martedì 2 luglio 2013

Il Ritratto d'uomo di Andrea del Castagno di Massimo Capuozzo

Il Ritratto d'uomo di Andrea del Castagno di Massimo Capuozzo

La nuova visione umanistico-rinascimentale impose l’affermazione del ritratto a mezzo busto di tre quarti, o in casi più rari, a figura intera – il Ritratto dei coniugi Arnolfini di Jan van Eyck datato 1434 o il Ritratto di cavaliere della casa della Rovere di Vittore Carpaccio, firmato e datato 1510 – in cui il personaggio risalta nella sua completezza e tridimensionalità in una più completa presa di possesso dello spazio e della volumetria.

Fra queste due opere si colloca il Ritratto d'uomo di Andrea del Castagno un dipinto autografo a tempera su tavola (54,2x40,4 cm), databile al 1450-1457 e conservato oggi nella National Gallery of Art di Washington, purtroppo estremamente poco studiato dalla critica.

La National Gallery of Art di Washington è uno dei musei più vasti e importanti del mondo, che copre, con le sue collezioni quasi settecento anni di storia dell'arte. La pinacoteca in particolare è la più vasta e completa degli Stati Uniti e, partendo dall'arte bizantina, arriva fino al XX secolo. La National Gallery of Art si formò essenzialmente grazie alle cospicue donazioni di privati, tra cui spiccano quelle di quattro grandi collezionisti americani: Andrew W. Mellon, Samuel H. Kress, Peter A. B. Widener e Chester Dale alle quali hanno fatto poi seguito, nel tempo, altre donazioni e acquisti.

L'opera, attribuita in genere all'ultima fase artistica di Andrea del Castagno, faceva probabilmente parte delle collezioni della famiglia Del Nero a Firenze, che nel XVIII secolo si fuse con i Torrigiani. Nel XIX secolo, fu venduta all'inglese Charles Fairfax Murray, che la immise nel mercato antiquario parigino e, nel 1907, fu acquistata da J. Pierpont Morgan un facoltoso banchiere e filantropo statunitense e trasportata a New York. Ceduta nel 1935 ad Andrew W. Mellon, giunse dopo la sua morte nel 1937 alla National Gallery di Washington tramite donazione.

Andrea di Bartolo nacque intorno al 1421 a Castagno, villaggio nel Mugello e la tradizione vorrebbe che messer Bernardetto de' Medici, proprietario di quei luoghi, nel vedere il ragazzo ritrarre uomini e animali, lo abbia condotto a Firenze e lo abbia posto a bottega da Paolo Uccello, uno dei i principali pittori del momento. Tuttavia non si sa nulla di preciso sulla sua formazione, ipoteticamente si possono fare i nomi di Fra Filippo Lippi e Paolo Uccello, come vorrebbe la tradizione, ma gli artisti che influenzarono sensibilmente lo suo sviluppo del più giovane Andrea furono Masaccio e Donatello per il carattere e per il senso drammatico. Con l'affermarsi della sua personalità artistica le tendenze di Andrea si trovarono in antitesi con quelle di questo sommo maestro del colore e della luce, a cui contrappose le ricerche degli effetti plastici e dei più arditi scorci attraverso la precisione del contorno, il vigore del chiaroscuro, la rigorosa prospettiva lineare, la solidità e nitidezza del colore rilevato da effetti di cangiantismo. Nel 1440, dopo la battaglia di Anghiari, Andrea dipinse, la sua opera più antica, ricordata dalle fonti ma perduta, gli affreschi sulla facciata del Palazzo del Podestà di Firenze, in cui sono raffigurati, impiccati simbolicamente, i membri della famiglia degli Albizzi e dei Peruzzi, colpevoli di tradimento dopo la battaglia di Anghiari. Da qui il soprannome di Andrea de gli Impiccati.

Nel 1442 Andrea era a Venezia dove, nella chiesa di San Zaccaria, eseguì gli affreschi in collaborazione con Francesco da Faenza, successivamente lavorò alla Basilica di San Marco lasciando un affresco con la Morte della Vergine (1442 - 1443).

Tornato a Firenze nel 1444, nel 1447 lavorò nel refettorio di Sant'Apollonia dove dipinse nella parte superiore: la Deposizione, la Crocifissione e la Resurrezione (scene molto rovinate, ma ancora leggibili). Nella parte inferiore dipinse l'Ultima Cena: la scena della rivelazione del tradimento si svolge in un ambiente ricco, caratterizzato dalla decorazione a tarsie marmoree e con richiami all'antico, vedi le due sfingi ai lati della tavolata, nella scena, scorciata con violenza, le figure, in pose pacate e solenni, si allineano seguendo il ritmo orizzontale della tavolata, e convergendo nel gruppo centrale formato dal Cristo, con alla sinistra Giovanni e da Giuda, che si trova seduto, diversamente dalle altre figure nella parte opposta della tavolata. Sempre per Sant'Apollonia dipinge in una lunetta del chiostro l'affresco con Cristo in Pietà sorretto da due angeli (di cui rimane anche la sinopia).

Tra il 1449 e il 1450 dipinge l'Assunta con i santi Giuliano e Miniato per la chiesa di San Miniato fra le Torri (ora a Berlino). In quegli anni lavora per Filippo Carducci alla serie degli Uomini e donne illustri (Villa Carducci di Legnaia)

Al 1450 circa fanno riferimento la Crocefissione di Londra; il David con la testa di Golia e appunto il Ritratto di uomo di Washington.

Il nobiluomo, del quale non si conosce l'identità, è ritratto di tre quarti, una posa molto rara per la ritrattistica italiana dell'epoca, della quale è l'esempio più antico conosciuto. Se nelle Fiandre, infatti, tale rappresentazione era consueta fin dagli anni trenta del XV secolo, nelle corti e nelle città italiane si preferivano ancora i ritratti di profilo, che rievocavano le effigi degli imperatori romani su medaglie e monete classiche come si è visto nelle opere del Pisanello e di Piero.

Il personaggio è raffigurato con una notevole individuazione fisiognomica ed è ritratto nel pieno della maturità, riccamente abbigliato, con una postura eretta e uno sguardo fiero che guarda direttamente lo spettatore. Lo sfondo è un cielo che schiarisce verso l'orizzonte. La luce, attraverso un sapiente uso del chiaroscuro, definisce con incisività le forme del soggetto fino a raggiungere esiti espressionistici e si sofferma a descrivere con minuzia le varie superfici incontrate, dalla morbida stoffa al lucido incarnato, fino alla massa scura dei capelli con un realismo cavilloso ed esasperato. Il rigore plastico è però attenuato da un'attenzione al disegno ed alla linea di contorno ben marcata, che si percepisce soprattutto nei tratti del volto, rivelando la matrice tipicamente fiorentina dell'opera.

Tra il gennaio 1451 e il settembre 1453, Andrea riprese gli affreschi delle Scene della vita della Vergine, lasciati incompiuti da Domenico Veneziano a Sant'Egidio ed oggi purtroppo perduti. A Ottobre Filippo Carducci gli commissionò gli affreschi per la sua villa a Soffiano, di cui rimangono Eva e una Madonna col Bambino molto lacunosa.

Nel 1455, lavorò alla chiesa della Santissima Annunziata (affreschi con Trinità san Gerolamo e due sante e San Giuliano e il Redentore). Di quegli anni dovrebbe essere l'affresco con la Crocifissione in sant'Apollonia.

Nel 1456 Andrea realizzò per il Duomo l'affresco con il Monumento equestre di Niccolò Mauruzi da Tolentino.

Andrea morì di peste il 19 agosto 1457.

Massimo Capuozzo

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