giovedì 1 maggio 2014

Il Battistero Paleocristiano di Santa Maria Maggiore di Pasquale D’Amora

Il Battistero Paleocristiano di Santa Maria Maggiore, chiamato anche La Rotonda, nel Codex Dilplomaticus Cavensis è detto anche Plebs S. Mariae de Nuceria. Esso fu realizzato al centro dell’antica Nuceria Alfaterna, i cui resti si trovano tra Nocera Superiore e Nocera Inferiore e si trova oggi nel Comune di Nocera Superiore.
Il Battistero fu fondato nella seconda metà del VI secolo d.C., dopo la riconquista di gran parte dell’Italia meridionale da parte dell’Impero d’oriente, al posto di una preesistente costruzione romana di cui, durante i lavori di scavo, sono venuti fuori resti di mosaici pavimentali geometrizzanti. Della chiesa anteriore al VI secolo, considerato che la diocesi di Nocera esisteva già attorno al IV secolo, non si hanno notizie. L'importanza che ebbe l'antica Nuceria e l'epoca in cui il Battistero fu costruito, richiedono l'ubicazione dello stesso entro le mura della città, tale privilegio spettò generalmente alle città imperiali e a pochissime altre, tra le quali Nuceria: soltanto in epoca successiva al VI secolo, infatti, le cattedrali erano dislocate dentro le mura della città.
Nell'anno 1386, restituito il vescovado a Nocera, la cattedra fu posta nel luogo dov'è attualmente, cioè al rione Vescovado di Nocera Inferiore. Il papa Urbano VI, in pieno scisma, nominò vescovo fra' Francesco, dei frati conventuali del convento di S. Francesco, oggi S. Antonio di Nocera.
Il Battistero è, quindi, uno straordinario documento architettonico dell’epoca bizantina, dopo la caduta dell’Impero Romano. Si pensa che sia stato anche sede della prima cattedrale della Diocesi di Nocera la cui storia originaria, però, è ancora alquanto lacunosa, e mantenne la sede fino a quando, nel secolo XIV, essa fu trasferita nella frazione Vescovado, e precisamente in una chiesa che, fino a qualche tempo prima, era stata officiata dai benedettini del monastero di San Prisco, trasformato poi in palazzo vescovile.
Nel corso della sua quasi bimillenaria storia, il Battistero è stato spesso colpito da forti alluvioni che hanno causato il deterioramento dell’edificio fino a determinarne il progressivo abbandono, avvenuto nel 1806. Il suo recupero è iniziato intorno alla metà del XIX secolo ed ha ricevuto un definitivo impulso negli ultimi decenni. Inoltre in seguito al trasferimento della sede vescovile presso il monastero benedettino di San Prisco, l’edificio perse la centralità originaria e subì un lento declino anche se all’interno sono ancora evidenti tracce di affreschi ancora tardomanieristi.
Il Battistero è uno scrigno ricco di storia e di credenze popolari: secondo una tradizione, infatti, si dice che chi non riesce a passare tra le colonne del Battistero non sia puro di anima.
L’edificio fu costruito su modelli bizantini: è rotondo a pianta centrale, c’è una doppia fila di colonne e su cui poggia una grande cupola. La pianta dell’edificio è simile a quella dei grandi monumenti funerari romani come il Mausoleo di Santa Costanza del 354 d.C. e ai più autorevoli esempi di battisteri paleocristiani romani come quello di San Giovanni in Laterano del 440 o di Santo Stefano Rotondo del 480, oppure ravennati come San Giovanni degli Ortodossi del 458, ma presenta delle similitudini anche con edifici orientali ed africani come il Battistero di Siagu in Tunisia.
Per quanto riguarda la struttura, la Rotonda è composta da un ambulacro esterno e da un vano centrale delimitato che si arricchisce del meraviglioso carosello di quindici coppie di snelle colonne con capitelli corinzi ed arabeschi di fine bellezza e grandiosità, alla base di ordine ionico di marmo pentelico del I secolo d.C. Le colonne sono elementi di spoglio recuperati da edifici templari romani del II e III secolo ormai in disuso, perciò i capitelli hanno uno stile ed un'altezza differenti e misurano 4,9 metri di altezza media e sessanta centimetri di diametro medio ed è questa differenza che offre al battistero la vivace policromia interna. Sono anche molto interessanti alcuni capitelli prelevati dal Tempio di Nettuno, ornati da delfini.
L'uso delle colonne binate, caratteristico sia del battistero di Nocera sia di quello di Santa Costanza, è tipico anche delle basiliche del Nord Africa dei secoli V e VI. Questo interessante confronto richiama alla mente la presenza di coloni nocerini in Africa all'epoca dell'Impero, stanziatisi nella Numidia, dopo che il nocerino Publio Sitio, partigiano di Cesare durante la guerra civile, conquistò Cirta. Fu probabilmente quella corrente artistica che rese il battistero di Nocera una delle più importanti testimonianze dell'architettura cristiana dei primi secoli in Campania.
La Rotonda è solitamente considerata come una derivazione di Santa Costanza a Roma, con la differenza che mentre a Nocera l'interruzione della continuità della botte anulare è in corrispondenza dell'abside, in Santa Costanza è di fronte all'entrata. E ancora, mentre in Santa Costanza la Cupola poggia su di un alto tamburo spesso circa 3 metri, quella della Rotonda gravita direttamente sugli archivolti. Fu probabilmente quella corrente artistica che rese il battistero di Nocera una delle più importanti testimonianze dell'architettura cristiana dei primi secoli in Campania.
Al centro dell’edificio è collocata una grande vasca battesimale di forma ottagonale, la seconda per ampiezza in Italia, dopo San Giovarmi in Laterano a Roma, di oltre 7 metri di diametro e che presenta una profondità di 1,30 metri e sul parapetto rimangono cinque delle otto colonne del tugurium o tegurium originario.
Il rivestimento marmoreo della vasca è decorato con croci in stile greco e sono proprio le presenze delle croci greche e degli altri motivi decorativi, ricorrenti in essa, che fanno accreditare agli studiosi il Battistero al VI secolo, mancandovi del tutto tracce di epoca longobardica.
La posizione della vasca al centro del tempio indica chiaramente la destinazione dell'edificio sacro a battistero, mentre le notevoli dimensioni della stessa ci fanno pensare che nei secoli remoti, in essa furono rigenerati alla Vita tutti i catecumeni della valle del Sarno.
All’interno dell’edificio sono presenti affreschi risalenti al XIV – XV secolo tra cui: Cristo Pantocràtor nella cosiddetta Cappellina del Redentore, attribuiti alla scuola del senese Andrea Vanni.
Tutti gli affreschi illustrano, con evidente intento catechistico, scene del Nuovo Testamento. Sulla parete sud è la Natività: il Bambino è nella culla sotto un tetto di paglia, mentre due angeli annunziano il lieto evento. Nello stesso affresco, nella parte inferiore, trova posto anche il Battesimo di Gesù. A sinistra dell'ingresso è l'affresco rappresentante la Madonna in maestà su di un trono dall'alto schienale con il Bambino in grembo che regge la scritta Ego sum via. C'è poi la Salita al Calvario: Gesù con la Croce, seguito da soldati romani, da Maria e da altri personaggi, ha di fronte il Cireneo. Alla destra del trono della Madonna è la scena della Resurrezione, nella quale Gesù esce dal sepolcro mentre un angelo, seduto sull'orlo del sepolcro, annunzia alle pie donne: Resurrexit, non est hic.
L'immagine solenne del Cristo Pantokràtor, o Signore del mondo, domina tutta la volta a botte. Sulla parete nord rimangono purtroppo soltanto i visi di alcuni personaggi liberati dal Limbo, Gesù regge il bianco vessillo e la croce.
Nelle due cappelline laterali sono presenti tracce di restauri borbonici. Uno degli affreschi più importanti presenti nell’edificio è quello attribuito a Roberto d’Oderisio, raffigurante una superba Madonna, risalente al XIV secolo sotto il titolo di S. Maria Maggiore o S. Maria, come la si trova più volte citata nel Codex Diplomaticus Cavensis. Inoltre il Battistero contiene il Mosaico policromo a motivi geometrici i cosiddetti “nodi di Salomone", tra quadrati inscritti in emicicli all'estremità sud-est del sagrato della Rotonda.
Questa struttura ospita anche un piccolo lapidarium, composto dai reperti marmorei emersi dagli scavi all’interno e nei dintorni della struttura. Inoltre l’Anfiteatro romano, sepolto nel villaggio di Grotti di Nocera Superiore e la Rotonda, posti come sono entro le mura dell'antica Nuceria Alfaterna, rappresentano tangibili testimonianze delle più contrastanti espressioni del mondo pagano in declino e di quello in espansione.
Dopo millecinquecento anni il Battistero di Santa Maria Maggiore è giunto sino a noi nonostante terremoti, distruzioni, attacchi come quello di Ruggero il Normanno che distrusse Nocera risparmiando solo questa esoterica cavità di acqua e pietra. Nel settecento l'edificio si è salvato anche dal parere del Vanvitelli che voleva trasformarlo in cava per utilizzare a Caserta le splendide colonne in cipollino con i capitelli decorati in forma di delfini alla stregua di quelli di Villa Adriana a Tivoli. Recenti campagne di scavo archeologico hanno cancellato il pendio di arrivo al monumento. Così, la rotonda non galleggia più sulla base di battuto e vegetazione originaria ma si erge tra scavi a quote diverse che arricchiscono di cromatismo e suggestione l'edificio. Il sagrato, dopo vari lavori, ha raggiunto un piano astratto ottenuto dalla giunzione di 1600 doghe di travertino di Montella, una base solida, visivamente netta per i caldi cromatismi tufacei della rotonda battesimale. Ai due lati di questo basamento vi è lo scavo archeologico con i reperti sistemati in modo casuale, quasi affiorassero dalla terra o vi fossero appoggiati in attesa di un alloggio definitivo. I reperti minuti, frammenti più piccoli che non avrebbero potuto essere lasciati all'aperto, sono stati sistemati nell'antica sagrestia trasformata in antiquarium.
Nel 1296, accanto al Battistero, sorse la Congregazione di Santa Caterina d’Alessandria. Verso la fine del XVII secolo la congregazione provvide a costruire una cappella più ampia, ma fu distrutta la parte superiore dell’antica cappellina. Secondo gli studiosi questa cappella fu dedicata a Santa Caterina, che fu voluta dalla confraternita di Santa Maria Maggiore. I ruderi dell’antico edificio furono scoperti durante gli scavi sulla parte settentrionale della Rotonda.

Pasquale D’Amora

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