venerdì 6 maggio 2016

A tu per tu con l’opera d’arte: Francesco Martone e “Le bianche scogliere di Rugen” di Friedrich.

La genesi del dipinto commissionata nel gennaio del 1818, quando Caspar David Friedrich sposò Christiane Caroline Bommer, che era circa venti anni più giovane di lui. Durante il viaggio di nozze compiuto tra luglio e agosto del 1818, gli sposi visitarono i parenti a Neubrandeburg e Greifswald.
Da lì la coppia fece un’escursione all’isola di Rugen nell’attuale parco nazionale di Jasmund insieme a Christian il fratello di Friedrich. Il dipinto appare come una celebrazione dell’unione della coppia. Il dipinto raffigura la vista delle scogliere dello Stubbenkammer, in quel momento uno dei più famosi punti panoramici dell’isola.
Spesso si è creduto, ma erroneamente, che gli affioramenti rocciosi della Wissower Klinken in particolare siano stati un modello per il dipinto; tuttavia, essi non esistevano al momento della creazione del quadro, essendo apparsi solo successivamente a seguito dell’erosione. Friedrich spesso componeva i suoi paesaggi da elementi accuratamente scelti da precedenti disegni, per tanto non è distinguibile una loro posizione specifica.
Due alberi, le cui foglie coprono la parte superiore del dipinto, inquadrano il paesaggio. Due uomini e una donna, in abiti da città, guardano con meraviglia il panorama. La figura sottile al centro è di solito interpretata come lo stesso David Friedrich.
Il cappello si trova accanto a lui in segno di umiltà, egli cerca un punto d’appoggio nell’erba come simbolo della transitorietà della vita e guarda nel baratro davanti a lui che simboleggia l’abisso della morte. A destra un uomo con le braccia incrociate si appoggia al tronco di un albero morente e guarda lontano verso il mare.
Le due piccole barche a vela all’orizzonte sono simboli dell’anima che si apre alla vita eterna e corrispondono alle figure dei due uomini. A sinistra una donna con abito rosso siede accanto ad un arbusto quasi secco: solo i rami intorno al suo viso hanno le foglie. Con la mano destra indica l’abisso e i fiori confinanti.
In contrasto con gli uomini che fissano l’abisso e in lontananza, la donna comunica con le altre figure, sentendosi minacciata dal baratro oppure meravigliata dalla bellezza naturale del paesaggio.
I colori dei vestiti delle figure  sono simbolici. La figura centrale è blu, il colore della fede; la figura a sinistra è di colore rosso, quella dell’amore; e la figura a destra è verde quella della speranza.
Così essi possono essere interpretati come forme di realizzazione delle tre virtù teologali cristiane: fede, speranza e amore.
Lo storico dell’arte Helmut Borsch-Supan vede nell’immagine una rappresentazione della relazione di Friedrich con la morte e la minaccia per la vita con la morte: “chiara come quasi mai, ma allo stesso tempo anche in un sentimento insolitamente sereno.”
Friedrich è ritenuto un grande paesaggista ma la parola va intesa non in senso illuminista bensì nel senso romantico di totale convivenza dell’uomo, finito e tuttavia colmo di aspirazione all’infinito, con la natura, immensa e possente.
Nel paesaggio Friedrich trasmette la ricchezza dei suoi sentimenti, la coscienza della solitudine dell’uomo, la sua angoscia di fronte al mistero; nella natura egli coglie il sublime, tema fondamentale del romanticismo, che è stato definito da uno dei massimi filosofi tedeschi, Emmanuel Kant; sublime è il senso di sgomento che l’uomo prova di fronte alla grandezza della natura, sia nel suo aspetto pacifico sia ancor di più nel momento della sua terribilità, quando ognuno di noi senta la sua piccolezza, la sua estrema fragilità ma al tempo stesso, proprio perché cosciente di questo, intuisce l’infinito e si rende conto che l’anima possiede una facoltà superiore alla misura dei sensi.

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