperto e sventato un complotto monarchico, dopo diverse sollecitazioni, il 18 maggio 1804 il senato proclamò Napoleone imperatore dei francesi col nome di Napoleone I e Pio VII Chiaramonti a Parigi, lo consacrò nella Chiesa di Notre Dame il 2 dicembre.
L'Impero fu dichiarato ereditario e fu creata una nuova nobiltà, fondata, però sul servizio, non importa se civile o militare, reso all'imperatore. L’evento fu immortalato dal pittore Jacques-Louis David, primo pittore dell’Imperatore.
L’incoronazione di Napoleone è un dipinto a olio su tela realizzato tra il 1805 e il 1807. In seguito Napoleone chiese di riportare alcune modifiche al quadro che David riuscì a completare nel febbraio del 1808. Sono da notare le dimensioni del quadro: 6,21 m x 9,79 m.
L’opera fu commissionata da Napoleone nel Settembre del 1804, per realizzarla l’artista impiegò tre anni, infatti, fu necessaria una gran quantità di disegni preparatori per riprodurre sulla tela la cerimonia.
La tela rimase fino al 1819 di proprietà di David, data nella quale l’opera fu trasferita al Louvre, dove rimase nei magazzini fino al 1831 per volontà di Luigi XVIII e di Carlo X di Francia. Per ordine del nuovo sovrano Luigi Filippo, il quadro fu spedito al museo del palazzo di Versailles, rimase fino al 1889, quando l’opera fu nuovamente inviata al museo del Louvre.
David ritrae il momento dell’incoronazione di Napoleone, con ottanta invitati, tutte persone realmente esistite.
Tra i vari personaggi illustri troviamo: Luigi Bonaparte re d’Olanda, Giuseppe Bonaparte fratello di Napoleone e re di Napoli e in seguito re di Spagna nel 1808, il giovane Carlo Bonaparte figlio di Luigi Bonaparte, poi troviamo Charles-Francois Lebren terzo console al fianco di Napoleone Bonaparte il quale tiene tra le mani lo scettro da recare all’Imperatore, Jean-Jacques Regi de Combacerei, principe e arci cancelliere dell’Impero, anch’egli tra le mani ha lo scettro da portare all’ Imperatore, Louis Buthier ministro della guerra sotto il consolato che ha tra le mani il globo imperiale da donare all’Imperatore e Gioacchino  Murat cognato di Napoleone re di Napoli. Inoltre nel dipinto è rappresentata Letizia, la madre di Napoleone, che in realtà non era presente alla cerimonia, ma Napoleone volle che fosse ritratto nel palco d’onore in segno di omaggio. Poco più in alto nella tribuna, compare anche il pittore David mentre schizza “dal vero”.  Sulla sinistra dell’opera spiccano le sorelle dell’imperatore, Carolina, Elisa al centro e Paolina, elegantemente vestite secondo la moda neoclassica che sta per diventare il cosiddetto “stile impero”.
L’opera d’arte si basa su linee  verticali che slanciano il dipinto. Tutti gli sguardi si concentrano sulla corona, che Napoleone tiene alta nelle mani e sta per posare sulla testa della moglie Giuseppina. La scena si svolge il 2 dicembre 1804 nella Cattedrale di Notre Dame a Parigi.
La celebrazione fu suddivisa in tre parti: la consacrazione, l’incoronazione e infine il giuramento al quale il pontefice Pio VII Chiaromonti successore di Pio VI non volle assistere.
Questo quadro è il primo simbolo secondo il quale Napoleone era intenzionato a trasformare la Repubblica  in Impero.
Napoleone svolge la famosa auto incoronazione che è ben visibile, con papa Pio VII seduto sulla destra benedicente e quasi impotente di fronte al gesto dell’Imperatore, tanto che quest’ultimo gli da anche le spalle. Napoleone appare in atteggiamento quasi sacrale in quanto è monarca della legge divina ed egli stesso deve obbedienza a Dio. Bonaparte con questo gesto voleva rimediare all’errore di Carlo Magno primo Imperatore del Sacro Romano Impero, il quale era stato incoronato la notte di Natale dell’800 da papa Leone III, questo evento voleva dimostrare che il potere spirituale prevaleva su quello temporale mentre Napoleone autoincoronandosi, dimostrò il contrario, in altre parole che il potere imperiale fosse superiore al potere della chiesa.
David rappresenta in una sola azione l’incoronazione dell’Imperatore e quella dell’Imperatrice, infatti, possiamo vedere nell’opera il momento in cui Napoleone dopo essersi autoincoronato, si appresta a investire di dignità regale la sua sposa.
Il classicismo dell’ambiente, i decori e la corona d’alloro, riflettono inoltre il fascino di Napoleone per i fasti e le glorie dell’Impero Romano.
La scena è rappresentata dal pittore nella maniera più obiettiva possibile: non si fa ricorso alle allegorie, ma è narrato quello che David aveva potuto vedere come spettatore, l’evento storico è narrato in maniera impeccabile, con cura meticolosa dei particolari, mescolato comunque a una vitalità e una ricchezza cromatica straordinarie, inoltre la pennellata ha una consistenza densa ma leggera e sottile allo  stesso tempo. Il quadro si snoda su linee orizzontali contrappuntate però dalle figure in piedi e dai pilastri che si tagliano verso l’alto.
All’interno del quadro sono presenti vari simboli tra cui il rosso, bianco e oro che oltre a rappresentare i colori dell’Imperatore e dell’Imperatrice simboleggiano la forza vitale dei sovrani e dell’Impero. Nel dipinto sono presenti due corone, di cui una rappresenta il potere universale ed è nelle mani di Napoleone. Inoltre nel quadro troviamo l’Imperatrice che s’inginocchia davanti a Napoleone in segno di sottomissione.
Poi troviamo la croce che rappresenta la Chiesa cristiana e in fine vediamo raffigurati i vescovi e il papa con il pastorale, che rappresentano l’autorità della chiesa.
Inoltre nel dipinto troviamo gli alti dignitari di corte i quali sono vestiti come da protocollo.
Nell’opera si può osservare che sia Napoleone sia Giuseppina, sua moglie, indossano uno splendido manto color porpora, il colore del potere.
L’abito di Napoleone è una tunica di raso bianco, ricamata in oro e bordata di una frangia. Quello di Giuseppina è un vestito a vita alta, in raso broccato d’argento e ricamato in oro.
Il Mercoledì 5 dicembre 1804, tre giorni dopo la cerimonia dell’incoronazione a Notre Dame, ebbe luogo un’altra importante manifestazione, con un alto valore simbolico: la distribuzione delle aquile.
Quando David iniziò la sua opera, nel 1807, la Beauharnais fu dipinta al fianco di Napoleone, mentre assisteva al giuramento di fedeltà della Guardia Nazionale. Successivamente gli eventi cambiarono. Nel 1809 per ragioni di Stato Giuseppina non riuscì a dare un figlio a Bonaparte e fu proprio per questo motivo che l’imperatore si sposò con Maria Luisa d’Austria.
 A quel punto la presenza di Giuseppina divenne ingombrante e, infatti, fu cancellata dal dipinto sovrapponendo colore e allargando la tessitura del fondale.
David cancellando la figura dal quadro lasciò uno spazio vuoto vicino a Bonaparte, reminiscenza di una felicità ormai finita per sempre.
La distribuzione delle Aquile ebbe luogo nel Campo di Marte, di fronte alla scuola militare.
Durante quest’evento fu eretto un grande palco, coperto da  tendoni all’altezza del primo piano del palazzo; un tendone centrale sorretto da quattro colonne con delle vittorie figurate, copriva il trono sul quale Napoleone e Giuseppina stavano seduti.
Attorno al trono c’erano principi e principesse, grandi dignitari, ministri, marescialli dell’ Impero, grandi ufficiali della corona, le dame di corte e i consiglieri di stato.
Il palco fu diviso a sinistra e a destra rispetto al trono in sedici parti, decorate con stendardi e coronate dalle aquile, in modo da rappresentare le sedici corti della Legion d’Onore, dalle corti d’appello e dai capi del tesoro nazionale; quelle sulla sinistra dai membri del Tribunale e dal Corpo Legislativo.
Alle estremità del tendone c’erano due padiglioni, uno riservato ai principi stranieri, l’altro per i corpi diplomatici ed altri personaggi illustri.
Da questo palco immenso scendeva una scalinata fino al Campo di Marte e il primo gradino era usato come panca dai prefetti, i sottoprefetti e i membri del consiglio municipale.
Ai lati di questa scalinata furono poste le figure colossali della Francia che fa la guerra e della Francia che fa la pace.
Sopra le scale troviamo seduti i colonnelli dei reggimenti e i presidenti dei collegi elettorali dei dipartimenti che tenevano in alto le aquile imperiali.
Questo evento fu il momento più atteso da ogni soldato napoleonico: la consegna delle “Aquile” ai reparti.
L’imperatore in seguito  rifiutò un ritratto di David, destinato a Genova, scontento del risultato. L’incoronazione fu l’avvenimento del Salon del 1808 e Napoleone dimostrò tutta la soddisfazione per l’opera nominando David ufficiale della Legion d’onore.
Dal 1810 la relazione tra l’artista e Bonaparte si raffreddarono, principalmente a causa delle difficoltà di pagamento dei quadri dell’incoronazione e dalla distribuzione delle Aquile che fu l’ultimo impegno di David per Napoleone. L’amministrazione contestò il compenso richiesto dal pittore, giudicato esorbitante, e David fu escluso dalla commissione istituita per la riorganizzazione dell’Ecole des beaux – arts.
L’ultimo ritratto dell’imperatore fu il “Napoleone nel suo gabinetto di lavoro.
Ingres nel raffigurare Napoleone rimase affascinato dalla grande maestà ed autorevolezza, infatti, gli sembrava di guardare una divinità Greca. Spesso si guarda un quadro del passato non comprendendo completamente i vari significati che quest'ultimo voleva trasmettere ai posteri. In particolar modo, quando si tratta di Principi, Re, cortigiani, ecc. Tutte le componenti hanno un messaggio principale che vogliono mandare allo spettatore: il potere. Il potere parla attraverso i simboli, gli attributi, gli stereotipi. Un chiaro esempio è quest’opera di Ingres, "Napoleone sul trono imperiale".
Il dipinto fu commissionato da Napoleone per la sede del corpo legislativo. In questo quadro l'espressione è bloccata, immobile. Ingres si è occupato delle poche nozioni ricavate da un'unica posa, per questa mancanza di somiglianza, l'opera fu duramente criticata dal direttore del Louvre, che la fece ritirare dal "salon". In realtà Ingres dedicò molto tempo a quest'opera traducendo la fisionomia divina in un'immagine mitologica in cui Napoleone è assimilato alla figura di Giove.
Napoleone impose ad Ingres alcuni particolari come la legion d'onore che spicca al centro del collare sul petto, anche le aquile sui bracciali furono imposte da Napoleone poiché sono simboli del potere Romano Imperiale e in seguito dei sovrani Carolingi.
Napoleone per questa opera concesse ad Ingres solo un brevissimo incontro, infatti, l'opera sembra bloccata nell'espressione della fisionomia del ritratto di Napoleone primo Console, per questo il pittore puntò molto sugli effetti cromatici e sulla ricostruzione dell'ambiente.
Il 26 maggio 1805 Napoleone assunse poi il titolo di re d'Italia comprendente Savoia, Piemonte, Liguria, Toscana, ducato di Parma, Stato della Chiesa (tranne le Marche), Carinzia (regione austriaca), Trieste, Istria e Dalmazia.
Dissolta ogni opposizione interna e imposto il controllo dello Stato sulle attività culturali e artistiche, Napoleone inaugurò una politica espansionistica in Europa, dedicandosi all'edificazione del “Grande Impero”, con una corona di Stati soggetti alla Francia, idea non lontana dal concetto rivoluzionario di “repubbliche sorelle”, spesso retti da sovrani parenti o amici di Napoleone (l’Olanda a Luigi Bonaparte; Napoli a Giuseppe Bonaparte poi a Gioacchino Murat; la Vestfalia a Girolamo Bonaparte; la Spagna a Giuseppe Bonaparte).
Contro l'egemonia francese, particolarmente forte nell'area germanica, sorsero la III e IV coalizione delle potenze europee, che Napoleone sgominò battendo gli austro-russi nella magistrale battaglia di Austerlitz il 2 dicembre 1805 e i russi a Eylau e Friedland l’8 febbraio e il 14 giugno 1807: lo zar fu costretto alla pace e all'alleanza di Tilsit il 25 giugno 1807, che segnò la rinascita della Polonia; annientata la Prussia, l'Austria dovette perdere a favore del Regno d'Italia la Venezia e la Dalmazia, oltre a vedere la fine del Sacro Romano Impero germanico nel 1806.
Austerlitz, per Napoleone e per i suoi contemporanei, fu la battaglia per eccellenza. Per festeggiare, furono ordinate più di una dozzina di tavole.
Al Salon del 1808, Lejeune espose un lavoro commissionato da Napoleone per la Galleria di Diana alle Tuileries: Lejeune dovette rappresentare i preparativi per il combattimento, Il bivacco di Napoleone alla vigilia di Austerlitz, avvenuta il I dicembre del 1805.
La scena del campo è vista dall'alto. Al centro c’è Napoleone, circondato dai Marescialli Berthier e Bessieres. Egli interroga contadini della Moravia e alcuni disertori dell'esercito russo che gli aveva portato lo stesso Lejeune. L'artista si è rappresentato di spalle, vestito con l'uniforme degli aiutanti di campo rosso e blu di Berthier, il generale maggiore o capo dello stato maggiore dell’imperatore.
In primo piano, gli uomini del Maresciallo Berthier distribuiscono cibo agli ufficiali di stato maggiore. L’opera misura 180 x 220 cm, oggi al museo di Versailles, Napoleone passa la notte nella sua carrozza, sotto la protezione della Guardia. L'imperatore è al centro del tavolo, si scalda davanti al fuoco e interroga i contadini moravi e i disertori. Il Capitano Lejeune, visto da dietro, con il cappello in mano faceva da interprete. Dietro l'imperatore, Berthier e Bessières seguono la scena, mentre Roustan, giù, pelliccia che si estende su alcuni paglia.
Al Salon, questo dipinto ebbe un successo clamoroso. Oggi è una delle opere più note del pittore.
Altro pittore “Napoleonico” fu François Gérard che, oltre a fare alcuni ritratti celebri di Napoleone e della sua famiglia, dipinse la Battaglia di Austerlitz, commissionato dall'imperatore e destinato al Palazzo delle Tuileries; con la restaurazione il dipinto fu trasferito nella Galleria delle Battaglie della Reggia di Versailles, mentre l'incorniciatura, decorata con personaggi allegorici, fu portata al Louvre.
La battaglia di Austerlitz, conosciuta anche come la Battaglia dei Tre Imperatori, (Napoleone, Alessandro I di Russia e Francesco II d'Austria) fu un evento notevole nelle guerre napoleoniche durante la terza coalizione.
Temendo uno sbarco sulle sue coste, mentre la Grande Armata si era riunita a Boulogne, l'Inghilterra riuscì a formare sul continente una nuova coalizione contro la Francia (la terza dal 1792)  L'esercito francese si era spostato in Baviera, accerchiando a Ulma le truppe austriache che si arresero a Ulm il 20 ottobre 1805 e schiacciò i russi di Kutuzov ad Austerlitz a circa quattro miglia ad est della moderna città ceca di Brno, allora parte dell'Impero austriaco., il 2 dicembre, il primo anniversario dell'incoronazione di Napoleone. Nel freddo glaciale, appena il sole si fu levato, le truppe nemiche attaccarono  i francesi sulla piana di Pratzen. Dopo quasi nove ore di combattimenti, le truppe francesi, comandate dall'imperatore Napoleone I respinsero gli austro-russi come previsto negli stagni ghiacciati di Satschan dove annegarono. Austerlitz fu un disastro per gli austro-russi, comandati dallo zar Alessandro I che non ebbero alcuna possibilità di trattativa.
Gerard dipinse la vittoria. In una mossa, il generale Rapp porta a Napoleone bandiere e cannoni presi dal nemico e gli presente il principe Repnin circondato di prigionieri russi.
Napoleone si erge su un cavallo bianco (che, dopo la battaglia di Austerlitz prenderà il nome Ciro), e indossa l’uniforme verde di colonnello della guardia a cavallo.
Al suo fianco sono rappresentati Berthier, generale della Grande Armata personale, Bessières, comandante della cavalleria della guardia, Junot aiutante che Napoleone conobbe a Tolone, Duroc e il colonnello Lebrun, figlio dell’Arcitesoriere dell’Impero.
In primo piano, l'artista riprende famose scene dalla conclusione della battaglia di Austerlitz: il mamelucco che propone all'imperatore di portargli la testa del granduca Costantino e a lui Napoleone risponde: “Sta zitto selvaggio cattivo” l'ufficiale russo che si lamenta di essere caduto in disgrazia per aver perso la sua batteria , a cui lui risponde "Calmati , giovane uomo, e sappi che non c'è mai vergogna nell’essere sconfitti dai francesi. "
Come in numerosi dipinti napoleonici l'imperatore è impassibile, mentre i suoi protagonisti esprimono sentimenti diversi , in particolare la felicità e la gloria nel caso del generale Rapp anche se l’artista si è preso delle libertà con la topografia esatta (gli stagni congelati e collocati in alto a sinistra della composizione erano in realtà più di 10 chilometri dal pianoro sommitale di Pratzen), il dipinto è stato percepito come un capolavoro. Guizot , pubblicista sotto l'impero, ha scritto di lui: "Che saggezza in generale dell'Ordine e qualsiasi indirizzo nei gruppi combinati [ ... ] nulla imbarazzato, niente confusione."
Nonostante il combattimento fosse stato difficile in molti settori, la battaglia è stata spesso considerata come un capolavoro tattico.
Austerlitz effettivamente portò la terza coalizione alla sua conclusione.
Ecco il testo integrale del Bullettino dettato da Napoleone il giorno dopo la battaglia:
Proclamazione
Sede ad Austerlitz
3 dicembre 1805
Soldati! Sono contento di voi. Il giorno di Austerlitz, ha giustificato quello che mi aspettavo dalla vostra audacia. Avete decorato le vostre aquile con una gloria immortale. In meno di quattro ore un esercito di 100.000 uomini, comandato dagli imperatori di Russia e Austria, è stato abbattuto o disperso. Coloro che sono sfuggiti al ferro sono annegati nei laghi.
Quaranta bandiere, gli stendardi della Guardia imperiale russa, 120 pezzi di cannone, una ventina di Generali e più di 30.000 prigionieri è il risultato di questa giornata, che merita di essere celebrato per sempre. Quella fanteria, così decantata, e superiore a voi in numeri, non ha potuto resistere all'impatto, e d'ora in poi non avete rivali da temere. Così, in due mesi la terza coalizione è vinta e sciolta. La pace non può più essere a grande distanza; ma, come ho promesso al mio popolo prima di attraversare il Reno, farò solo una pace che vi darà alcune garanzie e assicurerà alcune ricompense ai nostri alleati.
Soldati! Quando i francesi collocarono la corona imperiale sulla mia testa, promisi di tenerli sempre in un elevato stato di gloria, che sola poteva dare valore ai miei occhi; ma in quel momento i nostri nemici pensarono di distruggerlo e sminuirlo; e quella corona di ferro, che è stato ottenuto dal sangue di tanti francesi, che mi avrebbe costretto a mettere sulla testa dei nostri più crudeli nemici; una proposta stravagante e folle, che si è rovinato e confusi proprio il giorno della ricorrenza dell'incoronazione del vostro Imperatore. Avete insegnato loro che è più facile per loro sfidarci e minacciarci che vincerci. Soldati! Quando tutto il necessario per la felicità e la prosperità del nostro Paese sarà stato raggiunto, io vi condurrò in Francia. La mia gente vi vedrà di nuovo con gioia, e sarà sufficiente per voi dire: io ero alla battaglia di Austerlitz, e loro risponderanno "qui C'è un uomo coraggioso!"
Dopo la battaglia di Eylau, Napoleone organizzò un concorso per commemorare la propria magnanimità nell'assistere i soldati russi feriti dopo i combattimenti; Gros si aggiudicò il primo premio con la tela, di grandi dimensioni, esposta al Salon del 1808.
"Napoleone sul campo di battaglia di Eylau" è un olio su tela 5.33 x 8.01 cm ed è esposto al Museo del Louvre.
Quest'opera si riferisce alla battaglia di Eylau che fu uno degli scontri più sanguinosi delle guerre napoleoniche combattuta l'8 febbraio 1807 presso Eylau, tra la grande Armata comandata da Napoleone e l'esercito russo.

Questa tela, rappresenta il luogo del sanguinoso scontro con i russi, in cui Napoleone si muove in qualità di pacificatore-filantropo, costretto alla guerra dalla tirannide del nemico. Gros, intenzionato a creare un'immagine non convenzionale di battaglia, si limita a suggerire il trionfo francese, lasciando intravedere in lontananza il fumo nero che si alza dai campi di battaglia, e preferisce descrivere il momento successivo allo scontro e le sue drammatiche conseguenze umane.
L'imperatore è a cavallo, circondato dai suoi marescialli, e passa in mezzo ai feriti e ai morti magnanimo con gesto quasi benedicente concedendo pietà e conforto religioso, come si deduce dai crocifissi offerti ai moribondi visibili nell'angolo in basso a sinistra.
Accanto al tradizionale carattere retorico e didascalico della pittura storica, Gros accentua alcuni elementi di realismo contrapposti alla nitida idealizzazione operata da David. Molti critici lamentano, infatti, gli eccessi di agghiacciante realismo del gruppo di soldati morti e moribondi.
Da quest'opera si può dedurre che l'uomo perde il suo ruolo di artefice di accadimenti e si ritrova a lottare contro le forze della natura stessa.
Nel 1831 il periodico "L'Artiste" dichiarò: "Non abbiamo dubbi, Napoleone sul campo di battaglia di Eylau segna la nascita della scuola romantica".
Tuttavia, se non fu difficile avere ragione anche della V coalizione sconfiggendo l'Austria a Wagram il 5 e 6 luglio 1809 e imponendole la pesante Pace di Vienna, il risveglio dei sentimenti nazionali in Germania e Spagna incominciò ad aprire le prime crepe nella costruzione napoleonica.
Per controllare gli Asburgo, Napoleone ripudiò Giuseppina e sposò Maria Luisa d'Asburgo nel 1810, che gli assicurò l'erede.
Nel 1812, ma i soldati russi attuarono una strategia militare capace di inginocchiare l'esercito francese.
Anticipando i preparativi dello zar, restio ad applicare il Blocco continentale, Napoleone ruppe l'alleanza con la Russia e l'attaccò la Russia il 24 giugno 1812 alla testa della Grande Armata che, dopo l'occupazione di Mosca, fu costretta a una disastrosa ritirata.
Nel 1812 questa vicenda fu rappresentata da Jean-Louis Thédore Géricault in cui rappresentò l'armata francese eroica e vincente nell'"Ufficiale dei cavalleggeri della Guardia imperiale alla carica" nonostante la sconfitta subita dai francesi.
Ancora al Salon del 1812, Géricault, appena ventenne espone questo dipinto dal tono eroico.
La leggenda narra che un cavallo da tiro, rampante nella foschia della strada per Saint-Germain, fornì l’ispirazine per il pittore. Egli sa unire in una possente unità le varie fonti di ispirazione: antichità, la lezione di Rubens, l'influenza del suo primo maestro Carle Vernet, quella di Gros, le concilia tutte e le ravviva con l'esperienza di una visione del tutto personale. Dopo la morte di Géricault , l'opera fu acquistata dal duca d'Orléans.
Un potente cavallo grigio pezzato si impenna davanti a un ostacolo, schiumante di sudore, gli occhi sporgenti dalla paura, le narici dilatate per l'eccitazione. Per il cavaliere, che rimane ben fermo in sella, impassibile, Géricault ha chiesto di posare a uno dei suoi amici luogotenente dei Cacciatori a cavallo, Alexandre Dieudonné.
La quadratura della composizione è molto serrata: il cavallo disegna un rialzo diagonale verso destra e occupa tutta la larghezza del dipinto. Il cielo si divide in due - il crepuscolo e il fuoco – seguendo la stessa diagonale. La linea dell'orizzonte, posizionato molto in basso, rafforza l'effetto rilievo e proietta il soggetto  verso lo spettatore. A sinistra, un cavaliere suona la carica, mentre il cacciatore a cavallo completa il segnale abbassando la sua spada in un movimento di torsione violenta. Sembra guidare le sue truppe e tuttavia il suo sguardo si perde ad un punto invisibile.
C'è una dicotomia profonda tra due energie: quella del cavallo, che è in azione, e quella del cavaliere che è  tutta interiorizzata. L'originalità del soggetto è in questo iato, la figura del cavaliere costituisce un soggetto equestre cliché. Gericault ha copiato gli antichi sarcofagi e e si ricorda delo stoicismo degli eroi nell’impassibilità del volto dell’ufficiale.
Michelet, che espresse la sua ammirazione per il pittore più volte nel suo Courset, suo diario, lo percepisce bene ", si rivolge a noi e pensa (...). Questa volta si tratta di probabilità di morire. Perché no? Né ostentazione, né rassegnazione. (...) "
L'uniforme, utilizzata come attributo eroico, passa dallo stato accessorio a quello di simbolo del soggetto moderno. Géricault sceglie una versione personale di storia: non rappresenta una battaglia precisa, ma dà una visione sintetica della combattimento  in cui un soldato basta a riassumere la guerra, rinnovando sia il genere del ritratto equestre sia quello della pittura di storia.
Géricault fece il suo primo ingresso nel salone del 1812 con questo lavoro. In mancanza di un trionfo, è comunque noto per la sua originalità e la potenza di esecuzione e ricompensato con una medaglia d'oro. Ma lui fu deluso perché egli non riuscì a trovare nessun acquirente anche nella seconda collezione al Salon del 1814 Salon, in pendant con il Corazziere ferito.
David rilevò la novità: "Da dove sbuca? Non riconosco questi tocchi". In effetti, il tocco è impulsivo, ampio, colorato, al contrario di fronte allo smalto senza materia praticato da neoclassici come David e Guerin. Quel tocco è l'espressione di una visione personale che fa rivivere l'ispirazione trovata in Rubens, Guerin e Gros.
Quest'ultimo, molto ammirato da Géricault, presente al Salone del 1812 con il Ritratto equestre di Murat ben lontano dal cacciatore. Il cavallo ed uniforme restano gli attori principali, ma la composizione è fissata in un fare liscio e l'orizzonte azzurro è quello della vittoria e onore.
A corto di soldati esperti, bloccati in Spagna, e armamenti, mentre Germania e Olanda insorgevano, Napoleone fu sconfitto a Lipsia nel dicembre 1813, nella battaglia delle Nazioni dalle forze coalizzate di Russia, Prussia e Austria. La Francia indifesa fu invasa, il 4 marzo 1814 Parigi fu occupata dalle truppe nemiche e, dopo una disperata resistenza, il 6 aprile 1814 Napoleone fu costretto ad abdicare in favore di suo figlio e a rinunciare alla totalità dei suoi poteri, e a ritirarsi all'isola d'Elba il 7 luglio dello stesso anno, mentre il congresso di Vienna smantellava il Grande Impero.
Sfuggendo alla sorveglianza inglese, il I marzo 1815 Napoleone rientrò in una Francia, delusa dal ritorno dei Borbone, inaugurando i “cento giorni”, nei quali riprese il potere; battuto definitivamente a Waterloo il 18 giugno 1815 dalla VII coalizione, Napoleone abdicò di nuovo il 22 giugno e si consegnò agli Inglesi, che lo deportarono nell'isola di Sant'Elena, dove morì il 5 maggio 1821 e le sue ceneri furono riportate in Francia nel 1840.
William Turner, autore del dipinto "l'esule e la patella di scoglio" ritrasse Napoleone esiliato a Sant'Elena e rimasto solo a dialogare con una conchiglia.
Questi eventi drammatici francesi furono rappresentati anche da James Ward che dipinse Marengo, il cavallo di Napoleone, mentre con gli occhi sbarrati e le narici vibranti cerca il proprio cavaliere.Infine nel 1845 l'artista François Rude rappresentò nel dipinto "Napoleone si innalza all'immortalità", Napoleone con gli occhi ancora chiusi e la corona d'alloro sul capo che si solleva dal lenzuolo funebre, mentre ai suoi piedi un'aquila giace senza vita sulla roccia, ciò fu rappresentato per l'auspicata resurrezione di un domani del generale Napoleone Bonaparte.

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