mercoledì 4 giugno 2014

Francesco Solimena di Serena Di Ruocco

Francesco Solimena è considerato uno degli artisti che meglio incarnarono la cultura tardo-barocca in Italia. Si formò presso la bottega del padre Angelo, a Nocera Inferiore, città originaria della madre, Marta Resigniano, dove viveva la sua famiglia, rifacendosi dapprima alle opere di Francesco Guarini (1611-1651) e successivamente, trasferitosi a Napoli e resosi autonomo nello stile, cominciò a guardare con interesse alla pittura scenografica e fantasiosa di Luca Giordano (1634-1705) ed a quella tenebrista di Mattia Preti (1613-1699).
Fu avviato alla pittura durante una visita a Nocera de' Pagani del cardinale Pietro Francesco Orsini (1650-1730), il futuro papa Benedetto XIII, che osservate alcune opere del giovane consigliò al padre Angelo (che lo ospitava nel suo palazzo) di avviarlo alla pittura perché il ragazzo dimostrava un talento poco comune. In questo periodo
Francesco realizzò alcune opere architettoniche molto importanti come: l’altare di San Nicola nell’Abbazia di Santa Maria Maddalena in Armillis a Sant’Egidio del Monte Albino (1606), la facciata della chiesa di San Domenico Napoli (1283-1324), il suo palazzo di San Potito Napoli (1600), il portale di San Giuseppe dei Vecchi Napoli (1614), chiesa di San Nicola alla Carità Napoli(1647).
Le opere tra il 1670 e il 1680 – tra cui si ricordano La gloria del Paradiso nella Cattedrale di Nocera Inferioredel 1671 – un affresco caratterizzato dal concentrico rincorrersi dei corpi di angeli, di Santi e apostoli in cui il gioco dei panneggi delle vesti crea contrasti di luce e di ombre ed i colori sono chiari e la luce si diffonde dall’alto – la Visione di San Cirillo d'Alessandria nella Chiesa di San Domenico a Solofra e Maria Vergine bambina sempre nella Chiesa di San Domenico (1675-77) e Maria Vergine bambina e Sant’Anna della Chiesa di Sant’Antonio Nocera Inferiore (1657-1747)– furono eseguite in collaborazione col padre.

Dal 1680, Francesco Solimena si appropriò della sperimentazione cromatica di Luca Giordano (1634 – 1705), allievo di José de Ribera (1591-1652), che aveva assimilato le esperienze pittoriche più diverse dell'Italia del momento e ha permesso la fioritura della pittura barocca napoletana.

Francesco Solimena fu il suo erede e tramandò tale stile ai suoi allievi Corrado Giaquinto (1703-1765), Sebastiano Conca (1680-1764) e Nicola Maria Rossi (1690-1758).
Le opere eseguite dopo al 1680, manifestarono sempre più il distacco dalla pittura naturalista che divenne progressivamente adesione al gusto barocco.
Vanno menzionate a questo proposito gli affreschi di San Giorgio a Salerno del 1680, le tele delle Virtù della sacrestia di San Paolo Maggiore a Napoli (1689-90) e la Caduta di Simon Mago nella sacrestia di Solimena a Napoli (1689-1690).
La cosiddetta Sacrestia di Solimena è un ambiente presente nella Basilica di San Paolo Maggiore a Napoli, interamente affrescato da Francesco Solimena tra il 1689 e il 1690.
La sacrestia si trova in fondo alla navata centrale della basilica, alle spalle dell'altare maggiore, accessibile tramite una porticina sulla parete a destra. Si tratta di una delle principali opere espressive di Solimena. Eseguiti tra il 1689 e il 1690, il ciclo di affreschi rappresenta Angeli, Allegorie e Virtù, e la Caduta di San Paolo e la Caduta di Simon MagoL'opera è eseguita secondo i più tipici canoni del barocco napoletano, in piena maturità artistica raggiunta dal Solimena. Gli affreschi, sono dunque caratterizzati da incorniciature decorate con motivi fitomorfi e floreali, attraverso stucco e dorature di Lorenzo Vaccaro eseguiti appena due anni prima. Sulle pareti di fondo sono raffigurate due grandiose scene quali La Caduta di Simon Mago, firmato e datato 1690 e la Caduta di San Paolo, firmato e datato 1689; nella volta e nelle centine laterali, sono mostrate invece le Allegorie delle Virtù; in posizione bassa e ruotante intorno al ciclo di affreschi, infine, vi sono dei medaglioni contenenti i ritratti dei quattro fondatori dell'ordine dei Teatini: San Gaetano, Paolo IV, Bonifacio da Colli, Paolo Consiglieri.
La storia costruttiva della sacrestia non è del tutto nota. Di certo si sa che essa è stata caratterizzata da numerose ridefinizioni degli spazi architettonici dovute al continuo adattamento con gli edifici circostanti la sala che alterava l'ambiente della basilica.
Dal 1690, Solimena tornò agli esempi di vigorosa ed espressiva pittura barocca di Mattia Preti con l'introduzione a Napoli, all'inizio del Settecento, di un periodo di maggiore interesse artistico: il rococò, quale esaurimento del Barocco.
Nella tela di San Francesco rinunzia al sacerdozio nella Chiesa di Sant'Anna dei Lombardi (1691-1692) è invece evidente l'influenza di Mattia Preti.
Nel Trionfo della fede sull’eresia ad opera dei Domenicani, affresco collocato sulla volta della sacrestia della chiesa di san Domenico Maggiore di Napoli, eseguita in un arco temporale che va dal 1701 al 1707 e si sviluppa centralmente con una serie di personaggi che si mostrano caoticamente nella scena. Posto in alto a sinistra vi è il crocefisso sorretto da alcuni putti, mentre nel resto della scena si possono riconoscere: nella parte superiore dell'affresco vi sono l'Eterno Padre, il Cristo, la colomba dello Spirito Santo e la Vergine con San Tommaso D'Aquino con il sole in petto.Nella parte centrale invece sono in evidenza San Pietro Martire, Santa Caterina da Siena, Santa Caterina de' Ricci e Santa Rosa da Lima. Sulla sinistra invece abbiamo San Domenico che riceve una stella da un angelo accompagnato dalle Virtù.Nella parte inferiore (più vicina alla parte anteriore della cappella), infine, vi sono i corpi caduti nell'eresia.
L’Adorazione dei pastori nella Chiesa di Sant’Antonio a Nocera Inferiore del 1716, Storie di San Nicola Apostoli e Virtù Napoli del 1696, il Miracolo di S. Giovanni di Dio Museo civico di Castel Nuovo del 1691, Gloria di Maria Assunta e santi, Madonna con il Gonfalone e San Bonaventura, Adorazione dei pastori Napoli Chiesa di San Girolamo delle Monache (1705), Ultima cena ad Assisi (1717).
La Gloria di Maria Assunta e santi è un dipinto olio su tela (17 m² circa) eseguito nel 1705 circa e conservato presso la Chiesa di San Girolamo delle Monache di Napoli. Fu la famiglia Carafa (è, infatti, visibile ai due angoli bassi della tela lo stemma dei Carafa della Stadera) a commissionare a Solimena il grande dipinto da destinare al monastero delle monache francescane terziarie regolari; forse perché una rappresentante della famiglia Carafa era in quegli anni badessa proprio in quel monastero. La grande tela di 17 m², dall'alto in basso, raffigura in un’architettura fantastica, caratterizzata da colonne, fuga d’archi, lesene e balaustre: la Vergine gloriosa assunta in cielo, tre figure di santi all’altezza della balaustra (si tratta di san Girolamo, in rosso a sinistra, un papa domenicano o San Benedetto, in nero al centro, e San Giovanni da Capestrano, a destra con una bandiera; Francesco d’Assisi che in piedi consegna la Regola ad un gruppo di Sante Clarisse (con Elisabetta d'Ungheria, donna con la corona); una coppia in conversazione (forse un D'Angiò con Leopoldo d’Ungheria).
Lo stile pittorico nuovo, con l'avvicinamento all'Arcadia, ebbe la sua consacrazione ne La cacciata di Eliodoro dal tempio al Gesù Nuovo a Napoli del 1725, che raffigura un episodio biblico raccontato nel terzo capitolo del secondo libro dei Maccabei. Il tema fu tanto caro ai Gesuiti che vollero riprodurlo sulla controfacciata della Chiesa del Gesù Nuovo. È semplicemente un capolavoro della pittura del settecento napoletano, grandioso quanto insolito, infatti, è rarissimo trovarne uno del genere in un ambiente di preghiera in un qualsiasi edificio religioso di rito cattolico. Eliodoro fu uno dei ministri di Seleuco IV, inviato nel 176 a. C. a Gerusalemme per impadronirsi del Tesoro del Tempio. Dopo aver preso la refurtiva si allontana lasciando alle sue spalle il "popolo di Dio" indignato per il sacrilegio commesso. La faccenda gli costerà cara: il popolo, inferocito e desideroso di giustizia, a furia di percosse e mazzate, costringono il povero Eliodoro a lasciare il bottino. E' il tema del furto ed è ampiamente trattato sia nel nuovo che nell'antico testamento.
Il D'Anelli afferma che il quadro proviene dalla chiesa dei Celestini di Vasto (oggi distrutta), insieme con l'altro dipinto raffigurante La presentazione del Camauro a Papa Celestino V e che entrambi sono stati attribuiti dal Betti a Solimena e trasportati nella Chiesa di Santa Maria Maggiore a Vasto. Sulla scalinata di un tempio c’è la Madonna seduta, circondata dagli Apostoli disposti in vari atteggiamenti; in alto, tra nuvole, sono cherubini e la Colomba dello Spirito Santo.
In La presentazione del camauro a Papa Celestino V, a sinistra su un'altra scalinata siede il pontefice attorniato da cardinali, mentre ai suoi piedi sono inginocchiate due figure: uno dei quali sostiene un vassoio su cui poggiano due chiavi. A destra è un personaggio in abiti regali che conversa con un cardinale. A sinistra sono altri due cardinali seduti. In alto a destra uno squarcio luminoso di nubi con serafini e la colomba dello Spirito Santo.
La due opere sono del 1727.
Fra il 1727 e il 1730 Solimena realizzò gli affreschi della cappella di San Filippo Neri ai Gerolamini a Napoli.
Nel 1728 gli fu commissionato dal cardinale Michele Federico Althann (1682-1734), viceré di Napoli e vescovo nella città ungherese di Vác, una tela raffigurante il prelato nell'atto di offrire all'imperatore d'Austria Carlo VI il catalogo della pinacoteca imperiale 1728 oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna, che suscitò un vero entusiasmo.
Dal 1730, circa, Solimena ritornò al suo entusiasmo giovanile, con una pittura barocca, caratterizzata da uno stile classico barocco, governato quindi da un'inquietante intensità visiva.
Tra il 1684 e il 1734 Solimena realizzò Giuditta con la testa di Oloferne Kunsthistorisches Museum, l’Immacolata (1728-1733), San Filippo Neri che adora la Vergine col Bambino affidandole la protezione di Torino nella Chiesa di San Filippo Neri (1733), il Trionfo di Carlo III di Borbone alla battaglia di Gaeta del 1735 a Caserta, la Madonna del Rosario del 1750 del Museo civico di Teramo, l’Annunciazione (1730-1735) nella Chiesa di San Rocco a Venezia e S. Michele Arcangelo (1707-1736) della Cattedrale di Nardò.
Un ritorno ai lavori giovanili si andò evidenziando a partire dal 1735 come ad esempio nei dipinti realizzati nella Reggia di Caserta su committenza di Carlo III di Borbone.
Lavorò per le maggiori corti europee, pur senza muoversi quasi mai da Napoli.
Francesco Solimena morì nella sua villa di Barra il 5 aprile 1747, ed i suoi resti sono conservati all'interno della chiesa di San Domenico. Fra i suoi allievi vi furono Paolo Gamba (1712-1782), Ferdinando Sanfelice (1675-1748) e Domenico Antonio Vaccaro (1678-1745), Romualdo Formoso e Michele Foschini. Il Comune di Napoli, la circoscrizione di Barra, e i padri Domenicani, nel 250º anniversario della sua morte, apposero una lapide sulla sua tomba all'interno della Chiesa di San Domenico. La composizione dei quadri di Francesco Solimena è spesso sottolineata da elementi architettonici (scale, archi, balaustre, colonne) che focalizzano l'attenzione sui personaggi, come le ombre e tessuti leggeri. Gli storici dell'arte hanno avuto il piacere di individuare i tanti modelli che aveva imitato nelle sue composizioni. I suoi numerosi studi preparatori, spesso combinazione di diverse tecniche quali disegni a inchiostro e penna, gesso e acquerello.
Un esempio tipico dello stile della sua prima maturità è la Allegoria di un regno (1690), collezione di libri Stroganov ora custodito nel Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo.
Nel primo Settecento, si rivolse a grandi solenni composizioni, soggetti sacri e profani. Francesco Solimena ha esercitato una notevole influenza sui pittori delle generazioni più giovani e future di Napoli, ma anche di tutta l'Europa centrale.

È servito come esempio per la generazione emergente, in particolare Jean-Honoré Fragonard (1732-1806), Francisco Goya (1746-1828) e François Boucher (1703-1770), il quale si è ispirato a molte delle opere di Solimena. Grazie a Francesco Solimena e alla pittura eroica del chiaroscuro di Caravaggio (1571-1610) e di Giovanni Battista Caracciolo (1578-1635) che hanno caratterizzato Napoli in quel secolo, la città ha raggiunto lo status di centro di dispositivo artistico, tanto da diventare una capitale europea della pittura.
Serena Di Ruocco

1 commento:

  1. Salve Serena, sono uno appassionato studioso del Solimena, e da poco ho finito di scrivere una monografia interamente dedicata ad eso, completa di catalogazione delle opere (sono nell'attesa che qualche editore possa mostrare interesse sull'argomento) ho letto per caso questo tuo articolo e se ti interessa approfondire la cosa puoi tranquillamente contattarmi alla mia mail che è nello.valente69@gmail.com.
    ciao

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