martedì 23 febbraio 2010

La controstoria: un approccio letterario allo studio della Storia

Questo progetto è rivolto agli studenti maggiormente interessati ad affrontare tematiche presenti nei piani di studio, approfondendole con taglio diverso da come esse sono tradizionalmente presentate.
L’attività, schiudendo gli orizzonti degli studenti anche nel settore delle nuove tecnologie di comunicazione quali quelle della multimedialità, di concerto con la B.D.P. e con il Council for european studies, contiene una consistente azione di formazione, di ricerca, di sviluppo e di sperimentazione.
Per questo motivo, l’obiettivo primario che il progetto si prefigge è di garantire a ciascuno la possibilità di sviluppare le proprie capacità e le proprie potenzialità personali.
Al centro del progetto si pone dunque uno studente, detentore del diritto di essere soggetto di apprendimento libero, capace di diventare egli stesso costruttore della propria formazione in cui il docente ha il compito di svolgere un’opera di promozione e di mediazione culturale. Un nuovo modello formativo, quindi, che implica una metodologia didattica capace di sviluppare interessi, vocazioni, scelte e di sostenere gli studenti nel processo di formazione dell’identità personale e di acquisizione della capacità di autodirezione.
Per conseguire il successo formativo, lo strumento principe è l’idea-progetto di miglioramento il cui obiettivo è di immettere valore aggiunto a ciò che già si svolge curricularmente.
Questo richiede di lavorare insieme e di condividere dei compiti:
· in senso orizzontale, discente/discente,
· in senso verticale docente/discente.
Il progetto, rivolto agli studenti dotati di spiccate attitudini nello studio della Storia, diretti fruitori e propositori di contenuti, si propone:
· di arricchire la loro preparazione professionale e culturale,
· di svilupparne le abilità personali e le scelte di approfondimento,
· di incentivare la lettura di testi narrativi e/o saggistici, nello specifico di carattere storico,
· di occupare in modo costruttivo il tempo libero che intende dedicare ad attività da svolgere nell’ambito della scuola.
L’adesione al seminario di studi è aperto solo agli studenti più motivati, ossia quelli che hanno raggiunto i migliori risultati nelle discipline relative storiche, giuridiche, economiche, sociologiche ed artistico-letterarie, quindi il concetto di eccellenza non mira soltanto alla raggiungibilità dell’eccellenza intesa come qualità, ma anche come garanzia della prestazione.
Gli studenti impegnati nel progetto saranno indirizzati verso metodologie di apprendimento che maturino in loro la capacità di osservazione,
· ricerca
· scoperta personale dei risultati
i Docenti rivolgeranno particolare attenzione verso nuovi strumenti epistemologici e metodologici.
Mirando alla valorizzazione delle eccellenze, come sopra intesa, ed all’educazione alla lettura critica della Storia, il progetto propone libri che possono essere utili per un approfondimento diverso da quello comunemente offerto dal mercato dell’editoria, sempre più omogeneo ed omologato, sommerso da una vastità di titoli sempre più connotati da una sostanziale uniformità culturale.
Per questo motivo il modo di affrontare la Storia in questo percorso vuole essere originale ed accattivante.
Originale perché lo statuto della Storia, il materiale, è diverso da quello della Letteratura, l’immaginario, individuale o collettivo. Accattivante perché, attraverso la narrativa, in una sorta di laboratorio, si possono avvicinare gli studenti all’epistemologia didattica innovativa per una disciplina, la Storia, spesso aborrita o vissuta come un obbligo.
Per questo motivo in itinere si proporranno opere che possano soddisfare le esigenze di varie tipologie di lettori:
· di chi desidera approfondire la propria conoscenza storica, ma nello stesso tempo non affrontare letture troppo impegnative, e questi potrà occuparsi dell’aspetto testuale tramite l’analisi del testo stricto sensu e del suo raccordo fra fictio ed oggettività storica
· di chi ama scoprire la psicologia dei grandi del passato, di coloro cioè i cui nomi apprendiamo dai testi scolastici, e questi potrà occuparsi dell’aspetto più umanistico della storia ponendo il grande del passato in relazione alle coeve strutture politiche economiche e sociali, nonché degli aspetti giuridici e culturali.
In tal senso subentra la funzione del laboratorio storico, uno strumento di ricerca e di indagine sulla veridicità documentaria del testo preso in esame, mettendo naturalmente in guardia contro i rischi delle ricostruzioni romanzate della letteratura, alcune con espliciti intenti storici (come i romanzi di Umberto Eco, soprattutto Il nome della rosa e Baudolino), nei quali se l’ambientazione e gli avvenimenti possono corrispondere alla storia, i personaggi agiscono invece anacronisticamente con le mentalità del tempo dello scrittore. In molti casi ci sono scrittori che, prima di scrivere un romanzo, fanno ricerche preparatorie, cercano di documentarsi, come Giuseppe Pederiali, autore de Il tesoro del bigatto (Milano, Rusconi, 1980), dove fatti storici, come l’incontro di Canossa, si mescolano a vicende e personaggi mitici e di fantasia.
Da dove nasce l’abbondanza di titoli editoriali, narrativi o saggistici, che dagli anni Novanta del secolo scorso hanno fatto capolino sugli scaffali delle librerie per irrompere impetuosamente negli ultimi tre, quattro anni? Sarebbe intellettualistico e, paradossalmente, superficiale liquidare il tutto come letteratura trash. Spesso infatti la letteratura di nicchia è risolta semplicisticamente come paraletteratura, ma non è sempre così.
L’attività si svilupperà su diverse aree:
· linguistica
· informatica
· relazionale-comunicativa
· culturale
Gli studenti possono scegliere da un elenco di proposte in cui sono indicati
· area dell’attività
· contenuti
· tempi di svolgimento
Il progetto, di struttura seminariale, prevede, in ambito culturale, moduli progettati, programmati ed organizzati dal dipartimento di Filologia moderna, di Storia, di Sociologia della comunicazione di Istituzioni giuridiche.
Se gli O. C. dovessero ritenerlo opportuno, il progetto può essere anche aperto a studenti del territorio.
I moduli, inerenti a tematiche previste nei piani di studio, anche se, in taluni casi, possono ammettere sfondamenti cronologici, sono affidati ai docenti impegnati nel progetto, o da consulenti esterni di comprovata competenza ed esperienza.
Il Dipartimento di Italianistica intende proporre un’occasione di approfondimento tanto con lo scopo di affrontare tematiche che non trovano abitualmente posto nei programmi, quanto per sviluppare un approccio più consapevole alla lettura della letteratura storica.
· Il progetto si svolge in orario curricolare ed extra curricolare
· In itinere per ogni prodotto eseguito dallo studente, il docente potrà accreditare ¼ di punto che verrà poi sommato al voto finale dell’esame a conclusione dell’A.A.. Al termine del seminario sarà rilasciato un attestato di frequenza o, su richiesta, previa prova finale, una certificazione delle conoscenze o abilità e competenze acquisite dai partecipanti (portaolio), giuridicamente valide per il C.V e daranno luogo a 2 punti di CFU.
· Sarà rilasciato un attestato finale, di cui i C.C.d. F.F. terranno conto in sede di attribuzione dei CFU.
· I migliori lavori presenteranno un approccio diretto a brani significativi rispetto alla tematica trattata, con la redazione di un breve saggio, e verranno pubblicati sul sito web di istituto nonché su un cd rom multimediale da inviare all’IRRE Campania.
I quattro segmenti che compongono la struttura portante del progetto si susseguono per ciascun periodo preso in esame sempre nello stesso modo:
1. Panoramica: ambito in cui si spazia nel contesto storico-culturale del periodo in oggetto; tale area è articolata in due sezioni:
a. La storia del tempo
b. La cultura del tempo
2. Primo Piano: quest'ambito è riservato ai grandi della storia ed è articolato a sua volta in tre sezioni:
a. Anteprima: excursus in cui si tratta la biografia, il profilo ideologico e l’opera del personaggio;
b. Focus: è la focalizzazione di un'impresa considerata dalla critica come la più significativa nell'itinerario del personaggio in esame.
c. Recensioni d'autore, è la raccolta di alcune pagine critiche, per supportare le scelte e per ampliarle.
3. Campo Lungo: il cui ambito è la trattazione di personaggi che per consuetudine vengono definiti minori e degli ambienti sociali che costituiscono la vita quotidiana, e si articola in tre segmenti.
a. Voci di popolo il cui ambito riguarda le condizioni sociali degli umili;
b. Voci di bambini, il cui ambito consente di ricostruire nel tempo la condizione dell’infanzia e dell’educazione.
c. Voci femminili: il cui ambito consente di ricostruire nel tempo la figura della donna e il suo ruolo nella storia.
4. Fuori Campo: il cui ambito consente di esaminare la voce del narratore e la sua posizione sul tema trattato.
Tutti i segmenti richiedono il medesimo approccio metodologico che, assegnando sem­pre al testo il ruolo centrale, si avvale di un apparato didattico, costituito, oltre che dalle introduzioni e dalle note (esplicative, contestualizzanti), dalle seguenti rubriche:
· Grandangolo: scheda relativa all'opera di volta in volta esaminata.
· Zoom: brano ritenuto particolarmente significativo
· Dettaglio: scheda redazionale di supporto o ampliamento alla trattazione in oggetto.
· Guida alla visione: scheda redazionale in cui lo studente accompagna alla comprensione contenutistica e formale del brano letto.
· Moviola: esercitazioni di comprensione, analisi, approfondimento ed elaborazione in cui lo studente viene abituato ad analizzare il brano secondo le indicazioni ministeriali relative ai recenti esami di Stato.
Questo lavoro di analisi storica e contenutistica dei testi, si svolgerà con la guida degli insegnanti impegnati nel progetto, nel confronto tra diverse ipotesi di interpretazione e nel suggerimento, su proposta degli studenti, di passi delle opere analizzate, corredati dalle glosse e da commenti individuali ed annotazioni di raccordo fra le due discipline e con altre discipline che potranno con esse interagire.
OBIETTIVI DIDATTICI
COMPETENZE
Capacità di comunicazione
Abilità strumentali
Capacità di risolvere problemi

1. Si esprime in modo chiaro, organico e corretto nello scritto
2. Nell’orale sa comunicare con chiarezza e coerenza rispetto allo scopo e al contenuto del messaggio.
3. Comprende i linguaggi specifici delle diverse discipline
4. Utilizza correttamente i linguaggi specifici delle diverse discipline
5. Utilizza strumenti informatici (Word , Front Page) Riconosce una situazione problematica
6. Individua le conoscenze / competenze già acquisite necessarie alla risoluzione di un problema
7. Individua un percorso risolutivo anche in modo collaborativo
Molte cose, certo si potrebbero obiettare di fronte ad un progetto simile, così poco accademico e così lontano dall’ortodossia della ricerca storica, non fosse altro per il fatto che l’approccio è di tipo letterario. Ma a questo si può ribattere che ogni epoca, ogni generazione si volge al passato con occhi diversi, ne cerca aspetti che altri hanno trascurato, valuta diversamente gli avvenimenti, li adatta a sé e, se talvolta tradisce l’oggettività, solo così la rende interessante per sé. In tal modo la storia rivive ogni volta diversa e ogni volta diventa nuovamente attuale.
Se obiettivo dello storico è cercare di influire nel minor modo possibile col suo presente nella ricerca che compie, nel caso specifico la sua è in ogni caso una sintesi tra presente, che lo motiva a studiare il passato, e le fonti che il passato gli ha tramandato. Questo rende comunque la storia, scritta dallo storico, un ripercorrimento del passato che non è mai il passato in sé, ma la rappresentazione che in ogni caso lo storico dà di quel passato. Una rappresentazione certo non fantastica e arbitraria come nei romanzi, ma in ogni modo qualcosa di diverso dal passato stesso: il lavoro dello storico potrà essere al massimo, per dirla con Paul Zunthor “la messa in scena dell’altro nel nostro presente; ma il racconto storico non ricrea ciò che è morto”.
È il presente che fornisce al lettore le motivazioni, le domande da rivolgere al passato, la scelta del tema e degli aspetti che, in quel momento, interessano a lui e ai suoi contemporanei; il narratore storico gli predispone poi gli strumenti, il linguaggio stesso con cui ritessere, dal suo nuovo punto di vista una storia già mille volte percorsa, e renderla di nuovo interessante; lo storico fornisce al narratore storico la materia prima su cui lavorare: le fonti, gli argomenti, un mondo che si fa riscoprire ogni volta in modo diverso.
E l’oggettività? L’oggettività c’è, ma non è comunque raggiungibile, è una Chimera alla quale tendere, ma nella consapevolezza che sia una Chimera, mille volte presagita, vagheggiata, intravista, ma sempre e comunque irraggiungibile. È la realtà noumenica che sottende il fenomeno, l’unica manifestazione cui ci è consentito avvicinarci e leggere con i nostri occhi, con la nostra percezione.
La lettura positivista delle fonti storiche rende noi docenti paradossalmente più possibilisti su ciò che c’era, che c’è e che non si vede, e ci rende anche più umili nello studio del passato, di cui possiamo cogliere solo una piccolissima parte. Per questo spesso capita di doversi fermare, di porsi domande cui non si sa rispondere e su cui, eventualmente, ci si lascia andare all’immaginazione, ma nella consapevolezza che questa sia tale.
Non c’è una storia, data una volta per tutte, ma ci sono tante storie, c’è una ricerca storica che procede per i suoi sentieri, ci sono le sintesi, gli strumenti, ci sono molte generalizzazioni, ma c’è anche molta ombra nel passato ed acquisire questa consapevolezza equivale a maturare il senso del limite che c’è in ogni azione umana.
Partendo dunque da questo assunto La controstoria: un approccio letterario allo studio della storia, è il senso di questo progetto che ospiterà autori storicamente scorretti, storici revisionisti, scrittori dissidenti, intellettuali disorganici. Tutti coloro, insomma, che dalla repubblica universale delle lettere sono catalogati come eretici perché, in qualche modo, oppongono resistenza al processo di massificazione delle intelligenze, delle coscienze, delle specifiche identità.
Nella parte curricolare si svolge, come di prassi, il lavoro di preparazione tipico della storiografia ortodossa cui si pongono le sette domande, mutuate dalla retorica classica
1. quis,
2. quid,
3. quando,
4. ubi,
5. quomodo,
6. cur,
7. cui prodest,
nella parte extracurricolare in cui la controstoria si confronterà con la storia, si partirà soprattutto dall’ultima domanda, la più insidiosa, perché se da un lato anche oggi chiarisce molti aspetti, dall’altro finisce per ridurre i comportamenti umani ad uno schema utilitaristico omnicomprensivo, di machiavelliana e di benthamiana memoria, quando invece, molto spesso, questi sono dettati da ragioni molto più complesse come è complesso l’animo dell’essere umano.
Il Direttore
Prof. Dott. Massimo Capuozzo

La poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo

L’amore e la donna nella lirica bassomendievale – Nelle corti feudali della Provenza, nel Sud della Francia, tra l’XI e il XII secolo, nacque una produzione poetica molto omogenea, sia per i caratteri for­mali (tipi di versi e di strofe, uso della rima, ecc.) sia per i temi. Era una poesia scritta in lingua d’oc e profondamente legata all’ambiente della corte dove trovava il pubblico, gli argomenti e le ragioni della sua origine.
Questa poesia cortese, appunto da corte, era espressione di una nuova domanda di letteratura che doveva intrattenere ed insieme dare prestigio ai membri e allo stile di vita della corte. L’abbandono della lingua latina e la scelta di temi laici, in particolare di quello amoroso, sono novità che segnalano l’affiorare dell’i­dea che la letteratura può avere un va­lore in sé, slegato dalle finalità religiose e morali e che l’attività poetica può semplicemente ricercare la bellezza e il piacere di chi la ascolta.
La figura del trovatore, il poeta (da trobàr che in provenzale significa poetare), è parte inte­grante della corte: molti sono aristocratici e feudatari come Guglielmo IX d’Aquitania, altri sono di umili origini, ma la loro attività poeti­ca li elevava socialmente e spesso procura riconoscimenti o incarichi che davano loro dignità e ricchezza.
La maggior parte dei testi dei trovatori esprime un’originale concezione dell’amore che va sotto il nome di amor cortese: questo termine riassume un ideale di vi­ta esclusivo dell’ambiente della corte.
I protagonisti di questo particolare rapporto amoroso possono essere soltan­to la dama di corte (madonna) e il poeta (amante) che è tenuto ad un atteggiamento di cortesia rivolto alla dama che è di totale ubbidienza, vassallaggio, desiderio ed omaggio.
L’amor cortese fu teorizzato ed esaminato in un trattato assai famoso a quel tempo, il De amore (Sull’amore) di Andrea Cappellano, che dettò le regole di comportamento e definì anche le situazioni sentimentali degne di un vero cavaliere:
· la gioia per il favore accordato da madonna;
· l’affinamento dei valori della cortesia per rendersi degni dell’amore;
· la tensione del de­siderio amoroso.
Tutto questo costituiva un vero e proprio codice di comportamento (probabilmente poco rispettato nelle concrete esperienze di vita) che valeva per la poesia. Possiamo dire che la lirica cortese compì una mediazione tra il sentimento d’amore e la sua trasfigurazione intellettuale at­traverso un linguaggio letterario assai raffinato e seleziona­to, basato su alcune parole-chiave e sull’esclusione dei termini non eleganti; la lingua dei trovatori si presenta come un codice lirico, una lingua con regole assai rigide e distante da quella parlata.
In Italia fra XIII e XIV secolo giunge a un altissimo grado di elaborazione, dando vita al nucleo iniziale della tradizione letteraria europea e italiana.
La poesia dei trovatori nata nelle corti della Francia meridionale fu largamente conosciuta in Italia dove, nelle corti del Nord, continuarono a poetare in lingua d’oc una quarantina di trovatori che erano sfuggiti alla crociata contro gli Albigesi (1208).

Amore desiderio che viene dal cuore
di Iacopo da Lentini
[1]
Amor è un desio che ven da core
per abondanza di gran piacimento;
e li occhi in prima generan l'amore
e lo core li dà nutricamento.

Ben è alcuna fiata om amatore
senza vedere so 'namoramento,
ma quell'amor che stringe con furore
da la vista de li occhi à nascimento.

Che li occhi rapresentan a lo core
d'onni cosa che veden bono e rio,
com'è formata naturalemente;

e lo cor, che di zo è concepitore,
imagina, e piace quel desio:
e questo amore regna fra la gente.

Una voce di donna: Compiuta Donzella[2]
A la stagion che il mondo foglia e fiora
Il sonetto, di linea elegante e di rara intimità, memorabile per l’incipit folgorante, che delinea una delicata figura di giovane sensibile e romantica, sembra scaturire direttamente dal repertorio popolare dei "contrasti" e delle "malmaritate". Sviluppa, infatti, il lamento di una ragazza che, forzatamente promessa sposa dal padre, in dissonanza tra il bel tempo e il tormento soggettivo, si sente incapace di condividere le gioie primaverili.
L’amore, se è tale, deve procurare gioia e felicità, non smarrimenti, pianto e tristezza.
Grazia espressiva ed originalità confluiscono in questi versi che lamentano la diversità e la dolorosa impotenza della poetessa che, proprio nella stagione festosa della primavera, quando tutti i giovani sono lieti d’innamorarsi, partecipi del risveglio della natura, è invece assalita dalla cupa malinconia.


A la stagion che ‘l mondo foglia e fiora
acresce gioia a tutti fin’amanti,
e vanno insieme a li giardini alora
che gli auscelletti fanno dolzi canti;

la franca gente tutta s’inamora,
e di servir ciascun tragges’inanti,
ed ogni damigella in gioia dimora;
e me, n’abondan marrimenti e pianti.

Ca lo mio padre m’ha messa ‘n errore,
e tenemi sovente in forte doglia:
donar mi vole a mia forza segnore,

ed io di ciò non ho disìo né voglia,
e ‘n gran tormento vivo a tutte l’ore;
però non mi ralegra fior né foglia.


Guido Guinizelli[3]
Vedut’ ho la lucente stella diana,
ch’apare anzi che ’l giorno rend’ albore,
c’ha preso forma di figura umana;
sovr’ ogn’ altra me par che dea splendore:

viso de neve colorato in grana,
occhi lucenti, gai e pien’ d’amore;
non credo che nel mondo sia cristiana
sì piena di biltate e di valore.

Ed io dal suo valor son assalito
con sì fera battaglia di sospiri
ch’avanti a lei de dir non seri’ ardito.

Così conoscess’ ella i miei disiri!
ché, senza dir, de lei seria servito
per la pietà ch’avrebbe de’ martiri.

Guido Cavalcanti[4]
Voi che per li occhi mi passaste 'l core
e destaste la mente che dormia,
guardate a l'angosciosa vita mia,
che sospirando la distrugge Amore.

E vèn tagliando di s' gran valore,
che' deboletti spiriti van via:
riman figura sol en segnoria
e voce alquanta, che parla dolore.

Questa vertù d'amor che m'ha disfatto
da' vostr' occhi gentil' presta si mosse:
un dardo mi gittò dentro dal financo.

Si giunse ritto 'l colpo al primo tratto,
che l'anima tremando si riscosse
veggendo morto 'l cor nel lato manco.

Tanto gentile
da Vita Nova di Dante Alighieri

Tanto gentil e tanto onesta pare
la donna mia quand'ella altrui saluta,
ch'ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l'ardiscon di guardare.

Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d'umilta' vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.

Mostrasi si' piacente a chi la mira,
che da' per li occhi una dolcezza al core,
che 'ntender non la puo' chi no la prova;

e par che de la sua labbia si mova
uno spirito soave pien d'amore,
che va dicendo a l'anima: Sospira.

Erano i capei d’oro
da Il Canzoniere di Francesco Petrarca

Erano i capei d'oro a l'aura sparsi
Che 'n mille dolci nodi gli avolgea,
E 'l vago lume oltra misura ardea
Di quei begli occhi ch'or ne son sì scarsi;
E 'l viso di pietosi color farsi,
Non so se vero o falso, mi parea:
I' che l'esca amorosa al petto avea,
Qual meraviglia se di subito arsi?
Non era l'andar suo cosa mortale
Ma d'angelica forma, e le parole
Sonavan altro che pur voce umana;
Uno spirto celeste, un vivo sole
Fu quel ch'i' vidi, e se non fosse or tale,
Piaga per allentar d'arco non sana.

S’i fossi foco
di Cecco Angiolieri

S'i fosse fuoco, arderei 'l mondo;
s'i fosse vento, lo tempestarei;
s'i fosse acqua, i' l'annegherei;
s'i fosse Dio, mandereil' en profondo;

s'i fosse papa, allor serei giocondo,
ché tutti cristiani imbrigarei;
s'i fosse 'mperator, ben lo farei;
a tutti tagliarei lo capo a tondo.

S'i fosse morte, andarei a mi' padre;
s'i fosse vita, non starei con lui;
similemente faria da mi' madre.

Si fosse Cecco com'i' sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
le zoppe e vecchie lasserei altrui.

Esercizi
1. Svolgi la parafrasi[5] dei testi proposti
2. Individua le figure sintattiche presenti nei testi e, per ogni tipo di figura sintattica, fanne un esempio con la ricostruzione nel linguaggio prosastico, l’analisi logica ed eventualmente l’analisi del periodo.
3. Individua gli scarti linguistici[6] presenti nei testi e per ciascuna tipologia fanne un esempio, classificandolo.
4. Individua tutte le figure retoriche di significato presenti nei testi e per ciascuna fanne un esempio esplicitandone il significato.
5. Trascrivi il primo sonetto, mettendo gli accenti tonici su tutte le parole, tranne su quelle atone, e classificandole in:
· Tronche o ossìtone
· Piane o parossìtone
· sdrucciole o proparossìtone
· Bisdrucciole
· Trisdrucciole
6. Individua e trascrivi tutte le figure fonetiche sillabiche[7] presenti nei testi, classificandole in:
· afèresi
· pròstesi
· apòcope,
· epítesi (o paragòge)
· sìncope
· epèntesi
7. Individua tutte le figure le figure metriche presenti nei testi proposti trascrivile e classificale, indicando se si tratta di
· Dialefe
· Dieresi
· Sinalefe
· Sineresi
8. Individua tutte le rime[8] presenti nei testi proposti e tutte le figure foniche[9], classificando il sistema metrico di ciascun sonetto.
9. Individua il sistema strofico[10] che costituisce i componimenti.
10 Esponi a parole tue il contenuto di ciascun testo proposto, individuane il tema[11] centrale del componimento e come esso esposto, quali sono, se ci sono, i temi secondari e come sono esposti evidenziando i nessi di relazione[12] fra il tema-centrale e gli eventuali temi secondari. Analizza in dettaglio, enunciandone però la trattazione, una situazione[13] o un personaggio[14] o qualche particolare immagine presenti in ciascun brano, spiegandone la relazione con il tema centrale del componimento.
11. Di ogni testo indica se si fa leva principalmente su descrizioni[15], su ragionamenti[16], su emozioni[17], indicando successivamente se l’autore punta ad una particolare precisione ed evidenza delle immagini[18]. Di ogni testo individua qualche immagine particolarmente curata ed illustra come essa è espressa.
12 Inquadramento del testo in un contesto[19]: indica in che epoca è vissuto o vive ciascun autore, in quale ambito culturale o in quale corrente di pensiero si colloca, a quale concezione (religiosa, scientifica, filosofica, letteraria ecc.) si richiami e\o quale si contrappone.
13 Indica come si colloca l'autore nel contesto culturale a lui contemporaneo quali sono le sue idee ha, quale concezione ha della letteratura (poetica) e che fine quale fine le attribuisce. Se si pone in una posizione di continuità o di rottura con la tradizione letteraria (idee e poetica) che lo precede e con la cultura dominante nel suo tempo
12 Valutando gli aspetti extratestuali[20] individua le caratteristiche salienti delle idee e della poetica dell'epoca in cui vive ciascun autore, rintracciabili nei testi, in che cosa aderisce a quella corrente letteraria ed in che cosa eventualmente se ne distacca.
NOTE
[1] Jacopo da Lentini – Jacopo da Lentini, vissuto fra il 1210 e il 1260 circa, fu notaio imperiale di Catania e poeta considerato da molti il caposcuola del cenacolo poetico siciliano fiorito alla corte di Federico II.
Dante lo chiama "'l Notaro" per antonomasia e lo considera l'esponente tipico della poesia di corte.
I versi di Jacopo sono caratterizzati da varietà tematica e abilità espressiva e riescono ad offrire liriche d'amore spontanee e vivaci.
Egli compose poesie in forma dialogata, ma il suo nome rimane legato all'invenzione del sonetto, il componimento poetico di quattordici endecasillabi, che per secoli sarebbe stato ampiamente utilizzato e sviluppato, come una forma metrica quasi classica, dai maggiori poeti lirici europei.
Il "nodo" che trattenne Guittone, Jacopo da Lentini e Bonagiunta Orbicciani al di là del "dolce stile" inaugurato da Dante e dalla sua cerchia di amici, fu proprio la concezione dell'amore come passione e non come virtù od introspezione.
[2] Compiuta Donzella - Compiuta Donzella è un enigma storico, il nome o lo pseudonimo, sotto cui si nasconde una rimatrice fiorentina del Duecento, probabilmente la prima donna che compose poesia d’arte in volgare italiano, della quale ci sono pervenuti solo tre sonetti di gusto trobadorico e giullaresco, due dei quali di una perfezione formale, molto vicina a quella di Petrarca.
Per mancanza di riscontri letterari o biografici, la Compiuta è stata a lungo oggetto di ipotesi spesso romanzesche: Guittone d’Arezzo le indirizza una lettera, che è un panegirico delle sue virtù ed un sonetto di un anonimo allude alla fama di Compiuta come autrice di poesie, in cui un verso così recita che di trobare avete nominanza; il verbo trobar indicava appunto l’attività dei trobadours, i poeti provenzali che intrecciavano parole e musica.
Se riconosciuta era la sua attività, se era pubblicamente esaltata la sua voce, come dimostrano le lodi e i riferimenti, in un’epoca come quella medievale in cui raramente alle donne era concesso esprimersi in letteratura, Compiuta dovette allora essere dotata d’indubbie qualità artistiche.
[3] Guido Guinizelli - Poco sappiamo della sua vita. Nacque a Bologna fra il 1230 e il 1240; fu giurista. Im­pegnato politicamente, militò nella fazione ghibellina. Fu perciò mandato in esilio con gli altri ghibellini bolognesi nel 1274 e in esilio morì nel 1276 a Monselice. La sua poesia lo rivela uomo di ricca cultura, oltre che di gusto raffinato e di vivace fantasia. Dante lo chiama «padre», e lo considera iniziatore della lirica stilnovistica. E in realtà la sua canzone Al cor gentil è una specie di manifesto poetico dello «Stil no­vo». In essa sono proposti i due temi che diventeranno tipici dello Stil novo: il tema della donna-angelo e quello della nobiltà (o gentilezza) da identificarsi con la nobiltà dell’animo.
[4] Guido Cavalcanti - Nacque a Firenze da famiglia nobile fra il 1255 e il 1259. Come il suo amico Dante, fu guelfo di parte bianca, e fu appassionato uomo di fazione, tanto che, per la sua violen­ta partecipazione a scontri con esponenti della fazione avversa, nel 1300 fu mandato in esilio a Sarzana, dove si ammalò di febbri malariche. Morì a Firenze nello stesso anno, 1300, subito dopo essere stato richiamato in patria.
«Primo amico» di Dante, secondo la definizione data da Dante stesso, Guido Cavalcanti fu uomo solitario, di gusti aristocratici e di aristocratica cultura. Le sue riflessioni filosofi-che pare approdassero alla negazione dell’esistenza di Dio. Poeticamente fu la voce più in­tensa e originale del gruppo dello Stil novo.
La sua concezione dell’amore non coincide sempre con quella comune alla maggior parte degli stilnovisti: se a volte l’amore è anche da lui rappresentato come mezzo di elevazione, più frequentemente - e nelle liriche migliori - il Cavalcanti lo sente come una forza distruttiva che sconvolge e devasta la vita dell’uomo.
[5] Parafrasi – La parafrasi indica la trasformazione di un testo scritto nella propria lingua, ma in un registro linguistico distante (sia esso arcaico, elevato o poetico) in prosa nel registro medio e attuale.
Il processo di parafrasi prevede dunque operazioni come:
· la ricostruzione sintattica e delle figure sintattiche,
· la sostituzione degli scarti linguistici (forma linguistica antica, scomparsa o desueta) e degli altri scarti linguistici
· l’esplicitazione delle figure retoriche di significato
· la riscrittura in prosa del testo poetico.
Possono anche essere operati dei chiarimenti di alcuni punti del testo: una buona parafrasi include infatti tutti i dettagli e rende il testo originale più semplice da comprendere. Poiché il testo risultante è normalmente più ampio del testo di partenza, quest’operazione si oppone a quella del riassunto.
Come necessario effetto collaterale della parafrasi, il profondo rapporto tra significante e significato, tipico della comunicazione letteraria e fulcro dei testi poetici finisce normalmente sacrificato.
[6] Scarti linguistici – Si definisce scarto linguistico una trasgressione, un’infrazione ad una norma linguistica di uso comune.
Essi si distinguono in:
· Arcaismo – Forma grammaticale, parola o espressione di una fase linguistica anteriore sopravvivente nell’uso, di solito per fini stilistici.
· Barbarismo – Il fenomeno dell’uso di termini stranieri.
· Classicismo – L’insieme dei caratteri stilistici e dei concetti teorici che sono stati ricavati dall’antichità classica e rielaborati formandone un canone proposto come modello supremo per ogni produzione artistica e letteraria.
· Dialettalismo – Vocabolo o espressione di origine dialettale
· Neologismo – Parola o locuzione nuova, o anche nuova accezione di una parola già esistente, entrata da poco tempo a far parte del lessico di una lingua.
Tecnicismo - Parola o locuzione che fa parte di un linguaggio tecnico.
[7] Figure fonetiche sillabiche – Alcuni fenomeni fonetici, pur non essendo delle vere e proprie figure metriche come la dieresi, la sineresi, la dialefe e la sinalefe, possono avere una rilevanza metrica cioè possono essere utilizzate per ottenere l’esatta misura del verso.
Esse sono:
· afèresi
· pròstesi
· apòcope,
· epítesi (o paragòge).
· sìncope
· epèntesi

[8] Rima - La rima è l’omofonia, ossia l’identità dei suoni, tra due o più parole a partire dall’ultima vocale accentata, e si verifica per lo più tra le clausole dei versi di un componimento (altrimenti, essa si definisce rima interna).
Nell’analisi metrica, i versi che rimano tra loro sono indicati mediante la stessa lettera.
A seconda del loro schemi rimico, le rime si distinguono in:
· Baciata
· Alternata
· Incrociata
· Incatenata:
· Ipermetra
[9] Figure foniche – Oltre alla rima acquistano grande valore le cosiddette figure foniche che riguardano la ripetizione o il parallelismo dei suoni.
Le figure fonetiche sono:
· Allitterazione
· Assonanza
· Consonanza
· Onomatopea
· Paronomasia
· Enjambement
[10] Strofa - La strofa o strofe è l’insieme di più versi, di numero e di tipo fisso o variabile, organizzati secondo uno schema e formanti un periodo ritmico, seguito da una pausa in genere ripetuto più volte.
Per poter definire i vari tipi di strofe occorre prendere in considerazione sia la successione delle rime sia il numero dei versi. La strofa può quindi essere considerata un sistema ritmico, stabilito dalla combinazione delle rime e dalla struttura metrica dei versi che la compongono. Le combinazioni strofiche possono essere infinite perché esse, pur essendo legate a regole fisse di decodificazione del testo poetico, sono riferibili anche alla capacità di innovazione e alla libertà del poeta.
La strofa è sinonimo di stanza ed i generi metrici, a seconda del numero dei versi,sono dette:
distico
terzina
quartina
sestina
ottava
La strofa può quindi essere considerata un sistema ritmico che è stabilito dalla combinazione delle rime e dalla struttura metrica dei versi che la compongono. Le combinazioni strofiche possono essere infinite. Esse sono legate a regole fisse di decodificazione del testo poetico ma anche alla capacità di innovazione e alla libertà del poeta, tant’è con la rivoluzione si diffuse l’uso della strofa libera.
[11] Il tema è l’argomento di cui si parla, è l'ipotesi di lettura che il lettore fa sull'argomento di un testo. Un testo ha generalmente non solo un tema generale o argomento principale di cui tratta, ma anche dei temi o argomenti secondari, particolari, che si collegano al tema generale.
[12] I nessi di relazione individuano la coerenza del testo cioè la concordanza di significato fra le parti che lo compongono.
[13] La situazione è un complesso di rapporti che legano l'individuo all'ambiente storico-sociale, condizionando e limitando le sue scelte e azioni.
[14] Il personaggio è una persona che agisce in un'opera letteraria, poetica narrativa e teatrale, che assume nel testo un ruolo fondamentale. Gli eventi, concreti o interiori che siano, inevitabilmente coinvolgono uno o più personaggi, siano essi figure umane o, come succede nella poesia o nelle favole, animali o oggetti cui sono attribuite caratteristiche umane. Il personaggio, come soggetto e oggetto delle azioni ed in relazione con tutti gli altri personaggi, riveste un ruolo, una funzione. Il personaggio è spesso il veicolo dei valori comunicati da un autore e le modalità della sua presentazione, il linguaggio con cui il narratore lo fa esprimere rispondono ai modelli e agli interessi dell'epoca in cui il testo è stato prodotto.
[15] La descrizione è una rappresentazione con parole di un oggetto, di una persona, di un evento, indicandone le caratteristiche e gli aspetti che possono darne un'immagine efficace e chiara al destinatario. Descrivere è uno dei modi più comuni per far conoscere qualcosa a qualcuno, cioè per informare; per questo la descrizione è utilizzata quando è necessario per creare l'immagine di un oggetto, di una persona o di un animale, fornendo tutti gli elementi che lo compongono o i particolari che lo caratterizzano, in modo che chi legge o ascolta se ne faccia un'immagine il più possibile precisa. Lo scopo fondamentale di ogni descrizione è informare, ma una descrizione può essere usata a scopo persuasivo cioè per indurre il destinatario a valutare positivamente o negativamente l'oggetto descritto, oppure a scopo espressivo, cioè per esprimere, attraverso la descrizione, emozioni, sentimenti, stati d'animo ecc. Mentre le descrizioni informative devono far conoscere l'oggetto in questione in modo fedele, chiaro e completo, impersonale, senza esprimere alcuna opinione o impressione personale e senza alcuna partecipazione emotiva, le descrizioni persuasive o espressive rappresentano l'oggetto della descrizione in modo personale, dando risalto solo ad alcune caratteristiche, facendo trasparire giudizi mediante l'uso di aggettivi che danno un'immagine positiva o negativa dell'oggetto di descrizione, trasmettendo emozioni attraverso un uso particolare del linguaggio che ricorre frequentemente a espressioni figurate e a paragoni.
[16] Il ragionamento è un'operazione della mente per cui, partendo da alcuni giudizi noti, assunti come premesse, se ne scoprono i reciproci legami e si giunge a una conclusione. Il ragionamento, quindi, è un discorso logicamente condotto in cui chi parla o scrive, attraverso argomentazione (insieme di argomenti con cui si dimostra o si confuta una tesi) e dimostrazione (argomentazione deduttiva per provare la verità di una proposizione sulla base di premesse già accettate come vere), presenta una propria opinione - o tesi - e la sostiene proponendo le ragioni a favore e confutando le opinioni contrarie, allo scopo di convincere della validità di quanto dice.
[17] L'emozione è un intenso moto, un impulso (sentimentale o intellettuale) affettivo di durata relativamente breve (relativo alla sfera dei sentimenti e delle emozioni), piacevole o penoso, accompagnato per lo più da modificazioni fisiologiche e psichiche (pallore o rossore, reazioni motorie ed espressive ecc.) dovuto a forte impressione (a differenza di commozione che ha significato affine, implica o sottintende uno stato di eccitazione interiore); nell'uso corrente, l'emozione è un'impressione viva, un turbamento determinati da approvazione, sorpresa, paura, dispiacere, disgusto, aspettativa, rabbia, gioia. Il concetto di emozione si distingue da quello di sentimento, meno intenso e più durevole che da una particolare tonalità affettiva alle nostre sensazioni, rappresentazioni, idee. Secondo questa definizione, mentre l'emozione è involontaria, il sentimento è, come il pensiero, una funzione razionale. All'origine dell'emozione non vi è uno stato interno dell'organismo, ma una percezione di quanto avviene a livello periferico.
[18] L'immagine è il prodotto di un'attività del pensiero, l'immaginazione, che possiede i caratteri di percezione strutturata di qualcosa di esterno all'individuo e, pur accompagnandosi alla coscienza, costituisce un'autoproduzione. Se le immagini riprodotte appaiono particolarmente precise e rappresentative nelle forme sono dette icastiche: con questo termine si intende la particolare efficacia con cui un'immagine viene resa.
[19] Contesto – I concetti di contesto e di contestualizzazione sono alquanto complessi.
Una buona contestualizzazione deve attenersi strettamente ai dati oggettivi, dedotti attraverso l'analisi testuale. Bisogna, in primo luogo, dare significato ai dati formali e oggettivi rilevati: aspetti linguistici, aspetti strutturali in generale, aspetti metrici, sintattici, narratologici, ecc., in caso di testo letterario, agli aspetti ragionativi in caso di testo non letterario. Questi dati rivelano la loro vera funzione e il loro profondo significato solo quando si dimostra la loro relazione con l'universo umano, sentimentale, ideologico dello scrittore, o con la temperie culturale e sociale di un'epoca. Tale messa in relazione solo in certi casi è operazione semplice: il più delle volte implica diversi passaggi fondamentali: dall’intratesto all’intertesto e dall'intertesto all’extratesto.
[20] Extraresto – L’extratesto è la collocazione dell’opera nel proprio contesto culturale (concezione filosofiche, politiche, religiose di un’epoca) e storico-sociali (avvenimenti storici, struttura della società, ecc.) e comprende condizioni e nozioni di interesse extraletterario, nonché la letteratura critica sul testo e sull'autore presi in considerazione.
Lo scopo è di attribuire al testo e allo scrittore in causa la sua relazione attraverso il rilevamento di costanti e di variabili con il contesto extraletterario dell’opera.
la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la 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Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la 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Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la poesia del Medioevo di Massimo Capuozzo la 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domenica 21 febbraio 2010

Il distacco del poeta: Eugenio Montale ed Ossi di Seppia di Massimo Capuozzo

I limoni da Ossi di seppia[1]
All’inizio degli Ossi di seppia, questa poesia costituisce nel contenuto, nel linguaggio e nei modi stilisticiche lo sottendono, la prima messa a punto di una poetica “in fieri”, con caratteri già ben delineati. In questo senso la polemica contro i poeti laureati, con quella sua ambivalenza di toni e di concetti tra l’uso compiaciuto di una terminologia rara e preziosa e il rifiuto di una simile maniera di poetare, si presenta con il doppio valore di scelta letteraria e di indicazione biografica precisa.
Nel rifiutare la predilezione dei luoghi comuni della poesia aulica è contenuto il rifiuto di ogni aulicità.
Così anche i residui crepuscolari e dannunziani ancora avvertibili nel linguaggio (nel profumo che dilaga / quando il giorno più languisce, rami amici, dolcezza inquieta) sono poi riscattati e capovolti nella ricerca di una verità, di una dimensione umana nuova che penetri il segreto delle cose e liberi l’individuo dall’oppressione e dal soffocamento che lo minacciano nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.


Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni
,discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.
Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall’azzurro:
più chiaro si ascolta il sussurro
dei rami amici nell’aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest’odoreche non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioniper miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed é l’odore dei limoni.
Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s’abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspettadi scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l’ anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità
Lo sguardo fruga d’ intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno più languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità
Ma l’ illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rumorose dove l’ azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s’ affolta
il tedio dell’ inverno sulle case,
la luce si fa avara - amara l’ anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corteci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d’ oro della solarità.

Meriggiare pallido e assorto
Nata nel 1916, questa poesia appartiene cronologicamente alla preistoria di Montale, pur contenendo già in sé tutti gli elementi della maturità del poeta: dal paesaggio basato sulla precisa osservazione degli aspetti naturali e sulla ricezione dei suoni, alla lingua che gioca sull’intreccio delle assonanze e sull’onomatopea, alla precisa allusività dei simboli. Si delinea così l’ambiente arido dell’uomo, fatto sguardo stupito e pietrificato. Ma la petrosìtà, appunto, non è tanto una questione di contenuto, la petrosità è piuttosto un fatto di stile, di fulminea ed essenziale sintassi, quell”arte di incidere le parole come pietre dure, secondo ha suggerito qualcuno”

Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’ orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ ora si rompono ed ora s’ intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’ é tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

Spesso il male di vivere ho incontrato
Questo testo può essere indicato come esemplare della poetica montaliana del correlativo oggettivo, cioè del rapporto che la parola stabilisce con gli oggetti da essa nominati.
Il primo verso introduce, con un’espressione divenuta proverbiale (“male di vivere”), il male connaturato alla vita, secondo una concezione d’ascendenza leopardiana. Il movimento va dal soggetto alla realtà, dall’astratto al concreto: il poeta usa infatti un verbo (“ho incontrato”) che materializza il concetto, personificandolo, cioè presentandolo quasi come una presenza reale e fisicamente tangibile.
Nella seconda quartina, in opposizione al “male di vivere” che si manifesta negli aspetti più comuni della natura, Montale afferma (ma senza condividere tale soluzione) che l’unico “bene” per l’uomo consiste nell’atteggiamento di “indifferenza” per tutto ciò che è segnato dal male e dal dolore. E tale “indifferenza” è detta “divina” perché è propria della divinità nella concezione stoica. l’apatheia, l’apatia, è propriamente l’indifferenza e addirittura il disprezzo delle emozioni, il distacco dal mondo. Perciò essa “schiude” (cioè permette, procura) il “prodigio” (il miracolo) dell’unico “bene” concesso all’uomo.
Diverse, nelle tre immagini, sono le modalità dell’”indifferenza”, in cui parrebbe (ma senz’altro no per Montale) consistere l’unico scampo al “male di vivere”: la statua si caratterizza per la sua fredda, marmorea insensibilità; la nuvola e il falco perché si levano alti al di sopra della miseria del mondo.


Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi; fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

Non chiederci la parola
È senza dubbio una delle poesie più celebri di Montale. Si tratta del testo - scritto nel 1923 - che apre Ossi di seppia, e contiene alcune idee essenziali per capire la concezione della poesia e del ruolo del poeta secondo Montale.
L’autore si rivolge direttamente al lettore - o meglio, a quel lettore che esige dai poeti verità assolute e definitive - invitandolo a non chiedergli alcuna rivelazione, né su stesso né sull’uomo in genere, e nemmeno sul significato del mondo e della vita. Egli infatti, a differenza dell’uomo “che se ne va sicuro” perché ignaro ed insieme incurante del senso della propria esistenza, non ha alcuna “formula” risolutiva, ma solo dubbi e incertezze, o al più una conoscenza fondata sul contrasto: l’ultimo verso, infatti, è divenuto proverbiale e viene spesso citato da chi rifiuta di presentarsi come depositario di facili verità.


Non chiederci la parola che squadri da ogni lato l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco lo dichiari e risplenda come un croco perduto in mezzo a un polveroso prato. Ah l’uomo che se ne va sicuro, agli altri ed a se stesso amico, e l’ombra sua non cura che la canicola stampa sopra uno scalcinato muro! Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
NOTE
[1] Ossi di seppia - Nel 1925, in un momento carico di minacciosi eventi storici, in un mondo che pare sul punto di sgretolarsi e dissolversi, Montale firma il manifesto antifascista di Croce e pubblica il suo primo libro Ossi di seppia.
Diversamente da quanto accade nell'opera di altri scrittori deboli tracce rimangono della storia, della guerra, nella sua lirica. Pur senza estraniarsi dal suo tempo, Montale vuole che argomento della sua poesia sia «la condizione umana in sé considerata». E materia della sua ispirazione diviene la disarmonia che l'uomo sente con la realtà naturale e storica che lo circonda.
In piena sintonia con la voce, disorientata ed angosciata dall'inettitudine della vita, della moderna cultura italiana ed europea (da Svevo a Pirandello), la sua poesia tenta di rompere «la campana di vetro» sotto cui vive il mondo, di spezzare quell'ingannevole schermo di apparenza che quotidianamente nasconde la realtà e di entrare in rapporto con l'essenza delle cose.
In questa raccolta, il poeta si immerge nell'aspro e brullo paesaggio ligure, sentito come specchio dell'accartocciata e strozzata condizione umana, e con perplessa e «triste meraviglia», ignorando l'eroica e disperata rivolta di Leopardi, critica, corrode, ma soprattutto interroga «il male di vivere» facendo parlare gli oggetti, non più le parole.
Montale, diversamente da Ungaretti e dagli ermetici, non ricerca una parola pura e naturale e non cerca di estrarre dal linguaggio misteri e segreti nuovi; ma accostandosi alla poetica del «correlativo oggettivo», cattura gli oggetti banali, quotidiani, usuali, e li trasforma non in simboli che rimandano a qualcosa d'altro, ma in emblematici equivalenti di un'emozione, di un'intuizione, di una condizione.
La poesia per Montale, infatti, «nasce dal cozzo della ragione contro qualcosa che non è ragione». Così, in Ossi di seppia, a ogni passo lo sguardo del poeta «fruga d'intorno» ricercando nella realtà concreta, opaca e amara, immobile e fissa, «in questo seguitare una muraglia / che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia» che è la vita, «uno sbaglio di Natura, /… l'anello che non tiene, / il filo da disbrogliare che finalmente ci metta / nel mezzo di una verità». Qualunque cosa, la più assurda imprevista e banale, il profumo dei limoni, un volto che appare all'improvviso in uno specchio d'acqua, può miracolosamente far «balzar fuori» il segreto ultimo, più autentico e profondo dell'esistenza.
Montale, tuttavia, pienamente consapevole dei limiti storici e morali della civiltà contemporanea, dopo il crollo di tutte le verità e certezze positive, sente di appartenere alla «razza di chi rimane a terra». Rifiuta, quindi, la poesia trionfalistica e celebrativa dei «poeti laureati» Carducci e D'Annunzio, e ogni facile ottimismo consolatorio. Torcendo il collo all'eloquenza, attraverso un linguaggio in cui l'aulico cozza con il prosastico, Montale offre al lettore come unico messaggio: «ciò che non siamo, ciò che non vogliamo».
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