venerdì 6 gennaio 2023

A Parigi

Dopo Avignone, oggi osserviamo che cosa accadeva nel mentre a Parigi, altra corte di riferimento e tappa fondamentale per comprendere l’evoluzione della pittura franco fiamminga.
A Parigi, mentre si passa dalla dinastia dei Capetingi a quella collaterale dei Valois con Filippo VI di Valois, nonno di Filippo di Borgogna, avviene una notevole evoluzione nel campo della miniatura e anche una certa quantità di opere architettoniche. Giovanni II il Buono e suoi figli, Giovanni duca di Berry e Filippo duca di Borgogna, furono grandi collezionisti di opere miniate e di numerosi volumi e naturalmente di molte opere architettoniche soprattutto da parte Carlo V, fratello maggiore dei due duchi. L’altro fratello, Luigi duca d’Angiò è meno partecipe alle vicende francesi perché è impegnato in Italia a rivendicare la contrastata eredità del Regno di Napoli di cui Giovanna I d’Angiò lo aveva nominato erede e successore. Negli ultimi tempi la politica della rappresentazione del potere attraverso i monumenti della Parigi di Carlo V ha ricevuto un’ampia attenzione da parte degli studiosi. E questo molto giustamente. Durante il suo regno, infatti, il sostegno delle arti e dell'architettura svolse una funzione importante e fu un mezzo per rappresentare il ripristino dell'autorità reale. Per esempio la costruzione di un mastio potente e molto alto, al castello di Vincennes, dove il Re creò una vera e propria città amministrativa, rappresentava l'autorità reale e la sua forza. (fig. 1)

Splendido esempio di architettura castrense la fortificazione esterna rettangolare è rafforzata da nove torri di 40 metri. Ma il fulcro che era stato voluto da Giovanni II il Buono prima di Carlo V è senza dubbio l’idea del dongione o mastio, un vero capolavoro alto 50 metri che oggi non ha eguali in tutta l’Europa. Il mastio di Vincennes, un vero e proprio castello nel castello, è la possente torre quadrata con quattro torrioni angolari e si trova all'interno del complesso castrense, come spazio abitativo voluto da Carlo V. All'inizio della sua realizzazione, il piano terra doveva comprendere gli appartamenti reali, ma con il suo avvento al trono, Carlo V scelse l'accesso al primo piano indipendente dal pianterreno. Allo stesso tempo, decise di creare un prestigioso accesso alla camera da letto del secondo piano, per mezzo di una "grande vite" come si stava realizzando contemporaneamente nella ristrutturazione del al Louvre. La stanza del primo piano, oggi chiamata "sala di guardia", era in origine il salone principale di ricevimento di un appartamento reale ancora tipicamente medievale. Non si sa quale uso potessero avere gli ambienti contenuti nelle torri angolari, ma di certo la stanza al secondo piano era la camera da letto del re e la seconda stanza maggiore dell'appartamento, unisce funzioni pubbliche e private. La stanza centrale era arredata con una credenza e le sue stoviglie, un letto e tre cassettoni ed era decorata con pezzi di armi appesi al muro: la sua sontuosità colpì i contemporanei di Carlo V. Le stanze circostanti erano riservate all'uso personale del re, accessibili solo a un numero molto ristretto di persone.
Il castello di Vincennes è un impareggiabile esempio di architettura difensiva del Medioevo e nello stesso tempo di residenza reale oltre che di centro amministrativo. Il terzo piano era destinato al Delfino Carlo, futuro Carlo VI.
Oltre agli spazi residenziali, esiste una forte struttura difensiva. Alcuni elementi di architettura militare fanno parte dell'immagine guerriera del sovrano e servono a mostrare il suo potere simbolico. Altri indicano una preoccupazione funzionale alla protezione, in particolare negli ultimi livelli del mastio, dove si concentrano le difese verticali e le piattaforme di tiro su cui si dispiegano i sistemi difensivi radenti. Tutto era progettato per proteggere il re. All'ingresso si trova un castelletto munito di saracinesca, il recinto ha mura merlate e feritoie e scarpe inclinate per deviare i proiettili degli assalitori. La torre possedeva un piccolo arsenale comprendente balestre e pezzi di artiglieria.
Nel 1373 Carlo V organizzò anche il cortile, con una serie di case organizzate a quadrilatero in continuità con il castello che consentivano di ospitare i servi del re.
Centro nevralgico del regno, il castello svolgeva il ruolo di centro direzionale del regno. Come i suoi predecessori, Carlo V fece erigere al castello di Vincennes una “Sainte-Chapelle”, che accolse una spina dalla corona di Cristo. I lavori furono affidati a Raymond du Temple. La pianta di base riprende quella della Sainte-Chapelle del Palais de la Cité a Parigi con la differenza che questa di Vincennes ha un solo piano di 20 metri di altezza diversamente dai due di quella di Parigi. La “Sainte-Chapelle” di Vincennes è un capolavoro del Gotico “fiammante”. Alla morte di Carlo V, nel 1380, i lavori proseguirono sotto il suo successore, Carlo VI. Sotto il suo regno furono completati il coro, i due oratori, la sagrestia e il tesoro, contenente le reliquie della corona di spine di Gesù. Proseguirono i lavori d'innalzamento della navata, di un solo livello e di proporzioni vertiginose. I lavori sarebbero proseguiti sotto i successori di Carlo VI, con un certo numero d'interruzioni. (Fig. 2 e 3)



Anche questo ebbe un doppio significato simbolico: un richiamo al regno di Luigi IX il Santo che fu per lui un punto di riferimento e nello stesso tempo rendeva visibile la vicinanza tra il potere divino e la corona di Francia. Tutte le costruzioni reali furono realizzate a Parigi e dintorni ancora come simbolo del potere regio: la capitale rendeva tangibile gli sforzi di unificazione del regno da parte del sovrano e l’immagine del Re che la concretizzava era visibile dovunque in città: statue di Carlo V erano al Louvre, allo Châtelet (oggi non più esistente e sostituito da una bella piazza), sulla porta dei Celestini, alla Bastiglia (anche questa non più esistente e sostituita dall’omonima piazza).
L’idea delle statue era una novità per l'epoca: dopo oltre un millennio riprendeva gli stessi elementi di propaganda degli imperatori romani che tappezzarono di effigi il loro impero per mostrare ai sudditi in chi si materializzasse il potere.
Le grandi opere che Carlo V promosse ebbero un ruolo pratico. Per quanto il Re si intendesse di progettazione, ebbe comunque bisogno di architetti che mettessero in pratica le sue idee. Grande importanza ebbe la tormentata figura di “Hugues Aubriot” (1320 – 1391): nel 1364, dopo essere stato prevosto di Digione diventò prevosto di Parigi e come tale, realizzò per conto del Re grandi opere in città. Fece costruire il “Pont Saint-Michel” e ristrutturare il “Pont au Change”.
La costruzione del “Pont Saint-Michel” in pietra fu decisa nel 1353 dal Parlamento di Parigi dopo l'accordo con il capitolo della cattedrale di Notre-Dame. Hugues Aubriot fu incaricato della direzione del progetto finanziato dal re. La costruzione ebbe luogo dal 1379 al 1387. Come di consueto nel Medioevo, il ponte si riempì rapidamente di case che furono spazzate via insieme al ponte dalla Senna nel 1407. Aubriot fu l’autore anche del piccolo Châtelet e della Bastiglia, ma entrambi gli edifici sono stati distrutti e al loro posto ci sono due piazze.
Già nel 1370 il re ordinò ad Aubriot la costruzione di una fogna a volta e in muratura a Montmartre che si doveva unire al torrente Ménilmontant e con quella nasceva il primo tratto dell’enorme rete sotterranea che si è sviluppata sotto Parigi nel corso dei secoli.
La costruzione della rete fognaria nasceva dall’azione regia contro l'insalubrità che era in gran parte responsabile del propagarsi delle ricorrenti epidemie. Sia l'ampliamento delle fortificazioni parigine sia la realizzazione della prima fogna nascevano dall’esigenza della rapida crescita della popolazione parigina, ma l’ampliamento e la costruzione delle fortificazioni servivano sì a proteggere i parigini dalle eventuali incursioni inglesi, ma servivano anche alla possibilità di azione del Re contro le sommosse popolari.
La reggenza di Carlo quando suo padre era imprigionato dagli Inglesi e l’inizio del suo regno segnati dai disordini popolari e dalla minaccia delle incursioni inglesi, portarono Carlo V a migliorare le fortificazioni della città: sulla riva sinistra, per proteggere Parigi dagli inglesi, coronò di merli la cinta muraria realizzata da “Filippo Augusto", sulla riva destra costruì un nuovo bastione, che prese il nome da lui, la cui costruzione fu completata nel 1383 e poi, ancora con fondi propri, fece erigere la Bastiglia. Carlo V fece eseguire anche importanti lavori di ristrutturazione nelle varie residenze reali. Raymond du Temple (? - † 1403\04) fu un altro importante architetto al servizio del Re e, durante il suo regno prese parte a tutti gli ambiziosi progetti di questo re-costruttore per il quale fu usata per la prima volta in francese la parola "architector".
Raymond giudò la trasformazione del “Castello del Louvre” da fortificazione militare in “Palazzo reale” di residenza, ancorché secondaria rispetto al “Castello di Vincennes”, per sostituire il “Palais de la Cité”, residenza e sede del potere dei Re di Francia, fino al Trecento, situato sopra la parte occidentale della “Ile de la Cité” mentre sulla parte orientale era stata costruita l’iconica “Cattedrale di Notre-Dame”, emblematicamente i due simboli del potere civile e di quello religioso. Quando nel 1370 questo palazzo fu abbandonato come residenza da Carlo V e dai suoi successori, una parte fu trasformata in una prigione di stato. Raymond lavorò per le residenze del Re: per l'Hôtel de Saint-Pol, sulla riva destra della Senna, ma quest’edificio scomparve dopo la risistemazione urbanistica nel 1544. Solo Carlo V e Carlo VI stabilirono la loro corte, ma solo dopo la morte di quest'ultimo, nel 1422, quest’edificio fu abbandonato dalla famiglia reale per ragioni scaramantiche a favore dell'Hôtel des Tournée. Fra queste opere di ristrutturazione ci furono soprattutto i lavori di trasformazione che Raymond intraprese dal 1367 al Castello del Louvre, trasformato in residenza reale come testimonia una miniatura del “Très Riches Heures du Duc de Berry”. (Fig. 4)
Il Louvre era originariamente una fortificazione, fatta costruire da Filippo Augusto nel 1190 per proteggere la riva destra con una roccaforte dotata di un grande torrione. (Fig.5)
Durante il suo regno Carlo V cominciò a trasformare la fortezza abbellendola e facendone una residenza. Al Louvre, Carlo V fece costruire da Raymond du Temple le quattro ali da allestire come palazzo e da rialzare. Raymond ebbe la collaborazione di “Drouet e di Guy Dammartin” che fecero parte del gruppo di artisti che dal 1362 lavorarono all’ammodernamento del vecchio “Castello del Louvre” e avevano collaborato alla sua trasformazione in un “Palazzo reale” di residenza. Nel 1362, Drouet Dammartin si era dedicato particolarmente, secondo alcuni alla costruzione secondo altri alla decorazione della grande scala elicoidale traforata innestata nella parete del sotterraneo, detta “la grande vite”, addossata alla sua facciata sud e collegata al mastio da un passaggio su un porticato. Essa si compone di una torre di cinque metri di diametro e di 83 gradini, sormontata da una torre più stretta con 41 gradini: in tutto la torre misura 20 metri ed è decorata con effigi della famiglia reale. (Fig. 6, 7 e 8)



Poi sempre Drouet aveva anche scolpito un portale e le armi della regina consorte Giovanna di Borbone. Diventato pertanto architetto di fama e di prestigio nel 1375, insieme al fratello Guy, Drouet era stato impegnato da Giovanni di Berry, terzo fratello di Carlo V e di Filippo nella costruzione a Bourges del “Palazzo ducale” poi Drouet diventò l'architetto di fiducia del Duca di Borgogna per il quale progettò la Certosa di Champmol, mentre Guy rimase l'architetto del Duca di Berry per il quale supervisionò tutte le sue costruzioni. La porta principale era inquadrata da due torrine merlate al centro dell'ala sud. Sulla facciata est esiste un ingresso secondario, anch'esso inquadrato da due torri, preceduto da un ponte. A nord del castello esiste un giardino, chiamato il “Grand Jardin”. Carlo V ricevette suo zio, l'imperatore Carlo IV, al Palazzo del Louvre che però rimase disabitato dopo la morte del Re e tornò ad abitarlo solo Francesco I. Inutile dire che questo famoso palazzo è stato fra i più rimaneggiati della Storia fino a essere quello che è oggi.
Durante la ricostruzione del Louvre nel 1367, Carlo V vi fondò la prima Biblioteca Reale, che qualche secolo dopo sarebbe diventata la “Biblioteca Nazionale di Francia”: Carlo V fece allestire stanze nella “Torre della Falconeria”, dove trasferì alcuni dei suoi libri, e affidò questa biblioteca a Gilles de Malet nel 1368. Tra i manoscritti citati negli inventari vi sono la “Bibbia storica” di Jean de Vaudetar, il “Salterio d'Ingeburge”, il “Breviario di Belleville”, il “Breviario di Carlo V”, il “Breviario di Jeanne d'Évreux”, le “Ore di Savoia”, la “Vita di Saint Denis”, le “Grandes Chroniques de France” di Carlo V e “L'Atlante catalano”. La morte di Carlo V non interruppe la carriera di Raymond de Temple, ma continuò come architetto di Carlo VI.
Ma poi arriva Jean, “senza papillon”, ma duca di Berry e detto il Magnifico anche lui fu un sontuoso mecenate, possedeva un grandissimo numero di opere d'arte: si trattava principalmente di gioielli, pietre preziose, medaglie e argenti. Spesso rimaneggiate, la maggior parte di queste opere è scomparsa. Tra le poche opere ancora conosciute vi sono il “Reliquiario della Sacra Spina” custodito al British Museum, che suppongo debba essere una meraviglia visto da vicino, “La coppa di Sant'Agnese”, ancora al British Museum, che donò al nipote Carlo VI nel 1391, la "Croce del giuramento" offerta al fratello Filippo, ora conservata al Palazzo Hofburg nel tesoro imperiale di Vienna o ancora una delle porcellane cinesi più antiche conosciute in Europa, attualmente al Victoria and Albert Museum. (Fig. 10, 11 e 12)





Ma il Duca fu soprattutto un grande bibliofilo e i suoi inventari menzionano le numerose opere manoscritte che comprò o che commissionò a diversi miniaturisti. Alla fine della sua vita possedeva circa 300 manoscritti: 41 sono cronache, 24 opere dedicate alle scienze e alle arti, 15 trattati di filosofia e politica, 14 Bibbie, 16 salteri, 18 breviari, 15 libri d'ore, sei messali e una cinquantina di altri libri di devozioni. Sponsorizzò sei libri d'ore, eseguiti secondo le sue istruzioni. La storia della miniatura nella Parigi della seconda metà del Trecento passa attraverso i tre fratelli Valois, ma sarà argomento del prossimo racconto dopo le vacanze di Natale.
Massimo Capuozzo




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