lunedì 11 marzo 2024

Rosa Bonheur e “Il mercato dei cavalli”. Lettura di Massimo Capuozzo

Rosa Bonheur fa molteplici riferimenti alle grandi opere della storia dell'Arte, ai fregi del Partenone e ai cavalli di Théodore Géricault.
Aveva trentun anni quando espose gigantesca tela “Il mercato dei cavalli a Parigi”, al Salon del 1853, un dipinto realista a olio su tela di dimensioni monumentali di 250 x 500 cm che la pittrice realizzò dal 1852 al 1855 e che è rimasta l'opera più grande e ambiziosa della pittrice.
Con questa tela la giovane artista si confrontava con l'animale nobile per eccellenza, il cavallo la cui raffigurazione era stata riservata fino a quel momento agli uomini.
Questo dipinto le portò fama internazionale, in un'epoca in cui il lavoro delle pittrici e delle scultrici era largamente ignorato sia dalla critica sia dai collezionisti.
Si pensi che in francese non esiste il femminile di ‘pittore’ e ‘scultore’.
La Bonheur era già una famosa pittrice di animali a Parigi prima che ‘Il Mercato dei cavalli’ fosse dipinto ma, quando quest’opera fece il giro della Gran Bretagna e degli Stati Uniti la Bonheur diventò una celebrità internazionale.
Come ogni capolavoro, anche “Il mercato dei cavalli” ha avuto una storia lunga e affascinate a partire dal momento in cui nacque l’idea fino alla progettazione e poi dalla realizzazione fino alla sua destinazione finale.
Sembra che l’idea sia nata nel 1850 nel corso di un suo viaggio nei Pirenei dove aveva visto un branco di cavalli bradi: quella scena bella e selvaggia la colpì profondamente. Poi nel 1851 incominciò a frequentare il mercato dei cavalli a Parigi che, fino alla fine degli anni Sessanta dell'Ottocento, si trovava lungo il “Boulevard de l'Hôpital” e si teneva due volte a settimana. La Bonheur frequentò il mercato, per oltre un anno, osservando a lungo i cavalli, i mercanti e gli stallieri che facevano camminare, trottare e galoppare la loro merce sulla pista per mostrare agli acquirenti le loro qualità. Ne realizzò schizzi assorbendone l'atmosfera.
La pittrice impiegò più di tre anni per progettare il suo capolavoro. In corso d’opera documentava il suo soggetto recandosi in abiti maschili con un camice al mercato dei cavalli di Parigi due volte a settimana per diciotto mesi, realizzando schizzi e chiacchierando con commercianti di cavalli e stallieri.
Il fatto che la pittrice godesse di un “permission de travestissement” le permetteva di indossare abiti da uomo che, come disse in seguito, per lei erano una e propria protezione e le evitavano commenti sgradevoli da parte dei mercanti e degli stallieri che così la prendevano per un ragazzino, data anche la sua piccola statura.
La pittrice raccontò più tardi alla sua amica e biografa ‘Anna Klumpke’ che quando si trovava tra i mercanti di cavalli che provavano i loro cavalli, pensava ai calchi del fregio del Partenone e che aveva provato il desiderio di realizzare una cosa del genere, ma non per imitare Fidia, quanto per interpretarlo in chiave moderna.
Fu con questo spirito che la Bonheur realizzò innumerevoli studi e composizioni. Ancora alla Klumpke raccontò che nel 1851 o 1852, quando aveva iniziato i suoi studi per il ‘Mercato dei Cavalli’, la pittrice era stata avvicinata dal Duca de Morny, allora Ministro degli Interni (da questo ministero dipendevano anche le ‘Belle Arti’) in vista di un ordine di Stato. L'artista gli aveva presentato degli schizzi di una “Fienagione” e di un “Mercato di cavalli”, ma il duca aveva optato per l’acquisto del primo soggetto. In seguito al successo ottenuto per “Il Mercato dei cavalli” che aveva suscitato così tanto clamore sulla stampa francese il duca de Morny, si rese conto di quanto avesse sbagliato a mostrarsi scettico di fronte a quel soggetto.
Dando preminenza al disegno, moltiplicò gli studi a matita o carboncino: fece infiniti studi sulla messa in scena, poi studi sui movimenti e sui dettagli. Prestò particolare attenzione allo studio dei personaggi in termini di postura e di gesti. Infine, quando la messa in scena le diventò più chiara, realizzò studi ad olio su tele di medio formato che le permettessero di giudicare quello che lei definiva "l'effetto".
Per fortuna degli gli storici questi studi preparatori sono oggi noti grazie ad una raccolta di fotografie su lastre di vetro che proprio Anna Klumpke scattò provvidenzialmente prima che, nel maggio e giugno del 1900, gli studi della Bonheur fossero venduti e dispersi un anno dopo la sua morte.
Rosa Bonheur espose per la prima volta il ‘Mercato dei cavalli’, allora incompiuto, al ‘Salon’ di Parigi del 1853, durante il quale nonostante l’incompiutezza affascinò moltissimo il pubblico, era grandissimo e fece scalpore al Salon e si fece notare per le sue grandi qualità e come un grande complimento per l’epoca e fu salutato dalla critica come un “quadro virile”.
I critici del ‘Salon’ ne sottolinearono la raffinata esecuzione, le sue grandi qualità compositive e dichiararono che, pur conoscendo già le opere di Rosa Bonheur come quelle della più illustre ‘pittrice di animali’ della moderna scuola francese, il suo talento non si era mai rivelato così completamente e in così grandi proporzioni e affermarono che dai tempi di Géricault mai nessuno si era cimentato nel difficile studio del cavallo con una tale consapevolezza, disegnando e dipingendo cavalli con tale conoscenza della forma e del movimento.
Sembrava che la Bonheur avesse carpito il segreto da Géricault.
Attraverso il ‘Mercato dei cavalli’, che l’artista non ebbe paura di esporre anche se incompleto, si avvicinò in un certo senso alla pittura storica, per le dimensioni e per la concitazione drammatica della scena. Secondo i critici del “Salon” la sua opera apparteneva alla grande scuola e andava esaminata a parte, perché rivelava studi scrupolosi e rare qualità di disegnatrice e di colorista. Dopo la chiusura del “Salon” del 1853, Rosa Bonheur espose quello che sarebbe diventato il suo capolavoro a Gand nel 1854 poi a Bordeaux, sua città natale e quando il dipinto fu completato, fu presentato all'’Esposizione Universale” di Parigi del 1855 dove ottenne un riconoscimento universale.
Con questo colpo magistrale l'artista, dichiarando di essersi trovata improvvisamente e follemente all'apice della sua carriera, si impose sia per le dimensioni della tela, un formato fino ad allora riservato alla pittura di Storia, appannaggio degli uomini, sia per la violenza del soggetto prescelto.
Rosa Bonheur vendette “Il mercato dei cavalli” a ‘Ernest Gambart’, per 40.000 franchi, una cifra enorme per il mercato d’Arte di allora, si pensi che quasi solo con questa vendita la pittrice acquistò un castello con una vasta tenuta presso Fontainebleau
Gambart era un mercante d’Arte e gallerista belga con sede a Londra, grazie al quale la fama di Rosa oltrepassò i confini di Parigi e della Francia.
Per trovare un acquirente, Gambart espose nel 1855 il “Mercato dei cavalli” nella sua Galleria francese, poi nelle principali città del Regno Unito, poi negli Stati Uniti dove, dopo varie compravendite, nel 1887 fu infine acquistato dal ricco uomo di affari americano “Cornelius Vanderbilt II” per 268.000 franchi, oltre sei volte di più di quanto era stato comprato da Gambart, che lo donò al “Metropolitan Museum” di New York dove oggi è esposto.
Quest’opera fu riprodotta su numerosi supporti tra cui perfino la carta da parati, segnando la definitiva conferma della notorietà americana di Rosa Bonheur.
Questa grande tela, raffigurazione della pura potenza animale, è ispirata al mercato dei cavalli di Parigi e mostra la scena in cui si vendono cavalli da tiro, in particolare della razza ‘Percheron’.
Questi magnifici animali bianchi maculati sono i cavalli più forti e più conosciuti fra le razze equine francesi allevati per trasportare grandi pesi.
Anatomicamente caratterizzati da collo forte, da lombi corti e larghi, da una groppa vigorosa, dalla testa piccola, da gambe sottili, da mantello grigio trota e da andature nervose, erano inizialmente allevati per la loro capacità di spostare rapidamente veicoli trainati da cavalli al trotto ed erano massicciamente impiegati per l'ufficio postale e dalla società ‘Omnibus” che forniva un regolare servizio di trasporto pubblico.
Abituati a trainare carichi sempre più pesanti a passo e al trotto, questi cavalli erano usati anche nei lavori agricoli e nell'aratura.
Nella tela i cavalli sono colti da tutti i caratteri psicologici e in tutte le caratteristiche anatomiche distintive della loro particolare specie. Ben raggruppati, i cavalli, occupano i primi piani e tutto lo spazio che l'occhio riesce a comprendere.
Sono rappresentati al trotto, al galoppo o cavalcati da rozzi stallieri in manica di camicia noti come i ‘téméraire’, figure tipiche in ogni mercato di cavalli.
Le stesse varie andature dei cavalli sono rese con estrema fedeltà.
I garretti vigorosi sono riprodotti senza alcuna esagerazione, la lucentezza della mantello rivela una brillantezza argentea che evita lo splendore freddo e compatto dell’effetto marmo.
La Bonheur ha ritratto fedelmente il modo con cui gli addestratori manovravano i loro cavalli in movimenti energici in modo da dimostrare la loro forza e la loro mobilità ai potenziali acquirenti.
In questo dipinto non vediamo però alcun acquirente, quindi la scena appare ancor più selvaggia e incontrollata di quanto potrebbe essere stata nella realtà.
Il viale alberato visto in diagonale che prospetticamente diminuisce da destra a sinistra, definisce la ampiezza del mercato e conduce lo sguardo dell’osservatore in lontananza verso la cupola dell'Ospedale della Salpêtrière.
Al centro, si vede una pista lunga duecento metri divisa centralmente e separata da una palizzata: su entrambi i lati, le bancarelle sono ombreggiate da filari di alberi.
Nel dipinto, la pittrice ha focalizzato l'ampio movimento rotatorio dei cavalli sull’estremità sinistra della pista.
In questa composizione, la Bonheur ha catturato magistralmente la muscolatura dei cavalli Percheron, che nella loro forza e nella loro maestosa potenza sono travolti nella corsa guidati dai loro spericolati fantini.
Lo studio comportamentale dei cavalli dimostra che la maggior parte di loro sono tesi, o addirittura in una situazione di sofferenza tanto che al centro del dipinto due cavalli si impennano, rifiutando il trattamento loro inflitto. Ad eccezione della coppia uomo-cavallo roano sulla sinistra della composizione, gli stallieri addirittura faticano a contenere la foga di questi cavalli che danno la sensazione di voler fuggire di volersi liberare e il cavallo bianco sembra addirittura avere un’espressione terrorizzata.
La questione della libertà degli animali risuona in molte opere dell'artista.
Attraverso questa drammatica immagine la pittrice ha voluto tradurre il trattamento subito dai cavalli da parte dei mercanti che, per ingannare gli acquirenti, somministravano sostanze stupefacenti agli animali per migliorarne le prestazioni e il giorno prima e la mattina stessa del mercato li frustavano in modo tale che essi raggiungessero uno stato tale di sovreccitazione e di paura che alla fine del mercato al minimo schiocco di frusta si impennavano terrorizzati da quel rumore dando una falsa idea della loro ‘superpotenza’.
La luce brillante dei colori esalta l’agitazione del branco e l’eccitazione della scena e crea una lucentezza sulle enormi groppe dei cavalli.
Rosa Bonheur ha reso quasi tangibile la convulsione dei loro muscoli e delle loro criniere al vento, catturando l’attimo in cui i cavalli che si impennano e poi si tuffano e la forza e la destrezza dei loro conduttori con una realtà quasi fotografica.
L’artista ha anche catturato il loro spirito e il loro mondo, con i suoi rumori, gli odori e il senso di pericolo, e li ha trasformati in grande Arte.
Nel “Mercato dei cavalli”, la Bonheur è memore dei calchi che aveva visto del fregio in marmo per il Partenone in cui Fidia aveva mostrato forti guerrieri che controllavano cavalli impennati e aveva studiato a fondo anche l'opera di Théodore Géricault, un pittore della generazione precedente la sua che spesso raffigurava cavalli in situazioni traumatiche e che era stato il primo artista francese a visitare fiere di cavalli e macelli.
È il caso di “Mazeppa” di Théodore Géricault del 1823, un dipinto ad olio su tela che raffigura il personaggio storico Ivan Mazeppa legato a un cavallo selvaggio. Il dipinto si trova in una collezione privata ma non è chiaro dove si trovi esattamente la collezione privata: il dipinto è stato venduto all’asta da Christie’s nel 2018.
                                                                             Massimo Capuozzo

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