venerdì 3 giugno 2016

I miti di Foscolo nei Sonetti maggiori di Anna Cavallaro, Pasquale D’Amora, Claudia Donnarumma, Federica Fontanella, Laura Parlato e Luisa Troiano

Foscolo compose i sonetti tra il 1798 ed il 1803 e furono pubblicati tra 1802 e il 1803.
In tutto sono dodici, i sonetti sono stati divisi dalla critica in due gruppi: i sonetti maggiori e i minori. La differenza tra i due gruppi di sonetti non consiste soltanto nell’anno, nel luogo di composizione o in altri motivi occasionali che li caratterizzano, bensì nell’ispirazione e nei temi che, pur sempre tipiche della poesia foscoliana, assumono negli ultimi quattro sonetti una dimensione meno autobiografica e più filosoficamente universale. 
Nei primi sonetti si può evidenziare ancora uno stile ortisiano a causa del contrasto tra passione e riflessione mentre i sonetti successivi sono stilisticamente più equilibrati.
I temi dei dodici sonetti sono quelli dell’intera produzione di Foscolo: la patria, la bellezza, l’esilio, gli affetti familiari, l’amore e il presagio della tomba illacrimata. Il loro stile è simile allo stile dei Sepolcri, ossia, costituisce una sintesi romantica e classica.
Nei sonetti considerati maggiori dalla critica, ritroviamo la visione pessimista di Foscolo. I sonetti maggiori sono quattro: Alla Musa, A Zacintio, Alla Sera e In morte del fratello Giovanni, così come sono riportati i titoli dagli antologisti, ma questi titoli non sono di Foscolo che invece li contrassegnava con il primo verso di ognuno.
Possiamo dire che Ugo Foscolo accomuna i temi della morte, della quiete e dell’eterno e tutti e quattro i sonetti principali sono ancora percorsi dal pensiero materialista, secondo la visione che il poeta aveva desunto dall’illuminismo.
Il sonetto Alla Musa è una considerazione sul destino umano che corre verso la riva muta della morte. Il tema principale è quello dell’abbandono, perché il Poeta sente che le poche righe faticosamente scritte non gli permettono di dimenticare il pianto del suo cuore, deluso per l’amore contrastato.
Nelle prime due quartine della poesia si evidenzia il tema della giovinezza che corre via velocemente, mentre, nelle ultime due terzine si evidenzia l’amore che porta alla quiete eterna. Il tema dell’abbandono è presente maggiormente nei versi 9-14:

“E tu fuggisti in compagnia dell’ore,
o Dea! Tu pur mi lasci alle pensose
membranze, e del futuro al timor cieco.

Però mi accorgo, e mel ridice amore,
che mal ponno sfogar rade, operose
rime il dolor che deve albergar meco.”
Lo stesso tema è ben espresso nel sonetto A Zacinto, dedicato alla sua terra natia, l’isola nel Mar Ionio che Foscolo, costretto all’esilio, non avrà mai più modo di rivedere e a cui dedica i suoi versi.
Il tema verte sulla nostalgia nei confronti della patria. La triplice negazione iniziale esprime appunto la convinzione del poeta di non potervi far più ritorno.
Ripensando alla fanciullezza il poeta ricorda la bellezza del clima e della vegetazione dell’isola, la dea Venere nata dalle acque del mare che lei rese fertile con il suo primo sorriso. Ella rasserena tutto quello che guarda.
Nel sonetto A Zacinto nei versi 5-11 il tema centrale è la nostalgia nei confronti della patria:
“Né più mai toccherò le tue sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde

col suo primo sorriso, onde non tacque
le sue limpide nubi e le tue feconde
l’inclito verso di colui che l’acque
cantò fatali, ed il diverso esiglio

per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.”

Foscolo rappresenta la propria esperienza dell’esilio attraverso l’analogia tra la sua figura e quella di Ulisse. Ulisse, infatti “bello di fama e di sventura” rappresenta l’immagine del poeta, anch’egli esule magnanimo avversato dal destino e dagli uomini; rappresenta il nuovo concetto dell’eroe romantico, grande per la forza e per la dignità con cui sopporta le ingiurie della sventura. L’esito dell’esilio, però, sarà diverso; Foscolo, a differenza di Ulisse, sarà sepolto in terra straniera e nessuno verserà lacrime sulla sua tomba.
Nei versi sono rappresentate anche altre immagini mitiche, come quella di Omero che rappresenta la poesia eternatrice dell’eroismo e dei valori più alti. Infatti, per Foscolo è molto importante rendere eterne le sue opere, così che, anche quando egli non ci sarà più, le nuove generazioni potranno ricordarlo.
Un’altra figura mitica è quella di Venere che rappresenta la bellezza e che, con il suo sguardo, rasserena tutto ciò che ha intorno.
Il tema basilare del sonetto “Alla Sera” è la meditazione sulla morte, anche la morte, come la sera, è una promessa di pace dolce e definita. Questo sonetto è diviso in due parti: le due quartine sono statiche, perché descrivono lo stato d’animo del poeta di fronte alla sera, sia che si tratti di una sera d’estate sia in una sera invernale.
In entrambi i casi la sera porta con sé la tranquillità, la cessazione degli affanni. Infatti:
“Forse perché della fatal quiete
tu sei l’immago a me sì cara vieni
o Sera! E quando ti corteggian liete
le nube estive e i zeffiri sereni,

e quando dal nervoso aere inquiete
tenebre e lunghe all’universo meni
sempre scendi invocata, e le secrete
vie del mio cor soavemente tieni.”

Il classicismo di Foscolo è un classicismo romantico, ciò però sembra una contraddizione siccome il classicismo è una corrente equilibrata e razionale, mentre il romanticismo è fantasia e sentimento. Questo contrasto rispecchia anche la personalità di Foscolo; egli, infatti, è dominato da un’instabilità che lo porta continuamente “altrove”, perché egli è sempre alla ricerca di un equilibrio che non trova.
Questa ricerca dell’equilibrio provoca in Foscolo anche una profonda inquietudine, alimentata anche dal fatto che egli non potrà mai più rivedere la sua amata patria.
Nelle due terzine finali, invece, si esprime il “nulla eterno” che è liberatorio, poiché rappresentano l’annullamento totale delle sofferenze della vita, infatti, i temi principali sono il fuggire del tempo e del pensiero che spinge verso l’eterno che sono accumunati dal pensiero materialista di Foscolo.

“Vagar mi fai co’ miei pensieri su l’orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme

delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
quello spirto guerrier che entro mi rugge.”

I temi del sonetto “In morte del fratello Giovanni” sono temi molto cari al poeta: innanzitutto il tema dell’esilio che viene collegato al soffio dell’anima per far riposare le ossa in patria e avere il conforto del pianto dei vivi, l’unica cosa che dura dopo la morte.
Questo tema è affiancato a quello del tormento interiore per la tragica scomparsa del fratello Giovanni che si suicidò nel 1801 a soli vent’anni, per debiti di gioco, davanti a sua madre.
Nelle prime due quartine del sonetto il tema principale è il tempo che fugge, e la voce della madre che si perde nell’eterno:

“Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo
di gente in gente, me vedrai seduto
su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
il fior de’ tuoi gentili anni caduto.

La Madre or sol suo dì tardo traendo
parla di me col tuo cenere muto,
ma io deluse a voi le palme tendo
e sol da lunge i miei tetti saluto.”

Nelle terzine del sonetto, invece, il tema principale è la fine della tempesta e l’arrivo della quiete eterna:

“Sento gli avversi numi, e le secrete
cure che al viver tuo furon tempesta,
e prego anch’io nel tuo porto quiete.

Questo di tanta speme oggi mi resta!
Stranieri genti, almen le ossa rendete
Allora al petto della madre mesta.”

Secondo Foscolo tra i morti e vivi si stabilisce una corrispondenza d’amorosi sensi, che, pur essendo una corrispondenza univoca, spesso lascia vivere la persona estinta nei ricordi dei suoi cari e i cari vivono con la persona estinta.

La corrispondenza d’amorosi sensi si stabilisce quando una persona si reca sulla tomba della persona estinta. Un esempio è quello che avviene alla madre di Foscolo, Diamantina Spathis, la quale pur avendo quarant’anni, sembrava una donna anziana siccome era lacerata dal dolore per la morte del figlio con il quale parla sulla tomba del figlio lontano. Queste tematiche saranno amplificate nel Carme de’ Sepolcri.

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