sabato 10 maggio 2014

La cattedrale di Sorrento di Carmela Coticelli

Lungo il Corso Italia a Sorrento, un piccolo slargo, raggiungibile anche da via Pietà, accoglie la facciata della Cattedrale dei Santi Filippo e Giacomo, chiesa monumentale posta di fronte al Palazzo Arcivescovile e cattedrale dell'arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia.
La Cattedrale, dedicata ai Santi Filippo e Giacomo, risale ai secoli X-XII, quando la sua sede fu trasferita all'interno della cinta urbana. La prima cattedrale di Sorrento era ubicata nella zona dell'attuale cimitero e fu spostata all'interno della cinta muraria, nella chiesa dei Santi Felice e Baccolo, durante il X secolo, in attesa della costruzione di una nuova, la quale fu terminata intorno all'XI secolo e consacrata dal cardinale Riccardo de Albano, il 16 marzo 1113, alla Vergine Assunta e ai santi apostoli Filippo e Giacomo.
Si narra che essa sia sorta sulle rovine di un antico tempio dedicato a Giove. Probabilmente la sua costruzione risale all’epoca dell’occupazione longobarda o addirittura ad un periodo antecedente, ma durante il corso degli anni subì notevoli ampliamenti come quelli voluti dal vescovo Domizio Falangola, nel 1450 e dal cardinale Francesco Remolines, nel 1505; una serie di sciagure – tra le quali gli incendi appiccati dai saraceni in occasione dell’invasione di Sorrento del 1558 – hanno fatto sì che poco o nulla ci rimanga del suo aspetto originario: dopo l'invasione dei Turchi nel 1558, essa fu infatti totalmente ricostruita nel 1573, per volere del vescovo Giulio Pavese ed assunse l'aspetto attuale, in stile barocco, a seguito dei lavori di inizio Settecento, portati avanti dai vescovi Didaco Petra e Filippo Anastasio. L’unico cambiamento degno di rilievo è la facciata, che negli anni venti del secolo scorso fu, infatti, distrutta da una calamità naturale, una violenta tromba d'aria che danneggiò l'intera struttura per cui la facciata fu completamente rifatta nel 1924 in stile neogotico e ricoperta di mattoncini di marmo, imitando i frontali delle chiese romaniche.
La facciata è suddivisa in due da una trabeazione, la parte inferiore presenta tre ingressi, ossia quello centrale, il principale, risalente al XVI secolo, caratterizzato da due colonne in marmo rosa provenienti da antichi templi pagani, sulle quali posa un arco ogivale, che funge da tettoia e due laterali, più piccoli; sugli ingressi, tre lunette affrescate: in quella centrale la vergine Assunta, mentre in quelle laterali i SS Filippo e Giacomo. La parte superiore della facciata presenta un bordo decorato con merlature di microarcatelle e nella parte centrale è posto un rosone cieco, di maggiori dimensioni, rispetto ai due laterali, più piccoli; la facciata si completa con due lapidi, una che ricorda i lavori voluti dal vescovo Giuseppe Giustiniani e l'altra il poeta Torquato Tasso.
Nel 1936 anche tutte le opere pittoriche presenti all'interno della chiesa furono sottoposte a restauro. I particolari presenti nella Cattedrale sono interessanti: essa, infatti, per la ricchezza di opere d’arte, di reliquie e di reperti, è capace di esercitare un fascino particolare perché in parte abbellita con arredi e rifiniture realizzati con l’utilizzo di una delle più superbe espressioni dell’artigianato locale cioè quella dell’intaglio e della tarsia lignea.
L’ingresso principale – quasi completamente ricostruito dopo una tromba d’aria che danneggiò l’edificio agli inizi del 1900 – è adornato da due colonne di marmo poste su altrettante basi, anch’esse marmoree che riportano lo stemma dell’arcivescovo Brancaccio. Nel 1989 il Duomo ha arricchito la sua collezione di oggetti intarsiati con la realizzazione del nuovo tamburo ligneo situato all’ingresso e realizzato nel 1989, completamente intarsiato con la rappresentazione di eventi della storia della chiesa sorrentina, da La venuta di San Pietro a San Renato a Sorrento nel 43 o 44 fino a La visita di Pio IX nel 1849 e realizzato da intarsiatori locali, quali Giuseppe Rocco, Vincenzo Stinga, Giuseppe Centro e Mario D’Alesio. Gli intarsi della porta rappresentano, nei dodici riquadri, altrettanti episodi della storia della Chiesa e della Comunità di Sorrento distribuiti per ordine cronologico, che spaziano dalla Consacrazione del Duomo del 16 marzo 1113 con l’intervento del cardinale Riccardo di Albano mentre era duca di Sorrento, Sergio II, a La donazione delle reliquie di San Giacomo il minore, nel 1210, da parte del cardinale Pietro Capuano, legato pontificio in Siria; da Lo sbarco disastroso dei turchi di Pialy pascià del 13 giugno 1558, che saccheggiarono, distrussero e deportarono a La peste del 1656, che, scoppiata a Napoli, provocò, in Penisola sorrentina, circa duemila vittime; da La processione del 1837 per implorare la fine dell’epidemia del colera con il miracoloso Crocifisso di Sant’Antonino, a La Visita di Pio IX del 29 aprile 1849, fuggito da Napoli, dove rimase per un anno e mezzo fino ad otto mesi dopo la caduta della Repubblica Romana; da L’arrivo a Sorrento di San Pietro, che secondo un’antica tradizione, si sarebbe fermato a predicare fuori le mura, in località Sottomonte dove, poi fu eretta una Cappella detta San Pietro a Mele (originariamente S. Petrus inventus), demolita e ricostruita nel 1843 per l’allargamento della strada che conduce a Sorrento, a La testimonianza del sacrificio dei Martiri Sorrentini, Quinto, Quintilio, Quartilla, Marco ed altri nove giovani; da La protezione dei cinque santi protettori di Sorrento (sant’Antonino, San Renato, San Valerio, San Bacolo e Sant’Attanasio, che, secondo una narrazione storica, sarebbero intervenuti a salvare i sorrentini in una famosa battaglia navale contro i saraceni nelle acque di Ischia, dove erano impegnati con altre navi napoletane e ischitane) a Il miracolo della balena di cui sarebbe accreditato Sant’Antonino per avere restituito ad una madre disperata il figlio inghiottito dal cetaceo; da La testimonianza del Sinodo provinciale del 15 maggio 1657 in Sorrento, promosso dall’arcivescovo Giulio Pavesi dopo la “visita pastorale”, a Il ricordo del Concilio Ecumenico Vaticano II, al quale l’arcidiocesi Sorrentina fu presente, all’apertura, con l’arcivescovo Monsignor Carlo Serena e con quello che doveva poi essere il suo successore che fu presente anche alla chiusura, Monsignor Raffaele Pellecchia che si vuole sia ritratto nel riquadro in uno dei presuli.
Con molta probabilità la chiesa dei Santi Filippo e Giacomo assunse la dignità di cattedrale nel XV secolo, quando la primitiva cattedrale di Sorrento, sorta fuori le mura già nel I secolo d.C., risultava ormai decaduta. A quel periodo risale la costruzione del portale laterale che risale al 1479 e che mostra sull’architrave lo stemma aragonese e gli stemmi di papa Sisto IV della Rovere e dell’arcivescovo De Angelis.
La cupola sovrastante, affrescata nel 1902 da Pietro Barone e Augusto Moriani, presenta, negli otto spicchi in cui è divisa, i Santi compratroni della diocesi.
Appena entrati, sulla destra, si incontra una lastra marmorea scolpita con la figura di una leonessa, utilizzata come lapide sepolcrale e risalente al X secolo e quattordici composizioni in legno, riproducenti la Via Crucis, intarsiate da Giovanni Paturzo.
L’interno della chiesa è a croce latina a tre navate con cappelle laterali e separate da quattordici pilastri e soffitto piano, decorato con tele in stile barocco, raffiguranti i martiri sorrentini del II secolo, realizzate da Francesco Francareccio e Oronzo e Nicola Malinconico; esso custodisce opere di grande pregio appartenenti ad epoche e correnti artistiche diverse, dalle più antiche lastre marmoree del X-XI secolo, recuperate dalla prima cattedrale, al coro in legno intarsiato e realizzato nel 1938 da Antonino Terminiello, dai fratelli Giuseppe e Salvatore Fiorentino, Antonino Esposito, Carlo Iaccarino e dalla ditta Fiorentino.
Sopra l'ingresso è posto l'organo, commissionato nel 1901 ai fratelli Fiorentino e ricco di intagli.
Sul lato destro si aprono: la cappella del battistero dove sono conservati apprezzabili reperti marmorei che risalgono al X secolo oltre che dodici bellissimi bassorilievi (anch’essi di marmo) attribuiti ad Andrea Pisano databili al 1340 che raffigurano Gli apostoli, un’Annunciazione che incorniciano un rilievo marmoreo del Redentore del 1522, oltre ad essere presente il fonte battesimale dove, tra gli altri, nel 1544 fu battezzato Torquato Tasso; la cappella dei primi quattro vescovi di Sorrento, le cui reliquie, sono conservate sotto l'altare in marmo; la cappella del Sacro Cuore di Gesù.
Sul lato destro si apre anche un ingresso laterale, voluto dall'arcivescovo Giacomo de Santis e realizzato nel 1479: il portale presenta pannelli intarsiati che raffigurano il Credo e scene della vita religiosa cittadina, mentre l'architrave reca gli stemmi di papa Sisto IV della Rovere e del re Ferrante d'Aragona.

Nella Cappella di san Michele Arcangelo che si trova nel transetto a destra di chi entra, invece, è possibile ammirare una bella tavola – realizzata su fondo d’oro che raffigura la Nascita di Gesù attribuita alla scuola senese e risalente al 1400 circa.
In fondo alla navata di destra, all’interno del Cappellone del Santissimo Sacramento, si può apprezzare la presenza di un Crocifisso ligneo del XV secolo che sormonta il seicentesco altare in marmi commessi della cappella a lato del presbiterio, le cui pareti di un blu oltremarino sono il risultato di un recente intervento di restauro.

Sul lato sinistro si aprono: la cappella del Cuore di Maria, con statua in legno del Citarelli, raffigurante la Madonna che accoglie sotto il suo manto una fanciulla; la cappella del Presepe, nella quale è esposto un presepe napoletano del XVII secolo.
Sul lato sinistro si apre la sagrestia, costruita nel 1608 al cui interno sono conservati le tele dei vescovi, paramenti sacri ed una tavola raffigurante la trasfigurazione del Signore, dono dell'arcidiacono Giovanni Ammone.

Il campanile che si compone di cinque piani, tre dei quali alzati nell’XI secolo e gli ultimi due nel Settecento, spostato rispetto alla chiesa di circa cinquanta metri, poggia su un basamento di epoca romanica, risalente probabilmente all’XI secolo e sorretto da quattro colonne antiche. Sopra al basamento, quattro sezioni quadrate, decorate con archi, cornici, nicchie ed un orologio con piastrelle in ceramiche. Di particolare fattura è proprio il bell’orologio decorato con maioliche di artigianato locale posto al quarto livello del campanile.
Il presbiterio è caratterizzato da un soffitto decorato con tele di Giacomo del Po, realizzate nel 1700 e raffiguranti l'Assunta e San Filippo e Giacomo; sull'altare maggiore è posta una pala di autore ignoto, del XVII secolo, con protagonisti, anche in questo caso, San Filippo e Giacomo.
La zona presbiterale si completa con un coro ligneo, completato nel 1938, in legno di noce del Caucaso e intarsiato dagli artigiani sorrentini: fu sistemato dove precedentemente era un altare donato nel 1856 da re Francesco II al vescovo Francesco Saverio Apuzzo e proveniente dalla chiesa di San Marcellino a Napoli. Una relazione dell’epoca illustra l’opera come segue: “Al centro del coro è disposto il trono arcivescovile con ai lati due ali simmetriche di stalli, riservati ai canonici, dinanzi ai quali, è disposto un comodo inginocchiatoio che fa da spalliera ad una prima fila di scanni riservati ai seminaristi. Il trono, rialzato su una pedana, ha la parte antistante definita da due colonne scanalate di stile corinzio, che avrebbero dovuto, secondo il progetto originale, sorreggere la volta di copertura, e la parete di fondo è divisa in tre pannelli, su cui sono intarsiati il Cristo Re al centro, la Madonna Assunta e San Giovanni Battista lateralmente”. E, continuando, “i due corpi laterali, costituiti ciascuno da nove stalli, si compongono di una parte inferiore, le sedie, ed una parte soprastante, la cosiddetta spalliera. Le sedie chiudono il piano di seduta ribaltabile con due braccioli in legno massiccio, intagliati a forma di sfinge da Giuseppe Fiorentino. Il piano di fondo, diviso da lesene scanalate, ha 18 riquadri intarsiati in legno naturale, raffiguranti i dodici apostoli, i quattro santi sorrentini ed il protettore della città, Sant’Antonino”.
Più recentemente, invece (nel 1985) la stessa Cattedrale è stata abbellita con una “Via Crucis” realizzata su disegno ed intarsio di Gianni Paturzo ed incorniciata dai fratelli Parlato.
Degna di nota è la cattedra episcopale in marmo: essa è un paziente accostamento di resti dei templi romani effettuato in epoca cinquecentesca e si trova a sinistra dell’altare maggiore. Di fronte ad essa lungo la navata maggiore si trova il pulpito in marmo del XVI secolo, poggiante su colonne angolari che culminano con capitelli dorici, finemente lavorato a bassorilievo. Esso mostra il battesimo di Gesù: al di sotto del pulpito, c’è un altare con una tavola che raffigura la Madonna col bambino tra i SS Giovanni Battista e Giovanni Evangelista di Silvestro Buono (pittore napoletano documentato dal 1551 al 1598).
All’arcivescovo Filippo Anastasio (1699-1724) si deve la decorazione dei soffitti della navata centrale e del transetto che rappresentano degli interessanti esempi di arte barocca: due teloni con motivi floreali di Francesco Francareccio racchiudono, nella navata centrale, tre dipinti (I martiri sorrentini Quinto, Marco, Quartilla e Quintilla e i vescovi patroni) dei fratelli Oronzo e Nicola Malinconico e raffigurano i Santi Compatroni di Sorrento (I Vescovi, Bacolo, Attanasio, Renato, Valerio e Gennaro, compatroni di Sorrento, insieme a Sant’Antonino) e nel transetto altrettanti dipinti di Giacomo Del Po (Assunzione della Vergine, San Filippo e San Giacomo).
Nel lato destro del transetto si apre la cappella di San Michele che custodisce una tavola del XV secolo ritraente la Nascita di Gesù, su un fondo in oro e la cappella del Santissimo Sacramento, dove è posta una statua in legno di un Cristo seduto su un trono, del XVII secolo.
Sul lato sinistro del transetto è invece la cappella di San Giovanni in Fontibus o della Riconciliazione, decorata con stucchi e pavimentata in marmi, tutti del XVIII secolo ed impreziosita da una pittura della Madonna delle Grazie ed una statua della Madonna Addolorata; sullo stesso lato anche la cappella di Sant'Antonino Abate, patrono della città, con statua in legno del santo, del XVIII secolo ed altare in marmi policromi, risalente al XVII secolo.
Alle pareti della sacrestia, a cui si accede dalla seconda campata sinistra, si vedono i ritratti dei vescovi sorrentini, succedutisi negli ultimi duecento anni. Tra le molte particolarità che si possono ammirare ci sono anche dei magnifici pannelli intarsiati che adornano tanto la porta dell’ingresso principale, quanto quella secondaria ed un coro in legno intarsiato dei primi del ‘900.
Durante il periodo delle festività natalizie, infine, nell'ultima cappella a sinistra è possibile apprezzare anche un magnifico presepe con pastori napoletani del ‘700.
Carmela Coticelli

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