giovedì 29 maggio 2014

Il Palazzo reale di Quisisana di Manuela Montuori

La reggia di Quisisana, situata nelle colline di Castellammare di Stabia, è un Palazzo Reale di antichissima tradizione che prende il nome dal volgare Casasana tradotto più tardi dal Re Carlo II d’Angiò con Qui-si-sana che darà il nome alla frazione di Castellammare di Stabia.
La struttura originaria risale al XIII secolo e, nelle varie epoche storiche, ha cambiato spesso la sua destinazione d’uso: da palazzo reale a collegio, poi albergo fino all’abbandono e al conseguente restauro.
La zona collinare, nella quale fu realizzata la struttura, è nota per essere salubre e per offrire un bellissimo scorcio sul panorama del golfo di Napoli. Nel 1268 esisteva a Quisisana la casa di re Carlo I d'Angiò e, poiché gli Angioini avevano conquistato il Regno di Napoli soltanto due anni prima, è ipotizzabile che la costruzione del Palazzo Reale possa risalire, quanto meno, a Federico II. Durante il periodo Angioino (1266 – 1442), il titolo di Qui-si-sana fu favorito anche da Carlo II d’Angiò che, risiedendo già dal 1268 in una casa costruita in prossimità della Reggia, guarì da una seria malattia. Grazie alla bellezza del palazzo, inoltre, per diversi anni questo fu meta preferita per la residenza estiva dei regnanti. Successivamente Roberto d’Angiò ampliò la struttura dotandola di un’apertura verso il mare e di un immenso giardino. Il Palazzo contava, quindi, tre edifici semi-indipendenti a due piani e a forma ortogonale, disposti a poca distanza l’uno dall’altro. Nei secoli successivi non vi furono modifiche né abbellimenti. Poi nel 1401, in seguito ad una violenta epidemia di peste, Ladislao di Durazzo si rifugiò con la sua famiglia nel Palazzo Reale di Castellammare, luogo che rimase immune da ogni contagio. Stessa storia si verifica nel 1420 sotto il regno di Giovanna II. Molti visitatori sceglievano così la collina per riposare e trovare ristoro. Le cronache di Napoli di quel tempo segnalarono numerose guarigioni che aumentarono la fama di Quisisana. Tra i tanti visitatori, i più illustri furono: Giovanni Boccaccio, che frequentò e conobbe molto bene la frazione fino ad ambientarvi alcune novelle del suo Decameron.
Nel 1541 il Palazzo diventò proprietà della famiglia Farnese insieme a tutto il feudo di Castellammare e da quel momento cominciò il periodo di abbandono e degrado.
Non si hanno notizie rilevanti fino a quando nel 1734 Carlo III di Borbone salito sul trono di Napoli e Sicilia, portò in dote le proprietà di sua madre Elisabetta, ultima discendente dei Farnese e tra queste anche il Casino di Quisisana, considerato il sito reale più antico del Regno.
Durante il Regno Borbonico cominciò il periodo di massimo splendore del palazzo al quale i sovrani diedero l’aspetto che oggi possiamo ammirare. Tra il 1758 e il 1764 il palazzo fu oggetto di ampliamenti e abbellimenti: Ferdinando IV avviò la prima fase di lavori che inglobarono ed ampliarono i vari volumi saldandoli fra loro ottenendo un elemento ad L che permetteva un migliore invito verso Castellammare e consentiva la visione di un panorama unico. Nel 1796, il parco interno alla villa raggiunse una splendida sistemazione: a complemento d’arredo furono allestite quattro fontane, chiamate, le fontane del re, furono collocati sedili di marmo, statue e furono creati dei belvedere da dove si poteva vedere tutta la città di Napoli.
Anche napoleonidi Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat, re di Napoli, e Carolina Bonaparte, sorella di Napoleone e moglie di Gioacchino Murat, soggiornarono per lungo tempo presso il Palazzo.
Francesco I amò particolarmente questo luogo dove spesso organizzava sfarzosi festeggiamenti durante i quali i viali del parco erano aperti al pubblico e passava lunghi periodi a Castellammare godendo anche del suo mare.
La sistemazione definitiva del palazzo fu data da Ferdinando II il quale sistemò il parterre della villa secondo uno schema tipicamente anglosassone. Il declivio della collina permise poi la definitiva sistemazione dell’involucro murario creando, in tal modo, il grande porticato e l’elemento ad U che lo completava a valle, riuscendo a trovare spazi per le scuderie e le cucine.
Al piano nobile fu creata una loggia, che era specificatamente adibita al diletto di sua Maestà, il quale così poteva sparare alle quaglie. Si aggiunse un ulteriore piano al blocco prospiciente il mare che faceva da completamento ideale a quella facciata neoclassicheggiante che vedeva un basamento pronunciato reggersi sul solido portico e dal quale si dipartivano una serie di paraste corinzie che intervallavano, con una cadenza irregolare una facciata finita a stucco ed intonaco.
Inoltre, la reggia è circondato da un giardino all'italiana di circa 20.000 metri quadrati: si possono ammirare diverse specie di alberi come il pino d'Aleppo, il tasso, il leccio, l'abete bianco, il bosso, il cedro del Libano, l'asfodelo, il pungitopo, il corbezzolo e il platano, mentre come fiori si trova il ciclamino, la ginestra dei carbonai e il biancospino.
Durante il restauro si è pensato anche alla sistemazione del giardino con la creazione di sentieri in terra battuta e lastricati di basoli, lastre di roccia di origine vulcanica o calcarea di notevole peso e dimensioni (spesso 50x50 cm o 60x60 cm), impiegata per le pavimentazioni stradali. Intorno al complesso della reggia sorge un grande parco che si estende su buona parte del versante stabiese del monte Faito.
Il parco della reggia di Quisisana, realizzato nel XIII secolo dai sovrani Angioini, si estende dalla zona che va dal rivo San Pietro al rivo della Monache sull'asse est-ovest e dal monte Faito alla statale Sorrentina sull'asse nord-sud. Nel 1759, grazie a Ferdinando IV, il parco visse il massimo periodo di splendore: furono infatti realizzate delle imponenti opere murarie che lo circondavano lungo tutto il suo perimetro, si regolarizzò il flusso delle acque, con la costruzione di un impianto costituito da fontane che si innestavano in una sorta di tridente di assi, oggi non più funzionante, ma ancora ben visibile, e fu aperti una serie di viottoli talvolta con lo scopo di godere dello splendido panorama sul golfo; fu costruita una torre e poi scale, panche in marmo e viali; tutti i contorni delle aiuole furono rifiniti in pietra di tufo e fu creato un sistema di cinque fontane, che si snodavano lungo il viale principale che era costeggiato da due file di platani ed ippocastani.
Il complesso di fontane prende il nome di Fontane del Re: tre sono a vasca, una in pietra lavica finemente decorata, incassata in un terrapieno ed una in marmo bianco, di dimensioni più piccole rispetto alle altre e mancante dei due piedistalli in marmo. Purtroppo oggi queste fontane versano in uno stato di totale abbandono.
La flora presente all'interno del parco è costituita da alcuni alberi monumentali tra cui un pino d'Aleppo dalla circonferenza di 4,95 metri, ma anche nespoli del Giappone, palme delle Canarie, eucalipti, pini marittimi, cipressi italiani, camelie e magnolie; nella zona dove sorgeva la masseria sono presenti dei frutteti, mentre nella zona della selva castagni, carpini, olmi e lecci. 
Durante il periodo borbonico il Casino Reale ospitò reggenti, personaggi illustri e amici dei Borbone, confermando sempre la sua natura di luogo ameno e salutare. Ma con la fine del Regno Borbonico la Reggia fu abbandonata e depredata dai briganti: tutti gli interni furono saccheggiati e distrutti; le statue, i quadri, gli ori, gli oggetti e i tessuti sparirono. La Reggia, o almeno quello che restava, entrava a far parte dei Beni Riservati della Corona di Casa Savoia.
Dal quel momento cominciò lo stato di abbandono della Reggia di Quisisana: alla morte di Vittorio Emanuele II, con regio decreto di autorizzazione del 24 luglio 1878, il palazzo e la tenuta furono ceduti al Comune di Castellammare di Stabia; il 31 maggio del 1877, grazie alla proposta del Ministro Depretis, la Regia fu declassata a Demanio dello Stato. Le proprietà immobili costituivano un totale di 49.400 mq. Oltre al palazzo, che con i suoi due piani e ammezzati, cappelle e due terrazze contava circa cento stanze, vi erano altri cespiti. Una cereria, il maneggio, due scuderie, due rimesse, due sellerie, una masseria, una casa colonica, una torre, una chiesa e vari alloggi per il personale. Il parco, invece, misurava 19.100 mq. Castellammare, che nel frattempo era diventata una delle tappe del Grand Tour, continuò a mantenere un turismo stagionale che trovava meta soprattutto nelle cure termali. Probabilmente l’idea di destinare ad uso di albergo l’ex Casinò reale di Quisisana nacque in seguito alle svariate richieste pervenute al sindaco di Castellammare di poter prendere in fitto un quartierino proprio in questa villa. Come risulta da una guida di Castellammare del 1898, l’albergo prese il nome di Hotel Margherita, in omaggio forse alla regina d’Italia. Ma, a quanto pare, non ebbe lunga vita se già nel 1902 risultava dismesso.
Nelle estati del 1909 e 1910 ospitò il Collegio della Nunziatella di Napoli e allo scoppio della Prima Guerra Mondiale fu adibito ad ospedale militare alloggiare i feriti durante e dopo la guerra e ad alloggio per il Corpo Reale Equipaggi.
Il palazzo rimase in stato inattivo fino al 1923, quando, per volere del sindaco Francesco Monti, il complesso che conta circa 200 camere, riaprì i battenti con un nuovo nome: Royal Hotel Quisisana elencato nella Guida d’Italia del Touring Club come albergo di 1° ordine con 140 posti letto.
Allo scoppio del secondo conflitto mondiale, nel 1940, fu nuovamente requisito dalle autorità militari come ospedale e tale fu il suo utilizzo fino alla fine della guerra.
Dal 1960 in poi, la mancanza di qualsiasi forma di manutenzione e tutela, condusse nuovamente il Palazzo in uno stato di abbandonato e di degradato.
Il terremoto del 1980 provocò diversi crolli sia nella struttura portante sia nei solai e nelle scale, dando il colpo di grazia al glorioso fabbricato.
Nel 1994 l’Amministrazione comunale guidata da Catello Polito chiese, tramite la Regione Campania, il finanziamento per restaurare la Reggia di Quisisana e destinarla a Museo e a Scuola di restauro. Nell’agosto del 1995 il CIPE finanziò il restauro per complessivi 38 miliardi di lire, per combattere la crisi d’occupazione nell’area torrese-stabiese. Nel 1996 il Comune di Castellammare di Stabia e la Soprintendenza archeologica di Pompei firmarono una convenzione per stilare il progetto esecutivo di restauro. Nel 1997 una Conferenza di servizi ha licenziato il progetto di restauro del Palazzo, che sarebbe poi stato approvato definitivamente dalla Giunta comunale nel giugno 1998. Nel 1997 l’Ufficio Tecnico del Comune di Castellammare di Stabia ha redatto il progetto di consolidamento e di restauro dell’ex Casino Reale del Quisisana, immobile di proprietà comunale per destinarlo a Museo e Scuola di Restauro. L’attività di progettazione risultò notevolmente complessa, in particolare perché occorreva rendere compatibili la tecnica costruttiva antisismica con l’esigenza di conservazione e di recupero delle caratteristiche strutturali proprie dell’edificio monumentale.
Oggi il Palazzo Reale è interessato da numerosi progetti: il primo ospitare un Museo Cittadino, per raccogliere i reperti provenienti dagli scavi di Stabiae, e un’Accademia di Restauro di altissimo livello; la seconda opzione sarebbe quella di destinarla ad una funzione ricreativa e la terza, infine, sarebbe quella di realizzare un casinò. Nel frattempo che si trovi un’adeguata opzione, all’interno della Regia si svolgono incontri di tipo letterario in inverno, mentre in estate, nel giardino, viene tenuto il Quisisana Festival cioè concerti di musica classica.
Manuela Montuori

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