mercoledì 11 maggio 2016

A tu per tu con l’opera d’arte: Mario Ruocco e Il bacio di Hayez

L’episodio della giovinezza, meglio noto come il Bacio è un’opera realizzata dal pittore italiano Francesco Hayez nel 1859 ed è conservata alla Pinacoteca di Brera, dov’è tuttora esposta. Il dipinto è stato realizzato usando la tecnica dell’olio su tela, essa misura 112 x 88 cm.
La scena ambientata in un vago interno medievale. Si tratta forse dell’adrone di un castello, di cui sono messi in evidenza tre gradini, a destra della tela, e l’estesa parete lapidea; la superficie di quest’ultima occupa omogeneamente quasi tutto lo sfondo del dipinto, introdotto da una sottile colonnina e da una finestra che è posta in alto a destra, appena accennata in quanto tagliata dal margine superiore del quadro.
Ebbene, in quest’ambientazione medievaleggiante si sta consumando un appassionato quanto sensuale bacio tra due giovani amanti, l’uomo trattiene saldamente tra le mani il capo e il viso dell’amata; al contrario quest’ultima si abbandona alle emozioni, limitandosi a stringere le spalle dell’amato con il braccio sinistro.
I due corpi si fondono appassionatamente, con il busto dell’uomo, che asseconda il flessuoso corpo della compagna arcuato dinanzi a un’emozione travolgente.
Il bacio è si molto sensuale, ma non è neanche molto tranquillo. L’uomo, infatti, poggia la gamba sinistra sul primo gradino della scalinata, lasciando emergere l’impugnatura di un pugnale dal mantello. Quest’atteggiamento manifesta un certo nervosismo, come se il bacio fosse mosso non da un semplice anelito sentimentale, bensì da un imminente partenza, trasformandolo in uno straziante commiato. I toni melodrammatici sono amplificati alla presenza di una figura in penombra in posizione tergale, dietro al varco archiacuto: le interpretazioni sono molteplici, tanto che si è pensato che si possa trattare di un uomo intento a spiare furtivamente la scena, anche se probabilmente si tratta di una semplice domestica.
Hayez realizzò oltre alla versione di Brera altre tre versioni del dipinto.
La seconda versione si differenziava dalla prima poiché qui la ragazza indossa un abito bianco; realizzato nel 1861 per la famiglia Milis, è stato inviata all’esposizione universale di Parigi del 1867 e nel 2008 è stata battuta l’asta da Sotheby’s per la somma di 780,450 stelline.
La terza versione è l’unica a essere stata trasportata su un acquerello su carta, in forma ovoidale: realizzata nel 1857, fu donata da Hayez alla sorella della giovane amante Carolina Zucchi ed è oggi esposta alla Pinacoteca Ambrosiana, a Milano. L’ultima e quarta redazione, infine, si discosta da cui originale per il drappo bianco steso sui gradini e il verde acceso del manto dell’uomo.
Molto felice il cromatismo del bacio, eredità della scuola rinascimentale di Giorgione e Tiziano Vecellio, i maestri veneti sui quali Hayez condusse i primi studi.
Il Virtualismo cromatico del bacio si esprime nel bruno del mantello e nel rosso della calzamaglia del ragazzo, che si fondono armoniosamente nel celeste dell’abito dell’amata; lo sfondo essendo dipinto con tinte neutre, esalta ancora di più il passionale amplesso. Una luce proveniente da una fonte esterna posta a sinistra del quadro, inonda con omogeneità l’intera scena: i suoi riflessi impreziosiscono la veste serica della ragazza, dando risalto anche all’opera spiccata della pavimentazione ed i mattoni della quinta muraria.
Lo schema geometrico e prospettico del bacio è imposto su una serie di diagonali che, seguendo l’andamento dei gradini, tendono a convergere nel punto di fuga , collocato a sinistra dei due amanti. Dette linee rappresentano l’ossatura del quadro: in questo modo, infatti, l’attenzione dell’osservatore è concentrata sulla coppia, che si distingue nettamente dallo sfondo anche grazie ai contorni ben definiti.
Il Bacio irradia molteplici significati sottesi: infatti, oltre ad essere una celebrazione dell’impetuoso ardore giovanile, sublima magistralmente ideali come l’amor di patria e l’impegno politico militare.
La coppia hayeziana è ritratta come la personificazione dell’Italia unita.
Il dipinto, infatti, assurge a simbolo degli ideali romantici, nazionalisti e patriottici del rinascimento.
L’uomo è ammontato e con il piede poggiato sul gradino, come se fosse in procinto di partire, mentre la donna stringe le spalle dell’amato con forza quasi non volesse interrompere quest’estremo saluto, conscia dei motivi per cui l’amato vivrà a causa del patriottismo, così come anche il pugnale nascosto nel mantello, in segno di ribellione contro l’invasione asburgica.
Non per ragioni fortuite, già nel 1860 il pittore italiano Gerolamo Induno confermò l’influenza culturale dell’opera Hayeziana con “la partenza del Garibaldino” che raffigura il triste commiato tra il garibaldino e la vecchia madre, l’artista riprese l’iconografia del bacio, inserendola tuttavia nel contesto storico risorgimentale.
Induno rese omaggio ad Hayez anche con “il triste presentimento”, dove in un’angusta stanza, piena di oggetti, è appesa alla parete una riproduzione del bacio.
Il bacio ha avuto lungamente eco anche nel secolo successivo.
Nel 1922 fu il turno di Federico Seneca direttore artistico della Perugina.
Il bacio è stato rivisitato dal MiBACT per il manifesto dell’iniziativa «A san Valentino innamorati dell’arte»: scopo della campagna ministeriale, attiva nei giorni 13-14 febbraio 2010, era quello di valorizzare il valore artistico italiano facendo entrare le coppie nei luoghi d’arte statali al costo di un solo biglietto.
Francesco Hayez è stato un pittore italiano, passato dalla temperie neoclassica a quella romantica di cui è il maggior esponente in Italia, Hayez è stata un artista innovatore e poliedrico, lasciando un segno indelebile nella storia dell’arte italiana per essere stato l’autore del dipinto il Bacio e di una serie di ritratti delle più importanti personalità del tempo. Molte sue opere contengono un messaggio nascosto politico risorgimentale.
Dopo aver trascorso la giovinezza a Venezia e Roma, si spostò a Milano, dove entrarono in contatto con Manzoni, Berchet, Pellico e Cattaneo, conseguendo numerosissimi uffici e dignità; tra queste, degne dimensioni e la cattedra di pittura all’accademia di Brera, della quale divenne titolare nel 1850.
In seguito al congresso di Vienna, l’Italia rivestiva un ruolo del tutto marginale rispetto alle altre potenze europee, tanto che Metternich fu categorico nel definirla una mera «espressione geografica», fu suddivisa in diversi stati, tutti soggetti al dominio diretto o indiretto degli Asburgo d’Austria . questa frammentazione fu carburante per l’affermazione di varie società segrete di orientamento democratico radicale, quali la Carbonerie e la Giovane Italia; nonostante tali associazioni finirono tutte nella sconfitta, furono fondamentali nel testimoniare dinanzi l’opinione pubblica la volontà di unire una nazione Italiana in nome degli ideali di libertà e di indipendenza. Il sentimento nazionale Italiano fu quindi vivificato dai moti del 1848, che a loro  volta sfociarono nella prima guerra di indipendenza, che tuttavia fu coronata da successo.
Bisognerà attendere il 1859 per l’innesco definitivo del processo di unificazione: gli accordi segreti di Plombières, stipulati da Napoleone III e Camillo Benso conte di Cavour, sancirono la formazione di un’alleanza antiaustriaca, che portò in breve alla seconda guerra di indipendenza prima e alla spedizione dei mille poi.
Il regno di Italia sarà proclamato pochi anni dopo, nel 1861.
Fu in questa cornice che Francesco Hayez dipinse il proprio Bacio.
Memore della lezione carbonara ripresa nel sangue, l’artista decise di mascherare gli ideali di cospirazione e lotta contro lo straniero sotto la rappresentazione di eventi del passato: attraverso l’adozione di schemi di comunicazione ambigui, opachi, l’artista riuscì, infatti, a sfuggire efficacemente agli interventi di censura messi in atto dalle autorità .
Il Bacio fu commissionato privatamente a Francesco Hayez dal conte Alfonso Visconti di Saliceto; Hayez era un pittore molto noto nella Milano dei circoli patriottici, tanto da essere ritenuto da Mazzini «capo della scuola di pittura storica, che il pensiero Nazionale reclamava in Italia», quindi non vi è sorpresa se il Visconti gli incaricò di trasportare in pittura le speranze associate all’alleanza tra la Francia e il regno di Sardegna.
Nella versione di Brera, l’azzurro della veste della donna e il rosso brillante della calzamaglia del giovane alludono non troppo velatamente al tricolore francese.
Hayez, infatti, intendeva rendere omaggio alla nazione d’Oltralpe, alleata con l’Italia in seguito alla stipulazione degli accordi di Plombières tra Napoleone e Camillo Benso conte di Cavour.
Nelle tre versioni successive le connotazioni allegorico-patriottiche si fecero ancora più marcate: nella redazione del 1861 anno della proclamazione del regno d’Italia, la veste della ragazza assurge una neutra tonalità Bianca, in segno di omaggio verso unificazione Italiana attese così ardentemente. Nella quarta versione l’Italia si manifesta invece nelle vesti dell’uomo, che qui, oltre alla già presente calzamaglia rossa, indossa anche un manto verde, simbolizzando il vessillo nazionale Italiano.

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