Durante il XV secolo nacque l’Umanesimo, che si affermò
soprattutto nel Centro-Italia. Questo nuovo modo di pensare la vita riconosceva
la centralità dell’uomo e la sua dignità. L’essere umano prendeva quindi un
nuovo posto all’interno della natura e ne diveniva il centro ordinatore.
Nella parte settentrionale dell’Italia, che conservava
spiccate connotazioni cortesi, questa corrente fu attenuata ed integrata con i
modelli artistici già presenti. La posa di profilo, tipica del ritratto celebrativo,
si diffuse, nel XV secolo, anche in relazione con lo studio della numismatica
antica e con la ripresa dell’arte della medaglia. Le tendenze
pittoriche del primo Quattrocento sono piuttosto uniformate da una consuetudine
comune, da un’iconografia ancora legata ad una prospettiva bidimensionale,
dovuta solo al fatto che i ritratti più importanti, eseguiti fino a quel tempo,
erano stati quelli del verso delle monete o delle medaglie e perciò effigiati rigorosamente
di profilo.
In questo campo va ricordato l’esemplare ritratto di Lionello d’Este di Antonio di Puccio Pisano, detto il
Pisanello (1394 –1455), uno tra i
maggiori esponenti del gotico internazionale in Italia, la cui formula fu
seguita ancora da Piero della Francesca, Sandro Botticelli, Antonio del
Pollaiolo.
Mentre Donatello riproponeva il tema
classico ed eroico della statua equestre, Pisanello faceva rivivere il genere classico della medaglia: sono
piccoli, perfetti componimenti di squisita fattura.
Quando arriva a Ferrara, questo maestro era noto
soprattutto per splendidi affreschi di grandi dimensioni, sospesi tra
realismo e mondo fantastico, popolati da innumerevoli figure, con colori
brillanti e tratti precisi, purtroppo andati in massima parte distrutti. Lodato
da molti poeti, soprattutto da Guarino da Verona, e dai letterati e
umanisti del tempo, verso la metà del XV secolo la sua celebrità declinò però
rapidamente, per via del diffondersi del più maturo linguaggio rinascimentale.
Pisanello, nonostante l'accentuato decorativismo
di gusto tardogotico, non fu immune alla novità dell'Umanesimo anche se
la sua visione stilistica non riuscì mai ad adottare una spazialità razionale prospettica.
Nessuno prima di lui era giunto a un'analisi del mondo naturale così accurata,
come testimonia la sua vastissima produzione grafica. Famosi sono, infatti, i
suoi studi dal vero di personaggi e animali su disegno, tra i migliori
dell'epoca, superati solo sul finire del XV secolo dall'occhio indagatore
di Leonardo da Vinci. Lavorò per il Doge di Venezia, per
il Papa, per le corti di Verona, Ferrara, Mantova, Milano, Rimini e
negli ultimi anni per il Re di Napoli. Si pensa che solo il 5-8% della
produzione pittorica di Pisanello ci sia pervenuto: sebbene si tratti in
maggioranza di disegni e medaglie, l'artista si considerò sempre, come traspare
dalle sue firme, solo e soprattutto un pictor.
Il 21
novembre 1440, Pisanello, in seguito a dissapori con
il Doge e con la Repubblica di Venezia, si recò a Ferrara, dove abitò in
contrada Santa Maria in Vado. Durante questo soggiorno ferrarese, realizzò la
tavola Madonna tra i santi
Antonio Abate e Giorgio oggi
alla National Gallery di Londra, coniò in
questo periodo le sei medaglie per Lionello, le due per Sigismondo Pandolfo
Malatesta e quella di Novello Malatesta, signore
di Cesena e realizzò due splendidi
ritratti uno per Lionello e l’altro per Ginevra d’Este, straordinari esempi di
ritratto nello stile tardo gotico che influenzarono gran parte della
ritrattistica europea, due opere di carattere encomiastico e celebrativo che vanno
inquadrate in una corte che utilizzò le arti come strumento di propaganda
politica e di legittimazione del proprio potere.
Il Ritratto di Lionello d’Este del 1441, oggi all’Accademia Carrara di
Bergamo, tempera su tavola (28 cm×19 cm), è tra le opere
più note della pittura rinascimentale italiana e raffigura Lionello, signore di
Ferrara dal 1441 al 1450, erede, per travagliatissime
vicende familiari, del marchesato di Ferrara.
Formato culturalmente
dall’umanista Guarino da Verona, Lionello sposò
Margherita Gonzaga. Con il sostegno del vescovo Giovanni Tavelli, fece erigere
l'ospedale di Sant'Anna, il primo ospedale della città – noto a Tasso per
esservi stato rinchiuso come furioso – ed ancora oggi esistente.
Lionello fu un ottimo politico, brillante soprattutto nel
campo della cultura ed intrattenne rapporti epistolari con tutti i massimi
studiosi di quel tempo: su sua commissione Leon Battista
Alberti compose il De re
aedificatoria, dato alle stampe poco dopo la sua morte. Lionello diede inoltre
un vigoroso impulso all’università di Ferrara, fondata dal
marchese Alberto V d'Este, trasformandola in un centro culturale di
rilevanza europea e la sua corte divenne un polo d’attrazione dei più grandi
artisti, italiani e stranieri: alla corte di Ferrara lavorarono, infatti, importanti
artisti dell’epoca come Jacopo Bellini, Mantegna, Piero della Francesca ed
il fiammingo Rogier van der Weyden. Tra questi artisti è da annoverare
anche il nostro Pisanello,
appunto. Lionello morì nel 1450 a soli quarantatré anni, mentre si
trovava nella delizia di Belriguardo, una
delle diciannove attraenti residenze degli Este,
chiamate delizie.
Agli inizi del 1441 nel palazzo dei marchesi di Ferrara,
si svolse una competizione che fu celebrata a lungo, in prosa e in poesia. L’idea della gara, celebrata dai letterati del tempo,
documenta l’alta considerazione raggiunta dalle arti figurative nell’ambiente
delle corti italiane del Rinascimento. Per sei mesi Jacopo Bellini e
Pisanello, si impegnarono, a gara, per ritrarre il giovane Lionello, destinato
a diventare di lì a poco, il signore della città. Il ritratto a tempera su
tavola fu l’opera con la quale il Pisanello e
Jacopo Bellini concorrevano al titolo di summo pictore del marchesato. Vinse
il ritratto di Jacopo Bellini, ma finì per andar perduto. Sopravvisse, invece,
quello di Pisanello.
Con i suoi canoni da medaglista, il Pisanello ha
immortalato i tratti del marchese Lionello, raffigurandolo di profilo, simile ai ritratti delle monete imperiali romane. Lionello
si mostra con fierezza contro lo sfondo blu scuro del cielo, in uno spazio reso
più profondo dalla siepe di rose che gioca in funzione di quinta ravvicinata.
La spalla marca il primo piano con un ricco broccato a fili d’oro e bordure di
velluto su cui spiccano grandi bottoni perlacei e denota le
disponibilità finanziarie del committente. Il
volto è contraddistinto dall’impasto prezioso del colore, accarezzato dalla
luce che si dirama in sottilissime ombre per definire i tratti essenziali,
quasi incisi, della fisionomia. Oltre che per i dipinti, Pisanello era celebre
per l’attività di medaglista, infatti, si pensa che utilizzasse i suoi dipinti
anche come studi per procedere, poi, alla modellazione degli stampi in cera per
la produzione delle medaglie di bronzo per le quali divenne famoso, ma era
anche celebre per i suoi disegni con studi dal
vero di personaggi e animali, in cui eccelle per un senso di analisi e di
curiosità naturalistica che sarà superata solo da Leonardo da Vinci.
Ci si può chiedere perché si desse tanta
importanza ad un ritratto, occupando, per sei mesi, i due ritrattisti più noti
d'Italia. Non era in gioco soltanto la vanità di un principe: la gara
rappresentava un passaggio decisivo nella messa a punto di una strategia propagandistica.
Gli Este si vantavano di essere una delle più nobili famiglie italiane, ma non
erano né una potenza militare né finanziaria. Il piccolo marchesato,
schiacciato tra gli Stati della Chiesa e la Repubblica di Venezia, era
strategicamente importante, ma non ricco. Il suo territorio era paludoso e
inadatto all'agricoltura; i maggiori introiti venivano dai dazi delle merci in
transito. Insomma non poteva contare su molte risorse e aveva bisogno di
visibilità. Trovare un posto nel firmamento delle dinastie europee significava
concludere proficui accordi commerciali, acquisire alleanze politiche e
militari e riuscire, perfino, a realizzare buoni matrimoni, utilissimi per
aumentare la propria influenza. Per non essere confusi tra signorotti qualsiasi
di provincia occorreva distinguersi con una gestione del potere, basata sulla magnificenza. Era necessario competere
con il fasto delle corti europee, arrivare a imporre la moda e raggiungere
una fama di preziosa raffinatezza. Il culto delle apparenze dominava la società
delle corti. Lionello lo sapeva bene. Colto, educato nelle armi e nelle
lettere, incarnava un nuovo modello di principe. Parlava benissimo il latino ed
era un intenditore d'arte, tra i primi a collezionare la pittura fiamminga e
capace di richiamare a Ferrara artisti del calibro di Leon Battista Alberti e
Piero della Francesca.
Si era fatto costruire nel palazzo di Belfiore a Ferrara uno
studiolo, un luogo prezioso, dove conservare la sua biblioteca ed esibire ai
cortigiani e ai visitatori la cultura raffinata del principe la sua cultura: un
luogo che diventò un modello per tutti i signori italiani. Per decorarlo
l'umanista Guarino da Verona, precettore di Lionello, aveva riscoperto nei
testi classici un soggetto fino allora mai trattato, quello delle Muse. La fama
della sua cortesia e della sua eleganza era diffusa, ad arte, dai letterati di
corte. Il palazzo ora è scomparso e le Muse disperse in vari musei europei.
Nel Ritratto di principessa estense tempera su
tavola (43x30 cm) conservato nel Museo
del Louvre a Parigi, il personaggio
raffigurato è Ginevra d'Este. Inizialmente l'opera era ritenuta il quadro
di fidanzamento della moglie di Lionello, quel ritratto cioè inviato nelle
corti per siglare i patti di matrimonio, facendo conoscere l'aspetto degli
interessati. Nella botanica rappresentata, però non è presente alcun simbolo di
casa Gonzaga, mentre è raffigurato invece il vaso simbolo della casata d'Este,
inoltre la presenza dell'aquilegia (simbolo del matrimonio, dell'amore e
soprattutto della morte) fa pensare a una persona deceduta nell'età ritratta,
mentre la Gonzaga era vissuta fino a quasi cent'anni di età.
Dopo vari studi si riuscì a capire che molto
probabilmente si trattava di Ginevra d'Este (1419 – 1440),
figlia di Niccolò III d'Este e della seconda moglie Parisina
Malatesta, che aveva una sorella gemella, Lucia, morta nel 1437. Sua madre
Parisina, accusata di infedeltà con Ugo d'Este, fratellastro di Ginevra,
fu condannata a morte dal marito insieme all'amante quando Ginevra aveva appena
sei anni. Appena quindicenne fu data in sposa a Sigismondo Pandolfo
Malatesta, signore di Rimini e le nozze furono celebrate a Rimini nel febbraio
1434 Ginevra morì nel 1440 ad appena ventunenne e due anni dopo il marito si
risposò con Polissena Sforza, figlia del futuro duca di
Milano Francesco Sforza. Ginevra, e più tardi anche Polissena, fu sepolta
nel Tempio Malatestiano.
Il Ritratto di principessa estense è uno dei primi ritratti
singoli dipinti in Italia, che sono sopravvissuti questa tavola, si riferisce
alla tradizione del ritratto di profilo su fondo neutro, immerso in una luce
uguale, popolare nei circoli di corte primi del Quattrocento in Europa.
Considerati i presagi di morte ravvisabili nell'opera, si
intende come Pisanello volesse far capire che l'opera sia stata realizzata dopo
la morte di Ginevra, avvenuta nel 1440, e coincide con un soggiorno
dell'artista a Ferrara.
La Ginevra è ritratta di profilo, un profilo purissimo,
stagliato contro un cespuglio animato di fiori e di farfalle; come nelle
medaglie celebrative che si rifacevano alla tradizione imperiale romana, con
una figura allungata che richiama la moda dell'epoca, culminate nell'elaborata
acconciatura con nastro bianco. È vestita con un tessuto pregiato per l'epoca,
di colore rosso e bianco, integrato da un mantello, dove si trova il simbolo
della casata degli Este impreziosito da perle e ricami preziosi.
La minuzia nella resa dei dettagli floreali dello sfondo
e la serena atmosfera cortese sono elementi tipici dello stile tardogotico,
del quale Pisanello fu il più grande maestro del nord-Italia.
Come si è detto, in quest'opera Pisanello annuncia i
presagi di morte, riscontrabili in ciò che è rappresentato sullo sfondo. La
delicatezza di questa linea ondulata cara al gotico internazionale, carezzevole
morbidezza dei modelli contribuisce all’espressione di sogno che emana dal
modello.
Nel 1461 Sigismondo Pandolfo fu accusato dal Papa
Pio II Piccolomini di aver ucciso sia Ginevra, avvelenata, che aveva
capito di essere tradito dalla moglie, sia Polissena, soffocata con un
asciugamano e, accusato anche di altri crimini, fu scomunicato.
Massimo Capuozzo
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