lunedì 28 gennaio 2013

Il periodo spagnolo di Sofonisba Anguissola di Massimo Capuozzo



Nel 1559 Filippo II di Spagna, vedovo di Maria Tudor, sposò, a suggello della pace di Cateau Cambresis, la principessa francese Isabella di Valois, figlia di Enrico II di Francia e di Caterina de’ Medici. Isabella era appena quattordicenne, ma era una ragazza matura e amatissima dal marito: amava molto la pittura, del resto era per metà una Medici, e il Duca d’Alba, consigliò a Filippo II di chiamare Sofonisba a Madrid come dama di Corte per la nuova regina.
Nel 1559 Sofonisba lasciò la natia Cremona per Milano, ignara che non vi avrebbe più fatto ritorno e, dopo quaranta giorni di viaggio, giunse a Madrid alla corte di Filippo II.
Nella capitale spagnola Sofonisba ebbe una buona accoglienza: tra la regina e l’artista nacque una profonda amicizia, trascorrevano gran parte della giornata a dipingere e Sofonisba le insegnò a disegnare direttamente dal vero, sostituendo con tale novità le normali attività muliebri.
Sofonisba prese subito intensamente parte all’elegante ma sobria vita di corte, dipingendo numerosi e splendidi ritratti dei membri della famiglia reale e suscitando l’ammirazione e l’interesse di molti ambasciatori accreditati presso il re. Nell'intensa esperienza in Spagna, Sofonisba si adeguò alle soluzioni iconografiche ed allo stile ufficiale incarnato dal fiammingo Antoon Mor van Dashorst (1520 – 1578), dal pittore di Corte Alonso Sanchez Coello (1531 – 1588), allievo di Antoon Mor ed autore di un altro celebre ritratto di Filippo II, ma soprattutto da Tiziano (1477 – 1576) che lavorò per anni al servizio della famiglia asburgica.
Durante il Rinascimento si era affermata una nuova tipologia di ritratto, il cosiddetto ritratto di Stato. Dovendo manifestare esplicitamente la potenza e il decoro del rango nel personaggio raffigurato, i ritratti di papi, di sovrani di personaggi di spicco erano caricati di significati ufficiali. Nel ritratto di Stato i personaggi erano dipinti a tre quarti di figura o seduti accanto a una finestra ed erano fissati in una posa immobile, aulica, poiché richiedevano un’atmosfera atemporale. I tratti fisionomici sono trasferiti sulla tela con estrema minuzia e precisione, ma senza molta definizione psicologica. L’attenzione del pittore era per lo più rivolta alla definizione dei particolari dell’abbigliamento, dei gioielli, delle armature, in modo da rendere subito evidente il rango dei personaggi.
Tiziano, legato soprattutto alla committenza imperiale, fu uno dei maggiori interpreti di questa cultura internazionale: nei suoi ritratti, infatti, l’inevitabile accentuazione dei particolari, propri del rango dei personaggi, si unisce a una calda caratterizzazione umana, che apre uno spiraglio sugli stati d’animo della persona ritratta.
Il celebre Ritratto di Filippo II, eseguito da lui nel 1551, è tagliato in verticale, quasi due metri di altezza con la mezza armatura da pompa, la mano sull'elmo. Filippo non era rimasto soddisfatto per la fretta imposta a Tiziano e avrebbe voluto farglielo rifare, ma oggi quel dipinto è considerato bellissimo e straordinariamente curato nei dettagli.

Il ritratto Stato fu, per ovvi motivi, particolarmente congeniale allo spirito degli artisti fiamminghi. Antoon Mor, il cui stile forte e austero era stato profondamente influenzato da Tiziano, si distinse diventò uno dei maggiori interpreti di questo genere pittorico e determinò i canoni sui quali la ritrattistica di corte si sarebbe basata fino al XVII secolo.
Nel Ritratto di Filippo II in armatura e nel Ritratto di Maria Tudor del 1553, entrambi al Museo Nacional del Prado, la sua pittura si mostra estremamente levigata, attenta ai dettagli fino al esasperazione, ma il linguaggio si rinnovava rispetto a Tiziano, sviluppando una ritrattistica iconica e ieratica, consona all’austero e rigido cerimoniale della corte asburgica.
A queste caratteristiche divenute canoniche, Sofonisba seppe però unire alla metafisica statuarietà del ritratto aulico l’immediata e cordiale spontaneità dei sentimenti, tipici della sua ricerca, e, mantenendo sempre una spiccata dote introspettiva, studiò la vitalità psicologica del soggetto, avvalendosi delle esperienze estetiche bergamasco-bresciane di Giovan Battista Moroni (1522 – 1579) e di Lorenzo Lotto (1480 – 1557), modulate dall’influenza di Correggio (1489 – 1534) nell’uso morbido del colore. Ma l’elemento che maggiormente qualifica i ritratti di Sofonisba è indubbiamente un’innovativa abilità introspettiva, quella caratterizzazione psichica dei suoi soggetti che alcuni hanno definito «i moti dell'animo fugaci e irripetibili».
Purtroppo molti dei suoi dipinti spagnoli non sono firmati e molti sono andati perduti in un devastante e terribile incendio divampato nell’Alcázar di Madrid o non ancora riconosciuti all’interno del corpus della pittura di corte del periodo.
Nel 1564, la regina Isabella in attesa di un figlio si ammalò perdendo il nascituro. Sofonisba le rimase accanto con amore, come una sorella: la regina riconoscente la colmò di doni preziosi.
Nel Ritratto di Isabella di Valois con miniatura del Museo Nacional del Prado, terminato intorno al 1565 e appartenente ad una nutrita serie di rappresentazioni dedicate alla giovanissima regina durante la sua breve parabola matrimoniale, Sofonisba trasporta l’emozione della visione affettiva, comunicata nella delicata espressione di dolcezza impressa sul volto della regale famiglia, attraverso moduli parmensi legati al Correggio e al Parmigianino e le raffinate eleganze toscane di Bronzino. Alla metafisica fissità del ritratto aristocratico, Sofonisba unisce un contributo di approfondimento della vitalità psicologica del soggetto indagato.
Superando gli schemi stabiliti nella ritrattistica cinquecentesca codificati nel modello di traduzione veneta impostato proprio in Spagna da Tiziano con l’archetipo iconografico di Carlo V, Sofonisba rompe la staticità della postura aristocratica. Anche le figure maschili beneficiano dello sguardo sensibile emanato da Sofonisba, aperto ad una serena compostezza espressiva e ad un tono quasi familiare, sebbene chiusa all’interno del severo abbigliamento in nero imposto dall’ormai insorgente clima controriformista, che domina il Ritratto di Filippo II del Museo Nacional del Prado.
Nel 1566, la regina, rimasta di nuovo incinta e pervasa da cattivi pensieri, fece testamento, raccomandando le sue più care damigelle d’onore al re. Alla nascita di Isabella Clara, la regina sofferente strappò a Sofonisba la promessa che sarebbe stata la prima maestra dell’infanta.
Nel 1567 nacque una seconda bambina, Caterina Micaela. Isabella voleva dare a Filippo un erede maschio: un erede al trono è sempre stato una scommessa con la Storia, una scommessa che spingeva sovrani e regnanti a giocarsi anche la vita politica ed alle regine anche la vita, pur di avere un figlio, necessario a proseguire la dinastia.
Nel 1568 Isabella rimase di nuovo incinta, nonostante la sua salute cagionevole: Isabella morì di parto e la morte della regina scosse notevolmente Sofonisba.
Filippo cadde in una grave depressione, tanto da governare il suo paese conducendo una vita monastica. Tutte le dame del suo seguito tornarono alle famiglie di origine, solo Sofonisba rimase, prendendosi cura delle due infante, Isabella Clara e Caterina Micaela, continuando sempre a dipingere.
La complicità scaturita dall’incontro di Sofonisba con la regina bambina Isabella era riuscita felicemente ad attenuare il comune quanto doloroso distacco che entrambe le giovani donne avvertirono verso le rispettive radici domestiche: questo innescò una relazione di sapore materno con le due infante soprattutto dopo la prematura ed inaspettata scomparsa della madre.
Nel 1570 Filippo, nonostante fosse addolorato per la perdita della moglie, dovette risposarsi di nuovo con Anna d’Austria, per dare al regno un erede maschio: il suo unico figlio, don Carlos, la cui salute mentale aveva dato numerosi problemi al padre, era morto sempre nel 1568.
Nel 1570, Sofonisba era ancora a Madrid, ma espresse il desiderio di rientrare in Italia e di sposare un italiano: il re provò a trovare un marito degno di lei, ma l’impresa si dimostrò difficile.
Intanto a Caterina de’ Medici, preoccupata per le due nipoti, fu assicurato che avevano tutti gli agi e che Sofonisba era sempre con loro: quando più tardi convolarono a nozze ed abbandonarono i luoghi natali per installarsi nelle residenze straniere degli illustri consorti, non esitarono ad imporre una deviazione al loro itinerario di viaggio per sostare in Liguria ed incontrare l’antica governante che in quegli anni si era installata a Genova, città anch’essa in stretti rapporti con la corona spagnola che in quei frangenti alimentò la memoria con un omaggio ritrattistico.
Il re finalmente trovò l’uomo giusto per Sofonisba, il siciliano Fabrizio Moncada, appartenente a una delle famiglie più potenti del regno, e nel 1573 si sposarono a Madrid.

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