Giovan
Battista Spinelli, (1613 – 1658),
apparteneva ad una famiglia bergamasca molto facoltosa. Suo padre, Sante
Spinelli, si trasferì da Bergamo a Chieti dove fu mercante di granaglie e sua
sorella Caterina sposò il barone Ludovico de Pizzis di Ortona.
Spinelli
si affermò come artista in tutto l'Abruzzo. Ad Ortona nella Chiesa della SS. Trinità, si trovano una
Incoronazione di Maria e altri
dipinti, realizzati intorno al 1630. Questa
tela, la cui collocazione originaria era il riquadro centrale della macchina
lignea dell'altare, presenta l'Incoronazione
della Vergine da parte di Dio Padre, del Cristo e dello Spirito Santo
impersonato dalla colomba mentre nel registro più basso in ginocchio e con lo
sguardo rivolto verso l'alto sono San Francesco d'Assisi e Sant'Antonio da
Padova.
In diverse
chiese di Ortona, Chieti e Penne si possono ammirare altre tele di epoca
successiva.
Intorno
al 1630, lo Spinelli si trasferì a Napoli e conobbe Battistello Caracciolo (1578 - 1635) e Massimo Stanzione (1585 – 1656),
del quale è considerato da Bernardo De
Dominici come l’ultimo dei discepoli. Dai due artisti partenopei Spinelli acquisì
una diversa concezione compositiva, pur mantenendo una sua indipendenza
cromatica. La sua personalità artistica ed il ricordo della sua opera si erano
persi nel nulla e solo negli ultimi trent’anni grazie alle felici intuizioni
del Longhi, agli accaniti studi del Vitztuhm e, più di recente, alla puntuale
ricostruzione dello Spinosa è riemerso come una delle figure di spicco del
Seicento napoletano, facilmente riconoscibile non solo per la sua marcata
abilità di disegnatore, ma principalmente per le caratteristiche fisiche e
fisionomiche delle sue figure: personaggi in preda a torsioni disperate ed alla
completa disarticolazione delle forme, immersi in un impasto furente percorso
di umori misteriosi, agitati da una elettrizzante energia interiore e gesticolanti
come marionette impazzite.
Le
sue donne, affascinanti e misteriose, si riconoscono tra mille per le guance
goffe e paffute, per il languore sentimentale e per il sorriso beffardo,
inconfondibile, che le rende inconfondibili mentre seducono maliziosamente
volti mefistofelici ed eroi vittoriosi in un gioco calibrato di sorrisi appena
accennati, grazie ben esposte e contorsioni esasperate delle membra.
Altra
caratteristica che distingue la pittura dello Spinelli è l’uso appassionato di
azzurri intensissimi e la scelta di giovani modelle elegantemente vestite, che
lo fecero caro, anche per lo spirito laico che anima i temi proposti sebbene a
derivazione testamentaria, ai collezionisti privati napoletani, nelle cui
raccolte erano conservati molti suoi dipinti.
Spinelli
è un’artista originale fuori dagli scemi convenzionali, suggestionato da un
mondo di immagini antiche, che gli pervenivano attraverso uno studio
appassionato, anche se disordinato, influenzato dai manieristi nordici, da Luca Di Leyda a Hendrik Goltius, da Jacob
Matham a Heinrich Aldegrever. Vi
è, infatti, un momento in cui è molto sensibile l’influsso di pittori stranieri
attivi a Roma come Simon Vouet e Gerrit van Honthorst, il famoso Gherardo
delle Notti e dello stesso caravaggesco Carlo
Saraceni.
Spinelli
trasferiva questa sua ispirazione nella grafica, come testimonia la presenza di
un nucleo importante di 17 suoi disegni, conservati fin dal 1673 presso
Leopoldo dei Medici, in cui è chiaro l’interesse verso importanti personalità
nordiche che diffusero il gusto manierista, a lungo attive nella corte di
Rodolfo II a Praga.
Ad
un certo punto del percorso artistico dello Spinelli vi è, come abbiamo
riferito, un chiaro richiamo a modelli compositivi stanzioneschi con una
pittura ampia e rischiarata, e questa ripresa di elementi napoletani possiamo
coglierla non soltanto nelle già ricordate tele degli Uffizi, ma anche in pale
d’altare per chiese abruzzesi e dipinti da cavalletto per collezioni
napoletane. Il De Dominici, che lo riferiva tra i discepoli dello Stanzione e
dedito ad esperimenti alchemici, in virtù dei quali lo dava per morto in un
incidente nel 1647, lo conosceva poco e probabilmente diede credito a questo
discepolato perché riscontrò in alcune sue opere quei caratteri di luminosità e
di modi compositivi distesi e sereni che caratterizzano la produzione
stanzionesca. L’esame attento sia dei disegni sia delle tele dimostra viceversa
che i referenti culturali dello Spinelli vanno ricercati nell'Europa del nord
ed in parte nell’Italia settentrionale, più che nelle tele del grande artista
napoletano, ad eccezione delle grandi composizioni oggi nella Galleria degli Uffizi a Firenze,
capolavori assoluti del Seicento europeo: il Trionfo di David accolto dalle ragazze ebree e David che placa Saul, in cui rigorose affinità ispirative, come ben
intuì il Longhi, possono cogliersi con le tele stanzionesche con Storie del Battista, oggi al Prado.
Pittore
eccentrico e caricaturale è influenzato in alcuni dipinti precoci, come il Santo Stefano di collezione privata
napoletana, dalle soluzioni artistiche dell’ultimo Battistello per i colori
bronzei e per il tentativo di determinare, attraverso la luce spiovente, le
ombre in maniera naturalistica, iconografia che in seguito tratterà in maniera
completamente diversa nel quadro conservato nella quadreria dell’ospedale di Santa Maria del Popolo agli Incurabili.
Altre
opere sono: il Santo Stefano di una
collezione privata a Firenze, l’Adorazione
dei pastori conservato alla National
Gallery di Londra.
Vi è
poi una serie di quadri, come il San
Nicola della Cattedrale di Castellammare di Stabia, che indicano un
ulteriore «processo evolutivo verso soluzioni accademiche di temperato
classicismo, in collegamento con il nuovo gusto diffuso in città dagli artisti
bolognesi e dalle opere dei francesi romanizzati» (Pagano).
Anche
questo momento creativo è però sempre contraddistinto da marcati caratteri di
autonomia culturale e da segni di energico vigore formale e di accentuata
sensualità come se lo Spinelli, in preda ad una eterna sovraeccitazione, desse
luogo a stravolte tipizzazioni fisionomiche, caratteristiche di un pittore
inquieto, bizzarro ed anticonvenzionale, capace di recepire influssi diversi,
ma di esprimere sempre una cifra stilistica personale originalissima. E questo
aspetto della sua pittura sarà sempre molto evidente anche negli ultimi anni
della sua attività, quando più marcati si faranno gli slittamenti verso
soluzioni di temperato classicismo accademizzante.
Secondo
De Dominici, Spinelli morì a Ortona il 20 novembre 1647, all’età di circa 50
anni; mentre secondo studi più recenti egli sarebbe stato ancora in vita nel
1658.
Rosaria Esposito
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