sabato 14 novembre 2009

Steven Pressfield - Le porte di fuoco di Massimo Capuozzo

Steven Pressfield - Le porte di fuoco (Rizzoli) di Massimo Capuozzo
A Paris, il mio spartano

In questo romanzo ho trovato la risposta alla mia ostinazione di vedere Sparta, a costo di smarrirmi nel Peloponneso. Ed alla delusione che provai nel vederne le rovine. Poche mura, grande difficoltà nell’intravederne il tracciato. Polvere dappertutto. Dov’era la grandezza di Sparta? La risposta me l’ha data Pressfield, con le parole semplici e toccanti con cui Leonidas, parla ai duecento rimasti dopo i cinque giorni di assalto delle miriadi di Persiani, della valle dell'Eurota, del Parnone e del Taigeto e di quei cinque vil­laggi senza mura che formavano quella polis, quella comunità che il mondo conosceva come Sparta. “Fra mille anni, disse Leonidas, fra duemila anni, fra tremila anni, forse uo­mini che non sono ancora nati verranno a visitare la nostra città. Saranno studiosi, o viaggiatori provenienti da oltremare, spinti dalla curiosità del passato e dal desiderio di conoscere meglio gli antichi. Percorreranno la nostra valle e frugheranno tra le pietre e le rovine del nostro paese. Che cosa capiranno di noi, di quello che siamo stati? Il piccone non met­terà in luce né palazzi né templi, il dito non indicherà ope­re di architettura e d'arte conservate nel tempo. Che cosa ri­marrà degli spartani? Non monumenti di pietra o marmo, ma questo: quel che avremo ottenuto qui, oggi.”
Era il sacrificio delle Termopili che mi aveva trascinato a Sparta, un evento storico che è diventato mito. Senza una salda cultura classica, mi sarei potuto domandare se tutto ciò che Pressfield racconta sia mai accaduto veramente, con le stesse azioni, spesso quasi inverosimili, e con le stesse persone, che non hanno nulla da invidiare agli eroi dell'Iliade: “Arrendetevi, la moltitudine dei nostri arcieri è tale che le loro frecce oscureranno il cielo”. “Meglio” rispose Dienekes ad un ufficiale persiano “vuol dire che combatteremo all’ombra”. Alla richiesta di Serse di consegnare le armi la risposta di Leonidas fu di tre parole: “Venite a prendervele”. “Fate un'abbondante colazione fratelli miei, poiché questa sera tutti noi divideremo la nostra cena all'Ade” dice Leonidas all'alba dell'ultimo giorno.
Ma tutto questo non è leggenda e su quest’episodio Erodoto scrive una delle sue pagine più commosse che Pressfield trasforma in un’aura di eticità. La vicenda narrata, si respira ad ogni riga, ad ogni frase. Una storia ben intrecciata, dove personaggi fittizi come Gallo, Diomache, Dienece, Polinice e tutti gli altri si calano davvero a pennello. Nel corso della narrazione, ci si sente immersi nel tempo della grande Grecia con le sue divisioni, le sue usanze e i suoi costumi soprattutto nella cultura guerriera della gloriosa e rigida Sparta, si percepisce il contrasto fra la tensione che accompagna l'avvento dell'immenso esercito persiano e la naturalezza con cui i lacedemoni affrontano lo scontro che la storia gli ha riservato. Sembra veramente di essere presenti alle varie vicende che accompagnano i protagonisti di questo romanzo, e viene voglia di impugnare scudo e lancia quando sul muro difensivo del passo si vede giungere il temibile nemico.
La battaglia delle Termopili fu combattuta nel 480 a.C. dagli eserciti ellenici contro i persiani di Serse: perduta ogni possibilità di resistere al nemico, i 300 soldati dell'esercito spartano, comandati dal loro Re, riuscirono a respingere da soli gli attacchi persiani, sacrificando eroicamente le proprie vite, dando così tempo all'esercito ellenico di meglio organizzarsi per respingere il nemico, cosa che avvenne qualche tempo dopo a Salamina e a Platea.
Il libro racconta questa vicenda dagli occhi di un arciere, Xeone, scudiero dell'esercito del re spartano Leonidas, unico sopravvissuto al massacro delle Termopili, le Porte di Fuoco, ferito e fatto prigioniero. In un appassionante viaggio della memoria, Xeone racconta al re Serse il saccheggio della sua città da parte degli Argivi, l'uccisione dei genitori, la fuga con l'amata e il suo apprendistato tra le schiere spartane.
Al di là della storia e del ritmo, quel che lo rende unico è la forza dirompente ed educativa dei valori espressi dai protagonisti.
Il libro, scritto così bene da sembrare di viverci dentro, racconta inoltre la vita e i costumi di Sparta, il ruolo delle donne e la paura del disonore, e in particolare l'addestramento militare di coloro che erano destinati a diventare i migliori combattenti tra i soldati greci.
Questo libro è molto curato nei dettagli sia della vita civile, sia di quella militare, e appassionante, come pochi altri, quando descrive gli addestramenti e le battaglie; è un titolo immancabile per chi si interessa di strategia militare e per chi vuole guardare la Grecia più da vicino di come ci hanno insegnato a guardarla a scuola.
Il monumento antico è una semplice pietra, senza ornamenti con incise le parole del poeta Simonide. Sono versi che costituiscono molto probabilmente l'epitaffio più famoso che sia mai stato scritto per un soldato:

O straniero che passi,
va' e riferisci agli spartani,
che noi giaciamo qui
obbedienti al loro comando.

Spero un giorno di poter visitare il passo delle Termopili per lasciare una preghiera, una lacrima, un pensiero a questi uomini formidabili che, con il sacrificio della loro vita, hanno permesso l'evolversi libero della civiltà moderna...
Con uno straordinario connubio di minuziosa descrizione storica (lungi dall'essere noiosa) e avvincente narrativa, questo romanzo rende onore ad uno dei popoli più fieri e civili, più brutali e passionali dell'antichità: gli Spartani.
Pressfield, rispolverando gli assunti tipici di una certa filosofia tradizionale afferente a personalità come Julius Evola, è riuscito a far vibrare corde ormai recise dalla coeva società, per proporre l'importanza di valori che oggi sono sempre più trascurati.
Nel romanzo è giustamente sublimata la disciplina spartana, che a buon diritto rientra tra queste direttive tradizionali d'ascetismo guerriero: quando un guerriero combatte non solo per se stesso, ma per i propri fratelli, quando il suo obiettivo, la meta a lungo agognata non è né la gloria né salvarsi la vita, ma consumarla per loro, per i propri compagni, non abbandonarli, non rivelarsi indegni di questo, allora veramente trascende se stesso e le sue azioni rasentano il sublime.
Il coraggioso sacrifico degli spartani e dei loro alleati greci, la loro umanità, il loro essere soldati e soprattutto l'amore in tutte le sue forme. Amore per la patria, amore per la famiglia, amore per i propri amici... amore per gli altri.
Questo romanzo dal sapore epico, sicuramente il migliore dell’autore, si legge con grande piacere e sete di conoscenza. Le porte di fuoco ci consegna un episodio emblematico della storia dell’umanità sulla strada verso la cultura e la democrazia.
Pressfield è riuscito a rendere a pieno la mentalità degli Spartani e i motivi che li spinsero all'eroico sacrificio delle Termopili. Accompagnato dal rigore morale del soldato spartano, dal suo senso del dovere e della disciplina, dalla coscienza del suo ruolo umile e subordinato ad un volere superiore, il lettore attinge ad una miniera di esempi virtuosi di morale, etica comportamentale, senso del dovere e coscienza dei propri limiti. E questo è tanto più vero ed interessante se raccordato al valore storico che l’episodio delle Termopili ha avuto per l’umanità intera nelle sue conseguenze più immediate. Le vittorie di Salamina e di Platea, ottenute dalla riorganizzazione delle forze greche come conseguenza diretta del sacrificio di Leonidas e dei suoi Trecento, contribuiranno infatti allo sviluppo della Filosofia e della Democrazia.Ancora molto giovani e fragili, i loro germi, fiorenti nell’Atene di allora, contribuiranno alla nascita più vigorosa di quella cultura che Alessandro Magno consoliderà ulteriormente un secolo dopo ed il cui testimone, attraverso i Romani, gli Indiani e gli Arabi, ritornerà infine ad illuminare la “Latinorum Penuria” medioevale per portarci verso il Rinascimento ed infine ai nostri giorni. E tutto questo, grazie alle gesta di quei Trecento eroi scelti da Leonidas non “per il loro valore, ma per quello delle loro Donne” e grazie a quelle parole che indicano il coraggio, “andreia” e “aphobia”, anch’esse femminili ed indicatrici di grande virtù.

6 commenti:

  1. Di certo non potevo non leggere l'articolo riguardante l'evento più affascinante travolgente e commuovente della storia; combattere e morire per la Patria significava per gli Spartani la gloria più grande e immensa che si poteva offrire durante la vita, e già questo ci fa capire l'immenso valore di quella civiltà, che era fondata su ideali più che giusti come la Libertà, la Democrazia, la difesa e l'amore per la patria e di conseguenza amore verso la famiglia e gli amici.
    La battaglia delle Termopili non è stata solo una grande battaglia a livello militare, ma ha spianato la strada alle idee democratiche le quali sono arrivate fino all'età moderna. L'umanità non solo deve ammirare le incredibili gesta eroiche di questi guerrieri, ma deve rendere loro omaggio, perché grazie a quest'evento, la Libertà, la Democrazia, si sono affermate contro la Monarchia e l'Assolutismo.
    L'articolo pubblicato dal professore inoltre ha suscitato in me il desiderio di visitare Sparta, ma sopratutto le Termopili, per respirare l'aria e sentire con il cuore quei trecento Spartani che hanno combattuto coraggiosamente.
    Grazie infinite per questo articolo professore, un abbraccio con affetto da Gallo Antonio

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  2. E tu, Anthony, hai le stigmate dello spartano
    Massimo Capuozzo

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  3. carissimo Max, è sempre un piacere leggere ciò che scrivi, e rimango sempre affascinato da celate "veritas".
    colgo occasino per inviarti un affettuoso abbraccio. Giohel

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  4. l'ho letto in una settimana ed è stato un libro che mia ha aiutato in un momento difficile della mia vita....ancora oggi, ogni tanto, ne rileggo qualche passo...è diventato parte integrante della mia vita

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    1. Lo stesso è valso per me. Questo libro in un certo senso mi ha salvato

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