domenica 10 aprile 2022

Filippo Lippi e la Madonna col Bambino e angeli di Massimo Capuozzo. In "A tu per tu con l'opera d'arte"

L’incantevole Madonna col Bambino e angeli della Galleria degli Uffizi, detta anche Lippina, è una tempera su tavola (92x63,5 cm) di Filippo Lippi, databile al 1465 circa.


Secondo gli studiosi di Storia dell’Arte si tratta forse del più famoso dipinto di Lippi ed è sicuramente una delle icone del Rinascimento. Di certo fu un’opera molto ammirata dai suoi contemporanei e diventò ben presto un punto di riferimento per tutte le successive Madonne col bambino, soprattutto per quelle nate in ambito della bottega di Verrocchio e specialmente quelle di Botticelli che, dal 1464 al 1467, si era formato proprio presso la bottega di Filippo Lippi, prima di trasferirsi in quella del Verrocchio, che frequentò tra il 1467 e il 1470, anno in cui si mise in proprio.





Il dipinto è importante anche perché è considerato una delle rare opere completamente autografe del maestro, senza alcun intervento di bottega.
Non si conosce la circostanza della committenza, se mai ce ne fu una, e neanche la datazione precisa dell'opera per la mancanza di documenti contemporanei.
Siccome però il ritratto della Madonna è abitualmente riferito a Lucrezia Buti, la giovane monaca pratese che divenne la compagna di Filippo Lippi nelle cui fattezze si celerebbe il suo ritratto – si tratta tuttavia solo di un’ipotesi non suffragata da elementi documentari – è probabile che l'opera appartenga al periodo degli affreschi del Duomo di Prato realizzati dal 1452 al 1466.
Le dimensioni insolite hanno fatto ipotizzare che si trattasse di una celebrazione per un'occasione privata e personale dell'artista, come la nascita del figlio Filippino nel 1457, anche se un’altra tradizione, ormai più consolidata, indica un ritratto del figlio Filippino nell'angelo in primo piano che si volge verso lo spettatore, piuttosto che nel Bambinello: questo sposterebbe la possibile datazione del dipinto al 1465 circa, quando il bambino aveva già otto anni, un anno che concorderebbe anche con l’analisi stilistica comparata agli affreschi.
Quest’opera apparteneva al corredo decorativo della Villa medicea del Poggio Imperiale e dal 1796 si trova nelle Gallerie Granducali, nucleo originario degli Uffizi.
L’inedita impaginazione e l'uso innovativo del colore della Lippina configurano una fuga in avanti del maestro sui suoi tempi se si considera che l’opera è stata realizzata fra il 1457 e il 1465: le figure sono infatti collocate in modo del tutto insolito davanti ad una finestra aperta su un paesaggio a volo di rondine, la cui dilatazione spaziale fino alla linea d'orizzonte sembra protrarsi oltre il supporto pittorico, secondo un preciso richiamo alla pittura fiamminga.
Anche per le figure in primo piano lo spazio è illusionisticamente dilatato, come si osserva nella disposizione in profondità degli angeli, in alcune linee di forza prospettiche – è esemplare infatti è l'ala dell'angioletto in primo piano proiettata fuori del dipinto, oltre la cornice – e infine nelle ginocchia della Vergine che, appena ruotate, contribuiscono ad evidenziare l’effetto di profondità.
Nuovo è il taglio ravvicinato all'altezza del ginocchio – oggi noto come piano americano – con le figure più che a mezzo busto, raccolte nell’esiguo spazio delimitato dalla cornice in pietra serena: questo rende la composizione simile a numerosi rilievi plastici eseguiti dagli scultori fiorentini contemporanei di Filippo Lippi.
Nuova è la collocazione del Bambino, retto da due angeli piuttosto che dalla Madonna: uno voltato e sorridente in primo piano e l’altro seminascosto dietro.
Nuovo è infine l'uso straordinario del colore: al posto dei colori tradizionali Lippi usò infatti un'illuminazione chiara e tersa, con un effetto di osmosi atmosferica che soltanto Leonardo, decenni dopo, avrebbe saputo riprendere.
L'effetto naturalistico di quest’opera sorprese molto i contemporanei, che cercarono, senza riuscirci completamente, di replicarne gli effetti.
La scena mostra una grande finestra che si apre davanti a un vasto e variato paesaggio affacciato sul mare, ricco di vegetazione con grandi rocce ed edifici.
In primo piano si trova la Madonna, seduta su un trono di cui si intravede solo il morbido cuscino ricamato e un bracciolo intagliato mentre contempla il figlio verso il quale rivolge un gesto di preghiera: il bambinello paffuto, coperto dalle sole fasce, risponde allo sguardo di Maria e, sostenuto da due incantevoli angeli bambini, protende le braccine verso di lei.
La Madonna è sistemata di tre quarti, mentre il volto è quasi girato di profilo. La sua espressione, dolce e mite, è piuttosto malinconica, come se già presagisse il suo futuro destino di madre: le sue mani giunte in preghiera, sembrano infatti voler quasi allontanare il tremendo destino della Passione del figlio.
A lei fa da contrappunto l’angelo in primo piano che, con volto sorridente, rivolge divertito lo sguardo fuori del dipinto per coinvolgere lo spettatore e richiamarne l’attenzione: il suo atteggiamento giocoso bilancia la compostezza pensosa della Vergine, conferendo al dipinto un risultato di straordinario equilibrio emotivo.
L’immagine sacra è interpretata con profonda umanità, conferita sia dall’espressione degli affetti sia dalla scelta delle vesti e delle acconciature ispirate alla moda contemporanea.


L'elaborata acconciatura della Vergine è raffinatissima, composta da una coroncina di perle e di veli impalpabili che si intrecciano ai capelli: un dettaglio che, richiamando le acconciature proprie delle nobildonne fiorentine contemporanee, mostra l’estremo virtuosismo dell’artista che fu ripreso in tutto il Secondo Quattrocento fiorentino: se ne trova ad esempio una foggia identica nel Ritratto di fanciulla di Andrea della Robbia al Museo del Bargello, leggermente posteriore (1470 circa).
Anche il vestito – con pieghe ritmate ed eleganti e con giochi della luce che riportano fedelmente la consistenza del velluto blu – è raffinatissimo e ferma automaticamente l'osservatore ad un esame più dettagliato della figura sacra.
Le perle che compaiono sullo scollo del vestito, sull'acconciatura e sul cuscino, erano simbolo biblico della purezza per le giovani spose, ed è ripreso dal Cantico dei Cantici.
Le aureole sono appena accennate, sottili cerchi come raggi di luce che non coprono il paesaggio retrostante secondo la grande lezione fiamminga.
La composizione ebbe fin da subito grande successo e fu presa a modello da molti artisti, fra i quali il giovane Botticelli, allievo di Lippi. Esistono alcune copie di Andrea del Verrocchio e del giovane Sandro Botticelli (una alla Galleria dello Spedale degli Innocenti di Firenze), che non raggiungono però un effetto altrettanto vivido.

Lo stesso Lippi ne fece una nuova versione nel 1465 circa, oggi conservata nell'Alte Pinakothek di Monaco di Baviera, anch’essa molto bella, ma incomparabile alla Lippina.

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