domenica 15 settembre 2013

La cupola di Brunelleschi porta nella modernità di Massimo Capuozzo

L’ingresso dell’arte nella modernità, se si esclude il manipolo di pittori fiamminghi, avviene tutto nel primo Quattrocento a Firenze, dove alcuni maestri rivoluzionarono il modo di concepire artisticamente lo spazio, dando vita alla renovatio.
Già alla metà del XIII secolo l’arte italiana aveva già incominciato a percorrere una strada autonoma rispetto all’arte medievale e a quella gotica. In quella fase va individuato il reale punto di svolta che portò alla nascita della moderna «arte italiana». I primi periodi tuttavia furono soprattutto di incubazione e di sperimentazione e soltanto all’inizio del XV secolo l’arte italiana giunse ad una vera maturazione, proponendo una visione artistica pienamente innovativa che segnò l’inizio della modernità.
Alcune opere architettoniche sono particolarmente esemplari.
Filippo Brunelleschi (1377 – 1446) è l'architetto della straordinaria cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze, alla quale egli lavorò quasi ininterrottamente nel corso di tutta la sua vita. Alta 105,5 metri da terra e con un diametro di 51,7 metri, la modernità della cupola di Santa Maria del Fiore consiste nella dimostrazione che l'uomo non è più costretto ad imitare la natura, ma è capace di creare uno spazio umano che si rapporta con essa e si impone con la sua forza.
La cattedrale, centro simbolico della vita cristiana e simbolo della nuova realtà storica, era stata progettata da Arnolfo di Cambio in forme imponenti e armoniose, innestestando lo spazio longitudinale, diviso  in tre navate, sull'ampio coro a pianta centrale, dilatato da tre  grandi  absidi.
Ai tempi di Brunelleschi era già costruita fino al tamburo e bisognava compiere una scelta difficile, decidendo se adeguarsi alla struttura esistente oppure realizzare qualcosa di completamente nuovo. Ai tempi di Arnolfo la tecnica costruttiva si basava sull'uso di grandi centine lignee che sostenevano la struttura durante la costruzione: una volta impostata la chiave, la cupola poteva sostenersi autonomamente, per mezzo delle spinte reciproche delle arcate. Esistevano all’epoca maestranze specializzate che però nel corso del secolo si erano perse. Agli inizi del Quattrocento, quando i fiorentini affrontarono il problema  di  voltare la cupola,  forma  e  dimensioni  risultavano pertanto già decise e ribadite in tutta la loro  eccezionalità.
Su un diametro esterno di 55 metri essa si sarebbe dovuta innalzare fino  a 110 metri dal suolo, seguendo la forma dell'arco ogivale: il raggio di curvatura della cupola negli spigoli doveva essere pari a 4\5 del diametro d'imposta.
Per individuare la soluzione di un problema così complesso, in periodo di crescenti difficoltà economiche, l'Opera del Duomo bandì un concorso per accogliere idee  e proposte  esecutive.
La risposta data da Brunelleschi apparve subito una tecnica costruttiva del tutto nuova e pertanto vincente sotto ogni aspetto: due calotte sovrapposte e collaboranti, innervate da costoloni marmorei e da catene in ferro e in legno; una struttura autoportante in ogni fase dei lavori e quindi un metodo costruttivo che non necessitava di costose e forse irrealizzabili armature interne.
Un'opera così innovativa non poteva più basarsi sull'esperienza delle maestranze: l'architetto, unico responsabile del progetto, era chiamato a dirigere la manodopera, la quale doveva semplicemente seguire le sue istruzioni. Dal punto di vista formale la cupola, con la sua forma ogivale, compensava lo sviluppo longitudinale della pianta e la raccordava col corpo ottagonale. A dispetto della straordinaria mole, invece che gravare, la cupola sembra gonfiarsi nell'aria, contenuta dalle nervature nitide delle arcate.
Quando Alberti dice che la cupola «erta  sopra e' cieli,  amplia da coprire con sua ombra tutti e' popoli toscani» ne comprende il significato più forte, che supera l’ambito architettonico e urbanistico, ammettendo un significato decisamente ideologico. La cupola di Brunelleschi, come elemento di conclusione e definizione dell'unità architettonica, «è l'opposto del gotico moltiplicarsi delle forze verso l'alto con le numerose, esili guglie libere nello spazio» (Argan).
Intorno al 1430 Brunelleschi realizzò alla base della cupola le tribunette che dovevano darle leggerezza e nel 1432 la lanterna.
Molti aneddoti hanno contribuito a tramandarci l'immagine di Brunelleschi come di un isolato, che gisce con la fermezza di chi trova i motivi di riferimento e la saldezza di una dottrina nella forza della ragione e nella consapevolezza di quei valori scientifici e conoscitivi.
Sulle vicende di quest'opera, che divenne subito il simbolo più clamoroso della Rinascenza fiorentina, è stata scritta una grande quantità di testi, ma ancor oggi è un  mistero come Brunelleschi abbia potuto concepirla nella totale assenza di riferimenti a precedenti analoghi. In realtà l'invenzione di Brunelleschi parte da conoscenze specifiche e ben individuabili nell'esperienza che egli ha certamente di edifici pur concettualmente, strutturalmente e cronologicamente lontani tra loro, come il fiorentino battistero di San Giovanni,  il Pantheon o il Duomo di Pisa.
Il cosiddetto dispositivo, il programma per la costruzione della cupola che Brunelleschi redasse nel 1420, è il solo documento autentico giunto a noi: in esso appare evidente il senso della certezza che informa la sua progettualità. Più che esprimere un programma egli enuncia il progetto impartendo disposizioni esecutive. Nei dodici punti da lui elencati è contenuta già l'opera finita, ma c’è anche di più vi sono indicate persino quelle variazioni, incidenti e aggiunte che si dovranno fare, perché "nel murare la pratica  insegnerà quello che si avrà a seguire".
Il dispositivo brunelleschiano è un documento di straordinaria modernità: esso è già il progetto poiché prevede una serie di operazioni e il modo di  attuarle.
La cupola per altezza e per volume domina il panorama dell'intera città. Occupa quasi il centro geografico di Firenze e della sua vallata e ne costituisce il punto di riferimento e il perno. Nella sua imponenza c'è uno straordinario accordo con la città e soprattutto con i monti circostanti: l'opera, pur dominando la natura, non la stravolge, ma la esalta mettendosi in relazione con essa. La cupola dunque rappresenta, nel modo più evidente, l'idea rinascimentale dell'uomo, padrone in virtù della ragione, dell'ambiente circostante, non per conquista, ma per accordo naturale.

E proprio per l'intervento di Brunelleschi che Firenze, pur essendo ancora in sostanza medioevale, si propone sempre fino ad oggi come città rinascimentale.
Massimo Capuozzo.

2 commenti:

  1. Il genio compreso quello notevole di Brunelleschi spesso si manifesta attraverso processi ricorsivi, giochi di specchi. Così come con le tavolette prospettiche dove il punto di fuga veniva a coincidere con il punto di vista. E' la doppia cupola del duomo, una interna all'altra, di cui quella interna ne contiene una virtuale a sezione circolare, che ne ha garantito la costruzione autoportante senza uso di centine di sostegno. Infine la presenza della ricorsiva sequenza di Fibonacci nella costruzione. Cfr. Ebook (amazon) di Ravecca Massimo. Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo. Grazie.

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