sabato 1 agosto 2009

Un museo scomparso: il caso dell'Antiquarium stabiano. di Antonio del Gaudio

L’Antiquarium stabiano era una raccolta museale, centro di grosse polemiche un ormai annoso problema che la Sovrintendenza ai beni culturali e le Amministrazioni comunali di Castellammare di Stabia hanno incancrenito.
Il Museo, istituito nel 1959 dal preside Prof. Libero D’Orsi, è tuttora chiuso al pubblico, anche se presentava testimonianze archeologiche classiche e medievali di un certo rilievo, raccolte ed ordinate dal Prof. L. D’Orsi, provenienti dagli scavi della prima Stabia poi da quella del periodo post-sillano fino alla distruzione del Vesuvio del 79 d.C., infine, dal terzo insediamento urbano, negli anni della rinascita in età preadrianea.
Per lo più i reperti erano ordinati topograficamente, tuttavia il nucleo più antico della raccolta era costituito dai ricchi corredi funerari delle necropoli scoperte nel territorio di Santa Maria delle Grazie, ma il nucleo più cospicuo è costituito da dipinti e da stucchi provenienti dalle ville romane appartenenti alle mode decorative di età giulio-claudia e flavia, meglio note rispettivamente come terzo e quarto stile pompeiano; un complesso particolare era invece costituito dai raffinatissimi pannelli in stucco dalla villa rustica del Petraro, ancora in esecuzione durante l’eruzione del 79.
Di grande interesse è la ricostruzione del raro carro agricolo ligneo proveniente dal quartiere rustico di Villa Arianna.
L’antiquarium era costituito da undici sale.
Nella sala 1, ai lati dell'ingresso si notano due capitelli dorici, rinvenuti in una fattoria sulla Via Stabia-Nocera, ed alle pareti si ammiravano parecchi dipinti parietali e di sof­fitto, dei quali alcuni di particolare importanza, come, quello che rappresenta il mito di Edipo. I due affreschi appartengono all'atrio tetrastilo della Villa San Marco. Altre interessanti pitture si ammiravano in questa sala: un satiretto che si accinge a suonare la siringa; un Dioniso vivace e originale nell'espressione; una straordinaria maschera col mento appoggiato su una predella, il cui im­pressionismo era oltremodo evidente ci mette nell'animo un senso di terrore. Seguono una magnifica triglia, con intorno dei molluschi; un arciere di guardia, un guerriero con lo scudo; un Ercole bambino, armato di clava; un piccolo Pegaso e due figure di donne che ricordano i dipinti del Rinascimento italiano e nell'angolo destro della sala una stele funeraria litica.
Sopra l'arco ogivale c’è una testa di Medusa di terracotta dagli occhi minacciosi.
Si passa quindi in una saletta dove, alla parete destra sono due stupendi pezzi di pavimento in opera sedile; e una sottile lastra dì finissimo marmo. Ai due lati del piccolo ambiente erano disposti in due bacheche parecchi piccoli capolavori pittorici di parete e di soffitto: la donna dolente, l'amorino dai capelli d'oro, la testa di vecchio, la fanciulla che dorme e sorride, un Pègaso; alcune maschere; volti di efebi; due stupendi volti di negroidi, e inoltre alcuni piccoli bassorilievi, rinvenuti nel terreno di scavo della villa rustica della zona Petraro. Rappresentano volti di giovani e di donne: di speciale importanza è il viso di un vec­chio, forse un Sileno, molto espressivo. Sulla breve parete a sinistra di chi entra due piccoli capolavori: un viandante dall'aspetto stanco e una tomba con un orante. Nella parete più ampia, erano esposti in una vetrina parecchi gusci d'ostriche e conchiglie.
Nella sala 2 dove si allineano 25 bassorilievi di grande pregio. Specialmente degni di nota due pugili che si pre­parano al combattimento: hanno alle mani il caestus e presentano un corpo anatomicamente perfetto. Un grande quadro frammentario rappresenta il mito di Pasiphae contornato da una cornice di gusto rinascimentaleggiante; quin­di un'aerea Psiche dai veli svolazzanti; quindi un rilievo del fiume Sarno, acefalo, due Arpie e infine il mito di Narciso.
In questa sala era collocata anche qualche pittura parietale o di soffitto molto interessante: una delicata figura di servente con in mano una brocca; parecchi frammenti del mito di Elios con in primo piano la meravigliosa testa di cavallo; una villa marina; un bellissimo Apollo arciere e un puttino che pare accarezzi una mano. Al centro della sala, in due lunghe vetrine sono ordinati vasi preromani, tra i quali specialmente degni di at­tenzione una chylix attica della cosiddetta scuola dei miniaturisti, al­cuni vasi corinzi, buccheri e vasi campani. In un'altra vetrina si am­miravano parecchi oggetti di epoca romana: vasi di bronzo, cerniere, serrature, forme da dolci, monete, oggetti dì vetro ecc.
Nella sala 3 c'erano pitture parietali e di soffitto di grandissima importanza: un grande quadro rappresenta Melpomene stupenda creatura dal volto soffuso di mestizia; un’Atena, che l'artista ha rappresentata sulle spalle della Vittoria. Al centro della parete di sinistra ecco tra gli altri il Planisfero delle Stagioni e un Mercurio psicopompo.
Sulle pareti minori della terza sala c'erano due pitture stabiane: quella a sini­stra rappresenta forse Teseo; l'altra a destra un giovane, quasi intatto nella testa ma molto frammentato nel corpo. Seguono sulla grande parete due interessanti centauri ma­rini e sotto a questi un'altra pittura parietale che si sviluppa in larghezza e che rappresenta una specie di cantiere di lavoro.
Se­guono altri dipinti, due figure di cui una col braccio levato, accenna su nel cielo a qualche fenomeno, mentre l'altra guarda sbalordita. Seguono una scena di caccia; poi il volto di una giovane che dolcemente sorride, una maschera dal terribile ghigno, una piccola Medusa e un grazioso amorino. Nel mezzo della sala, quattro bacheche con molti oggetti di bronzo e di finissima ceramica sia attici che corinzi.
Sotto l'arco che immette nella terza sala erano collocate piccole pitture, un amorino timpanista, una donna nuda che, ritta, fa delle abluzioni, mentre un ca­gnolino la guarda con occhi umani. E sulle pareti del secondo arco, tre piccole pitture; una fanciulla dal bel profilo greco, una natura morta e un appetitoso grappolo d'uva. A destra una figura di donna, coronata di pampini.
Nella sala 4 sulla parete centrale era rappresentato il mito di Poseidone. Altre pitture completano il quadro: un cavallo con occhi umani ammicca alla Naiade e a Poseidone; un agile auriga che regge le briglie e un portatore d'acqua. Ai lati del quadro centrale, un’offerente dai veli svolazzanti e una baccante in preda ai furori bacchici. Tutte queste figure e un trittico sono espressi in una sola grande pa­rete. Completano il quadro festoni, festoncini, candelabri e sistemi architettonici di delicata fattura.
Nella parete sinistra, si presentava, un il trionfo di Bacco. Sulla parete destra un'altra baccante con in mano il tirso e poi un altro quadro sono rappresentati Bacco e Cerere
Sulla parete di destra un lararium con un'edicola che reca al centro un'immagine di Minerva.
Nel se­condo corpo del Museo erano collocate 16 bacheche piene di oggetti di bronzo, di ferro, di terracotta: non è possibile descrivere tutti gli oggetti che si trovano in queste bacheche in ognuno di essi si notava qualche cosa di particolare. In mezzo a questo salone era collocata una tomba ad incinerazione. Anche in questo ambiente erano collocati alcuni notevoli dipinti parietali.
Nella sala 8 sono conservate molte sculture. A sinistra entrando, sì nota un trofeo d'armi scolpito su un'antica lastra dì marmo con decorazioni a intaglio. Segue una colonna miliare.
Seguono tre cerchi di pietra che servivano per macinare il grano e altri cereali (molae trusalites). Nella parete di fronte ecco un bel sarcofago. Ma il capolavoro di questa sala era il sarcofago di Giulio Longino capo dei decurioni di Miseno.
Sotto questa lapide era collocato un grande capitello. Altre lapidi ornavano le pareti in questa sala sono esposti altre lapidi di notevole interesse e coperchi di sarcofaghi.
Nella sala 9 si notano subito due monumenti sepolcrali. Al centro della sala si eleva un grandioso portale con archi­trave e molte colonnine tortili e prismatiche. Altre piccole sculture e lapidi erano esposte nella sala e al centro in una bacheca erano conservati pa­recchi oggetti di epoca romana e cristiana: lucerne, frammenti di pietre preziose, chiavi, pezzi di serrature, anelli di bronzo, denti di cinghiale, una fibula di avorio con due persone che si abbrac­ciano, due riproduzioni di pitture dì pa­rete rappresentanti due navi, ecc.
In tutti i locali che ormai risultavano già insufficienti per tanto materiale archeologico al momento dell’organizzazione museale, erano collocate qua e là varie anfore dell'epoca romana e sannitica; alcune lapidi e un interessante coperchio di urna cineraria di marmo, che reca nel mezzo scolpita una sfinge e ai lati due maschere.
Nella sala 11 si poteva am­mirare molti importanti vasi sannitici e presannitici; pezzi di stucco dipinti (sette di essi presentano tracce di decorazione in oro), al­cuni dipinti di parete e di soffitto.
In discorso a parte meritano alcuni reperti che non fanno più parte.
Tra i reperti più significativi provenienti dagli scavi stabiano che non fanno più parte dell’Antiquarium c’è da ricordare la Primavera di Stabiae, affresco raffigurante la dea della primavera. La Venditrice d'Amorini, dipinto che influenzò l'arte neoclassica del '700 e la statua di Doryphoros. Il carro romano di Villa Arianna anche la statua del Buon Pastore. Oggi l’Antiquarium era un autentico giacimento culturale non sfruttato. I motivi che hanno determinato la chiusura del museo sono stati l’umidità, la polvere, l’intonaco scrostato, l’insufficiente aerazione, gli infissi deteriorati e l’esistenza di un solo servizio igienico. Ma che i locali fossero umidi e interrati è noto fin dal 1959, quello che stupisce di più, invece, è l’insensibilità dimostrata nel trovare una sede idonea a uno dei musei più belli d’Italia. Lo stesso D’Orsi, realizzatore dell’Antiquarium, a proposito dei preziosi reperti scrisse “tutti questi oggetti, per merito dell’Amministrazione Comunale che ha approntato i locali, hanno trovato una decorosa sebbene provvisoria sistemazione nel Palazzo delle Scuole Medie”. Più avanti precisò che “i locali ormai risultano insufficienti per tanto materiale archeologico”, infatti, oggi più di ottomila reperti, per mancanza di spazio, sono accantonati l’uno sull’altro. Da sette anni la Soprintendenza archeologica di Pompei e l’Amministrazione comunale di Castellammare giocano a scaricabarili e le porte dell’Antiquarium stabiano restano chiuse al pubblico.
Antonio del Gaudio

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