giovedì 22 maggio 2014

Nunzio Rossi e la tela dell’assunta nella Cattedrale di Castellammare di Stabia di Rosaria Esposito

Di Nunzio Rossi (Napoli, 1626 – Sicilia, 1651), nonostante i recenti studi a lui dedicati, l'attività artistica è ancora poco nota. La morte precoce e la dispersione di gran parte delle sue opere rende estremamente modesto il numero di dipinti ad oggi attribuibili a lui.
Sicuramente presente da fanciullo nella bottega napoletana di Massimo Stanzione, il Guido Reni napoletano e uno dei più importanti pittori della scuola napoletana del Seicento le cui opere uniscono l'influenza della pittura emiliana di Reni e Domenichino con il tenebrismo del dopo Caravaggio.
Stanzione lo inviò a Bologna presso la bottega di Reni dove perfezionò il suo stile.
Il primo gruppo di opere dal quale si è dato inizio alla ricostruzione biografica dell’artista è la serie di opere voluta nel 1644 dal priore Daniele Granchio per la chiesa di San Girolamo alla Certosa di Bologna. La Chiesa di San Girolamo alla Certosa è uno dei più straordinari luoghi d’arte della città. In evidenza innanzitutto è l’insieme delle grandi tele lungo le pareti. Il ferrarese Don Daniele Granchio, priore del convento dei Certosini dal 1644 al 1660 commissionò una serie di dipinti sul tema della Vita di Cristo ad alcuni tra i più rappresentativi pittori operanti allora a Bologna. Ad ogni autore fu richiesto di eseguire oltre alla tela centrale anche due più piccole, rappresentanti ciascuno un santo certosino, da collocare a fianco della maggiore.
I dipinti andavano ad arricchire il già vasto patrimonio artistico della chiesa: Francesco Gessi raffigurò La cacciata dei mercanti dal Tempio e La Pesca Miracolosa nel 1648, Giovan Andrea Sirani realizzò La Cena in casa del Fariseo nel 1652, Elisabetta Sirani realizzò Il Battesimo di Cristo nel 1658, Lorenzo Pasinelli Il Cristo che appare alla madre assieme ai santi Padri liberati dal Limbo nel 1657 e l’Ingresso di Cristo in Gerusalemme nel 1658, Giovanni Maria Galli Bibiena La resurrezione di Cristo nel 1657, Domenico Maria Canuti Il Giudizio Universale nel 1658. Unico  forestiero invitato a partecipare fu Nunzio Rossi con la sua Natività, realizzata nel 1644 da Nunzio Rossi, pupillo in quegli anni di Guido Reni. La sua opera, posta originariamente sulla controfacciata della chiesa, fu spostata in epoca ottocentesca nella Cappelletta delle Madonne per far posto alla collocazione dell’organo ed ora, dopo il restauro, è collocata in Palazzo d’Accursio.
Di notevole rilevanza è la grande tela della Natività di formato orizzontale, insolito nel panorama bolognese, che dà inizio all’importante ciclo cristologico nel progetto di decorazione della chiesa certosina. Nell’opera sono evidenti elementi tipici del naturalismo di Ribera e il dipinto si inserisce già nel contesto culturale del Barocco napoletano, rivelato dall'illusionismo prospettico dell'affollata rappresentazione, dalle pennellate veloci, dai toni brillanti e dall’acceso chiaroscuro. Nella Natività di Nunzio Rossi sono evidenti i caratteri della cultura artistica napoletana tra il 1630 e il 1650, anni in cui, artisti stranieri quali Van Dyck e Rubens, affiancano i pittori napoletani. La calda coloritura e la dirompente energia compositiva creano un contrasto con le pacate e classiche opere realizzate dai pittori bolognesi. In un ambiente artistico affollato e protetto quale era quello bolognese, risulta quantomeno singolare che un’opera di tale importanza, all’interno di una delle chiese eccellenti della città, fosse richiesta ad un giovanissimo pittore forestiero: ma questo ci lascia pensare ad una consapevole intenzionalità del Priore, che pare confermata dal successivo incarico alla ventenne Elisabetta Sirani. Ma non mancano altri aspetti affascinanti. Si pensi alle grandi dimensioni e al formato orizzontale delle tele, di tradizione veneziana e del tutto inusuali a Bologna. Un formato che consentiva maggiore libertà compositiva all’artista, togliendolo dall’impaccio del classico formato verticale della pala d’altare. Il prestigio di questo intervento era quindi tale che artisti come Francesco Gessi si resero disponibili a ricevere un compenso irrisorio pur di potervi partecipare, mentre lo stimolo del confronto con gli altri artisti fa sì che le opere in San Girolamo siano per ognuno degli autori uno degli esiti più alti.
Il linguaggio artistico di Rossi rimane quindi molto lontano da quello bolognese, anche se un accenno alla pittura di Guido Reni, è visibile nella rappresentazione di Gesù Bambino nudo e di Maria con le mani conserte, in una composizione scenica e figurativa che rimanda all'Adorazione dei pastori della Certosa di San Martino a Napoli, dipinto eseguito dal pittore bolognese tra il 1640 e il 1642.
 
Fanno parte delle opere giovanili dell’artista anche i due Santi certosini (San Guglielmo Horne e San Tommaso Skryven che originariamente collocati ai lati della Natività in Certosa sono ora nei depositi della Pinacoteca Nazionale di Bologna. Le due tele fanno parte di un programma celebrativo per ricordare il gruppo di monaci inglesi che nel secolo precedente preferirono le pene del martirio, restando fedeli al Papa e alla Chiesa Romana, piuttosto che accettare l’autorità spirituale di Errico VIII e della Chiesa anglicana.
Anche queste due tele laterali risultano molto distanti dallo stile reniano, nelle quali si evince una libertà di esecuzione pittorica e cromatica che ha origine dalla formazione dell’artista presso Stanzione e Ribera. L’ipotesi delle fonti napoletane, secondo cui è da anticipare di almeno un decennio la data di nascita del Rossi per conclamare un lungo alunnato in età giovanile presso la bottega del Reni (voluta dal suo primo maestro Stanzione che ha grande ammirazione per il bolognese), risulta improbabile. Considerando, infatti, che Guido muore nel 1642 e che le opere in Certosa sono datate nel 1644, anche se il giovane frequenta la bottega reniana per poco tempo, sembra tuttavia inverosimile l’ipotesi secondo la quale Nunzio arriva all’impresa della Certosa in età matura, se non altro perché la testimonianza del Masini è contemporanea all’attività dell’artista napoletano in Certosa e quindi a conferma della probabile nascita del Rossi nel 1626.
Sempre per i certosini, Nunzio Rossi esegue una serie pittorica di quattro Evangelisti (Matteo, Luca, Giovanni e Marco) collocati nella chiesa di San Girolamo alla Certosa, mentre di molte altre opere ricordate dalle fonti e realizzate per lo stesso ordine, purtroppo si sono perse completamente le tracce.
Il giovane pittore napoletano operò anche per l’aristocrazia bolognese, un esempio è il Sacrificio di Mosè dipinto per palazzo Bargellini, dove è evidente un'esecuzione estranea al contesto artistico cittadino. Rossi quindi dichiara apertamente un rifiuto per la tradizione classica bolognese a favore di un gusto fatto di crudo realismo dai toni a volte quasi tenebrosi, in parte liberati dagli effetti luministici e chiaroscurali.
Carlo Celano, ne Le Notizie del bello, dell'antico e del curioso della Città di Napoli del 1692, annota che dopo il soggiorno bolognese Nunzio Rossi fece ritorno a Napoli, dove eseguì alcuni degli affreschi per la chiesa di San Pietro a Maiella, tra il 1644 e il 1646. Questi dipinti, per lungo tempo dimenticati dalla critica, sono caratterizzati da un intenso naturalismo e rappresentano San Benedetto che dà i precetti ai Celestini e San Pietro Celestino che impone gli statuti dell’ordine. Gli affreschi rimasti per lungo tempo coperti e danneggiati, oggi sono in parte recuperati.
Di questo periodo napoletano è anche l’Assunta di Castellammare, per lungo tempo assegnata a Lanfranco e restituita a Nunzio Rossi da Giuseppe De Vito che ne sottolinea il rapporto con l’arte emiliana, in particolare del Reni, Domenichino e Lanfranco, già a Napoli nella Cappella del Tesoro di San Gennaro nel Duomo e nella Certosa di San Martino.
Il ritorno nella città partenopea si deve collocare tra il 1644 e il 1646 prima della partenza per Messina dove il pittore soggiornò sicuramente dal 1646 al 1649 al servizio della famiglia dei principi Ruffo. Un chiaro segno del successo che Rossi raggiunse è il compito di decorare la sua maestosa residenza commissionatogli appunto dal principe Ruffo. Rossi affrescò diverse stanze del palazzo Bagnara dei Ruffo, ma purtroppo i dipinti oggi non sono visibili perché perduti a causa del terremoto del 1783. Le fonti indicano che tra il 1646 ed il 1649 nella collezione Ruffo sono presenti quattro Baccanali (integrati in seguito da altri cinque) e da un Apollo e Marsia. Anche di questo periodo, tuttavia, rimangono pochissime opere certe e gran parte di quelle ricordate dai documenti antichi sono andate perdute o al momento non rintracciabili.
Lo stile del Rossi manifesta un gusto per la pennellata densa e pastosa, impressa sulla tela con forza, che immerge le sue origini nel naturalismo, da Ribera al Maestro dell’Annuncio ai pastori (anonimo pittore attivo a Napoli tra il 1630-60). La sua vena di narratore si enuncia nelle fisionomie stravolte dei suoi personaggi, che nelle tele bolognesi risentono del gigantismo delle opere di Pellegrino Tibaldi.
Francesco Susino ne Le Vite de' Pittori Messinesi nel 1724 annota che Nunzio Rossi da Messina si trasferì a Palermo, dove esercitò un’intensa attività pittorica, pare fino agli ultimi decenni del secolo. Questo periodo finale di produttività dell’artista contrasta però col racconto di Bernardo De Dominici ne Le Vite de’ Pittori, Scultori, Architetti Napoletani del 1745 che colloca la morte del pittore a soli venticinque anni.
Indubbiamente le incertezze e le contraddizioni nelle fonti non tolgono merito a quest’artista che con grande originalità seppe farsi spazio nel panorama artistico dell’epoca, da Napoli a Bologna fino alla Sicilia, circostanza questa che giustifica l’interesse di studiosi dalle realtà culturali diverse.
Rosaria Esposito

3 commenti:

  1. Su questo pittore ho scritto e discusso la mia tesi di laurea. Ma è un piacere apprendere che è ancora oggetto di interesse.

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    1. Buongiorno, sarebbe possibile leggere la sua tesi?
      Grazie,
      Barbara Lavorini

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    2. Salve, la tesi è consultabile su tesionline.it

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