martedì 18 gennaio 2011

L'amore e la donna nella lirica basso Medievale di Massimo Capuozzo

L’amore e la donna nella lirica bassomendievale – Nelle corti feudali della Provenza, nel Sud della Francia, tra l’XI e il XII secolo, nacque una produzione poetica molto omogenea, sia per i caratteri for­mali (tipi di versi e di strofe, uso della rima, ecc.) sia per i temi. Era una poesia scritta in lingua d’oc e profondamente legata all’ambiente della corte dove trovava il pubblico, gli argomenti e le ragioni della sua origine.

Questa poesia cortese, appunto da corte, era espressione di una nuova domanda di letteratura che doveva intrattenere ed insieme dare prestigio ai membri e allo stile di vita della corte. L’abbandono della lingua latina e la scelta di temi laici, in particolare di quello amoroso, sono novità che segnalano l’affiorare dell’i­dea che la letteratura può avere un va­lore in sé, slegato dalle finalità religiose e morali e che l’attività poetica può semplicemente ricercare la bellezza e il piacere di chi la ascolta.

La figura del trovatore, il poeta (da trobàr che in provenzale significa poetare), è parte inte­grante della corte: molti sono aristocratici e feudatari come Guglielmo IX d’Aquitania, altri sono di umili origini, ma la loro attività poeti­ca li elevava socialmente e spesso procura riconoscimenti o incarichi che davano loro dignità e ricchezza.

La maggior parte dei testi dei trovatori esprime un’originale concezione dell’amore che va sotto il nome di amor cortese: questo termine riassume un ideale di vi­ta esclusivo dell’ambiente della corte.

I protagonisti di questo particolare rapporto amoroso possono essere soltan­to la dama di corte (madonna) e il poeta (amante) che è tenuto ad un atteggiamento di cortesia rivolto alla dama che è di totale ubbidienza, vassallaggio, desiderio ed omaggio.

L’amor cortese fu teorizzato ed esaminato in un trattato assai famoso a quel tempo, il De amore (Sull’amore) di Andrea Cappellano, che dettò le regole di comportamento e definì anche le situazioni sentimentali degne di un vero cavaliere:

· la gioia per il favore accordato da madonna;

· l’affinamento dei valori della cortesia per rendersi degni dell’amore;

· la tensione del de­siderio amoroso.

Tutto questo costituiva un vero e proprio codice di comportamento (probabilmente poco rispettato nelle concrete esperienze di vita) che valeva per la poesia. Possiamo dire che la lirica cortese compì una mediazione tra il sentimento d’amore e la sua trasfigurazione intellettuale at­traverso un linguaggio letterario assai raffinato e seleziona­to, basato su alcune parole-chiave e sull’esclusione dei termini non eleganti; la lingua dei trovatori si presenta come un codice lirico, una lingua con regole assai rigide e distante da quella parlata.

In Italia fra XIII e XIV secolo giunge a un altissimo grado di elaborazione, dando vita al nucleo iniziale della tradizione letteraria europea e italiana.

La poesia dei trovatori nata nelle corti della Francia meridionale fu largamente conosciuta in Italia dove, nelle corti del Nord, continuarono a poetare in lingua d’oc una quarantina di trovatori che erano sfuggiti alla crociata contro gli Albigesi (1208).

Amore di terre lontane

di Jaufré Rudel[1]

  • È questa la lirica più famosa di Jaufré Rudel sull’amore lontano, che alcuni critici intendono rivolto ad una principessa di Tripoli o ad Eleonora d’Aquitania, altri alla Vergine Maria o alla Terra Santa.
  • Nella canzone viene affrontato il tema prediletto da Jaufré Rudel, quello dell’amore lontano a cui si assomma quello dell’amore non ricambiato.
  • Dal punto di vista formale è da osservare la costante ripetizione della parola-chiave «lontano» alla fine del secondo e del quarto verso di ogni strofa, nonché la ripetizione nel congedo delle tre parole presenti alla fine della strofa precedente: «negato», «padrino», «amato». Altri artifici formali vanno perduti nella traduzione.
  • Nel testo sono presenti anche alcuni stilemi tipici della lirica provenzale: il termine «gioia» (vv. 8, 22, 45), l’espressione «mi piace» (vv. 2, 24, 45) che rimanda alla tecnica del plazer (componimento consistente nell’elencazione delle cose che piacciono).
  • Anche il periodo dell’anno nel quale è ambientata la lirica, «maggio», è quello caro alla produzione cortese, ma qui, contrariamente alle convenzioni più diffuse, esso non porta la felicità al poeta, che è lontano dalla donna amata. L’amore del poeta per la donna è qui più che altro desiderio, vagheggiamento, ricordo di un’esperienza felice, sogno che possa nuovamente realizzarsi.
  • La condizione del poeta rispetto alla donna è quella tipica di vassallaggio, espressa in tante altre liriche cortesi: il poeta vorrebbe essere «schiavo» (v. 14) della donna dal «pregio... verace e perfetto» (v. 12) e trarre «conforto» (v. 28) di «belle parole» (v. 28) dai «cortesi conversari» (v. 26), situazione caratteristica della raffinata vita di corte.
  • Nonostante le difficoltà per raggiungere l’obiettivo, il poeta si affida a Dio (vv. 21, 29, 36) certo del suo aiuto, anche se non può esimersi dal maledire il destino così crudele nei suoi confronti (vv. 47 e ss.).
  • Per quanto riguarda il significato dell’«amore di lontano», tenendo presenti le varie ipotesi che sono state formulate su di esso (donna aristocratica, la Vergine, la Terra Santa) appare evidente che esso comunque allude ad una situazione di lontananza, di irraggiungibilità dell’oggetto amato sia sul piano dei rapporti sociali (il poeta è socialmente inferiore alla donna amata), sia su quello religioso (la perfezione della Vergine la rende non raggiungibile per il fedele), sia su quello storico (le Crociate tentavano proprio di conquistare la Terra Santa, annullandone la distanza dal mondo cristiano). Come afferma Aurelio Roncaglia, la lontananza geografica sarebbe allora «metafora di una distanza morale».
  • Il tema dell’«amore di lontano» ebbe fortuna letteraria nell’Ottocento e fu ripreso da Carducci e da Heine.
  • Metro: canzone di sette strofe più il congedo.

Quando son lunghe le giornate, a maggio,

mi piace dolce canto d’uccelli di lontano,

e quando me ne sono dipartito[2]

mi rimembro[3] un amore di lontano.

Vado crucciato[4] in cuore ed avvilito,

sì che canto né fior di biancospino

m’aggrada[5] più dell’inverno gelato.

Giammai d’amore non prenderò gioia

se non di quest’amore di lontano,

ché più bella non so, né più valente[6],

in nessun luogo, vicino o lontano.

Tanto suo pregio[7] è verace e perfetto

che laggiù, nel reame dei Saraceni,

io bramerei, per lei, essere schiavo.

Triste e gioioso me ne partirò,

se vederlo[8] mai possa, l’amore di lontano,

ma non so quando alfine lo vedrò,

ché[9] i nostri paesi son troppo lontano:

lungo è il viaggio, per terra e per mare,

e non posso perciò far previsioni;

ma così sia tutto come Dio vuole.

Ben conoscerò gioia, quando le chiederò

per amore di Dio l’ospizio[10] di lontano,

e se a lei piace, sarò ospitato

vicino a lei, benché sia di lontano.

Allora si parranno i cortesi conversari[11],

quando amante lontano sarà così vicino

che di belle parole godrà conforto.

Ben tengo per verace il Signore

per cui vedrò l’amore di lontano[12];

ma per un bene che me ne tocca[13],

soffro due mali[14], tanto m’è lontano.

Ah! foss’io là pellegrino,

sì che il mio bordone e il mio saio[15]

fossero mirati dai suoi occhi belli.

Dio che tutto creò quanto viene e va[16]

e formò questo amore di lontano,

mi dia potere come io ne ho volere[17]

che veda questo amore di lontano,

per davvero, e così intimamente

che la camera e il giardino

abbiano sempre a sembrarmi una reggia[18].

Dice il vero chi ghiotto mi chiama

e bramoso d’amore di lontano:

niun’altra gioia tanto mi piace,

come gioire d’amore di lontano.

Ma ciò che vorrei m’è negato,

ché tal sorte gettò su me il mio padrino[19]:

ch’io amassi senz’essere amato.

Ma ciò che vorrei m’è negato.

Maledetto sia sempre il padrino

che mi gettò la sorte di non essere amato.

Amore desiderio che viene dal cuore

di Iacopo da Lentini[20]

Amor è un desio che ven da core
per abondanza di gran piacimento;
e li occhi in prima generan l'amore
e lo core li dà nutricamento.

Ben è alcuna fiata om amatore
senza vedere so 'namoramento,
ma quell'amor che stringe con furore
da la vista de li occhi à nascimento.

Che li occhi rapresentan a lo core
d'onni cosa che veden bono e rio,
com'è formata naturalemente;

e lo cor, che di zo è concepitore,
imagina, e piace quel desio:
e questo amore regna fra la gente.

Una voce di donna: Compiuta Donzella[21]

A la stagion che il mondo foglia e fiora

  • Il sonetto, di linea elegante e di rara intimità, memorabile per l’incipit folgorante, che delinea una delicata figura di giovane sensibile e romantica, sembra scaturire direttamente dal repertorio popolare dei "contrasti" e delle "malmaritate". Sviluppa, infatti, il lamento di una ragazza che, forzatamente promessa sposa dal padre, in dissonanza tra il bel tempo e il tormento soggettivo, si sente incapace di condividere le gioie primaverili.
  • L’amore, se è tale, deve procurare gioia e felicità, non smarrimenti, pianto e tristezza.
  • Grazia espressiva ed originalità confluiscono in questi versi che lamentano la diversità e la dolorosa impotenza della poetessa che, proprio nella stagione festosa della primavera, quando tutti i giovani sono lieti d’innamorarsi, partecipi del risveglio della natura, è invece assalita dalla cupa malinconia.

A la stagion che ‘l mondo foglia e fiora

acresce gioia a tutti fin’amanti,

e vanno insieme a li giardini alora

che gli auscelletti fanno dolzi canti;

la franca gente tutta s’inamora,

e di servir ciascun tragges’inanti,

ed ogni damigella in gioia dimora;

e me, n’abondan marrimenti e pianti.

Ca lo mio padre m’ha messa ‘n errore,

e tenemi sovente in forte doglia:

donar mi vole a mia forza segnore,

ed io di ciò non ho disìo né voglia,

e ‘n gran tormento vivo a tutte l’ore;

però non mi ralegra fior né foglia.

Guido Guinizelli[22]

Vedut’ ho la lucente stella diana,
ch’apare anzi che ’l giorno rend’ albore,
c’ha preso forma di figura umana;

sovr’ ogn’ altra me par che dea splendore:

viso de neve colorato in grana,
occhi lucenti, gai e pien’ d’amore;
non credo che nel mondo sia cristiana
sì piena di biltate e di valore.

Ed io dal suo valor son assalito
con sì fera battaglia di sospiri
ch’avanti a lei de dir non seri’ ardito.

Così conoscess’ ella i miei disiri!
ché, senza dir, de lei seria servito
per la pietà ch’avrebbe de’ martiri.

Guido Cavalcanti[23]

Voi che per li occhi mi passaste 'l core

e destaste la mente che dormia,

guardate a l'angosciosa vita mia,

che sospirando la distrugge Amore.

E vèn tagliando di s' gran valore,

che' deboletti spiriti van via:

riman figura sol en segnoria

e voce alquanta, che parla dolore.

Questa vertù d'amor che m'ha disfatto

da' vostr' occhi gentil' presta si mosse:

un dardo mi gittò dentro dal financo.

Si giunse ritto 'l colpo al primo tratto,

che l'anima tremando si riscosse

veggendo morto 'l cor nel lato manco.

Tanto gentile

da Vita Nova di Dante Alighieri

Tanto gentil e tanto onesta pare

la donna mia quand'ella altrui saluta,

ch'ogne lingua deven tremando muta,

e li occhi no l'ardiscon di guardare.

Ella si va, sentendosi laudare,

benignamente d'umilta' vestuta;

e par che sia una cosa venuta

da cielo in terra a miracol mostrare.

Mostrasi si' piacente a chi la mira,

che da' per li occhi una dolcezza al core,

che 'ntender non la puo' chi no la prova;

e par che de la sua labbia si mova

uno spirito soave pien d'amore,

che va dicendo a l'anima: Sospira.

Erano i capei d’oro

da Il Canzoniere di Francesco Petrarca

Erano i capei d'oro a l'aura sparsi
Che 'n mille dolci nodi gli avolgea,
E 'l vago lume oltra misura ardea
Di quei begli occhi ch'or ne son sì scarsi;

E 'l viso di pietosi color farsi,
Non so se vero o falso, mi parea:
I' che l'esca amorosa al petto avea,
Qual meraviglia se di subito arsi?

Non era l'andar suo cosa mortale
Ma d'angelica forma, e le parole
Sonavan altro che pur voce umana;

Uno spirto celeste, un vivo sole
Fu quel ch'i' vidi, e se non fosse or tale,
Piaga per allentar d'arco non sana.

S’i fossi foco

di Cecco Angiolieri

S'i fosse fuoco, arderei 'l mondo;
s'i fosse vento, lo tempestarei;
s'i fosse acqua, i' l'annegherei;
s'i fosse Dio, mandereil' en profondo;

s'i fosse papa, allor serei giocondo,
ché tutti cristiani imbrigarei;
s'i fosse 'mperator, ben lo farei;
a tutti tagliarei lo capo a tondo.

S'i fosse morte, andarei a mi' padre;
s'i fosse vita, non starei con lui;
similemente faria da mi' madre.

Si fosse Cecco com'i' sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
le zoppe e vecchie lasserei altrui.

Esercizi

1. Svolgi la parafrasi[24] dei testi proposti

2. Individua le figure sintattiche presenti nei testi e, per ogni tipo di figura sintattica, fanne un esempio con la ricostruzione nel linguaggio prosastico, l’analisi logica ed eventualmente l’analisi del periodo.

3. Individua gli scarti linguistici[25] presenti nei testi e per ciascuna tipologia fanne un esempio, classificandolo.

4. Individua tutte le figure retoriche di significato presenti nei testi e per ciascuna fanne un esempio esplicitandone il significato.

5. Trascrivi il primo sonetto, mettendo gli accenti tonici su tutte le parole, tranne su quelle atone, e classificandole in:

· Tronche o ossìtone

· Piane o parossìtone

· sdrucciole o proparossìtone

· Bisdrucciole

· Trisdrucciole

6. Individua e trascrivi tutte le figure fonetiche sillabiche[26] presenti nei testi, classificandole in:

· afèresi

· pròstesi

· apòcope,

· epítesi (o paragòge)

· sìncope

· epèntesi

7. Individua tutte le figure le figure metriche presenti nei testi proposti trascrivile e classificale, indicando se si tratta di

· Dialefe

· Dieresi

· Sinalefe

· Sineresi

8. Individua tutte le rime[27] presenti nei testi proposti e tutte le figure foniche[28], classificando il sistema metrico di ciascun sonetto.

9. Individua il sistema strofico[29] che costituisce i componimenti.

10 Esponi a parole tue il contenuto di ciascun testo proposto, individuane il tema[30] centrale del componimento e come esso esposto, quali sono, se ci sono, i temi secondari e come sono esposti evidenziando i nessi di relazione[31] fra il tema-centrale e gli eventuali temi secondari. Analizza in dettaglio, enunciandone però la trattazione, una situazione[32] o un personaggio[33] o qualche particolare immagine presenti in ciascun brano, spiegandone la relazione con il tema centrale del componimento.

11. Di ogni testo indica se si fa leva principalmente su descrizioni[34], su ragionamenti[35], su emozioni[36], indicando successivamente se l’autore punta ad una particolare precisione ed evidenza delle immagini[37]. Di ogni testo individua qualche immagine particolarmente curata ed illustra come essa è espressa.

12 Inquadramento del testo in un contesto[38]: indica in che epoca è vissuto o vive ciascun autore, in quale ambito culturale o in quale corrente di pensiero si colloca, a quale concezione (religiosa, scientifica, filosofica, letteraria ecc.) si richiami e\o quale si contrappone.

13 Indica come si colloca l'autore nel contesto culturale a lui contemporaneo quali sono le sue idee ha, quale concezione ha della letteratura (poetica) e che fine quale fine le attribuisce. Se si pone in una posizione di continuità o di rottura con la tradizione letteraria (idee e poetica) che lo precede e con la cultura dominante nel suo tempo

12 Valutando gli aspetti extratestuali[39] individua le caratteristiche salienti delle idee e della poetica dell'epoca in cui vive ciascun autore, rintracciabili nei testi, in che cosa aderisce a quella corrente letteraria ed in che cosa eventualmente se ne distacca.



[1] Jaufré Rudel – Di Jaufré Rudel, principe di Blaia (1125 – 1148), poeta e trovatore provenzale, la sua immagine biografica è profondamente contaminata da un frammento che descrive il suo amore per la contessa di Tripoli della quale avrebbe sentito parlare da alcuni pellegrini di Antiochia, senza averla mai vista.

Originario della Saintonge, della sua vita è certo che abbia partecipato alla seconda crociata.

Le notizie biografiche sui trovatori si conoscono grazie a dei sintetici frammenti scritti in provenzale chiamati “Vidas”. La “vida” di Jaufre, unita alla sua produzione di appena 6 liriche, lo consegna alla leggenda. Le sue poesie parlano del suo famoso amore di lontano. La tradizione vuole infatti che il poeta si sia innamorato di una donna senza averla mai vista, Melisenda, figlia del conte Raimondo I e che per lei abbia scritto le sue opere. Sempre per lei, per incontrarla, partecipò alla seconda Crociata, ma si ammalò durante il viaggio.

Sempre secondo la tradizione sarebbe morto sulla spiaggia di Tripoli nelle braccia della contessa che tanto aveva amato, avvertita dell'arrivo del poeta morente. Ella lo avrebbe fatto seppellire con grandi onori in una cappella, e tanto sarebbe stata colpita da questo amore così puro e allo stesso tempo infelice da farsi monaca.

Non si sa se il biografo di Jaufre si sia attenuto alla verità storica dei fatti, ma certo è che il personaggio è passato alla leggenda con queste caratteristiche. Essendo inoltre i suoi testi molto brevi, e con un lessico semplice, è facile trovare interpretazioni a più livelli, e questo certo ha contribuito a creare il grande fascino di questo personaggio.

[2] me ne sono dipartito: sono partito, mi sono allontanato.

[3] mi rimembro: mi ricordo.

[4] crucciato: triste, preoccupato.

[5] m’aggrada: mi piace.

[6] valente: dotata di buone qualità.

[7] pregio: fama, stima, onore che caratterizzano la donna ricca di virtù.

[8] se vederlo: possa io vederlo; se con valore desiderativo.

[9] ché: poiché.

[10] l’ospizio: l’ospitalità.

[11] si parranno i cortesi conversari: avverranno delle cortesi conversazioni ovvero discorsi che rimandano al clima elegante e raffinato della corte.

[12] Ben tengo ... di lontano: sono certo che Dio, che ha provocato in me quest’amore, manterrà la promessa e mi farà raggiungere la donna amata.

[13] me ne tocca: mi capita.

[14] due mali: la lontananza e l’amore non corrisposto.

[15] il mio bordone e il mio saio: il mio bastone da viandante e l’abito modesto tipico dei frati.

[16] quanto viene e va: ciò che si muove nel mondo.

[17] come io ne ho volere: come io desidero.

[18] intimamente ... reggia: così intimamente che i luoghi in cui sarò con la donna, la camera e il giardino, mi sembreranno una reggia.

[19] sorte ... padrino: davanti al fonte battesimale il padrino formula auguri per il battezzato.

[20] Jacopo da Lentini – Jacopo da Lentini, vissuto fra il 1210 e il 1260 circa, fu notaio imperiale di Catania e poeta considerato da molti il caposcuola del cenacolo poetico siciliano fiorito alla corte di Federico II.

Dante lo chiama "'l Notaro" per antonomasia e lo considera l'esponente tipico della poesia di corte.

I versi di Jacopo sono caratterizzati da varietà tematica e abilità espressiva e riescono ad offrire liriche d'amore spontanee e vivaci.

Egli compose poesie in forma dialogata, ma il suo nome rimane legato all'invenzione del sonetto, il componimento poetico di quattordici endecasillabi, che per secoli sarebbe stato ampiamente utilizzato e sviluppato, come una forma metrica quasi classica, dai maggiori poeti lirici europei.

Il "nodo" che trattenne Guittone, Jacopo da Lentini e Bonagiunta Orbicciani al di là del "dolce stile" inaugurato da Dante e dalla sua cerchia di amici, fu proprio la concezione dell'amore come passione e non come virtù od introspezione.

[21] Compiuta Donzella - Compiuta Donzella è un enigma storico, il nome o lo pseudonimo, sotto cui si nasconde una rimatrice fiorentina del Duecento, probabilmente la prima donna che compose poesia d’arte in volgare italiano, della quale ci sono pervenuti solo tre sonetti di gusto trobadorico e giullaresco, due dei quali di una perfezione formale, molto vicina a quella di Petrarca.

Per mancanza di riscontri letterari o biografici, la Compiuta è stata a lungo oggetto di ipotesi spesso romanzesche: Guittone d’Arezzo le indirizza una lettera, che è un panegirico delle sue virtù ed un sonetto di un anonimo allude alla fama di Compiuta come autrice di poesie, in cui un verso così recita che di trobare avete nominanza; il verbo trobar indicava appunto l’attività dei trobadours, i poeti provenzali che intrecciavano parole e musica.

Se riconosciuta era la sua attività, se era pubblicamente esaltata la sua voce, come dimostrano le lodi e i riferimenti, in un’epoca come quella medievale in cui raramente alle donne era concesso esprimersi in letteratura, Compiuta dovette allora essere dotata d’indubbie qualità artistiche.

[22] Guido Guinizelli - Poco sappiamo della sua vita. Nacque a Bologna fra il 1230 e il 1240; fu giurista. Im­pegnato politicamente, militò nella fazione ghibellina. Fu perciò mandato in esilio con gli altri ghibellini bolognesi nel 1274 e in esilio morì nel 1276 a Monselice. La sua poesia lo rivela uomo di ricca cultura, oltre che di gusto raffinato e di vivace fantasia. Dante lo chiama «padre», e lo considera iniziatore della lirica stilnovistica. E in realtà la sua canzone Al cor gentil è una specie di manifesto poetico dello «Stil no­vo». In essa sono proposti i due temi che diventeranno tipici dello Stil novo: il tema della donna-angelo e quello della nobiltà (o gentilezza) da identificarsi con la nobiltà dell’animo.

[23] Guido Cavalcanti - Nacque a Firenze da famiglia nobile fra il 1255 e il 1259. Come il suo amico Dante, fu guelfo di parte bianca, e fu appassionato uomo di fazione, tanto che, per la sua violen­ta partecipazione a scontri con esponenti della fazione avversa, nel 1300 fu mandato in esilio a Sarzana, dove si ammalò di febbri malariche. Morì a Firenze nello stesso anno, 1300, subito dopo essere stato richiamato in patria.

«Primo amico» di Dante, secondo la definizione data da Dante stesso, Guido Cavalcanti fu uomo solitario, di gusti aristocratici e di aristocratica cultura. Le sue riflessioni filosofi-che pare approdassero alla negazione dell’esistenza di Dio. Poeticamente fu la voce più in­tensa e originale del gruppo dello Stil novo.

La sua concezione dell’amore non coincide sempre con quella comune alla maggior parte degli stilnovisti: se a volte l’amore è anche da lui rappresentato come mezzo di elevazione, più frequentemente - e nelle liriche migliori - il Cavalcanti lo sente come una forza distruttiva che sconvolge e devasta la vita dell’uomo.

[24] Parafrasi – La parafrasi indica la trasformazione di un testo scritto nella propria lingua, ma in un registro linguistico distante (sia esso arcaico, elevato o poetico) in prosa nel registro medio e attuale.

Il processo di parafrasi prevede dunque operazioni come:

· la ricostruzione sintattica e delle figure sintattiche,

· la sostituzione degli scarti linguistici (forma linguistica antica, scomparsa o desueta) e degli altri scarti linguistici

· l’esplicitazione delle figure retoriche di significato

· la riscrittura in prosa del testo poetico.

Possono anche essere operati dei chiarimenti di alcuni punti del testo: una buona parafrasi include infatti tutti i dettagli e rende il testo originale più semplice da comprendere. Poiché il testo risultante è normalmente più ampio del testo di partenza, quest’operazione si oppone a quella del riassunto.

Come necessario effetto collaterale della parafrasi, il profondo rapporto tra significante e significato, tipico della comunicazione letteraria e fulcro dei testi poetici finisce normalmente sacrificato.

[25] Scarti linguistici – Si definisce scarto linguistico una trasgressione, un’infrazione ad una norma linguistica di uso comune.

Essi si distinguono in:

· Arcaismo – Forma grammaticale, parola o espressione di una fase linguistica anteriore sopravvivente nell’uso, di solito per fini stilistici.

· BarbarismoIl fenomeno dell’uso di termini stranieri.

· ClassicismoL’insieme dei caratteri stilistici e dei concetti teorici che sono stati ricavati dall’antichità classica e rielaborati formandone un canone proposto come modello supremo per ogni produzione artistica e letteraria.

· DialettalismoVocabolo o espressione di origine dialettale

· NeologismoParola o locuzione nuova, o anche nuova accezione di una parola già esistente, entrata da poco tempo a far parte del lessico di una lingua.

Tecnicismo - Parola o locuzione che fa parte di un linguaggio tecnico.

[26] Figure fonetiche sillabiche – Alcuni fenomeni fonetici, pur non essendo delle vere e proprie figure metriche come la dieresi, la sineresi, la dialefe e la sinalefe, possono avere una rilevanza metrica cioè possono essere utilizzate per ottenere l’esatta misura del verso.

Esse sono:

· afèresi

· pròstesi

· apòcope,

· epítesi (o paragòge).

· sìncope

· epèntesi

[27] Rima - La rima è l’omofonia, ossia l’identità dei suoni, tra due o più parole a partire dall’ultima vocale accentata, e si verifica per lo più tra le clausole dei versi di un componimento (altrimenti, essa si definisce rima interna).

Nell’analisi metrica, i versi che rimano tra loro sono indicati mediante la stessa lettera.

A seconda del loro schemi rimico, le rime si distinguono in:

· Baciata

· Alternata

· Incrociata

· Incatenata:

· Ipermetra

[28] Figure foniche – Oltre alla rima acquistano grande valore le cosiddette figure foniche che riguardano la ripetizione o il parallelismo dei suoni.

Le figure fonetiche sono:

· Allitterazione

· Assonanza

· Consonanza

· Onomatopea

· Paronomasia

· Enjambement

[29] Strofa - La strofa o strofe è l’insieme di più versi, di numero e di tipo fisso o variabile, organizzati secondo uno schema e formanti un periodo ritmico, seguito da una pausa in genere ripetuto più volte.

Per poter definire i vari tipi di strofe occorre prendere in considerazione sia la successione delle rime sia il numero dei versi. La strofa può quindi essere considerata un sistema ritmico, stabilito dalla combinazione delle rime e dalla struttura metrica dei versi che la compongono. Le combinazioni strofiche possono essere infinite perché esse, pur essendo legate a regole fisse di decodificazione del testo poetico, sono riferibili anche alla capacità di innovazione e alla libertà del poeta.

La strofa è sinonimo di stanza ed i generi metrici, a seconda del numero dei versi,sono dette:

  • distico
  • terzina
  • quartina
  • sestina
  • ottava

La strofa può quindi essere considerata un sistema ritmico che è stabilito dalla combinazione delle rime e dalla struttura metrica dei versi che la compongono. Le combinazioni strofiche possono essere infinite. Esse sono legate a regole fisse di decodificazione del testo poetico ma anche alla capacità di innovazione e alla libertà del poeta, tant’è con la rivoluzione si diffuse l’uso della strofa libera.

[30] Il tema è l’argomento di cui si parla, è l'ipotesi di lettura che il lettore fa sull'argomento di un testo. Un testo ha generalmente non solo un tema generale o argomento principale di cui tratta, ma anche dei temi o argomenti secondari, particolari, che si collegano al tema generale.

[31] I nessi di relazione individuano la coerenza del testo cioè la concordanza di significato fra le parti che lo compongono.

[32] La situazione è un complesso di rapporti che legano l'individuo all'ambiente storico-sociale, condizionando e limitando le sue scelte e azioni.

[33] Il personaggio è una persona che agisce in un'opera letteraria, poetica narrativa e teatrale, che assume nel testo un ruolo fondamentale. Gli eventi, concreti o interiori che siano, inevitabilmente coinvolgono uno o più personaggi, siano essi figure umane o, come succede nella poesia o nelle favole, animali o oggetti cui sono attribuite caratteristiche umane. Il personaggio, come soggetto e oggetto delle azioni ed in relazione con tutti gli altri personaggi, riveste un ruolo, una funzione. Il personaggio è spesso il veicolo dei valori comunicati da un autore e le modalità della sua presentazione, il linguaggio con cui il narratore lo fa esprimere rispondono ai modelli e agli interessi dell'epoca in cui il testo è stato prodotto.

[34] La descrizione è una rappresentazione con parole di un oggetto, di una persona, di un evento, indicandone le caratteristiche e gli aspetti che possono darne un'immagine efficace e chiara al destinatario. Descrivere è uno dei modi più comuni per far conoscere qualcosa a qualcuno, cioè per informare; per questo la descrizione è utilizzata quando è necessario per creare l'immagine di un oggetto, di una persona o di un animale, fornendo tutti gli elementi che lo compongono o i particolari che lo caratterizzano, in modo che chi legge o ascolta se ne faccia un'immagine il più possibile precisa. Lo scopo fondamentale di ogni descrizione è informare, ma una descrizione può essere usata a scopo persuasivo cioè per indurre il destinatario a valutare positivamente o negativamente l'oggetto descritto, oppure a scopo espressivo, cioè per esprimere, attraverso la descrizione, emozioni, sentimenti, stati d'animo ecc. Mentre le descrizioni informative devono far conoscere l'oggetto in questione in modo fedele, chiaro e completo, impersonale, senza esprimere alcuna opinione o impressione personale e senza alcuna partecipazione emotiva, le descrizioni persuasive o espressive rappresentano l'oggetto della descrizione in modo personale, dando risalto solo ad alcune caratteristiche, facendo trasparire giudizi mediante l'uso di aggettivi che danno un'immagine positiva o negativa dell'oggetto di descrizione, trasmettendo emozioni attraverso un uso particolare del linguaggio che ricorre frequentemente a espressioni figurate e a paragoni.

[35] Il ragionamento è un'operazione della mente per cui, partendo da alcuni giudizi noti, assunti come premesse, se ne scoprono i reciproci legami e si giunge a una conclusione. Il ragionamento, quindi, è un discorso logicamente condotto in cui chi parla o scrive, attraverso argomentazione (insieme di argomenti con cui si dimostra o si confuta una tesi) e dimostrazione (argomentazione deduttiva per provare la verità di una proposizione sulla base di premesse già accettate come vere), presenta una propria opinione - o tesi - e la sostiene proponendo le ragioni a favore e confutando le opinioni contrarie, allo scopo di convincere della validità di quanto dice.

[36] L'emozione è un intenso moto, un impulso (sentimentale o intellettuale) affettivo di durata relativamente breve (relativo alla sfera dei sentimenti e delle emozioni), piacevole o penoso, accompagnato per lo più da modificazioni fisiologiche e psichiche (pallore o rossore, reazioni motorie ed espressive ecc.) dovuto a forte impressione (a differenza di commozione che ha significato affine, implica o sottintende uno stato di eccitazione interiore); nell'uso corrente, l'emozione è un'impressione viva, un turbamento determinati da approvazione, sorpresa, paura, dispiacere, disgusto, aspettativa, rabbia, gioia. Il concetto di emozione si distingue da quello di sentimento, meno intenso e più durevole che da una particolare tonalità affettiva alle nostre sensazioni, rappresentazioni, idee. Secondo questa definizione, mentre l'emozione è involontaria, il sentimento è, come il pensiero, una funzione razionale. All'origine dell'emozione non vi è uno stato interno dell'organismo, ma una percezione di quanto avviene a livello periferico.

[37] L'immagine è il prodotto di un'attività del pensiero, l'immaginazione, che possiede i caratteri di percezione strutturata di qualcosa di esterno all'individuo e, pur accompagnandosi alla coscienza, costituisce un'autoproduzione. Se le immagini riprodotte appaiono particolarmente precise e rappresentative nelle forme sono dette icastiche: con questo termine si intende la particolare efficacia con cui un'immagine viene resa.

[38] Contesto – I concetti di contesto e di contestualizzazione sono alquanto complessi.

Una buona contestualizzazione deve attenersi strettamente ai dati oggettivi, dedotti attraverso l'analisi testuale. Bisogna, in primo luogo, dare significato ai dati formali e oggettivi rilevati: aspetti linguistici, aspetti strutturali in generale, aspetti metrici, sintattici, narratologici, ecc., in caso di testo letterario, agli aspetti ragionativi in caso di testo non letterario. Questi dati rivelano la loro vera funzione e il loro profondo significato solo quando si dimostra la loro relazione con l'universo umano, sentimentale, ideologico dello scrittore, o con la temperie culturale e sociale di un'epoca. Tale messa in relazione solo in certi casi è operazione semplice: il più delle volte implica diversi passaggi fondamentali: dall’intratesto all’intertesto e dall'intertesto all’extratesto.

[39] Extraresto – L’extratesto è la collocazione dell’opera nel proprio contesto culturale (concezione filosofiche, politiche, religiose di un’epoca) e storico-sociali (avvenimenti storici, struttura della società, ecc.) e comprende condizioni e nozioni di interesse extraletterario, nonché la letteratura critica sul testo e sull'autore presi in considerazione.

Lo scopo è di attribuire al testo e allo scrittore in causa la sua relazione attraverso il rilevamento di costanti e di variabili con il contesto extraletterario dell’opera.

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