martedì 3 giugno 2014

Dirck Hendericksz di Giovanna Festa

Dirck  Hendericksz, da noi noto come Teodoro d'Errico, nacque ad Amsterdam tra il 1542 e il 1544 da Henrick Centen.
La ricostruzione del percorso pittorico di Hendricksz – svoltosi quasi interamente a Napoli tra l'ultimo quarto del Cinquecento e il primo decennio del secolo successivo, nell'ambito di una produzione sacra di marca devozionale postridentina –, è risultato di acquisizioni critiche relativamente recenti: eccettuate le sporadiche indicazioni delle più antiche guide napoletane e i pur fondamentali rinvenimenti archivistici tra Otto e Novecento, la rivalutazione del pittore fiammingo è avvenuta con gli studi pioneristici di Previtali, cui hanno fatto seguito la monografia della Vargas, i numerosi aggiornamenti di Pierluigi Leone De Castris e la preziosa sintesi di Susanna Falabella.
I tempi e le modalità della prima formazione di Hendricksz rimangono incerti: sicuramente era a Napoli nel 1573 quando datò la Madonna e santi della locale Chiesa di San Severo alla Sanità.
La recente attribuzione a Hendricksz di due opere databili anteriormente per ragioni di contesto, la Crocifissione nella Basilica di Santa Maria di Pugliano a Resina, da ricondurre al 1569 e l'Annunciazione con ritratto della committente Berardina Transo, nella Chiesa di Santa Maria della Sapienza a Napoli, da collocare tra 1570 e il 1573 suggerirebbe tuttavia di retrodatare l'arrivo del pittore nel Meridione.
Non è tuttavia certo che, discendendo la penisola, Hendricksz soggiornasse per qualche tempo a Roma, come sembra doversi ipotizzare in virtù di una rintracciata firma, Theo Amsteridamus, graffita sulla volta della Domus Aurea, e sulla base di quei dipinti accostabili stilisticamente alla pala della Sanità, e caratterizzati anch'essi da una vena romana, sapientemente disegnata nell'esuberante plasticità del volume e vigoria fisica delle figure e da una maniera tenera ed espressiva insieme, debitrice del clima farnesiano di Caprarola. Tra questi dipinti, due tavole attribuite a Hendricksz, di presumibile destinazione privata e databili rispettivamente nel primo e nel secondo quinquennio dell'ottavo decennio, accomunate da una medesima ambientazione paesistica illuminata da bagliori crepuscolari, e raffiguranti l'Orazione nell'orto del Getsemani in collezione privata e la Maddalena in estasi del Museo Correale di Terranova a Sorrento, simile, nell'opulenza delle forme, a una florida e sensuale Maddalena piangente sul sepolcro vuoto già appartenuta alla casa d’aste Finarte, probabilmente contemporanea.
L'inserimento dell'artista nella colonia fiamminga napoletana dovette avvenire rapidamente nei primi anni Settanta, visto che il 14 gennaio 1574 il pittore fu tra i testimoni alle nozze di Margherita de Medina con Cornelis Smet ( ? – 1592) e negli anni successivi era a capo di una bottega capace di far fronte alle aumentate commesse.
L'11 aprile 1578 Hendricksz si impegnò con le monache benedettine del monastero di S. Gaudioso per una Madonna del Rosario e santi, pala identificata con quella del Museo nazionale di Capodimonte.
Il 22 gennaio 1579, il pittore fu incaricato da Antonello Iscla di eseguire una pala con cimasa, frontoni laterali e predella, di cui è probabilmente identificabile solo la tavola centrale con l'Annunciazione oggi nel convento di Sant’Alfonso de' Liguori a Pagani; l'11 marzo dello stesso anno, ricevette da Giovan Pietro de Lanata, procuratore dell'Università di Reggio Calabria, la commissione di due portelle d'organo su tela di cui si son perdute le tracce con l'Annunciazione all'esterno e la Madonna del Popolo e San Giorgio all'interno, avviando con quelle regioni un rapporto privilegiato che ne avrebbe fatto l'artista più richiesto sulla piazza napoletana, e di cui rimane testimonianza nella Circoncisione della Chiesa dell'Annunziata di Paola, datata 1580.
Nello stesso anno Hendricksz si impegnò con Ascanio Di Capua di Napoli per la realizzazione di un’Assunzione della Vergine con apostoli e angeli, identificabile con quella ancora esistente nella parrocchiale di Montorio dei Frentani, e con i governatori della Chiesa di Santa Maria delle Grazie di Quindici per una Madonna del Rosario con i quindici misteri, perduta, da realizzarsi in collaborazione con Giovanni Andrea Magliulo.
A queste opere documentate è possibile accostare l'Ultima Cena della chiesa di Sant’Eligio ai Vergini a Napoli, arricchita da una sorprendentemente realistica natura morta esibita sulla tavola, e la Sacra Famiglia con San Giovannino e due santi certosini dei depositi del Museo nazionale di Capodimonte, il cui clima devozionale dolce e familiare aiuta a comprendere le ragioni del successo del pittore nordico presso la locale committenza laica ed ecclesiastica.
All'inizio del nono decennio Hendricksz intraprese di fatto un'impresa di particolare prestigio: la decorazione del soffitto cassettonato del monastero di San Gregorio Armeno a Napoli, eseguita tra 1580 e 1582 sotto l'abbadessato di Beatrice Carafa.
L'originalità dell'imponente decorazione si precisa nel sapiente, quanto inedito bilanciamento tra decorazione pittorica e incorniciatura lignea, da ricondurre alla direzione unitaria della bottega assunta da Hendricksz e al ruolo dello scultore decoratore, con ogni probabilità da riconoscere nel già ricordato Magliulo. Il raffinato programma ideologico di cui si sostanzia l'intero apparato decorativo, si individua nell'ambiziosa celebrazione della venerabile storia del monastero, affidata all'elenco figurato delle preziose reliquie da esso possedute e illustrate dai martiri dei santi a quelle correlati. Suddiviso in venti scomparti, contiene sedici tavole che narrano i martiri dei Santi le cui reliquie sono custodite nel convento. La complessa struttura si compone di quattro sezioni, articolate ciascuna in un riquadro rettangolare centrale circondato da quattro ovati angolari, e dedicate rispettivamente, dall'altare verso l'ingresso, ai Santi Giovanni Battista, Gregorio, Benedetto, Stefano, Lorenzo, Biagio e Pantaleone. Nei primi tre settori – che videro la collaborazione su cartoni del maestro di almeno altrettante distinte personalità – gli interventi autografi di Hendricksz si qualificano per una vena stilistica ora partecipe del linguaggio dei primi anni Ottanta, e poi sintomaticamente preannunciante nuovi indirizzi di ricerca: così nelle due partizioni iniziali, con le Storie del Battista e Storie di San Gregorio Armeno, protagonista è ancora la cultura farnesiana di Caprarola nella declinazione più aerea e fusa di Raffaellino da Reggio e di Jacopo Zanguidi detto il Bertoja (1544  1574), coniugata a un’intonazione più schiettamente fiamminga e facilmente individuabile, oltre che in alcune fisionomie tipicamente nordiche, nel gusto per l'affollamento spaziale, nell'insistenza per gli elementi esornativi dei secondi piani, nella più intensa vivacità coloristica. Diversamente, nelle Storie di San Benedetto del terzo settore e ancora nella parte originale della Incoronazione della Vergine del quarto, interessata nella zona inferiore del gruppo degli apostoli da un restauro seicentesco, quei medesimi caratteri si compongono in una pittura di sapore baroccesco: preludio del percorso intrapreso da Hendricksz negli anni successivi, e precocemente riconoscibile nella Circoncisione della chiesa di San Domenico a Bagnoli Irpino, ora a Montella nel Museo di S. Francesco a Folloni, e nella Madonna del Rosario del Museo nazionale di Varsavia, qualche tempo fa sintomaticamente catalogata come opera di Federico Barocci.
La presumibile, discreta agiatezza che derivò dall'adempimento di questi lavori, consentì a Hendricksz, il 31 gennaio 1582, di affidare al fabricante Pietro di Domenico la costruzione di una casa su un terreno di sua proprietà fuori porta Reale. Contemporaneamente, il moltiplicarsi delle commissioni nella prima metà degli anni Ottanta conferma il ruolo centrale acquisito dal pittore nell'ambito della decorazione sacra: tra le opere conservate, insieme con la Madonna e santi nella Chiesa di San Michele a Celico del 1582 e con la Natività del Battista della Chiesa dell'Annunziata di Airola del 1583, è la festosa macchina lignea della Madonna del Rosario per l'omonima cappella nella Basilica dell'Assunta a Santa Maria a Vico, databile al 1585, e particolarmente eloquente della cultura fiamminga del suo autore nelle storiette laterali dei quindici misteri e nella Predica del rosario della predella, caratterizzata da una dettagliatissima resa dei costumi dell'aristocratico uditorio.
Tra il 1587 e il 1590, Hendricksz lavorò alla decorazione del soffitto del monastero di Santa Maria Donnaromita, sotto l'abbadessato di Isabella Capece, dipingendo le tre tavole centrali raffiguranti l'Incontro di San Benedetto e Atchis, la Decollazione del Battista e la Madonna in gloria.
L'impresa fu realizzata su progetto di Magliulo e vide la partecipazione di Girolamo Imparato, autore delle otto tavole laterali, e retribuito anche per la perduta pala d'altare; di un non altrimenti noto Giovanni Gralovo, responsabile della serie di piccole Sante martiri nell'incavo delle cornici dei tre quadri dell'Hendricksz e in tutti i rosoni del soffitto; degli intagliatori Nunzio Ferraro e Giovan Battista Vigliante; di un mastro Marino, attivo fra gli altri indoratori, e da identificarsi probabilmente con quel Marino Bonocore, menzionato nel contratto della perduta pala di Quindici.
Rispetto al soffitto di San Gregorio Armeno, questo di Donnaromita si distingue per aver perduto la nota più originale e qualificante: l'armonica integrazione della carpenteria lignea, qui sottoposta a una maggior geometrizzazione e semplificazione lineare dei partiti decorativi, con le parti dipinte, ora concepite come vere e proprie pale d'altare; mutamento che la Vargas riconduce a un processo di progressiva naturalizzazione di Hendricksz nel Napoletano, con conseguente suo adeguamento ai criteri della pittura devozionale locale. Nelle tre storie principali di sicura autografia hendricksziana, ancora esemplate sul repertorio di soluzioni formali approntate a San Gregorio, si innesterebbe una nuova vena narrativa, un inedito intento colloquiale e fervore psicologico ispirato a Federico Barocci nella gestualità delle figure e nel ritmo della scena.
Il 21 giugno 1592 Hendricksz partecipò come testimone alle seconde nozze di Margherita de Medina, vedova di Cornelis Smet, con Aert Mytens  (1541  1602), dichiarando di avere quarantotto anni, di abitare a porta Santo Spirito e di conoscere entrambi gli sposi: Mytens suo connazionale, era a Napoli da diciassette anni e Margherita, sorella di sua moglie Maddalena.
Hendricksz si era sposato forse nei primi tempi del soggiorno napoletano con Maddalena, ebbe da lei almeno tre figli: Andrea, Anna e Giovan Luca. Nel novembre del 1592, Andrea si fece monaco ed entrò nel convento di Monteoliveto, rinunciando all'eredità in favore della sorella Anna.
Le scarne notizie biografiche riguardanti Giovan Luca ce lo rimandano per lo più nell'assolvimento di incarichi per opere ordinate al padre e all'esecuzione delle quali evidentemente dovette prendere parte: nel 1592 per l'ultimazione di una Madonna del Rosario già commissionata a Cornelis Smet e da questo parzialmente dipinta; nel 1596 per un dipinto, di iconografia ignota, per la città di Molfetta, e probabilmente da destinarsi, nella cattedrale; nel 1604 per una Madonna del Carmine da collocare nella cappella di Giulio Bianco nella chiesa di S. Maria la Novain situ. Poche le commissioni documentate relative a una sua attività autonoma.
Gli anni della crescente collaborazione di Hendricksz con il figlio Giovan Luca coincisero con quelli della più intensa produzione degli ultimi venti anni di attività, successiva alla piena affermazione professionale consacrata dalla nomina a console dei pittori napoletani: il 22 giugno del 1593 e il 6 novembre 1594.
Il 16 aprile 1596 Hendricksz fece testamento, esprimendo il desiderio di essere sepolto nel convento di Monteoliveto. Dieci giorni più tardi costituì Giovan Luca suo procuratore a Napoli, dotandolo di alcune somme di denaro in previsione di un viaggio che il figlio avrebbe compiuto nelle Fiandre nell'ottobre di quello stesso anno, quando infatti si trovava ad Amsterdam, impegnato, con lo zio Jacob, nella vendita della casa di Bethanienkerkstraat, detta De Romische Tiber.
È difficile una definizione circostanziata dell'indirizzo percorso dall'artista nell'ultimo decennio di permanenza napoletana, a causa di una mancanza di date certe di riferimento e del vivace dibattito attribuzionistico di cui sono state oggetto numerose opere di destinazione pubblica e privata.
Se è probabile la partecipazione del pittore, tra 1599 e 1603-04, all'esecuzione delle quattro tavole centrali, con Scene della vita della Vergine, del soffitto di Santa Maria la Nova, poche sono le opere conservate riconducibili ai pagamenti scalabili negli anni immediatamente successivi: perduti i due quadri nell'intempiatura della Chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini, se mai veramente eseguiti da Hendricksz nel 1601, rimane, del 1604, la citata Madonna del Carmine, alla quale si può accostare la versione semplificata, meno affollata di figure, ma di maggior cura descrittiva, posta sull'altare maggiore della Chiesa conventuale del Carmine a Noja, e probabilmente da anticipare, per ragioni di contesto, al 1601.
Del 1605 circa è il Martirio di Santa Caterina, già nella Casa della Santissima Annunziata e ora nel Museo civico di Castel Nuovo, da identificarsi probabilmente con il dipinto commissionato in quell'anno da Sebastiano Luongo. Sono tutte opere popolate da figure colte in atteggiamenti estatici, ispirati, ed eseguite con la medesima pittura disossata, liquida ed insieme impastata, sintomatica di un ritorno alla versione mistica del manierismo di Giovanni De Vecchi (1536 – 1614) nell'oratorio del Gonfalone. Per analogie tecnico stilistiche, congiunte a una analoga intonazione devozionale, dovrebbero potersi collocare in questi ultimi anni la Sacra Famiglia, della Galleria nazionale di Praga, l'Annunciazione della Chiesa di San Nicola ad Aversa, il San Francesco del Santuario di Paola, l'Annunciazione di San Giuseppe a Vibo Valentia e la Visitazione del Museo di San Lorenzo Maggiore a Napoli, forse la stessa già nella Congrega di San Marco ai Lanzieri, fondata nel 1608, e dunque da avvicinare al termine della produzione documentata del pittore, e particolarmente emblematica di quello stile "riepilogativo" dell'ultimissimo Hendricksz, caratterizzato da una fase "molto più plasticamente rilevata".
Gli anni conclusivi del primo decennio del Seicento videro Hendricksz impegnato nella sistemazione dei suoi affari in vista del definitivo trasferimento ad Amsterdam, città nella quale si recò già nel novembre del 1606 per questioni inerenti le sue proprietà. Si trattò probabilmente di una permanenza di breve durata poiché del 1608 è la Madonna col Bambino, Santa Caterina d'Alessandria e un santo vescovo della Chiesa dell'Annunziata di Arienzo, in situ, commissionata da Orazio Villacio e ultima opera nota, nonostante i documenti successivi attestino il prolungarsi del soggiorno napoletano almeno fino alla metà circa del 1610, quando, il 9 dicembre, alla morte del figlio Giovan Luca, Hendricksz assunse la procura della nuora Silvia Camardella e la tutela dei suoi figli.
Nel maggio del 1610 o poco dopo, dovette rientrare definitivamente in patria: in quel periodo infatti il pittore, ancora a Napoli, costituì Cornelis Vinx suo procuratore per l'esazione e il recupero dei suoi crediti, mentre il 16 aprile 1611, ormai ad Amsterdam, sposò Suzanne Coenraet van Deuren di Delft di trentuno anni, dichiarando in quell'occasione di risiedere in città da circa un anno e di essere vedovo di Maddalena di Medina.
Dalla seconda moglie gli nacquero, tra il 1612 e il 1616 quattro figli, dei quali il primo, Henrik, ebbe come padrino di battesimo il pittore Abraham Vinx.
Niente altro è noto degli ultimi anni di vita dell'Hendricksz il cui vuoto di opere lascia intendere, insieme all'età ormai avanzata, un’eventuale difficoltà di inserimento nel mercato artistico di una patria di origine a lui praticamente estranea. In questa prospettiva si è suggerito di riconoscere nell'insieme di disegni, ad evidenza non riconducibili a opere pittoriche, già ascritti al Maestro degli Album Egmont, e attribuiti a Hendricksz da Nicole Dacos sulla base di criteri non da tutti condivisi, studi preparatori per incisioni, eseguiti dal fiammingo al rientro in Olanda nel tentativo di inserirsi nella locale produzione a stampa.

Hendricksz morì ad Amsterdam nel 1618, anno in cui nacque il quinto figlio del suo secondo matrimonio, e il 20 novembre il suo corpo fu sepolto nella Nieuwezijds Kapel.
Giovanna Nastro

5 commenti:

  1. Gentile Giovanna Festa, gentile Professor Capuozzo, Vi ringrazio per questo omaggio - indiretto - al mio contributo sul Dizionario Biografico degli Italiani. Sarebbe stato opportuno che questo testo recasse in apertura e conclusione le virgolette " " che, come certamente saprete, si utilizzano ogni qualvolta si citano letteralmente scritti altrui (come in questo caso, salvo pochi tagli). Splendide le immagini che compensano le indubbie mancanze, in tal senso, della meritoria impresa editoriale dell'Enciclopedia Treccani. Cordialmente, Susanna Falabella

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  2. Gentile Giovanna Festa, a volte per fare una foto occorre impegnare notevoli energie. Lei in questo articolo ha utilizzato le mie immagini dell'Annunciazione e dell'Assunzione di Montorio senza citare la fonte.Non è corretto.
    https://www.francovalente.it/2010/01/27/l%E2%80%99annunciazione-di-teodoro-d%E2%80%99errico-a-montorio-nei-frentani-prima-parte/

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  3. A Putignano (BA) abbiamo una grande pala d'altare di Hendricksz Dirk, (conosciuto anche come Teodoro d'Errico o Enrico d'Assile). Al centro, la Vergine col Bambino circondata da angeli e da putti alati, è venerata da Sant’Antonio da Padova che le dona il giglio e da San Francesco d’Assisi. In basso è raffigurata la committente con un bell'abito seicentesco e con il Rosario in mano: la pia nobildonna putignanese Francesca Antoniana, fondatrice sia dell'Ospedale Santa Maria degli Angeli che dell'annesso Conservatorio Santa Maria degli Angeli (con rogito notarile datato 10.03.1600) . Tra le volontà riportate nel testamento Francesca Antoniana da' disposizione al curatore testamentale di pagare un saldo di 21 ducati al pittore citato col nome di Enrico d' Assile. https://www.facebook.com/photo?fbid=10222353107722162&set=pcb.10222353111402254

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  4. Una lieve correzione: A queste opere documentate è possibile accostare l'Ultima Cena della chiesa di Sant’Eligio ai Vergini a Napoli. La Chiesa di Sant'Eligio sta nella zona Mercato, distante pochi Km. dai Vergini che si trova nel rione Sanità.

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