lunedì 28 ottobre 2013

Giovanni Rucellai e l’architettura fiorentina di Leon Battista Alberti di Massimo Capuozzo

"La casa del signore sarà ornata leggiadramente,
di aspetto piuttosto dilettevole che superbo".
Leon Battista Alberti

La strada spianata a Firenze da Filippo Brunelleschi era stata seguita, oltre che da Michelozzo, da Leon Battista Alberti.
I palazzi costruiti a Firenze nel Quattrocento assunsero caratteri e forme nuove che si tramanderanno per tutta la modernità nei palazzi d'Italia e d'Europa. Il palazzo italiano si fissa in una forma cubica, severa all'esterno e più ariosa all'interno per la presenza di una ampia corte porticata, grande metafora della vita intima che vi si schiudeva all’interno.
Per comprendere la nuova forma del palazzo patrizio del Rinascimento fiorentino è tuttavia opportuno comprenderne la genesi che parte dalla casa-torre toscana e dal palazzo comunale dell'Italia centrale: un blocco a bugne rudi, segnato da cornici marcapiano, chiuso in basso come una fortezza e aperto nei piani superiori da bifore che, pur avendo sapore classico nei loro particolari, conservano nello spirito le forme di Arnolfo stabilite in palazzo Vecchio. Il coronamento è una cornice con ornamenti classici, ma il suo aspetto massiccio ricorda la corrucciata rudezza delle cornici a beccatelli, ossia quella teoria di mensole che permetteva, soprattutto nei castelli, di dare appoggio ad una parte di edificio di pianta maggiore di quella sottostante.
Una forma intermedia che contribuisce alla formazione di questo schema si rileva in molte edifici trecenteschi a blocco quadrato, in cui predomina il muro a ornamento liscio di pietra o di mattoni, senz'altro decorazione che la successione delle finestre e i ricorsi orizzontali di brevi cornici marcapiano come in Palazzo Davanzati a Firenze, Palazzo Tolomei a Siena e Palazzo Buonsignori a Pistoia.
Con Palazzo Medici Riccardi, costruito fra il 1444 e il 1452 da Michelozzo e con l'ancor più rude e di sapore medievale palazzo Pitti – attribuito a Brunelleschi senza reali prove e non nelle attuali misure, (il palazzo, infatti, aveva originariamente, sette finestre sia al primo sia al secondo piano e consentiva l'entrata non da uno ma da tre portoni) – sembra giungere allo schema definitivo del Rinascimento fiorentino del palazzo-forte. È tuttavia questione di poco: sorge, infatti, il palazzo a ordini sovrapposti di cui l'archetipo è palazzo Rucellai ad opera dell’architetto umanista Leon Battista Alberti.
Con Palazzo Rucellai il Rinascimento guerriero dei primi tempi assume un nuovo carattere di grazia. Sebbene l'idea unitaria del cubo vi rimanga, varia soltanto l'aspetto aggressivo grazie alle novità delle soluzioni adottate: le bugne rudi si trasformano in un bugnato geometrico nitidamente inciso sul muro, la larga muraglia è scandita da paraste che delimitano spazi minori in un ritmo più aggraziato e alla poderosa cornice dei palazzi Medici Riccardi e Pitti, proporzionata a tutta l'altezza dell'edificio, si sostituisce una più leggera cornice adeguata all'ordine architettonico corinzio.
Palazzo Rucellai fu costruito da Bernardo Rossellino (1409 –1464) tra il 1446 e il 1451 su progetto di Leon Battista Alberti, in via della Vigna Nuova nel cuore storico (1404-1472) di Firenze, e rappresenta la summa degli ideali architettonici di Alberti, che condensò tutta la propria doctrina artistica in questo lavoro, raccogliendone poi gli spunti teorici nel suo trattato De re aedificatoria del 1452, redatto durante la sua permanenza alla corte estense di Ferrara, in onore di papa Niccolò V Parentucelli (1397  1455), grande patrono del Rinascimento artistico italiano.
In questo trattato, divenuto un vero e proprio manuale di progettazione, Alberti spiega che l'architettura deve imporsi più per il prestigio delle proporzioni che per la dimostrazione di bellezza e fasto: in questo senso Palazzo Rucellai può essere considerato il primo esempio coerente di sintesi di prassi e teoria, come si evidenzia nell'uso sapiente dei tre ordini classici sulla facciata. La sovrapposizione degli ordini, come teorizzato da Vitruvio, è una chiara citazione del Colosseo, il quale suggerisce l'uso dell'ordine dorico senza il relativo fregio a metope e triglifi. Anche il bugnato a conci levigati si ispira all'architettura romana, come nel motivo del basamento a imitazione dell'opus reticolatum.
Alberti, ispirato dalla recente attività di Brunelleschi, aveva deciso di sperimentare nell’edilizia residenziale l’eredità architettonica dell’antica Roma, adattando gli schemi della monumentalità classica alla dimensione privata della borghesia fiorentina rinascimentale. Il ricco mercante Giovanni Rucellai (1403 - 1481), chiamato Giovanni il Magnifico per il suo amore per la cultura e per le arti e legato ad Alberti da una profonda amicizia e da una singolare affinità culturale, gli diede la possibilità di questa sperimentazione e gli affidò la costruzione della sua nuova dimora urbana, inserita in uno dei quartieri più antichi di Firenze.
Alberti dovette quindi affrontare la duplice sfida di inserire il suo progetto originario in uno spazio ristretto ed irregolare, delimitato all’esterno da numerosi caseggiati di stile medievale e di dare unitarietà ad un contesto architettonico preesistente disomogeneo: l’edificio era infatti costituito da un complesso di tre fabbriche già esistenti e questo significava che anche qui l'intervento di Leon Battista Alberti sarebbe dovuto consistere, come era già successo a Rimini nel Tempio Malatestiano, in un'opera di ricucitura di architetture preesistenti; ma, diversamente dall’intervento di Rimini, in questo caso l’opera era molto più vincolata, perché a Firenze, già dal XII secolo esistevano ferrei regolamenti urbani soprattutto sull'invasione del sedile stradale – le strade, infatti per gli statuti regolatori dovevano avere una determinata larghezza e non si poteva costruire invadendo né in terra né in aria oltre un certo limite. L'intervento architettonico di Leon battista Alberti in questo caso doveva quindi consistere all’esterno nella creazione di un'architettura che avesse la dimensione dei pochissimi centimetri a disposizione così già dal piano terra il palazzo è lievemente bugnato, sia per la questione della larghezza della strada sia per non porsi in concorrenza con i Medici che stavano costruendo il loro palazzo in via Larga.
Questo ostacolo, però, anziché bloccare l’architetto, rafforzò la sua fantasia compositiva, portandolo ad elaborare soluzioni figurative brillanti ed efficaci, destinate a lasciare un traccia profondo nell’architettura abitativa dell’epoca e di quelle successive.
Aiutato da Bernardo Rossellino, Alberti dilatò, infatti, enormemente la struttura visiva del palazzo, sfruttando con cura ogni centimetro della superficie a disposizione. In tal modo elementi tipici dello stile tradizionale romano – come archi, bassorilievi e pilastri – fusi sapientemente con elementi della tradizione medievale locale – come bugnato e bifore – furono replicati in piccole dimensioni nella facciata, dando una solida impressione di forza al passante occasionale, ma nello stesso tempo, la struttura interna della casa era delicatamente avvolta intorno ad un discreto cortile quadrangolare, circondato da logge e da porticati – sebbene oggi su due lati le arcate siano state purtroppo tamponate – offrendo ai suoi abitatori uno spettacolo di tranquilla e silenziosa quiete con ampie arcate a tutto sesto sostenute da colonne con capitelli corinzi molto elaborati, che ricordano quelli delle colonne sul portale del Battistero di San Giovanni. Il cortile per l’autore dei libri Della famiglia rappresenta il “cuore della casa”: esso è il fulcro intorno al quale ruota la distribuzione interna del Palazzo. Le lunette che si trovano nel soffitto dei loggiati poggiano su elaborati peducci in pietra scolpiti in stile classico.
Organizzato in tal modo, il complesso raccoglieva dunque maestosità e particolarità in una sola immagine, coerentemente declinata secondo le raffinate regole estetiche fissate da Brunelleschi nelle sue opere precedenti.
In questo modo l’architettura classica diventava parte integrante della sfera privata, riducendo la propria plasticità celebrativa in un sobrio stiacciato lineare, perfetto per le esigenze sociali della pragmatica borghesia cittadina.
La facciata, caratterizzata da un bugnato uniforme e piatto di pietraforte – tipica dell'edilizia fiorentina ed in uso almeno dall'XI secolo – è organizzata come una griglia scandita da elementi orizzontali e verticali. Gli elementi orizzontali sono caratterizzati dalle cornici marcapiano e dalla panca di via, un elemento in muratura e pietra, destinato alla seduta, collocato al piede della facciata principale con lo scopo, oltre che di seduta, di proteggere la muratura da urti dovuti al passaggio di veicoli: la presenza della panca di via sottolineava il prestigio della famiglia che risiedeva nel palazzo, dimostrando la sua cortesia per i cittadini ed assicurando ai clientes in attesa di lavoro o di doni, un sedile dove attendere, inoltre la panca di via assicurava visivamente un basamento all'edificio, che, come uno stilobate classico, creava una sorta di piano base per il palazzo. Nel caso di Palazzo Rucellai lo schienale della panca riproduce il motivo dell'opus reticulatum romano. Gli elementi verticali sono costituiti dalle paraste lisce, tipiche dell’architettura romana che decrescono progressivamente verso i piani più alti, dando un effetto prospettico di maggior snellezza del palazzo rispetto alla sua vera massa e di cui Leon Battista Alberti teorizzò le forme come quelle di una colonna pressata su una superficie piatta e leggermente sporgente.
Entro questa griglia si inseriscono le aperture: al pianterreno si aprono i due portali rettangolari classicheggianti, diversi da quelli gotici ad arco o con arco e architrave, al primo piano si aprono ampie bifore a tutto sesto con cornice bugnata, colonnina e oculo al centro, all'ultimo piano le paraste si alternano a bifore dello stesso tipo, ma di altezza minore.
In alto il palazzo è coronato da un cornicione poco sporgente, sostenuto da mensole: al di là di esso quasi si cela una loggetta ornata da pitture a monocromo del XV secolo, da alcuni attribuite alla cerchia di Paolo Uccello: l'elemento della loggia è un'ulteriore riprova della rottura con la tradizione medievale e di apertura verso la grande stagione del Rinascimento.
L'effetto generale della facciata è vario ed elegante, per la continua vibrazione della luce tra le zone chiare e lisce delle paraste e delle bugne e quelle scure delle aperture e dei solchi del bugnato, quasi si trattasse di un’impiallacciatura: lo stesso Alberti sminuì bonariamente il suo intervento, definendolo come decoro parietale.
Alberti sintetizzò questa elaborata semplificazione nel De re aedificatoria: rifacendosi direttamente alle dottrine di Vitruvio e di Aristotele, Alberti proponeva il continuo innesto delle antiche forme geometriche (quadrato, esagono ecc.) su una pianta centrale a forma di cerchio, nascondendo la limitatezza dei limiti imposti dal piano regolatore tramite l’estrema varietà figurativa di questi poligoni esterni. Le concezioni architettoniche di questo prospetto segnerà il passo un’ampia serie di declinazioni che effettuate già nel corso di poco tempo, fu ripreso da molti architetti rinascimentali che lo usarono con successo nelle loro composizioni originali come nel caso di Andrea Bregno (1418-1503) che replicò fedelmente le indicazioni di Alberti nella facciata di Palazzo Riario a Roma e poi nel caso di Baldassarre Peruzzi nella Farnesina, e rappresentò un punto di partenza per tutta l'architettura residenziale del Rinascimento, venendo citato quasi alla lettera da Bernardo Rossellino per Palazzo Piccolomini a Pienza, sebbene con minore raffinatezza di particolari e di proporzioni. Il notevole esperimento di Palazzo Rucellai fu ampiamente utilizzato nell’edilizia privata per oltre tre secoli, specialmente a Roma, dove gli spazi abitativi erano sempre scarsi e irregolari.
Tutte le architetture che Leon Battista Alberti realizzò a Firenze furono concepite per una stessa famiglia, la famiglia Rucellai. L'insula urbana si può definire appartenente alla famiglia Rucellai, infatti, col passar del tempo Giovanni Rucellai acquistò sempre più proprietà, ma soprattutto perché lo spazio dell’insula doveva essere fortemente caratterizzato dalla famiglia. Per questo motivo il sodalizio fra Giovanni Rucellai e Leon Battista Alberi, come si è accennato, portò ad altri capolavori di Alberti. Nello Zibaldone Giovanni Rucellai scrisse le sue memorie legate a tali imprese, e ricorda che per costruire Palazzo Rucellai la parte più difficile dell'impresa sia stata quella di convincere i vicini a vendere le loro case per realizzare il suo progetto: quella a destra del palazzo non fu mai ceduta infatti la facciata si mostra ancora oggi come spezzata su quel lato, con le giunture dei conci a zig zag come se dovesse esserci una prosecuzione.
Nel 1456 il munifico mercante affidò il progetto a Leon Battista Alberti, offrendosi di completare la facciata della basilica di Santa Maria Novella rimasta incompleta dal 1365. Tra 1458 e 1478 fu rivestita la parte restante di marmi policromi, armonizzando con la parte già esistente e sull'architrave superiore campeggia un'iscrizione che ricorda il benefattore e un simbolico anno di completamento, il 1470: l'elegante fregio marmoreo centrale con le vele con le sartie al vento è l'emblema araldico dei Rucellai.
Nel 1460 davanti al palazzo, sempre su disegno di Leon Battista Alberti, Antonio Guidotti realizzò la Loggia Rucellai, composta da tre ariose arcate a tutto sesto con colonne al centro e pilastri agli angoli, realizzata in occasione del matrimonio fra Bernardo Rucellai e Nannina de' Medici, sorella maggiore di Lorenzo il Magnifico, che sanciva l'alleanza fra queste due importanti famiglie, ma questa Loggia creava anche una visibilità notevole al suo palazzo che si trovava di fronte. Con la realizzazione della loggia era sistemata definitivamente anche l'area antistante al palazzo, creando in tal modo una tranquilla piazzetta, dove sono pienamente espressi gli ideali rinascimentali di bellezza ed eleganza.
L’ultima commissione di Rucellai fu la costruzione del Tempietto del Santo Sepolcro ultimato nel 1467 nella cappella Rucellai della chiesa di San Pancrazio sul retro del palazzo.
Massimo Capuozzo

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