martedì 27 maggio 2014

Giuseppe Bonito e La consegna del mandato nella Cattedrale di Castellammare di Stabia di Teresa Capezza

Giuseppe Bonito nacque a Castellammare di Stabia nel 1707, ancora fanciullo, fu accolto nella celebre scuola dell’abate Solimena, una sorta di sodalizio formato dai migliori allievi del tempo che, in omaggio al loro maestro, vestivano tuniche marroni, in cui è confutata, per la prima volta, anche la presunta povertà della famiglia Bonito, sostenuta sia da Giuseppe Cosenza, sia da Bruno Molajoli e da altri. Del folto gruppo di allievi, furono privilegiati i pochi che riuscirono ad emergere, per talento e tenacia, tra cui, in modi e tempi diversi, Sebastiano Conca, Domenico Antonio Vaccaro, Francesco De Mura, Corrado Giaquinto e Giuseppe Bonito, il quale, nella sua lunga attività, fu insignito di onorificenze ambitissime che lo posero in una condizione di sovrana e pubblica considerazione, monopolizzando per molto tempo l’attenzione sia della corte, sia di privati collezionisti.
Giuseppe Bonito, pur inquadrandosi, con le caratteristiche diverse, nell’ambito del solimenismo, dal quale assorbì la densità del colore e gli effetti contrastati della luce, in un secondo tempo si orientò verso l’accademismo classicizzante romano, forse anche per rispondere ai gusti di una committenza sempre molto più esigente ed erudita.
Le prime opere di Bonito furono un Angelo Custode e l'Arcangelo Raffaele e Tobia per la chiesa di S. Maria Maggiore di Napoli (terza cappella a destra): firmate e datate 1730, furono nello spirito di Solimena per quanto riguarda la corrispondenza, ma più asciutte nell'esecuzione. Allo stesso periodo appartengono Cristo che consegna le chiavi a San Pietro della Cattedrale di Castellammare di Stabia, e il San Vincenzo Ferrer nella chiesa di San Domenico a Barletta, firmato e datato 1737. La prima tra queste, molto bella, fu acquistata dal comune di Castellammare di Stabia, dietro sollecitazioni di Domenico Morelli e Benedetto Croce che consideravano Bonito una vera gloria nazionale.
Fra il 1738 -1740 Giuseppe Bonito si distinse, oltre che nella pittura di genere, nella ritrattistica – in mancanza della fotografia, nobili e personaggi facoltosi si facevano ritrarre da pittori – tentando di conciliare l’esigenza del ritratto iconografico, rappresentativo della istituzione, specie il sovrano, secondo una certa visione specialmente di Mengs, con la tradizione napoletana di naturalismo espressivo, evidenziando aspetti psicologici e sentimentali. Questo suo “nuovo” modo di fare “ritrattistica”, dove le figure erano “vive”, popolari, persone note e familiari nel quartiere, nella zona, nella corte, piacque molto e gli procurò grandi soddisfazioni morali e materiali. In questo anno ricordiamo il Ritratto di Maria Amalia di Sassonia, moglie di Carlo di Borbone e regina di Napoli. Fra il 1736 e il 1742 Giuseppe Bonito, sotto la committenza di Carlo di Borbone, fu impegnato per la decorazione a fresco delle sale della Reggia di Portici; mentre, quando a Napoli arrivò l’ambasciatore di Tripoli, egli fu incaricato di eseguire un ritratto dell’ambasciatore stesso.
Fra il 1736 e il 1742 Giuseppe Bonito, sotto la committenza di Carlo di Borbone, fu impegnato per la decorazione a fresco delle sale della Reggia di Portici.
Sempre nel 1742 egli eseguì la Carità sul soffitto della Sacrestia del Monte di Pietà a Napoli.
Il 29 marzo 1751 Carlo III lo nominò pittore di camera di S. R. Maestà, carica che non comportò uno stipendio fisso, ma certo un considerevole prestigio.

Il 23 aprile del 1752 fu eletto membro dell'Accademia di S. Luca a Roma. Non datate, ma probabilmente dei primi anni del quinto decennio, furono le tele per la piccola chiesa di S. Maria delle Grazie (la Graziella) a Napoli: sull'altare maggiore la Vergine della Mercede e la Vergine che appare a San Carlo Borromeo sull'altare di sinistra.
Nel 1755 Bonito diventò Direttore Dell’Accademia del disegno a Napoli, con l'incarico di "riconoscere e opinare sopra ogni sorta di pitture antiche", ufficio che egli doveva poi ricordare in una supplica, alla morte di C. Ruta (1767), per diventare "pittore di camera con soldo".
Nel 1757 Bonito entrò più decisamente nello spirito del Rococò con due deliziose tele per gli altari laterali della chiesa dei SS. Giovanni e Teresa: sulla sinistra una Crocifissione, sulla destra una Sacra famiglia con Sant’Elisabetta e San Giovannino e anche l'ovale sopra l'altar maggiore, la Madonna col Bambino.
Quando nel 1758 si iniziò la lavorazione della serie di arazzi per la reggia di Caserta, a Bonito furono affidati numerosi soggetti: i dipinti che egli eseguì per la fabbrica degli arazzi di Carlo III, si avvicinano molto alla pittura di genere; tre di essi sono conservati nel palazzo reale di Napoli: Don Chisciotte contro i mulini a vento, per cui fu pagato nel 1759; Don Chisciotte e la regina Micomicona, pagato nel 1761; Don Chisciotte che beve per mezzo di una canna, nel 1761.
Quadri di genere e ritratti attribuiti a Bonito, ma non documentati, sono oltre che in numerose collezioni private, a Bari, Pinacoteca provinciale (tre); Barletta, Pinacoteca comunale; Barnard Castle (contea di Durham), Bowes Museum; Madrid, palazzo reale; Napoli, musei di Capodimonte e Filangieri; Rodez, Musée des Beaux-Arts; Roma, Galleria nazionale d'arte antica (due); Sorrento, Museo Correale.
Fra il 1765-1770 si ricorda oltre all’autoritratto, conservato agli Uffizi, si conoscono tre ritratti di gruppo del 1765 firmati, già della collezione Lignola di Napoli di cui due si trovano nella badia di Cava dei Tirreni e uno presso gli eredi Lignola, e un Ritratto di Fanciullo, firmato, già nella collezione Tesorone sempre a Napoli.
Nel 1768 fu nominato condirettore Francesco De Mura.
Nel 1770 alle dimissioni di De Mura, Bonito chiese l'emolumento di cui godeva De Mura in aggiunta al suo.
Nel 1772 Vanvitelli fu incaricato di proporre con il Bonito un piano di riorganizzazione dei corsi. Intanto Bonito era occupato in commissioni importanti: nel gennaio 1752 firmò il contratto per gli affreschi nella chiesa di S. Chiara a Napoli, che la critica concorda nel considerare le sue opere più importanti (l'ultimo pagamento è del febbraio 1756). Distrutti completamente dai bombardamenti del 1943, essi raffiguravano Salomone che fonda il tempio al centro della volta e intorno, in pannelli, Davide, Salomone, S. Gregorio e S. Gerolamo; quattro pannelli più piccoli recavano decorazioni simboliche. Nel Museo nazionale di Capodimonte resta però il bozzetto dell'affresco centrale.
Dal 1775 Bonito diventò membro della congregazione che aveva sede nella chiesa di Santa Maria della Salvazione dei Bianchi della Morte, alla quale donò un altare marmoreo e la pala con San Giuseppe e Gesù bambino firmata "Ios Bonito P. A quest'ultima fase del Bonito, appartengono, anche se non sono datate, per i loro toni slavati e per il suo senso di languido abbandono, La Madonna che appare a San Carlo Bartolomeo e a San Giovanni Nepomuceno, sull'altare della prima cappella a sinistra nella chiesa di S. Paolo Maggiore dei teatini, a Napoli.

Nei suoi ultimi anni Bonito dipinse cinque tele per l'abside della chiesa dell'Annunciata a Vico Equense: Presentazione al Tempio, Sposalizio della Vergine, Natività, Circoncisione e, al centro, l'Annunciazione, firmata e datata 1788.
Nel 1789 Bonito fu nominato cavaliere di grazia dell'Ordine costantiniano di San Giorgio ed eseguì una delle sue ultime opere l'enorme Immacolata Concezione per l'altare maggiore della Cappella Palatina della Reggia di Caserta, opera che corona gli ultimi anni della sua attività che Bonito dipinse per sostituire la pala di Sebastiano Conca, che non piaceva al re.
Teresa Capezza

1 commento:

  1. g.turchiantichita@virgilio.it16 aprile 2016 alle ore 07:35

    Ottimo lavoro. Ho due piccoli dipinti che ritengo essere proprio di Giuseppe Bonito molto vicini ai due dipinti di scene familiari in quart'ultima posizione nel suo saggio. Se le interessa posso mandarle una buona foto di entrambi. Cordiali saluti e complimenti
    Giovanni Turchi

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