giovedì 15 maggio 2014

La cattedrale della SS Annunziata a Vico Equense di Teresa Capezza

La chiesa della Santissima Annunziata è una chiesa monumentale di Vico Equense: è stata cattedrale della diocesi di Vico Equense fino al 1818 ed oggi appartiene alla parrocchia della chiesa dei Santi Ciro e Giovanni.
La prima cattedrale di Vico Equense si trovava sulla spiaggia, nella zona bassa della città, dove sorge l'attuale Marina d'Equa, soggetta però alle incursioni dei pirati: fu così che il centro cittadino fu spostato in una zona più alta e si decise al contempo, per volontà del vescovo Giovanni Cimino, di costruire una nuova cattedrale.
La nuova chiesa fu eretta agli inizi del XIV secolo, probabilmente tra il 1320 ed il 1330, su un costone roccioso, alto circa novanta metri, a picco sul mare, che affaccia sul borgo marinaro.
Importanti lavori di restauro furono compiuti tra il 1773 ed il 1792, per volontà del vescovo Paolino Pace: questi riguardarono principalmente il rifacimento della facciata. La chiesa fu cattedrale fino alla morte del vescovo Michele Natale, deceduto nel 1799: la diocesi fu definitivamente soppressa nel 1818 in forza della bolla papale De utiliori ed inglobata in quella di Sorrento. 
Altri importanti lavori di restauro che ne hanno esaltato il suo aspetto originario, sono stati effettuati alla fine del XX secolo e la chiesa è stata riaperta al culto il 26 agosto 1995, dopo un lungo e critico intervento di restauro iniziato nel 1974 dagli architetti Ezio De Felice e Gennaro Matacena, i quali hanno cercato di recuperare le originarie strutture gotiche occultate dalle successive sovrapposizioni barocche.
Solo l’abside pentagonale e alcuni affreschi ora rimossi, testimoniano l’originario impianto trecentesco.
La facciata invece, in stile barocco, è divisa in due da una trabeazione: la parte inferiore presenta due coppie di lesene ai lati del portale ed una lesena all’estremità, mentre la zona superiore, riprende le 2 coppie di lesene della sezione sottostante e reca al centro un ampio finestrone, sormontato a sua volta da un lucernario. La facciata termina a volte a botte e sulla sommità è posta una croce in ferro.
Per il portale d’ingresso furono commissionate due porte di bronzo, realizzate dallo scultore Michele Attanasio, dedicate a papa Giovanni Paolo II e raffigurante un Cristo ieratico.
Entrando dalla porta principale la chiesa si presenta col suo aspetto basilicale a tre navate, una centrale e due laterali, divise tramite sei pilastri in tufo.
La zona dell’altare maggiore è a forma di abside pentagonale con una volta a costolone in modo da richiamare le coeve chiese angioine del Trecento. L’attuale abside non solo si impone per la singolare verticalità e per l’aspetto trecentesco, ma anche per le cinque tele che vi campeggiano: al centro vi è l’Annunciazione, un’opera del pittore Giuseppe Bonito, firmata e datata 1788. L’opera è ben architettata: sulla sinistra campeggia la Madonna avvolta in un manto ad ampi svolazzi, mentre dall’alto discende un angelo attorniato da altri più piccoli; all’angolo destro una natura morta, particolarmente evidente. Qui l’artista, allievo di Francesco Solimena, si rivela già nel più sicuro dominio dei suoi mezzi artistici.
A destra e sinistra si susseguono episodi della vita di Maria: la Presentazione della Vergine al Tempio, il Matrimonio della Vergine, l’Adorazione dei pastori e infine la Presentazione di Gesù al tempio. Le quattro opere sono erroneamente attribuite al pittore Jacopo Cestaro e portano lo stemma del vescovo Carafa, ma Engass le riferisce ancora a Bonito.
Nella parte superiore dell’abside, negli spicchi terminali, sono presenti quattro tele raffiguranti gli Evangelisti, commissionate al pittore Francesco Palumbo dal vescovo Paolino Pace: l’emblema di questo vescovo (una colomba in volo con in bocca un ramoscello di ulivo) si ritrova scolpito anche sulla balaustra in marmo che delimita il presbiterio (parte contenente l’altare, o l’altare maggiore se ne contiene più di uno). L’antico altare settecentesco, purtroppo rimosso durante il restauro, è sostituito oggi da una semplice mensa, in cui l’Arcivescovo Felice Cece ha collocato, in occasione della riapertura del culto, le reliquie dei Santi Patroni Ciro e Giovanni. Alle spalle vi è un trono in legno dipinto ed ai lati due panche con schienali.
Nella navata destra è doveroso soffermarsi sulla lapide funeraria di Gaetano Filangieri, illustre illuminista autore della Scienza della Legislazione, che morì nel 1788 nel vicino castello Giusso e fu sepolto nella cattedrale.
Al di sopra della lapide è stato sistemato il trittico, un olio su tavola di un ignoto pittore napoletano della fine del XV secolo: a centro la Madonna del Carmine, a destra il francescano San Giacomo della Marca e a sinistra San Giovanni Battista. La predella raffigura Cristo con i dodici apostoli.
Avanzando oltre si arriva al monumento sepolcrale del Vescovo Giovanni Cimmino: la tomba con la sovrastante statua giacente poggia su quattro colonnine al di sotto delle quali si trova un notevole bassorilievo marmoreo raffigurante un cavallo alato. La lastra tombale in marmo bianco raffigura in tre medaglioni circolari la Madonna con Bambino in braccio (a destra), San Paolo e San Luca. Due rombi, anch’essi scolpiti, separano i medaglioni laterali da quello centrale: a sinistra è raffigurato un angelo con le braccia conserte, a destra in vescovo in piedi preceduto da un angelo.

Il Vescovo Cimmino si era fatto la tomba mentre era ancora in vita, facendovi incidere solo il secolo, ma i posteri non completarono l’epigrafe e gli anni non furono aggiunti.
Inoltre in una cappella della navata destra è posto un Crocifisso in legno, decorato con pittura di scuola giottesca. Sono stati collocati in questa cappella due frammenti di affreschi trecenteschi, staccati dalla parte inferiore dell’abside: a destra si intravedono dignitari, a sinistra la Crocifissione, attribuita alla scuola del pittore napoletano Roberto d’Oderisio.
Nell’imponente navata centrale, tra gli archi, a destra e a sinistra sono stati sistemati quattro dipinti che appartengono al ciclo degli apostoli: a destra Sant’Andrea e San Pietro, a sinistra San Giacomo Minore e Giuda Taddeo, tutti oli su tela dell’ultimo quarto del secolo XVIII, attribuiti all’ambito del pittore stabiese Giuseppe Bonito.
All’inizio della navata sinistra invece, sulla controfacciata, è posto il monumentale sepolcro del Vescovo Giovanbattista Repucci, opera di maestranze napoletane in marmi policromi.
Nella navata si aprono inoltre la cappella di Sant’Antonio (di cui è presente la statua in una nicchia), Cappella della Madonna del Rosario con Bambino (sistemata in una cona in legno dipinto, intagliato e decorato), la Cappella del Sacro Cuore di Gesù, a San Giuseppe col Bambino (opera di un ignoto pittore napoletano della prima metà del XV secolo), e a Sant’Anna (statua policroma composta da più pezzi di legno di taglio eseguita da Giacomo Colombo.
Dalla chiesa si può accedere alla sagrestia che è in stile gotico anche se presenta influssi neoclassici del XVIII secolo: all’interno sono esposti 34 affreschi raffiguranti i vescovi vicani, voluti dal Vescovo Pace e realizzati da Francesco Palumbo: manca la raffigurazione di Michele Natale, morto impiccato per aver aderito alla Repubblica napoletana ed al suo posto è rappresentato un putto che intima di far silenzio.
Non si può lasciare questa chiesa senza prestare attenzione alla sua cupola: essa, con 8 finestre, presenta al centro la colomba dello Spirito Santo, una tempera su intonaco di un ignoto pittore locale: la balaustra, in marmi policromi intagliati e dipinti, è opera di maestranze napoletane, e presenta su ogni lato lo stemma del vescovo Pace, ovvero la colomba.
Il campanile risalente al XVI secolo, è a pianta quadrata, con arco sotto il quale passa la strada d’accesso alla chiesa e è diviso in 3 ordini; la strada terminando con una terrazza, da cui si ammira lo splendido Golfo di Napoli.
Teresa Capezza

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