sabato 1 febbraio 2025

Rubens, La Deposizione di Ottawa e La Deposizione vaticana di Caravaggio

Come tanti artisti olandesi, anche Rubens (1577 – 1640) decise di trasferirsi in Italia dopo aver completato la sua formazione ad Anversa. I suoi anni in Italia, dal 1600 al 1608, arricchiti da un breve ma intenso soggiorno in Spagna nella primavera-estate del 1603, ebbero un impatto enorme su questo giovane pittore ambizioso. Finalmente poteva sperimentare di persona l'arte dell'antichità e del Rinascimento, invece di farlo solo attraverso i suoi maestri fiamminghi.
Nel 1606, Rubens fu scelto per realizzare la pala dell'altare maggiore della Chiesa di Santa Maria in Vallicella a Roma. Questa chiesa, rifatta alla fine del Cinquecento, è oggi conosciuta come 'Chiesa Nuova' ed era il luogo dove officiavano i padri oratoriani, una congregazione fondata da San Filippo Neri. Qui Caravaggio aveva dipinto la famosa ‘Deposizione di Cristo’ per l’altare della ‘Cappella della Pietà’, commissionatagli da Girolamo Vittrice nel 1602 o 1603; quell'opera fu spostata nei ‘Musei Vaticani’ a causa dei furti napoleonici.
Realizzare la decorazione dell’altare maggiore in quella chiesa era un incarico davvero prestigioso per un artista straniero.
Rubens conosceva già alcune opere pubbliche che il grande maestro lombardo aveva creato a Roma; mentre lavorava alla sua opera nella Vallicella – che tra l'altro suscitò qualche polemica – ebbe modo di osservare attentamente il lavoro di Caravaggio. Si dice che passasse molto tempo ad ammirare quella tela, mentre si dedicava alla sua innovativa pala d'altare tripartita per l’altare maggiore della chiesa.
Quindi, se la ‘Deposizione Borghese’ ha alcune influenze caravaggesche, ‘La deposizione nel sepolcro’ della ‘Galleria Nazionale del Canada’ a Ottawa sembra quasi una copia perfetta di quella di Caravaggio. Anche se non è proprio una copia, sicuramente si tratta di un’emulazione ben riuscita – l’emulazione è un po' come prendere spunto da un altro artista.

L’opera di Ottawa è particolarmente importante e risale al periodo 1611-1612, realizzata dal maestro fiammingo a Anversa (siamo quindi a tre o quattro anni dal suo ritorno in patria). È un olio su legno più piccolo rispetto alla ‘Deposizione Borghese’.
Inizialmente si pensava che questo dipinto fosse stato creato a Roma, ma già dalla fine dell’Ottocento si è cominciato a ritenere che fosse stato eseguito dopo il ritorno di Rubens ad Anversa nel 1608. Considerando le tecniche e i materiali usati, sembrava poco probabile che il giovane Rubens avesse potuto averlo fatto a Roma: infatti, la ‘Deposizione’ è dipinta su un costoso pannello di quercia del Baltico, tipico del nord Europa ma difficile da trovare in Italia. Anche la tecnica e lo stile sono più caratteristici delle opere di Rubens nelle Fiandre; in Italia il giovane artista usava materiali locali ed emulava le tecniche dei pittori del posto, ottenendo risultati molto diversi dalla luminosità di questo dipinto.
Oggi tutti gli studiosi concordano sul fatto che l’opera sia stata realizzata dopo il ritorno di Rubens ad Anversa. In generale, gli esperti tendono a datarla tra il 1612 e il 1614, considerandola come una risposta meno immediata alla ‘Deposizione’ di Caravaggio.
Partendo dalla datazione ipotizzabile e mancando prove documentali, gli studiosi si sono potuti affidare solo al confronto stilistico e iconografico per cui si è oscillato dal 1617 – datazione più recente –proposto da Georgia Wright[1], al 1616 proposto da J. Held, al 1614 proposto dal conte Seilern[2]; Jaffé lo ha datato al 1612 – datazione più antica –, sebbene l'anno 1613 sembrerebbe più plausibile perché, per confronti stilistici, lo collocherebbe poco dopo il completamento del pannello centrale del trittico di Anversa.
La pala d'altare della ‘Deposizione’ nella ‘Chiesa di Saint Géry’, a Cambrai, fornisce una solida prova di un ‘terminus ante quem’ per la tavola di Ottawa infatti la pala d'altare di Cambrai, ancora una volta sviluppo del tema caravaggesco, è documentata in modo convincente come offerta dal committente nel 1616: se in realtà confrontiamo le due opere, possiamo tuttavia collocare la ‘Deposizione’ di Ottawa a qualche anno prima in base all’analisi stilistica.
Insomma, qualunque metodo decidiamo di usare per cercare di datare la tavola di Ottawa – che sia attraverso lo stile, l'iconografia o prove circostanziali (che, tra l'altro, sono sempre meno oggettive rispetto a quelle documentali) – finiamo sempre per collocarla in un periodo leggermente successivo al trittico dell’'Elevazione della Croce’ del 1610.
L’'Elevazione della Croce' è davvero un'opera chiave perché, oltre ad aver dato il via alla serie di pale d'altare sulla ‘Passione’ di Rubens, è anche stilisticamente molto vicina alla ‘Deposizione’ di Ottawa. D'altra parte, siamo comunque un po' prima rispetto agli altri dipinti della ‘Deposizione’ e del ‘Compianto’ del 1614 di Anversa, che presentano già un'iconografia ben sviluppata e uno stile decisamente più classico.
Quindi, possiamo dire con certezza che parliamo di un periodo che va dal 1610 al 1613. Dopo aver esaminato tutte le possibili date e le varie opinioni emerse dalla discussione su quest’opera, penso che la ‘Deposizione’ di Ottawa sia stata dipinta poco prima o più o meno nello stesso periodo del pannello centrale della grande ‘Deposizione dalla Croce’, quindi tra il 1611 e il 1613.[3]
Beh, se la datazione non è molto chiara, di quello che è successo dopo l'esecuzione dell'opera si sa davvero poco, soprattutto a causa della perdita di documenti che potrebbero rivelare chi l'ha commissionata, dove doveva andare e quale fosse la sua funzione. Si può solo ipotizzare che, essendo di dimensioni ridotte, fosse destinata a un uso per la devozione privata. L'unica informazione certa è che ne abbiamo notizia per la prima volta nella collezione dei principi del Liechtenstein, che la possedevano almeno dal 1733; lì è rimasta fino a quando non è stata acquistata dalla ‘Galleria Nazionale del Canada' nel 1956. Parlando di stile e iconografia, oltre al suo valore come documento della Controriforma, questa ‘Deposizione’ di Rubens è davvero uno dei veri tesori della collezione della ‘Galleria Nazionale del Canada’ a Ottawa.
La versione di Rubens della ‘Deposizione’ di Caravaggio è davvero interessante perché mostra quanto il maestro lombardo abbia influenzato il pittore fiammingo. Se la si guarda rapidamente, si potrebbe pensare che la ‘Deposizione’ di Ottawa sia quasi una copia del dipinto di Caravaggio, solo con personaggi dai capelli chiari e dalla pelle più bianca, che si adattano meglio ai colori tipici dei nordici.

Ho messo a confronto le due immagini così si può notare subito questa sensazione.
Osserviamo ora con attenzione la ‘Deposizione’ di Caravaggio, fonte ispiratrice del dipinto di Rubens.
È un grande dipinto a olio su tela che misura 300 x 203 cm. Caravaggio ha realizzato questa pala d'altare, che si trova al Vaticano, intorno al 1603, più o meno. È davvero uno dei suoi capolavori più straordinari e rappresenta bene l'arte della prima Controriforma in Italia. Con quest'opera, Caravaggio voleva trasmettere l’idea di unire il corpo sacrificato di Cristo con il momento più solenne della Messa, cioè la Consacrazione dell’Ostia all’altare dove si trova la pala.
Dopo la crocifissione, alcuni discepoli di Cristo come Nicodemo, Giuseppe d'Arimatea e Maria Maddalena, insieme alla Madre, hanno calato il corpo di Cristo dalla croce e lo hanno deposto nella tomba. In questo dipinto possiamo notare la rivoluzione caravaggesca: l'oscurità. Caravaggio ha dipinto questa scena come se stesse accadendo nel buio della notte, quasi creando un ‘effetto riflettore’ sulle figure. Sembra proprio che tutto avvenga su un palcoscenico buio illuminato da una luce intensa.
Si sa che per questa tecnica innovativa della luce, il maestro lombardo usava lampade per far risaltare i singoli personaggi nell'oscurità del suo studio. Non c'è alcuno sfondo. C’è solo oscurità: niente architettura o paesaggio, così l'osservatore può concentrarsi completamente sulle figure, tutte posizionate in primo piano. L'illuminazione crea un effetto drammatico con forti contrasti tra luce e ombra.
In pratica, mentre di solito il modo in cui modelliamo i corpi passano lentamente dalla luce all'oscurità, qui abbiamo invece delle ombre molto scure che si trovano proprio accanto a zone di luce intensa, creando un effetto davvero drammatico. Tutto è messo in primo piano e molto vicino a chi osserva: il corpo di Cristo è così vicino che sembra quasi di poterlo toccare. La pietra dell’unzione sporge in modo tale da entrare nel nostro spazio, lo stesso vale per il gomito di Nicodemo, in arancione, che sorregge le gambe di Cristo; anche quello sembra quasi entrare nel nostro mondo tridimensionale. E poi c'è lo sguardo attento di Nicodemo verso la cappella che stabilisce una connessione con chi guarda.
È interessante notare che Caravaggio ha dato a Nicodemo le sembianze del suo amato Michelangelo.
A parte questo dettaglio, questa prospettiva sarebbe diventata una delle caratteristiche principali del Barocco, segnando i suoi primi passi anche con Caravaggio: si tratta praticamente di abbattere la barriera tra il nostro spazio e quello del dipinto. Per questo motivo, l’osservatore si sente coinvolto. Anche se la ‘Sepoltura’ del maestro lombardo è la sua opera meno statica, qui vediamo Cristo adagiato sulla pietra dell’unzione prima di essere calato nella tomba o subito dopo l'unzione mentre sta per essere posto nel sepolcro. Personalmente penso che sia più probabile la seconda alternativa.
È un momento catturato davanti ai nostri occhi; sembra quasi un fermo immagine in mezzo all'azione. Nella composizione del dipinto le figure formano una linea diagonale, una caratteristica che diventerà molto importante nell'arte barocca insieme alle linee curve e all’ellissi; cosa ben diversa dal Rinascimento dove le composizioni sono per lo più piramidali e quindi molto stabili, con linee rette e circonferenza. Questa struttura diagonale, comune nel Seicento, riflette la profonda crisi conoscitiva dell’età barocca e mostra quel senso di precarietà dell'uomo di quel secolo rispetto alle solide certezze dell'uomo rinascimentale.
Caravaggio ha messo insieme la composizione in modo che il corpo di Cristo sembri quasi calato direttamente nel nostro spazio, come se noi fossimo lì davanti alla pietra e al sepolcro. Questa lastra di pietra 'angolare' è un chiaro riferimento a Cristo come base della Chiesa. Uno dei suoi obiettivi principali era coinvolgere lo spettatore, seguendo le indicazioni del Concilio di Trento riguardo all’arte.
L’arte di Caravaggio è molto realistica: non solo le figure sembrano vere, ma ci trasmette anche il significato storico e teologico di quel momento storico. Il corpo di Cristo appare davvero esanime; gli altri personaggi fanno fatica a reggerne il peso mentre cercano di appoggiarlo delicatamente nella grotta-tomba che si intravede nell’oscurità a sinistra. Le figure sono tutte persone comuni, senza alcuna idealizzazione. Prendiamo per esempio Nicodemo, che sostiene le gambe di Cristo: i suoi piedi e le sue gambe sono così normali che possiamo immaginare quanto possano essere sporchi, proprio come nella ‘Madonna dei pellegrini’ nella ‘Chiesa di Sant’Agostino’ a Roma. Anche Cristo, con Caravaggio che punta sulla sua umanità piuttosto che sulla sua divinità, sembra un giovane uomo qualsiasi, pur essendo dotato di una bellezza scultorea.
Con ogni figura l'osservatore riesce a identificarsi meglio, a differenza delle figure perfette e idealizzate del Rinascimento.
Siamo davvero lontani dalla ‘Deposizione Baglioni’ di Raffaello del 1507!
Una delle figure più affascinanti del dipinto di Caravaggio è Giovanni, il discepolo preferito, che tiene le spalle di Cristo. 
Ha un braccio sotto il suo torso e mentre le sue dita si allungano intorno al corpo di Cristo, scivolano sulla ferita che ha ricevuto quando un soldato romano lo colpì al costato con una lancia sulla croce. Questo realismo potrebbe mettere a disagio chi guarda, se non addirittura inquietarlo, ma è proprio questo l'obiettivo della pittura naturalista di Caravaggio: vuole toccare il corpo e l’anima dello spettatore, facendogli quasi vivere quelle sofferenze. Immaginare qualcosa nella nostra mente è una cosa, ma vederlo davvero è tutta un'altra storia: leggere la 'Passio' nei Vangeli ci emoziona sicuramente, ma assistere al film di Mel Gibson ‘La passione di Cristo’ è un'esperienza ben diversa.
Nel corso del tempo, la ‘Deposizione’ di Caravaggio è stata copiata tantissimo: si conoscono almeno quarantaquattro copie tra disegni, dipinti o incisioni; tra queste forse la prima è quella di Rubens.
La ‘Deposizione’ del maestro lombardo ha una tragicità simile alla Pietà vaticana di Michelangelo, e sono sicuro che Caravaggio avesse in mente quest'ultima mentre lavorava sul suo dipinto, specialmente per quanto riguarda la figura di Cristo: le posture sono praticamente identiche.
Gran parte dell'emozione è espressa attraverso i gesti: Nicodemo che quasi abbraccia le gambe di Cristo, l'anziana Vergine che lo benedice e allunga le braccia come per avvolgere tutto il gruppo e, più toccante di tutti, il braccio destro senza vita di Cristo e la sua mano sinistra appoggiata sul suo ventre. Poi ci sono le braccia alzate di Maria di Cleofa che guarda in alto, verso la luce, come se cercasse una guida divina.
Il gruppo è disposto a ventaglio ed è così compatto e monumentale che sembra una scultura. Sono fermi nel momento in cui i dolenti si fermano prima di portare il corpo nella camera funeraria. La leggera inclinazione a sinistra indica dove stanno andando e impedisce al quadro di apparire statico, proprio come il bordo affilato della pietra su cui esitano.
Quando il sacerdote solleva l'Ostia nella penombra della cappella, l'effetto sui fedeli è quello di evocare il sacrificio proprio lì sopra l'altare, in perfetta sintonia con l'ideale cristiano proposto da San Filippo per la sua comunità come un'esperienza diretta e viva.
Grazie a un realismo straordinario e a un’illusione convincente, il corpo di Cristo sembra scendere dal piano bidimensionale del dipinto verso il vero altare tridimensionale. Caravaggio riesce così a rappresentare alcune delle dottrine stabilite dai Padri conciliari di Trento. Ad esempio, questi affermano che “con la conversione del pane e del vino, tutta la sostanza del pane diventa corpo di Cristo e quella del vino diventa sangue”. Inoltre dicono che “il corpo stesso del Signore e il suo sangue insieme alla sua anima e divinità esistono sotto la specie del pane mentre il corpo stesso è sotto la specie del vino”.
In altre parole, secondo il Canone tridentino, entrambi gli elementi dell’Ostia contengono tutte le proprietà del corpo e del sangue di Cristo. Tenendo presente questo concetto, possiamo dire che l’azione nel dipinto è "incompleta finché il sacerdote non è pronto a ricevere il corpo offerto". Questo significa che c’è un collegamento diretto tra ciò che vediamo nel dipinto e un momento specifico della Messa: subito dopo le parole "Questo è il mio corpo", quando il sacerdote solleva l’Ostia consacrata perché i fedeli possano adorarlo.
Durante la messa tridentina, celebrata in latino, l’officiante aveva le spalle volte ai fedeli e come oggi solleva l’ostia davanti all’assemblea allora la sollevava in alto verso il dipinto.
È curioso sapere che Caravaggio, spesso visto come un artista maledetto, da bambino fu educato al Catechismo tridentino da Costanza Colonna Sforza, marchesa di Caravaggio e fervente sostenitrice del cardinale Carlo Borromeo, che avrebbe protetto l’artista per tutta la vita. Quindi, possiamo dire che il pittore, nonostante le sue sregolatezze, è sempre stato profondamente influenzato dalle idee rigorose di San Carlo vivendo drammaticamente il rapporto fra purezza e peccato.
Ora diamo un’occhiata più da vicino alla ‘Deposizione’ di Ottawa.
Rubens ha modificato alcuni elementi chiave della composizione, come i dettagli degli abiti, le espressioni dei volti, i colori e l'ambientazione. Tuttavia, in molti aspetti l'artista rimane abbastanza fedele al suo modello, il che ci fa pensare che abbia fatto riferimento a uno studio specifico: potrebbe aver utilizzato un disegno a gessetto su carta colorata e magari anche acquerellata.
Se consideriamo la citazione caravaggesca basata sul modello originale, inizialmente può sembrare un'opera più esplicativa e accessibile al pubblico fiammingo rispetto al crudo realismo di Caravaggio. Inoltre, il dipinto monumentale di Caravaggio è molto più grande della tavola di Rubens che misura 88.3 x 66.5 cm.
La reazione di Rubens al dipinto di Caravaggio ha scatenato un bel po' di discussioni tra gli esperti, soprattutto quando si parla dei cambiamenti nei dibattiti sull'arte religiosa e delle evidenti differenze stilistiche tra i due artisti. Caravaggio rappresenta le sue figure come se fossero cariche di risentimento, mentre Rubens riesce a creare un gruppo che appare psicologicamente più affiatato e impegnato in un obiettivo comune.
Prendiamo ad esempio Maria di Cleofa che abbraccia la Madonna: nell'opera di Rubens, l'interazione tra le due donne è molto più intima e umana. Inoltre, la composizione di Rubens sembra anche più dinamica, meno piatta e artificiale rispetto a quella di Caravaggio, che tende a essere statica e teatrale con tutti i personaggi in primo piano. Queste differenze potrebbero derivare dalla risposta di Rubens all'approccio conflittuale di Caravaggio nei gesti e nella caratterizzazione delle figure di fronte all’evento, che nel lavoro del maestro lombardo appaiono decisamente più drammatiche.
Pensiamo al Nicodemo di Caravaggio: con la testa rivolta verso lo spettatore, crea una connessione inquietante tra noi e il dipinto; al contrario, il Nicodemo di Rubens, insieme a Giovanni, sembra quasi ignorarci, dando così un effetto molto più naturale e umano. Inoltre, spostando Giovanni sul bordo esterno del dipinto, ci sono stati altri cambiamenti che hanno distaccato ulteriormente l'opera dal suo modello originale.
Quando Rubens ha dipinto lo spazio tra Giovanni e Nicodemo, ha deciso di aggiungere Maria di Cleofa che sostiene la Madonna. Mentre lavorava su questo, ha inserito la gamba destra di Giovanni sullo sfondo roccioso per bilanciare meglio la scena visto che Giovanni era in una posizione piuttosto precaria nell'opera di Caravaggio. E proprio per questo motivo ha lavorato sulla figura di Giuseppe d'Arimatea, il proprietario della tomba secondo i Vangeli.
È chiaro che mentre realizzava questa ‘copia’, Rubens volesse reinventare la scena e chiarire meglio la storia. Gli piaceva moltissimo dipingere copie delle opere degli altri artisti – soprattutto quelle del secolo precedente – semplicemente per il piacere personale e l’ispirazione che poteva ricavarne. Ma oltre a questo esercizio era fondamentale anche per imparare e migliorare nella pittura. La riproduzione fedele e l’emulazione erano considerati principi fondamentali dell’arte dell’epoca; infatti erano visti come modi attraverso cui gli artisti potevano padroneggiare le tecniche per poi idealmente superare i loro modelli.
In questo caso la ‘Deposizione' di Ottawa non rientra facilmente in queste due categorie (copia o emulazione): è più della semplice copia ma allo stesso tempo è così legata al suo modello da non poter essere considerata completamente indipendente agli occhi di uno spettatore informato. È interessante notare che la pala d'altare di Caravaggio, pur essendo conosciuta grazie a vari resoconti pubblicati, sembra essere stata stampata solo una volta nel Seicento; quindi, tranne alcuni artisti e viaggiatori a Roma, non molti avrebbero potuto riconoscere il riferimento di Rubens all’opera del maestro lombardo all'epoca.
Non abbiamo prove su come il pubblico abbia reagito alla tavola di Rubens. Infatti, come si può capire dalla storia del dipinto, i primi riferimenti che legano definitivamente Rubens a Caravaggio risalgono solo all’Ottocento, anche perché molte fonti documentali sono andate perdute. In sostanza, l'intento di Rubens nel creare quest'opera e il suo ruolo nell'ambiente artistico dell'epoca hanno lasciato molti studiosi un po' confusi. All'inizio sembrava dovesse essere quasi una copia fedele, ma con il tempo Rubens ha cominciato a personalizzarla mentre lavorava: non bisogna dimenticare che Rubens è un artista “poietico” o creativo, inoltre la distanza temporale e il distacco dall'originale gli hanno dato l'opportunità di esplorare nuove idee nella sua composizione. I cambiamenti che troviamo nella tavola di Ottawa sono approfonditi soprattutto nella ‘Deposizione’ di Courtauld, realizzata qualche anno dopo, tra il 1615 e il 1616: lì sembra quasi che l'influenza di Caravaggio sia messa completamente da parte.
Nella ‘Deposizione di Ottawa’, si nota un'attenzione ancora più marcata al movimento e all'unità emotiva tra i personaggi, oltre a come si sviluppa il dramma. Ripensare a una delle opere più famose di Caravaggio è quasi un’esperienza personale: il dipinto ha uno stile molto libero e in certi punti sembra quasi uno schizzo, ma non è certo stato fatto senza riflessione. La scelta della tavola, che è un supporto robusto e costoso, insieme alla cura evidente nella realizzazione, lo dimostrano chiaramente.
Ma perché Rubens ha deciso di copiare l'opera di Caravaggio dopo essere tornato ad Anversa nel 1608? E quali modifiche possiamo notare? Queste sono domande a cui non abbiamo ancora risposte definitive. La ‘Deposizione’ di Ottawa appare non solo come un omaggio di Rubens all’opera di Caravaggio, ma anche come un tentativo di elevare il concetto attraverso idee innovative che cercano di coinvolgere ancor più profondamente chi guarda.
Questo dipinto incarna l'intensità drammatica e il movimento, elementi tipici del Barocco maturo. Rappresentando un momento cruciale della narrazione cristiana, continua a catturare l'attenzione degli spettatori grazie alla sua straordinaria bellezza e alla forza emotiva che trasmette. La figura pallida e inerte è sostenuta da personaggi che mostrano profondo dolore e tenerezza nei loro gesti e nelle espressioni facciali.
L’uso sapiente del chiaroscuro da parte di Rubens mette in risalto i contorni dei corpi e dei drappeggi, accentuando la fisicità e il peso emotivo del momento. I dolenti attorno a Cristo sono rappresentati con una forte sensazione di movimento e disperazione, dimostrando l’abilità di Rubens nel catturare le emozioni umane attraverso forme dinamiche e composizioni vivaci.
L’oscurità che circonda la scena contribuisce a creare un’atmosfera cupa e intensa, permettendo al pubblico di entrare in sintonia con la gravità del soggetto. L’opera mostra quanto sia capace Rubens nel comunicare temi teologici con passione e umanità, caratteristiche distintive del suo stile e dell’inizio del Barocco in generale.
Non c'è dubbio che Rubens avesse una grande ammirazione per la pala d'altare di Caravaggio. Questo è evidente nell'attenzione particolare che gli ha dedicato nella versione ispirata al suo ritorno dall’Italia; una versione facilmente riconoscibile come prototipo per una serie di dipinti sulla ‘Deposizione’ che realizzò poco dopo.
Nella sua 'Deposizione', Rubens ha dato un tocco personale all'iconografia di Caravaggio, apportando piccole modifiche a pose, gesti e alla disposizione dei personaggi. Ha capito benissimo quanto fosse fondamentale per Caravaggio creare un’atmosfera drammatica e una rappresentazione realistica nell’offrire il corpo di Cristo al sacerdote sull'altare in modo audace e sorprendente. Rubens ammirava davvero come Caravaggio usasse sguardi diretti e gesti vivaci per far sentire lo spettatore parte della scena, quasi come se dovesse partecipare sia alla messa che alla sepoltura di Cristo.
Caravaggio era riuscito a fondere lo spazio reale dell’altare con quello fittizio della tela, così che l’illusione dell’azione dipinta sembrasse davvero presente nel nostro mondo. Anche la posizione del braccio e della mano destra di Cristo esanime contribuisce a questa sensazione, dando l'impressione che il corpo si stia piegando in avanti.
Inoltre, quando guardiamo Giovanni che sembra mostrare involontariamente la ferita sanguinante nel costato di Cristo con le dita, quella mano che pende sul bordo della lastra di pietra dell’unzione rafforza l'idea che il ‘Corpus Domini’ sia la 'pietra angolare' della salvezza o un elemento simbolico essenziale del rituale eucaristico che avviene sull'altare sottostante.
Le modifiche fatte da Rubens nella sua versione parlano tanto della complessità dell'iconografia quanto del coinvolgimento dello spettatore; è qualcosa su cui aveva già lavorato nelle sue pale d'altare come l'’Innalzamento’ e la ‘Deposizione’, con tratti stilistici e iconografici ricorrenti nelle opere realizzate tra il 1609 e il 1620.
Nella 'Deposizione' di Ottawa, i temi caravaggeschi diventano ancora più emozionanti grazie all’enfasi del pittore fiammingo: Rubens ha infatti esagerato l’illusione del corpo di Cristo inclinato in avanti e verso il basso, superando anche lui i limiti bidimensionali del dipinto. Inoltre, ha fatto alcuni cambiamenti rispetto a Caravaggio: per esempio, nella composizione della tavola ha completamente eliminato lo spazio antistante già piuttosto ristretto ed ha omesso quel grande platano che si trovava in primo piano a sinistra nel dipinto originale di Caravaggio, facendo sparire anche quel senso di palcoscenico con tutte le figure in primo piano.[4]
Giovanni, poi, non è più indietro rispetto a Cristo: sembra quasi che l'abbia fatto avanzare, dando l'impressione che i suoi piedi stiano per toccare il bordo della pietra. È come se volesse far capire a chi guarda che sta osservando qualcosa di molto vicino. In questo modo, la ‘pietra angolare’ e il momento della sepoltura sembrano quasi sporgere verso di noi come una scultura nello spazio. Infatti, nella versione di Rubens, la prospettiva del dipinto di Caravaggio appare ampliata. Inoltre, il movimento di Giovanni si percepisce chiaramente come un abbassamento in avanti; Rubens elimina così quell'ambiguità tra sostenere e trasportare presente nell'opera di Caravaggio. Di conseguenza, chi osserva è davvero convinto che l'azione si stia svolgendo proprio davanti a lui, non in un mondo inventato ma nel suo stesso spazio.[5]
Quando si parla della ‘Deposizione’ di Caravaggio, spesso si tende a pensare che l'uomo che tiene le gambe di Cristo sia Nicodemo. Ma nel dipinto di Rubens, questa cosa potrebbe non essere così chiara. Recentemente, Julius Held ha infatti esaminato alcune delle opere e schizzi a olio del maestro fiammingo, approfondendo proprio questo punto. Inoltre, Wolfgang Stechow ha notato che nei dipinti di Rubens c'è spesso un'altra figura maschile con un turbante, e secondo lui questa figura potrebbe rappresentare meglio Nicodemo. Infatti, basandosi su alcune interpretazioni del Vangelo di San Giovanni, Nicodemo era un uomo benestante e piuttosto importante nella società. Per Rubens, quindi, un gentiluomo elegante con un turbante sarebbe stato perfetto per richiamare il testo giovanneo. Se guardiamo attentamente una figura simile sullo sfondo della ‘Deposizione’ di Ottawa, possiamo pensare che l'artista volesse farci capire che si trattava proprio di Nicodemo.
Quindi, nella versione di Rubens, è Giuseppe d'Arimatea a sostenere la parte inferiore del corpo di Cristo: la sua calma e il suo coraggio risaltano grazie alla presenza della Maddalena in lacrime a sinistra e di una donna visibilmente sconvolta a destra. L’espressione angosciata di quest'ultima ricorda molto quella delle donne nel pannello sinistro della grande ‘Resurrezione’. Questa donna potrebbe essere identificata come Maria, l’altra Maria (Marco 15:47), visto che secondo i racconti evangelici solo lei e Maria Maddalena erano presenti durante la sepoltura di Cristo.[6]
Parlando della Vergine nella tela di Caravaggio, che sembra quasi una suora, Georgia Wright propone un'interpretazione interessante: vederla come ‘Ecclesia’ che benedice il sacramento potrebbe ridurre l'impatto drammatico dell'opera caravaggesca. Quando cerchiamo di capire perché Nicodemo prenda il posto di Giovanni, secondo i Vangeli, spesso dimentichiamo il motivo artistico dietro a questa scelta: il legame tra Giovanni e Cristo, essendo lui il discepolo più amato, avrebbe sicuramente suscitato più emozione.
Detto ciò, questi ragionamenti non si applicano alla ‘Deposizione’ di Rubens. Certo, Nicodemo è presente sullo sfondo, ma avere Giovanni – che ha un ruolo chiave nel rappresentare la natura divina di Cristo e le implicazioni eucaristiche del suo sacrificio – mentre mostra la ferita causata dalla lancia a Cristo evidenzia lo spargimento del suo sangue e dell’acqua da cui nasce la fede cristiana. Nel Vangelo secondo San Giovanni al cap. 19 v. 34 si legge infatti: «ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua».
Inoltre, forse dovremmo vedere la Vergine non solo come simbolo dell'‘Ecclesia’, cosa che la Wright trovava un po’ limitativa, ma piuttosto come ‘Virgo Sacerdos’, ovvero come ‘Corredentrice’; cioè colei che con suo Figlio condivide l’opera di redenzione. È lei che consacra l’Ostia (Cristo) e offre il sacrificio di suo figlio, proprio come fa un sacerdote all’altare durante la Messa.
Questa tradizione della ‘Vergine Sacerdote’ o ‘Virgo Sacerdos’, emersa nel Medioevo era molto apprezzata dai fiamminghi e durante la Riforma cattolica è stata ripresa da figure come il teologo cardinale Pierre de Bérulle (1575-1629) e in seguito dal sacerdote Jean-Jacques Olier (1608-1657) nel suo libro ‘L'Esprit des cérémonies de la messe’.
Rubens voleva sicuramente far emergere questo significato attraverso le mani giunte della Vergine e nella sua espressione contenuta di dolore. Inoltre, anche il dito puntato della mano destra inerte di Cristo sottolinea questa connessione tra Cristo Divino e Maria in relazione al dovere sacerdotale nell’offerta e nella consacrazione dell’Ostia.
Le implicazioni legate all'Eucaristia diventano ancora più forti grazie a certi elementi simbolici, come la vegetazione che Rubens ha deciso di includere. Nell'angolo in alto a destra dell'ingresso della grotta sopra Nicodemo, sembra che Rubens abbia optato per una pianta di edera rampicante, invece del platano scelto da Caravaggio. Se consideriamo questa pianta come un’edera, notiamo che è identica a quella che si trova al centro della composizione sopra le teste delle figure nella ‘Lamentazione sul Cristo morto’ del ‘Museo Reale’ di Anversa, un'opera firmata da Rubens nel 1614.
Nell'ultima tavola, e in generale nella ‘Deposizione’, il tralcio di edera nell’arte medievale simboleggiava la Vita Eterna, come ci dice il Vangelo di San Giovanni. Questa vita si ottiene attraverso il Sacramento dell'Eucaristia, che porta all'immortalità dell'anima dopo la morte.
Detto questo, pensando all'iconografia della tavola di Rubens, è un po’ difficile credere che il maestro fiammingo abbia creato questa ‘Deposizione’, così significativa, dopo aver già realizzato dipinti e pale d'altare con un'iconografia ben definita che sembra richiamare il suo modo di interpretare l'opera di Caravaggio.
In sintesi, possiamo dire che Rubens segue da vicino lo stile caravaggesco, ma apporta delle modifiche significative. Ad esempio, il Cristo di Rubens è più piccolo rispetto a quello di Caravaggio ed è posizionato più in basso nella sua opera: probabilmente ha voluto farlo per creare spazio sul braccio di Maria di Cleofa nel gruppo. Ha anche eliminato la postura goffa e curva di Nicodemo. La figura di San Giovanni, che sostiene la parte superiore del corpo di Cristo, sembra davvero centrale nell'evoluzione del dipinto, come ho sottolineato nelle pagine precedenti.
Ora, l'uomo anziano che regge il corpo di Cristo nel dipinto di Caravaggio è solitamente identificato come Nicodemo. Tuttavia, basandomi su figure simili in altre opere di Rubens, potrei pensare che questa figura rappresenti Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo sia l'uomo a destra. Entrambi hanno avuto un ruolo nella sepoltura di Cristo, ma nessuno dei due è rappresentato in modo così distintivo da essere facilmente riconoscibile: queste identificazioni dipendono davvero dalla sensibilità dello spettatore verso le tradizioni iconografiche.
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[1] G. Wright, “Caravaggio’s Entombment" The Art Bulletin, lx (1978), 35-42.
[2] A. Seilern, “An Entomhment by Rubens,” Burlington Magazine (1953), pp 380-383; e ancora J. Held, Rubens, Selected Drawings, i, cat. 4; e J. Held, Oil Sketches, p 499.
[3] G. Wright, op cit..
[4] Anche il platano ha riferimenti simbolici: nel Vangelo di San Luca (19:1-10) il platano assume un ruolo particolarmente toccante nella storia di Zaccheo. Questo esattore delle tasse, basso di statura, ma con un grande desiderio di vedere Gesù, si arrampicò su un platano per intravedere il Signore. Quest’atto apparentemente così semplice diventò un punto di svolta nella vita di Zaccheo – dona la metà dei suoi beni ai poveri e restituisce fino a quattro volte quanto aveva fraudolentemente rubato – ed è una potente illustrazione della ricerca di Cristo.
[5] Questo tipo di coinvolgimento psico-spaziale è simile alla commozione dell'immagine nell'Elevazione della Croce, nella chiesa di Nostra signora di Anversa, in cui il piede della croce di Cristo è sagomato in modo tale da suggerire la sua esistenza al di fuori dei confini del piano pittorico. Inoltre, la croce può essere concepita come completamente eretta solo se interpretata in relazione alla sezione destra che rappresenta la preparazione dei ladroni per la crocifissione da parte delle truppe romane.
[6] A tal proposito, desidero condividere un estratto dal Vangelo di Marco: «Quando la sera si avvicinava, essendo già la vigilia del sabato, Giuseppe d'Arimatea, un membro di rilievo del sinedrio che attendeva anch'egli il regno di Dio, si recò con determinazione da Pilato per richiedere il corpo di Gesù. Pilato rimase stupito nel constatare che fosse già deceduto e chiamò il centurione per accertarsi se fosse morto da tempo. Dopo aver ascoltato quanto riferito dal centurione, Pilato acconsentì a consegnare il corpo a Giuseppe. Pertanto, dopo aver acquistato un lenzuolo, Giuseppe rimosse Gesù dalla croce e lo avvolse nel lenzuolo prima di deporlo in un sepolcro scavato nella roccia. Infine, fece rotolare una pietra all'ingresso del sepolcro. Nel frattempo, Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses [che è conosciuta come Maria di Cleofa] erano presenti ad osservare dove veniva collocato.»

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