mercoledì 21 maggio 2014

Andrea Sabatini e le tendenze figurative della sua formazione Di Annamaria D'Auria

Andrea Sabatini, meglio conosciuto come Andrea da Salerno, nacque a Salerno nel 1480 agli inizi del Cinquecento, e fu promotore di un dichiarato rinnovamento pittorico che gli consentì di acquisire una posizione di rilievo nell’ambito della produzione figurativa campana e meridionale.
Non c’è nulla di certo riguardo alla sua formazione, ma è sicuramente il pittore più rappresentativo della stagione artistica tra la fine del Quattrocento e il primo trentennio del secolo successivo in Italia meridionale.
Bernardo De Dominici, nella sua opera Vite de' pittori, scultori e architetti napoletani del 1742 ipotizza che Sabatini si sia formato presso Raimo Epifanio Tesauro (1480-1511), pittore napoletano che godette di una certa reputazione presso i suoi contemporanei. Lo stesso De Dominici riferisce precedente ipotesi circa l'apprendistato di Andrea presso Antonio Solario, detto lo Zingaro, uno dei grandi maestri del Rinascimento napoletano, ipotesi che ad avviso dello stesso De Dominici è da rigettare anche per ragioni cronologiche.
Sempre secondo il racconto di De Dominici, Sabatini si recò a Roma per studiare le opere del Perugino, in quanto fortemente colpito dalla Pala dell'Assunta del Vannucci, dipinta nel 1506 e collocata nel duomo di Napoli. Una volta a Roma però, Andrea sarebbe entrato nelle grazie di Raffaello e da questo reclutato nella équipe di pittori da lui coordinata per la decorazione delle stanze vaticane.
Attendibile o meno che sia questo racconto, l'influenza raffaellesca sull'opera di Sabatini, desumibile dall'analisi delle sue opere, è abbondantemente condivisa e, d'altro canto, anche a prescindere da questa ipotetica collaborazione, l'opera di Raffaello era nota a Napoli in virtù della presenza in città, presso la chiesa di San Domenico Maggiore, della Madonna del Pesce del 1514, per la cappella di Santa Rosalia su commissione di Giovanni Battista del Duce e della Madonna del Duca d'Alba, oggi alla National Gallery di Washington.
Ancora va segnalato nel 1515 il trasferimento a Napoli di Cesare da Sesto, che realizzò un monumentale polittico per l'abbazia della Santissima Trinità di Cava dei Tirreni. Cesare da Sesto, allievo lombardo di Leonardo proveniva da un soggiorno romano dove aveva lavorato per Giulio II Della Rovere e a Roma, pur senza mai distaccarsi dalla matrice naturalistica lombarda, arricchì il linguaggio leonardesco con riprese dall'arte classica e da Raffaello. 
Un altro arrivo eccellente fu il ritorno di Polidoro da Caravaggio che dopo il sacco di Roma e la morte per peste di Maturino, si trasferì per breve tempo a Napoli, dove, secondo Vasari, eseguì un S. Pietro in S. Maria delle Grazie a Caponapoli, oggi perduto, e in S. Angelo della Pescheria dipinse "una tavolina a olio nella quale è una Nostra Donna e alcuni ignudi di anime cruciate e alcuni quadri in quella dell'altar maggiore di figure intere sole".
Ancora intorno al 1530 giunge a Nocera Inferiore la cosiddetta Madonna del duca d’Alba di Raffaello. Quest’opera si trovava nel convento degli olivetani di Nocera Inferiore, fondato nel 1530. Su come vi fosse giunta esistono due ipotesi: una che fosse stata commissionata da Paolo Giovio, vescovo di Nocera, l'altra, più attendibile, che vi fosse stata portata dal fondatore del convento, Giambattista Castaldo (1493 – 1563) il condottiero nocerino al soldo di Carlo V che la avrebbe ottenuta durante il Sacco di Roma del 1527, al quale aveva preso parte. La fondazione del convento degli Olivetani era stata dopotutto una sorta di ex voto dopo i fatti del 1527. Il dipinto nel 1686 l'opera lasciò Nocera e passò nelle mani del marchese de Caprio, viceré di Napoli, che lo portò in Spagna per poi finire nella collezione del duca di Alba da cui l’opera prende il nome.
È questa la svolta di Sabatini verso la maniera moderna con la precisa attenzione a fatti che la critica ha da tempo rilevato e che si annidano intorno ad arrivi eccellenti da Cesare da Sesto alle due opere di Raffaello e, stando ancora a De Dominici, Sabatini, a Napoli, avrebbe stretto anche un sodalizio artistico con Polidoro da Caravaggio, rifugiatosi nel Regno dopo il Sacco di Roma.
L'attività artistica di Sabatini si è svolta prevalentemente in un'area oggi collocabile tra le province di Napoli e Salerno e nel territorio del basso Lazio: negli anni finali della sua vita Sabatini fu infatti impegnato nel grande cantiere dell’abbazia di Montecassino dove, con l'aiuto dei suoi discepoli Giovanni Filippo Criscuolo e Severo Ierace, realizzò diverse tavole raffiguranti la vita di san Benedetto.
Tuttavia, nell’attività iniziale di Sabatini, in particolare nelle prime opere che ci sono rimaste, si evidenziano soprattutto ascendenze del Perugino e del Pinturicchio e, poi, anche del leonardesco Cesare da Sesto, pittore milanese attivo nel Meridione in Sicilia e successivamente a Napoli, che realizzò nel 1515 un monumentale polittico per l'abbazia di Cava dei Tirreni. Testimonia questa influenza iniziale anche la circostanza che la Natività, attualmente esposta alla Pinacoteca provinciale di Salerno, a lungo ritenuta pacificamente opera di Sabatini, è stata attribuita nel 1985 a Cesare da Sesto: i suoi rapporti con Cesare da Sesto e con Girolamo Ramarino, con i quali lavorò al Polittico di Cava de’ Tirreni sono noti[1].
La decisa adesione allo stile di Raffaello è, quindi, una scelta della maturità artistica di Sabatini, orientativamente collocabile alla metà del secondo decennio del Cinquecento.
Con le tavole del polittico proveniente da Buccino di cui rimangono la Madonna delle Grazie, S. Antonio Abate, S. Agostino e S. Michele, si entra a diretto contatto con uno dei prodotti più moderni del primo Cinquecento meridionale: il gruppo di dipinti dell’artista salernitano, in una fase di crescente affermazione che culminerà nell’attività napoletana, rivela il tentativo di conciliare le esperienze legate al limpido classicismo attinto da Raffaello sperimentato attraverso l’esito positivo del polittico di S. Valentino Torio, caposaldo del suo percorso artistico e manifesto della progressiva apertura della cultura meridionale alla Maniera Moderna a partire dal primo decennio del secolo XVI. I rinnovati interessi verso formule leonardesche introdotte da Cesare da Sesto, con il polittico della Badia di Cava dei Tirreni. le tavole provenienti da Buccino, rivelano il tentativo di conciliare le esperienze legate alla matrice raffaellesca con i rinnovati interessi verso le formule leonardesche introdotte da Cesare da Sesto con il polittico della Badia di Cava dei Tirreni.
Di questo periodo sono l’Ecce Homo della Cappella del Monte di Pietà a Napoli, il San Nicola e il Matrimonio Mistico di Santa Caterina per la chiesa di S. Francesco a Nocera Inferiore (che lo vide brillante interprete di spunti iberici della Machuca) e la Madonna di Costantinopoli con i Santi Francesco e Giovanni Evangelisti, provenienti dalla chiesa di San Francesco di Eboli, ora presso il Museo Diocesano a Salerno.
Un ritorno al gusto geometrizzante e un adeguamento verso scelte anticlassiche si avvertono nell’artista dopo la sosta di Polidoro da Caravaggio a Napoli.
Al Sabatini sono inoltre attribuite L’Incredulità di S. Tommaso, una tavola nella Chiesa di Santa Maria Maddalena ad Atrani ed il Cristo accolto dall'Eterno Padre della Cattedrale di Castellammare di Stabia.
Ad Amalfi nella Chiesa di S. Francesco il coro in l
egno, decorato dalla scuola di Andrea Sabatini e la Deposizione realizzata dallo stesso Sabatini. Interessante un polittico del XVI secolo, sempre nella Chiesa di S. Francesco, rappresentante i Misteri mariani con la Vergine al centro, attribuito all'artista.

Su un vano porta sulla navata destra del Duomo di S. Lorenzo a Scala c’è una tela raffigurante l'Ecce Homo con S. Sisto Papa, della sua scuola.
All'interno della straordinaria Collegiata di San Giovanni Battista a Vietri sul Mare è custodito un polittico di Andrea Sabatini e altri artisti di quel tempo.
È di Sabatini una tavola dell'Adorazione dei Magi nella sagrestia della cappella di S. Filippo Neri a Capri.
A Castellammare di Stabia figura un trittico raffigurante la Madonna delle Grazie nella chiesa di Sant'Eustachio opera della scuola di Andrea Sabatini. Il secondo dipinto si trova nella Cappella del Santissimo Sacramento della Cattedrale  raffigura il Cristo morto attribuita recentemente ad Andrea Sabatini.
A Maiori nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie sono presenti tele del ‘400 con la Visitazione, la Crocifissione della scuola di Andrea Sabatini.
Annamaria D'Auria


[1] L’opera è a due ordini. È formata da sei tavole e una predella divisa in tre scomparti. Fungeva da pala per l’altare maggiore della Chiesa della SS. Trinità della Badia di Cava. Si tratta di un insieme organico di sei dipinti: Madonna in Gloria, San Pietro, San Paolo, Battesimo di Cristo, San Benedetto, San Gregorio. La predella raffigura dodici Santi Benedettini. L’opera è ricordata per la prima volta nel 1743, nelle Vite di Bernardo De Dominici, che attribuì la tavola centrale con il Battesimo di Cristo ad Andrea Sabatini. Frizzoni, nel 1891, propose l’attribuzione di essa a Cesare da Sesto, poiché è in perfetta sintonia stilistica e iconografica con un analogo Battesimo di Cristo, opera di Cesare, conservata nella Collezione Gallarati-Scotti a Milano. La svolta attribuzionistica del polittico di Cava avvenne nel 1977 per opera di don Simeone Leone che, analizzando documenti di archivio, riuscì a scoprire alcune cedole di pagamento in cui compaiono i nomi dei pittori autori «de la cona de lo altare mayore» della chiesa abbaziale di Cava de’Tirreni. Si tratta di un polittico dipinto a due mani: dai pittori «Maestro Hieronimo pintore e del Maestro Cesare Milante» ossia di Girolamo Ramarino da Salerno e del più noto Cesare da Sesto. Alla mano di Cesare invece sono attribuibili la figura della Madonna in Gloria, il Battesimo di Cristo, il San Gregorio. Anche i pannelli con le figure di San Pietro e San Paolo hanno un’impostazione che deriva da Cesare da Sesto, ma l’esecuzione fu verosimilmente dovuta a Girolamo da Salerno e collaboratori, vista la qualità più modesta di queste figure. In questa vicenda emerge la personalità, ancora poco studiata, di Girolamo da Salerno, un pittore a cui sono state attribuite alcune opere come un San Benedetto al Museo di Capodimonte, un affresco con Messa di S. Pietro in S. Pietro ad Aram e una Morte della Vergine in una collezione privata napoletana, proveniente da Vico Equense. Di lui si conoscono ancora una Trinità nei depositi del Museo di Capodimonte, due Adorazioni dei Magi, una al Pio Monte, l’altra in S. Giovanni Maggiore a Napoli e una lunetta col Cristo passo della Badia di Cava de’Tirreni. Speriamo che ci possano essere altri ulteriori studi su questo quasi sconosciuto artista salernitano del Cinquecento.

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