L'Allegoria
ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo è un ciclo di affreschi di Ambrogio Lorenzetti situato nel Palazzo Pubblico di Siena intorno al
1338-1339.
Prima di passare alla trattazione
dell'opera di Lorenzetti è opportuno parlare della vicenda basso medioevale e
rinascimentale della città toscana.
Siena come altri comuni italiani ebbe
rivalità sia interne sia esterne, tra le
più accese si ricorda quella con Firenze. Nel comune senese erano
importanti gli ideali di concordia e di pace, che dovevano ispirare l'operare
dei governanti.
La Repubblica
di Siena fu uno stato indipendente esistito dal 1125 fino al 1555/1559.
Nel 1125 Siena ebbe un governo consolare,
nel 1199 Siena passò ad un governo
esecutivo podestarile.
In un primo momento, Siena strinse
alleanze con varie città toscane e si scontrò diverse volte con Firenze fino al
1201 con la pace di Fonteruoli.
Nei primi anni del Duecento, la
ghibellina Siena poteva contare come alleato principale il re Manfredi di
Sicilia.
Le mire espansionistiche di Firenze e i
vari conflitti economici con Siena, fecero innalzare il livello del conflitto
tra ghibellini e guelfi, che culminò nella nota battaglia di Montaperti (4
settembre 1260) dove Siena riuscì a fronteggiare l'armata guelfa fiorentina.
Successivamente Siena ebbe un grande
ampliamento territoriale, ma, nonostante questo, subì una grave sconfitta da
parte di Firenze nella battaglia di Colle nel 1269. Il 15 agosto Siena si
arrese alle truppe di Carlo I d’Angiò. Nel 1280 fu costituito il governo dei
quindici, in carica fino al 1286 e sostituito dal Governo dei nove. Siena, lacerata dalle lotte intestine tra guelfi
e ghibellini, con l'instaurazione del Governo dei nove (espressione di un
centinaio di famiglie guelfe, con l'esclusione dei nobili) diventò guelfa. Dopo
il Governo dei nove vi fu una fase di
seria precarietà politica: nel 1368 sorse il breve Governo dei tredici; nel 1369 fu istituito il Governo dei quindici; Dal 1385 al 1399 il governo di Siena fu
affidato ai priori (dapprima dieci, poi undici, infine dodici). Dopo un
brevissimo periodo sotto la signoria dei Visconti (1399-1404), Siena riprese la
propria autonomia. Il mutato scenario quattrocentesco fece sì che anche Siena
avesse la sua Signoria dal 1487 al 1525, con Pandolfo Petrucci ed i suoi discendenti Borghese (1512-15), Raffaello
(1515-22), Francesco (1522-23) e Fabio (1523-25). Dopo questa esperienza
signorile Siena ritornò alle antiche istituzioni repubblicane nel 1525. La
decadenza della repubblica di Siena raggiunse l'epilogo con la battaglia di
Scannagallo. Le truppe senesi si arresero all'esercito ispano-mediceo assoldato
dal duca di Firenze, Cosimo I de' Medici.
Nel 1555 quando Siena si arrese, i superstiti locali abbandonarono la città,
per stabilirsi a Montalcino. I senesi esiliati crearono così la repubblica di
Siena riparata in Montalcino. In esecuzione del trattato conseguente alla pace di Cateau-Cambrèsis, l’ultimo
baluardo senese fu annesso al ducato fiorentino retto da Cosimo I de’ Medici.
Palazzo Pubblico di Siena è senza dubbio uno
degli edifici più celebri d’Italia ed affaccia su Piazza del Campo, a Siena.
L’edificio, costruito verso la fine del Trecento, è sempre stato il centro del governo cittadino e fin da
allora gli interni sono stati decorati dai migliori artisti. Era interesse di
chi presiedeva la macchina pubblica esibire in queste sale la visione politica
attraverso opere capaci di celebrare e propagandare i concetti che più
credevano opportuni.
La sala
dei Nove rappresenta il luogo simbolo di Palazzo Pubblico dove si riuniva il Consiglio dei Nove ossia i rappresentanti della città ed
espressione della borghesia mercantile cittadina. Avevano potere esecutivo e
organizzativo e presiedevano un’assemblea di circa 300 membri. Questa forma di
governo andò avanti dal 1287 e il 1355. Durante tale periodo la città ebbe una
notevole fioritura artistica, urbana ed economica, che vide la nascita di
splendidi edifici, piazze, ospedali. Il momento di splendore terminò con
l’inizio di lotte interne e con lo scoppio della peste del 1348. Tra coloro che
morirono durante la terribile epidemia, c’è anche Ambrogio Lorenzetti.
Gli affreschi, sono composti da quattro
scene disposte lungo tutto il registro superiore di tre pareti di una stanza
rettangolare, detta Sala del Consiglio
dei Nove, o della Pace.
Ambrogio
Lorenzetti lavorò agli affreschi dal febbraio del 1338 al maggio del
1339, lasciandovi la firma sotto l’affresco della parete di fondo, dove si
trova l’Allegoria del Buon Governo: “Ambrosius Laurentii de Senis hic pinxit
utrinque…”. Purtroppo la firma è incompleta e forse recava anche l’anno di
esecuzione.
I Nove decisero di affidare ad Ambrogio
la realizzazione di questi affreschi per onorarlo come miglior pittore senese
del momento e in quanto in grado di riuscire a interpretare al meglio il modo
di vivere della borghesia mercantile allora al potere.
La Sala
del Consiglio dei Nove ha subito negli anni numerose modifiche,infatti gli affreschi
hanno subito integrazioni e mostrano qua e là alcune lacune. Tuttavia l’opera
di Ambrogio è in larga misura conservata, grazie anche all’importante restauro
degli ultimi anni ’80 del Novecento.
Questi affreschi assumono una
particolare importanza se si considera che essi sono una delle prime
espressioni di arte civile. Si tratta del primo ciclo di affreschi portatore di
contenuti filosofici e politici di carattere laico.
A sostegno delle figure e delle azioni
rappresentate, Lorenzetti aggiunse iscrizioni in latino e in italiano che ne
guidano e rilevano il significato simbolico.
Tutte e tre le pareti sono
caratterizzane dalla capacità di Lorenzetti di costruire grandi narrazioni,
fatte di dettagli che riescono ad amplificare e a comporre una lenta presa di
coscienza nell’osservatore di ciò che si trova davanti.
Confrontando l'Allegoria del Buon Governo (sulla parete di fondo) con l’Allegoria del Cattivo Governo (sulla
parete laterale sinistra), entrambe sono popolate da personaggi allegorici
facilmente identificabili grazie alle didascalie. A queste seguono due paesaggi
della stessa città forse Siena, con gli Effetti
del Buon Governo dove i cittadini vivono nell'ordine e nell'armonia (sulla
parete laterale destra), e gli Effetti
del Cattivo Governo dove si vede una città in rovina (sulla parete laterale
sinistra).
Il risultato appare infatti denso
di riferimenti storici artistici e letterari e nasce da un progetto molto
ambizioso con ‘toni’ polemici e perentori, che intende coinvolgere il pubblico
in riflessioni che investono direttamente il coevo contesto socio-politico.
Per quanto ben restaurati, gli affreschi
risentono delle modifiche infrastrutturali intervenute dei secoli, anche con
apertura di porte che hanno irrimediabilmente danneggiato i dipinti ed alcune
parti sono ormai illeggibili ed irrecuperabili. Particolarmente
danneggiato appare l’affresco dell’Allegoria del Cattivo Governo (specie nella
parte destra).
L’Allegoria
del Buon Governo – L’Allegoria del Buon Governo si trova sul fondo della sala.
L’occhio è immediatamente attratto da due figure in trono che rappresentano,
rispettivamente, a destra,il “Comune”
personificato e, a sinistra, il gruppo della“Sapienza Divina”che sovrasta la “Giustizia”.
Le due figure allegoriche sono
rappresentate frontalmente, in posa solenne ed è chiaro che stiano a
significare come un“Buon Governo”debba
basarsi sulla duplice esistenza del potere religioso e di quello civile.
Il Comune è presentato come un Re in
trono, ma che indossa un copricapo che ricorda quello dei giudici. L’abito
bianco e nero richiama i colori della città e porta nella destra uno scettro e
nella sinistra uno scudo su cui sono rappresentati la Madonna ed il
bambino.
La figura del Comune sovrastata dalle virtù che ne devono ispirare
il governo: Fides, Caritas, Spes, mentre la affiancano sei“virtù”, le quattro cardinali: Fortezza, Prudenza (a sinistra), Temperanza
e Giustizia (a destra), cui si aggiungono la Pace (all’estrema sinistra) che regge un ramoscello d’ulivo, e la Magnanimità (all’immediata destra del
Comune).
Ognuno dei personaggi è
caratterizzato non solo dall’indicazione didascalica di quanto rappresenta, ma
anche da oggetti e simboli loro tipicamente assegnati (ad esempio la Giustizia con la spada ed una testa
mozzata o la Temperanza con la
clessidra). La Sapienza Divina è
situata sulla parete di fondo. Essa è alata, incoronata e con un libro in mano.
Con la mano destra tiene una bilancia, sui cui piatti sono presenti degli
angeli. Il primo angelo, decapita un uomo e ne incorona un altro. Il secondo
angelo consegna a due mercanti lo staio e il sale. La bilancia rappresenta la Giustizia, che viene retta dalla Sapienza Divina che è l'unica a poter
reggere il peso della bilancia. I due angeli hanno legate alla vita due
funi che discendono verso il basso e si incontrano nella mani di una
terza figura, che siede ai piedi della Giustizia: si tratta della Concordia come si legge, infatti, sullo
strumento che regge sulle ginocchia, una pialla simbolo del livellamento e
dell’appianamento di eventuali scontri. La Concordia consegna i capi
delle due funi ad uno dei personaggi in basso che fanno parte, peraltro, del
corteo di cui si è già scritto e che fa da elemento d’unione con l’allegoria
del Comune. Questo gruppo, infine, è rappresentativo delle varie classi sociali
e dei vari mestieri della città.
Ulteriori simboli sono identificabili,
ad esempio, nei due putti ai piedi del Comune e che rappresentano Senio ed Ascanio , figli di Remo che,
secondo la leggenda, fuggiti alle ire di Romolo
che avrebbe voluto ucciderli, giunsero in Toscana e qui fondarono la città
di Siena. Più in basso troviamo l'Esercito della città che sottomette un gruppo
di prigionieri.
Nell'insieme, l'affresco si articola su
tre registri: quello superiore con le componenti divine (Sapienza Divina e Virtù
Teologali), quello intermedio con le Istituzioni cittadine (la Giustizia, il Comune, le Virtù
non teologali), quello più basso con i costruttori
(esercito e cittadini). L'affresco esprime anche la percezione della
giustizia nella Siena del tempo, una giustizia che non è solo giudizio di
giusti e colpevoli, ma anche regolatrice di rapporti commerciali. È inoltre una
giustizia che, pur ispirata da Dio, non si perita a condannare a morte e
soggiogare le popolazioni vicine.
Effetti
del Buon Governo in città – Si trova sulla parete laterale destra e forma, insieme agli Effetti del Buon Governo in Campagna, un unico affresco. È la
diretta emanazione degli Effetti del Buon Governo e doveva rappresentare
con un esempio eloquente gli obiettivi dei governanti della città.
Osservando l’Allegoria del Buon Governo
e gli effetti benefici che questo comporta sulla vita della città e della
campagna limitrofa, si deduce che il bene comune deve ispirare tutte le azioni
degli amministratori e che dove c’è ordine e giustizia c’è pace, lavoro,
benessere e sviluppo.
La città è dominata da moltissime vie,
piazze, palazzi, botteghe. Sono molti gli ornamenti, come le bifore sulle
finestre, i tetti merlati, le mensole sagomate sotto i tetti, gli archi, le
travi in legno, le piante e i fiori sulle terrazze. Un lusso che solo il Buon
Governo può assicurare. In alto a sinistra spuntano il campanile e la cupola
del Duomo, simboli della città del tempo.
La città è poi popolata da abitanti
dediti all'artigiano, al commercio, all'attività edilizia. Non manca
neppure un riferimento allo studio, come dimostra un signore ben vestito
in cattedra che insegna di fronte ad un uditorio attento.
Ci sono anche attività non lavorative.
Come per esempio una fanciulla a cavallo con la corona in testa che si prepara
al matrimonio. Molto bello è il gruppo di danzatrici che si tengono
per mano e ballano al ritmo di una suonatrice di cembalo,
nonché cantante.
La città è delimitata e separata dalla
campagna dalle mura rappresentate di scorcio. E proprio in prossimità
delle mura la piazza sembra popolata da attività lavorative cittadine che hanno
legami con la campagna: in basso a destra un pastore che sta per dirigersi in
campagna insieme al suo gregge di pecore. La città rappresenta l'unione
armonica delle virtù civili: Sapienza, Coraggio, Giustizia e
Temperanza. Gli edifici cittadini non seguono una geometria comune, tant'è che
risultano più opprimenti, imponenti e massicci che nella realtà.
L'affresco ha subito un rifacimento
trecentesco nel margine sinistro.
È decisamente un’istantanea del ‘300 che ben caratterizza l’intento di
sottolineare quanto sia positivo un buon governo per una città, ma anche,
come rappresentato nel prosieguo dell’affresco, nelle campagne.
In un paesaggio da Maremma toscana,
fatto di colline digradanti e di strade che si snodano uscendo dalle mura
cittadine, assistiamo anche in questo caso a scene di vita quotidiana
calma, tranquilla, ed i personaggi appaiono palesemente sicuri. Ed è proprio
la Sicurezza, o meglio la Securitas, che
sovrasta il tutto: alata e nuda, reca su una mano l’immagine di un patibolo, da
cui pende un impiccato (chiaro monito per i malfattori) , mentre con l’altra
regge un rotolo, una sorta di cartiglio, su cui si legge la frase: “senza paura ognuno franco camini - e
lavorando semini ciascuno – mentre che tal comuno – manterrà questa don(n)a
i(n) signoria – che la levata arei ogni balia”.
Effetti
del Buon Governo in campagna – Si trova sulla stessa parete in cui si
trovano Gli Effetti del Buon Governo in Città, e forma con quest’ultimo un
unico affresco. In campagna si vedono giovani a caccia con la balestra tra
vigne ed ulivi, contadini che seminano, zappano ed arano la terra, tenute
dominate da vigne ed uliveti. Sono riconoscibili case coloniche, ville, borghi
fortificati. In aria vola la personificazione della Sicurezza, che regge un delinquente impiccato, simbolo di una
giustizia con chi trasgredisce le leggi, e un cartiglio. Da notare come
questa figura sia nuda, uno dei primi nudi con significato positivo del
medioevo (la nudità era al tempo usata solo per rappresentare le anime dei
dannati). Nel cartiglio è ricordato che, finché regnerà la Sicurezza, ognuno
potrà percorrere la città e la campagna in piena libertà. L'ideale di Lorenzetti
per un Comune forte e giusto è mostrato dal contrasto tra la sensualità della
figura allegorica e la cruda allusione alla pena di morte: proteggere coloro
che agiscono bene e punire chi non rispetta le leggi.
Le attività contadine che si svolgono in
campagna riguardano periodi diversi dell'anno, come l'aratura, la semina, la
raccolta, la mietitura, la battitura del grano. Evidentemente il pittore era
più intenzionato a mostrare la condizione di floridezza e di sicurezza della
campagna piuttosto che ad offrire una fotografia realistica di un preciso
momento.
A partire dalla porta delle mura della
città inizia una strada lastricata in discesa, che porta alla campagna del
contado. Il pendio della strada riproduce in maniera realistica l'altitudine
della città di Siena, dove alcune porte si trovano davvero ad una certa altezza
e sono raggiungibili solo tramite strade in salita. Sulla strada si vedono dei
cacciatori a cavallo che si stanno recando in campagna mentre incrociano due
borghesi ben vestiti, anch'essi a cavallo, che stanno rientrando in città. Uno
dei Signori a cavallo, quello sulla destra, è forse identificabile con Orlando Bonsignori, noto banchiere
senese. Ancora più in basso due contadini camminano e conversano, portando in
città delle uova. Sul ciglio della stessa strada, all'altezza dei cacciatori a
cavallo, troviamo un mendicante seduto. In questa stratificazione sociale
si vede la politica del Governo dei Nove,
fedelmente riportata su affresco dal pittore: Buon Governo non significava
appianare le disuguaglianze sociali, ma fare in modo che ciascuno strato
sociale potesse stare ed operare al proprio posto, in sicurezza.
Nella raffigurazione della campagna non
sono tenute in considerazione le regole della prospettiva, infatti si nota che
gli alberi e gli edifici all'orizzonte presentano le stesse dimensioni di
quelli vicini.
L'affresco ha subito un rifacimento
quattrocentesco nel margine destro. È ancora visibile l'inizio della scritta Talamone, scritta troncata nella parte
terminale dal rifacimento. Ambrogio Lorenzetti aveva infatti disegnato la
Campagna fino al mare, che nel contado di Siena voleva dire l'avamposto
di Talamone. Nel Quattrocento, al tempo del rifacimento, la zona costiera
era infestata dalla malaria e si preferiva raffigurare il contado fino ad un
lago anonimo, piuttosto che al mare.
La relazione tra città e campagna è
evidente e mai si era vista la capacità di rappresentare in modo così immediato
il concetto di reciprocità socio-economica che sostentava città e contado
nel Medioevo.
È come essere di fronte a una sorta di
istantanea della vita trecentesca,
uno spaccato che sta a metà tra immaginazione e realismo.
Da non trascurare alcuni dettagli come
quella che mostra la città con le porte delle mura aperte. Dove regna il Buon Governo, non c’è bisogno di
difendersi e le persone si possono incontrare in tutta serenità.
Allegoria
ed Effetti del Cattivo Governo
Si trova sulla parete laterale sinistra.
Dipinto in maniera speculare all'Allegoria del Buon Governo, doveva permettere
il diretto confronto didascalico con quell'affresco.
Al centro siede in trono la
personificazione della Tirannide una
mostruosità con le zanne, le corna, una capigliatura demoniaca, in decisa
contrapposizione con il Comune nell'Allegoria
del Buon Governo. La tirannide non ha alcuna corda vincolante e ai suoi
piedi è accasciata una capra nera demoniaca, antitesi della lupa allattatrice
dei gemelli. Sopra di lei volano tre vizi alati, sostituiti alle
tre virtù teologali dell’altro affresco. Questi sono l'Avarizia, con un lungo uncino per
arpionare avidamente le ricchezze, la Superbia,
con la spada e un giogo, e la Vanagloria,
con uno specchio per ammirare la propria bellezza materiale.
Accanto alla Tirannide siedono
invece le personificazioni delle varie sfaccettature del Male, opposti
alle virtù cardinali, alla Pace e alla Magnanimità.
A partire da sinistra troviamo la Crudeltà, intenta a mostrare un serpente
ad un neonato; il Tradimento,
con un agnellino tramutato in scorpione a livello della coda, simbolo di
falsità; la Frode, con le ali e
i piedi artigliati; il Furore,
con la testa di cinghiale, il torso di uomo, il corpo di cavallo e la coda di cane,
simbolo di ira bestiale; La Divisione,
con il vestito a bande bianche e nere verticali e con la sega, antitesi della
pialla livellatrice di contrasti della Concordia
nell'Allegoria del Buon Governo; la Guerra (Guerra), con la spada, lo scudo e la veste nera.
Sotto la Tirannide troviamo la Giustizia,
che è a terra, soggiogata, spogliata del mantello e della corona, con le mani
legate, i piatti della bilancia rovesciati per terra e l’aria mesta. Accanto a
lei ci sono le vittime del malgoverno, cioè i cittadini. Questa è anche la
parte più lacunosa dell’affresco, per cui molte cose risultano di difficile
interpretazione. Superbia, Avarizia e Vanagloria
che fanno da contorno al tiranno, sono tre peccati capitali già presenti
nella Divina Commedia. Le tre allegorie
dei peccati possono simboleggiare le tre famiglie principali di Firenze, che
erano in lotta per il potere. Nell'Allegoria è possibile notare la scena di un
delitto. Le campagne, il bene più prezioso, sono distrutte e incendiate dalla
guerra provocata dalla tirannide.
L’affresco, sebbene diviso in tre
registri al pari dell'Allegoria del Buon Governo, ha una complessità inferiore
rispetto all’altro: i cittadini appaiono in numero minore nel terzo registro e
l’apparato della Giustizia è ridotto ad una figura spoglia, oltretutto
declassata al terzo registro essendo de-istituzionalizzata.
La città è pericolante e piena di
macerie, perché i suoi cittadini distruggono piuttosto che costruire, vi si
svolgono omicidi, innocenti sono arrestati, le attività economiche sono miserabili.
La campagna è incendiata ed eserciti marciano verso le mura. In cielo vola il
sinistro Timore. Il risultato appare infatti denso di riferimenti storici
artistici e letterari.
Nel dipingere le scene Ambrogio ricorse
a stratagemmi fini, per esempio nel Buon
Governo la prospettiva e la luce sono costruite in modo da mostrare
serenamente la città fino in profondità. La prospettiva si manifesta grazie a
più punti di vista, attraverso i quali si esprime la profondità. Non c'è una
fonte di luce ben definita che fornisce l'illuminazione al paesaggio.
Per quanto riguarda il colore, sono
utilizzate varie sfumature, più accese per la città rispetto a quelle
utilizzate per la campagna, dove prevalgono il giallo e il verde. Il colore è
steso in modo omogeneo. La scura città del Cattivo Governo dà subito
una sensazione di disarmonia, con tetri edifici che bloccano la visuale.
Influenzato dalla prima formazione
avvenuta a Siena, Ambrogio si discostò dai caratteri dominanti dell’arte a
Siena, infatti, è difficile ritenerlo
un'esponente tipico della pittura senese del Trecento.
Nell'affresco è rappresentato il
paesaggio rurale ed urbano che, per la prima volta nella storia della pittura
gotica italiana, diventa soggetto principale; in passato era ignorato a favore
del fondo oro o utilizzato semplicemente come sfondo di una narrazione.
Nella rappresentazione il pittore, pur
prendendo la realtà come modello, la trasforma idealizzandola con particolare
cura del dettaglio.
Molti furono coloro che colsero nella
sua pittura novità stilistiche – la forza evocativa, l’originalità descrittiva
e il tentativo di resa realistica.
Il talento di restituire gesti e volti
proietta l’arte verso una sensibilità nuova e moderna, lontana dalla rigidità
fissa e astratta della pittura di origine bizantina.
Enrico Staiano
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