sabato 18 gennaio 2025

Pieter Paul Rubens: La deposizione Borghese

La ‘Deposizione nel sepolcro’, che a volte è chiamata in modo un po' errato ‘Compianto sul corpo di Cristo deposto’ o anche ‘Sepoltura Borghese’, è un dipinto a olio su tela di 180x137 cm realizzato da Peter Paul Rubens.
Gli esperti non si mettono d'accordo sulla data precisa, ma la collocano tra il 1601 e il 1606.
Capire il contesto in cui è stata creata quest'opera non è affatto semplice. Alcuni sostengono che sia legata a una commissione del cardinale Peretti Montalto, dato che Rubens lavorò per lui durante il suo primo soggiorno a Roma, dal luglio del 1601 al 1602. Questa ipotesi si deduce confrontando l'opera con altri lavori dell'artista fatti nello stesso periodo, proprio quando stava iniziando a ricevere commissioni pubbliche a Roma, come i dipinti per la cappella di Sant'Elena nella ‘Chiesa di Santa Croce in Gerusalemme’.
Altri studiosi invece credono che la datazione possa essere più vicina al 1605-06, sostenendo che ci siano chiari riferimenti alla ‘Deposizione’ di Tiziano del 1559. Rubens aveva infatti avuto modo di vedere e studiare questo lavoro mentre si trovava a Madrid nella primavera-estate del 1603 per una missione diplomatica per conto del duca di Mantova Vincenzo Gonzaga presso la corte di Filippo III di Spagna. All'epoca della sua visita, la ‘Deposizione’ di Tiziano era conservata all'Escorial, ma oggi si trova al ‘Museo Nazionale del Prado’ a Madrid. Durante quel soggiorno, Rubens riuscì anche a fare uno schizzo veloce con la matita nel suo taccuino d'appunti.
Il rilievo del sarcofago della "Sepoltura [Borghese]" trasmette davvero un senso di antichità che si può notare anche nei lavori di Tiziano, come si vede bene confrontando le due opere. Per questo motivo, l'attribuzione dell'opera al 1602 è stata messa in discussione.
Non abbiamo molte informazioni sul percorso dell’opera dalla sua esecuzione fino al 1833, quando viene citata per la prima volta. Per un po' è stata scambiata per un lavoro di Antoon Van Dyck – il che è interessante, visto che Van Dyck era uno dei migliori allievi di Rubens. Solo alla fine dell’Ottocento Jacob Burckhardt ha chiarito definitivamente che l'opera era di Rubens, e questa attribuzione è stata confermata in modo ancora più convincente da Rudolf Oldenbourg. Oggi tutti concordano su questo, datando il dipinto intorno al 1605, durante il secondo soggiorno romano dell’artista.
Si pensa che alla fine del Settecento il dipinto sia stato allargato per adattarlo a una nuova cornice; le tracce di questo intervento sono ancora visibili nella parte superiore e sui lati della tela. Questo cambiamento ha fatto perdere le proporzioni originali e lo ha reso meno simile a un disegno contemporaneo della ‘Discesa dalla croce’, che oggi si trova all’Hermitage di San Pietroburgo e potrebbe essere stato preparatorio per un pendant mai realizzato.
Non sappiamo esattamente dove fosse destinata inizialmente la ‘Deposizione Borghese’, ma la prospettiva dal basso fa pensare che fosse collocata su un altare, quindi probabilmente in un contesto ecclesiastico.
È davvero un mistero come questo dipinto sia finito nella collezione della ‘Galleria Borghese’. Si sa solo che è entrato a far parte del tesoro della famiglia principesca molto tempo dopo rispetto ad altre opere che risalgono ai tempi del cardinale Scipione Borghese, noto per essere un accanito collezionista d’arte. Gli studi più recenti hanno rivelato che il dipinto è arrivato nella collezione Borghese nel 1827, grazie all’acquisto del principe Camillo Borghese. Questi studi hanno anche suggerito la possibilità di identificare l’opera con una ‘Deposizione’ che si trovava negli ultimi anni del Settecento in mano al mercante britannico James Durno, attivo a Roma.
Il dipinto è piuttosto complesso e mostra chiaramente le diverse influenze che il pittore fiammingo ha subito in Italia, spaziando dalla scuola veneta a quella emiliana, fino al manierismo romano e lombardo, senza dimenticare le posizioni più moderne e antimanieriste di Caravaggio e Annibale Carracci, con i loro approcci naturalisti e classicisti. Rubens aveva un modo particolare di organizzare i suoi pensieri: metteva i suoi appunti nelle pagine dell'album in modo da ordinarli secondo lo stile e la categoria.
Quello che vediamo non è un ‘Compianto su Cristo morto’, come molti hanno cercato di interpretarlo; segue invece la narrazione dei Vangeli. Per esempio, nel capitolo 27 del Vangelo secondo Matteo leggiamo: “[57] Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatea, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù. [58] Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato. [59] Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo [60] e lo depose nella sua tomba nuova… [61] Erano lì Maria di Magdala e l'altra Maria.”
Dopo il racconto della deposizione e sepoltura non c’è alcun riferimento al ‘Compianto su Cristo morto’, neanche nel Vangelo di Matteo. Questo tema iconografico è nato nella cultura bizantina del IX secolo ed è legato al culto. Nell’iconografia del ‘Compianto’, Cristo viene sempre rappresentato adagiato sulla terra o su un lettino, circondato dai personaggi presenti nella ‘Deposizione’: Maria Vergine, Maria Maddalena, Maria di Cleofa, Maria Salomè, Nicodemo, Giuseppe d’Arimatea, Giovanni Evangelista e talvolta alcuni fedeli che assistono alla scena.
Secondo le fonti storiche, Giuseppe d’Arimatea era incaricato di estrarre i chiodi dalle mani di Cristo ed è quindi rappresentato alla sua testa; Nicodemo invece estraeva i chiodi dai piedi ed è tradizionalmente posizionato ai suoi piedi a destra nell’immagine. Cristo è sempre raffigurato con la testa a sinistra e il corpo disteso verso destra.
Questo tipo di iconografia era diffuso durante tutto il Medioevo – pensiamo all’opera bellissima di Giotto agli Scrovegni[3] – e anche nel Rinascimento – come quella famosa di Mantegna a Brera[4] –, qui riceve una nuova interpretazione. 


Anche se nel corso dei secoli questa iconografia ha subito delle variazioni, la sostanza teologica della scena rimane intatta ed è espressa dai personaggi attraverso le diverse reazioni legate ai vari stati d’animo degli astanti.
Diamo un’occhiata al dipinto. Al centro, seguendo quel dramma tipico dell'inizio del barocco, vediamo il corpo di Cristo in una posizione audace e disteso su un antico sarcofago, circondato da vari personaggi. Maria tiene il corpo con un sudario e guarda verso il cielo, dove fasci di luce squarciano le nubi scure, creando quasi un’atmosfera notturna. Accanto a lei c’è Giovanni Evangelista, il giovane apostolo amato da Gesù, mentre dall’altro lato troviamo l’anziano Giuseppe d'Arimatea.
Sul lato destro ci sono due figure femminili: una delle pie donne è quasi nascosta, mentre Maria Maddalena si fa notare in piena luce mentre si asciuga le lacrime. La ricca trama di colori riflette il desiderio dell’artista di ispirarsi alle opere tardive di Tiziano, ma anche il ritmo visivo richiama l'opera di Correggio. La forte drammaticità della composizione e la varietà dei toni richiamano anche alla famosa 'Deposizione' che Caravaggio realizzò per la ‘Cappella Vittrice’ nella ‘Chiesa di Santa Maria in Vallicella’.
Comunque, questo dipinto mostra anche chiari riferimenti al Manierismo fiammingo olandese, che è parte della formazione artistica dell’autore. Qui però i modelli classici vengono elaborati attraverso studi e copie fatte da Rubens durante i suoi soggiorni a Roma – nell’opera di Rubens si sente chiaramente l’influenza della scultura antica, evidenziata dalla rappresentazione di un antico altare scolpito su un sarcofago di marmo e dalle scene dei sacrifici illustrate in altorilievo – insieme ai colori vivaci e alle composizioni diagonali prese dalla pittura veneziana ed emiliana.
Iconograficamente, ‘La sepoltura di Cristo’ ritrae la concezione cristiana dell’Incarnazione: combina la natura divina e umana nell’immagine di Gesù-Cristo. Mostra infatti il Salvatore nel momento tra la morte terrena e la vita eterna nel Regno di Dio. L’idea principale dell’opera è enfatizzata dalla scelta cromatica: dominano le tonalità del corpo oltre al chiaroscuro.
La luce che crea l’effetto di un lampo improvviso nel buio indica quanto Rubens fosse influenzato da Caravaggio, famoso per questa tecnica artistica. Nella creazione di questo episodio centrale tra l'iconografia della deposizione dalla croce e quella della sepoltura, Rubens mescola elementi della tradizione nordica con quella italiana. La scelta del sarcofago come simbolo del sepolcro è tipicamente nordica; invece la posizione di Cristo rispetto alla Vergine – che lo sostiene dalla schiena anziché tenerlo sulle ginocchia – trae ispirazione dall'arte italiana: una soluzione compositiva che si può vedere in uno dei due altari dipinti nel 1524 da Correggio nella chiesa di San Giovanni Evangelista a Parma, oggi conservata nella Galleria Nazionale di Parma e della quale Rubens aveva una copia. Un altro possibile modello cinquecentesco è il ‘Compianto’ di Tintoretto delle ‘Gallerie dell’Accademia’ a Venezia; qui Giuseppe d’Arimatea sostiene Gesù dalla spalla destra, un motivo che ritorna anche nel lavoro di Rubens.
La tomba che vediamo in primo piano, con il corpo di Cristo morto, ricorda un antico sarcofago decorato con bassorilievi, chiaro riferimento a Tiziano al Prado. Da un lato della struttura in marmo, c'è la figura in lutto all’altare, mentre dall'altro troviamo tanti dettagli che parlano del sacrificio. Anche i chiodi e la corona di spine vicini sottolineano l'opera redentrice del Figlio di Dio.
Il braccio destro di Cristo richiama un motivo classico e sembra davvero simile alla famosa ‘Deposizione Baglioni’ di Raffaello, che si trova anch'essa nella Galleria Borghese. Questo stesso motivo lo ritroviamo anche in opere di Tiziano e nella tela di Caravaggio per Santa Maria in Vallicella a Roma, che è quasi contemporanea alla ‘Deposizione Borghese’ di Rubens.
Un altro richiamo all'antichità sembra trovarsi nel putto che si vede all'estrema destra del sarcofago, che secondo David Jaffé ricorda il ‘Fanciullo con oca’ di ‘Palazzo Altemps’ a Roma.[7] 
Nella tela di Borghese, l'artista dimostra di avere una conoscenza profonda, anche se non del tutto matura, della cultura antica e di quella teologica. Ci sono diversi elementi che lo mostrano: per esempio, il sarcofago richiama chiaramente l'altare dell'Eucarestia, poi c'è il putto che si prende cura del fuoco, che potrebbe simboleggiare la sopravvivenza dell'anima dopo la morte. Infine, troviamo l'ariete, che nel contesto cristiano è spesso associato all'Agnello-Cristo; viene visto come un ariete che salva l'umanità con il suo sacrificio ed è anche legato al giubileo e al perdono dei peccati.




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