martedì 3 novembre 2015

O bella età dell'oro di Torquato Tasso

·        Il coro dell’Età dell’oro conclude il primo atto dell’Aminta, un dramma pastorale diviso in cinque atti disuguali, preceduti da un prologo e intervallati da cori, che risale alla primavera del 1573, quanto Tasso, uomo di nobili e dotte origini, stava componendo la Gerusalemme Liberata.
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         Il dramma pastorale, o favola boschereccia, è un genere teatrale, che si era affermato negli ultimi decenni del Quattrocento e che si rifaceva all'idillio e alla bucolica  e trasformava il dialogo in una vera e propria azione drammatica. Esso fu tuttavia condizionato dalle corti, che esigevano dal poeta un teatro raffinato, pieno di fasto e di garbo. Il dramma pastorale fuse così il sentimento tragico e quello comico, con il lieto fine di rigore, per non turbare la serenità del giorno festivo, in cui abitualmente si rappresentava questo genere, originariamente era rappresentato solamente nei giardini cortesi ed era quindi destinato ad un pubblico ristretto: il dramma pastorale fungeva infatti da intrattenimento festivo di tono garbato ed estremamente raffinato, le sue prime rappresentazioni si svolsero a Mantova e a Ferrara, trovando nella cultura di un grande poeta prima, e di un grande letterato poi, la sua espressione. Dalla favola pastorale il teatro riprende gli stessi personaggi: ninfe, satiri, pastori, cacciatori. Il primo esempio di questo genere si ha nella Favola di Orfeo di Poliziano, rappresentata a Mantova nel 1480 e da allora, fino alla metà del Seicento, il genere continuò ad avere fortuna e fra le opere più significative sono da ricordare il Tirsi di Baldassarre Castiglione del 1506, l'Egle di G. B. Giraldi Cinzio del 1545, l'Aminta di Tasso del 1573, mentre l'Endimione di A. Guidi del 1692 segna la fine di una formula ormai priva di interesse. A quel punto la pastorale, in parte cantata e in parte recitata e fu sostituita dal melodramma interamente cantato.
·         I personaggi di questo tipo di azione scenica interpretano dei pastori, ma in realtà, dietro a questi attori si celano i personaggi della corte ove l’opera è stata messa in scena.
·         L’Aminta fu rappresentato nei giardini di Belvedere sul Po, durante una festa di corte. Da un lato l’opera si propone di idealizzare e celebrare la vita di corte, dall’altro rivela una profonda sofferenza per i suoi rituali che si traduce in un bisogno di vita semplice di sentimenti e comportamenti spontanei, a contatto e in armonia con la natura, e in un bisogno di evasione in un mondo di favola fuori dalla realtà e dalla storia.
·         Quest’opera narra dell’amore non corrisposto che il povero pastore Aminta prova per Silvia. La fanciulla catturata da un satiro e legata nuda ad un albero, è liberata da Aminta, ma per la vergogna fugge via; il povero pastore si dispera e tenta il suicidio, quando viene a sapere che Silvia durante la fuga, è stata assalita e sbranata da un branco di lupi. Il dramma ha però un lieto fine, in quanto Silvia è riuscita a salvarsi dai lupi, e, il tentativo di suicidio di Aminta non è riuscito, perché una siepe ha attutito la sua caduta, dopo essersi buttato in un precipizio. Silvia, commossa per il gesto d’amore, si concede ad Aminta.
·         Giambattista Guarini scrisse il Pastor fido circa vent’anni dopo l’Aminta di Tasso: tutt’e due le due vicende sono ambientate nella bella età dell’oro, già presente nelle ecloghe di Teocrito e Virgilio, quel locus amoenus in cui gli uomini sono in pace fra loro e non esistono stragi, vendette o guerre.
·         Negli anni Settanta Tasso visse a Ferrara il periodo di massimo splendore, durante il quale fu apprezzato da dame e da gentiluomini. In tutta l’opera Tasso attuò la fusione tra due generi letterari: il teatro e la lirica amorosa come si evidenzia anche da questo passo in cui il teatro è presente in quanto è un canto del coro.
·         Tutta l'azione si sviluppa in una giornata e in uno stesso luogo, una selva e il tema principale è l'amore tra la ninfa Silvia e il pastore Aminta, del quale si innamora solamente dopo essere stata salvata dall'attacco dei satiri.
·         Nell’Aminta, Tasso, rende omaggio ai cori classici greci e latini, infatti, la funzione che gli attribuisce nella sua opera è quella di commentare l’azione scenica come un pubblico ideale che guida le reazioni del pubblico reale. Il coro ha il ruolo di tramite tra i personaggi e il pubblico ed è quindi una voce intermedia che  trasferisce la ricezione del destinatario, la corte. Il coro indirizza il pubblico a determinate reazioni.
·         Questa canzone è il primo intervento del coro che esalta l'amore istintivo e la legge della natura e si ispira all'età dell'oro tanto decantata dai poeti Virgilio e Ovidio nella quale l'uomo segue gli istinti e vive nella felicità primitiva poiché non è vincolato da alcun tipo di legge morale e d'onore. Qui il coro esalta l’amore e la condizione d’innocenza originaria dell’uomo, accusando l’onore di aver inquinato e amareggiato la felicità primitiva. E tale felicità è rintracciabile nell’età dell’oro descritta da poeti quali Virgilio, Ovidio, Tibullo, in cui l’amore era istintivo e si seguiva la legge della natura: Si ei piace, ei lice.
·         Alla legge della natura si contrappone la legge civile, incarnata dalla città e dalla corte. Le leggi della morale e dell’onore, hanno imposto un controllo e una regola a tutti quei gesti naturali che nell’età dell’oro si svolgevano liberamente e ora invece hanno perduto la loro primitiva felicità. A questo punto quello che era piacere è diventata colpa. Così nella parte conclusiva del coro l’autore, facendo una evidente critica alla civiltà, invita l’onore ad associarsi alle classi di potere e agli intellettuali e di lasciar vivere i pastori nei modi antichi. In questo modo si rovesciano i valori e si mette sotto accusa l’intero sistema dei valori affermati dagli altri personaggi, stabilendo la corrispondenza fra amore e oro, onore e corte, piacere ed età dell’oro.
·         Il brano è una canzone di cinque stanze di tredici versi di settenari e di endecasillabi, alternati con lo schema abCabCcdeeDfF, e da un congedo, che ricorda quello di Petrarca in Chiare, fresche et dolci acque.
·         Le parole chiave sono età dell’oro e Amore, la Natura e l’Onore che sono tra l’altro personificazioni, in quanto scritte con la lettera maiuscola. A Cupido nell’età dell’oro non servivano frecce e arco perché l’amore era istintivo. In questo periodo invece l’amore diventa quasi proibito e anzi che essere un dono da apprezzare, diventa un furto e tutto regolato dall’onore. Per Tasso l’idea di divieto religioso o morale è rimossa, ma non a causa della fine dell’età dell’oro, quanto piuttosto per la cultura dominante di Controriforma che è repressiva e bigotta. L’onore indicare un significato che ruota intorno alla dignità, al rispetto delle norme sociali, alla morale tipiche di una società costruita: la corte. Per questo motivo l’affermazione delle gioie è malinconica e appare caratterizzata più dal rimpianto che, come dovrebbe essere, dall’abbandono.
·         Per Tasso fare poesia significa utilizzare l’immensa quantità di materiale depositato nella tradizione e rinnovarlo attraverso un gioco di ricombinazione.

O bella età de l'oro,
non già perché di latte
se 'n corse il fiume e stillò mele il bosco[1]
non perché i frutti loro
dier da l'aratro intatte
le terre e gli angui errâr senz'ira o tosco:
non perché nuvol fosco
non spiegò allor suo velo,
ma in primavera eterna,
ch'ora s'accende e verna[2],
rise di luce e di sereno il cielo;
né portò peregrino
o guerra o merce a gli altrui lidi il pino.

Ma sol perché quel vano
nome senza soggetto,
quell'idolo d'errori, idol d'inganno,
quel che da 'l volgo insano
Onor poscia fu detto,
che di nostra natura il feo tiranno,
non mischiava il suo affanno
fra le liete dolcezze
de l'amoroso gregge;
né fu sua dura legge
nota a quel'alme in libertate avezze,
ma legge aurea e felice
che Natura scolpì: S'ei piace, ei lice.

Allor tra fiori e linfe[3]
traean dolci carole[4]
gli Amoretti senz'archi e senza faci;
sedean pastori e ninfe
meschiando a le parole
vezzi e sussurri ed a i susurri i baci
strettamente tenaci;
la verginella ignude
scopria sue fresche rose[5]
ch'or tien ne 'l velo ascose,
e le poma de 'l seno acerbe e crude[6];
e spesso in fonte o in lago
scherzar si vide con l'amata il vago[7].

Tu prima, Onor, velasti
la fonte de i diletti,
negando l'onde a l'amorosa sete:
tu a' begli occhi insegnati
di starne in sé ristretti[8],
e tener lor bellezze altrui secrete:
tu raccogliesti in rete[9]
le chiome a l'aura sparte:
tu i dolci atti lascivi
festi ritrosi e schivi,
a i detti il fren ponesti, a i passi l'arte;
opra è tua sola, o Onore,
che furto sia quel che fu don d'Amore.

E son tuoi fatti egregi
le pene e i pianti nostri.
Ma tu, d'Amore e di Natura donno[10],
tu domator de' regi,
che fai tra questi chiostri[11]
che la grandezza tua capir non ponno[12]?
Vattene e turba il sonno
a gl'illustri e potenti:
noi qui negletta e bassa
turba, senza te lassa
viver ne l'uso de l'antiche genti.

Amiam, ché non ha tregua
con gli anni umana vita e si dilegua.
Amiam, ché 'l Sol si muore e poi rinasce:
a noi sua breve luce
s'asconde, e 'l sonno eterna notte adduce[13].


[1] Stillò: trasudava
[2] S'accende: caldo estivo Verna: freddo dell'inverno
[3] Linfe: acque
[4] Traean...faci: gli Amorini facevano danze senza gli strumenti per l'innamoramento, poiché l'amore nasceva spontaneo.
[5] Rose: bellezze delle fanciulle
[6] Le poma...crude: seni ancora acerbi ( metafora)
[7] Il vago: l'amante
[8] In ristretti: abbassati
[9] tu raccogliesti... sparte: tu raccogliesti in acconciature i capelli sparsi al vento (cfr. Canz., XC, Erano i capei d'oro a l'aura sparsi).
[10] Donno: signore
[11] Chiostri: selve
[12] Capir non ponno: non possono contenere
[13] Adduce: porta

1 commento:

  1. "The golden age, ah, whither is it flown,
    For which in secret every heart repines?
    When o’er the yet unsubjugated earth
    Men roam’d, like herds, in joyous liberty;
    When on the flowery lawn an ancient tree
    Lent to the shepherd and the shepherdess
    Its grateful shadow, and the leafy grove
    Its tender branches lovingly entwin’d
    Around confiding love; when still and clear,
    O’er sands forever pure, the pearly stream
    The nymph’s fair form encircled; when the snake
    Glided innoxious through the verdant grass,
    And the bold youth pursu’d the daring faun;
    When every bird winging the limpid air,
    And every living thing o’er hill and dale
    Proclaim’d to man,—What pleases is allow’d..."

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