Camille Jean-Baptiste Corot
nacque il 17 luglio 1796 a Parigi. Figlio di un mercante si dedicò al mondo
dell'economia e solo a ventisei anni sentì una vocazione per l'arte.
Gli anni di maturazione artistica
e culturale dell'artista francese furono quelli dei suoi soggiorni presso le
città italiane, tra il 1835 e il 1843; in particolare Corot si interessò alle
opere dei maestri italiani e alla paesaggistica, che compare in numerosi
schizzi che l'artista eseguì tra Roma, Ischia, Venezia e il Lago di Garda.
Tra le tante opere di questo
ciclo la più famosa è Il ponte di Narni. Quest'opera tratta del celebre ponte a
Terni; l'opera fu dipinta nel 1825 ed è tuttora esposta al Museo del Louvre.
Il ponte di Narni segue la
tradizionale struttura del paesaggio classicista, con una certa attenzione ai
particolari. Nell'opera si evidenzia però un nuovo modo di intendere la
pittura, basata sull'accostamento degli elementi del paesaggio, come macchie di
colore accostate con un sottile equilibrio di accordi tonali. L'opera ha un
significato profondo, poiché il ponte rappresenta il collegamento tra il
passato ed il futuro delle scuole e dei movimenti artistici.
Corot in questo capolavoro cerca di inserire i caratteri paesaggisti di Nicolas Poussin (1594-1665) ed i caratteri del romantico Dughet (1615-1675) . A Narni Corot si rifà a Nicolas Poussin per gli elementi naturali.
Corot in questo capolavoro cerca di inserire i caratteri paesaggisti di Nicolas Poussin (1594-1665) ed i caratteri del romantico Dughet (1615-1675) . A Narni Corot si rifà a Nicolas Poussin per gli elementi naturali.
Corot soggiornò anche a
Roma, dalla quale prese ispirazione per l'opera Il Colosseo visto dai giardini
Farnese, del 1826, custodito presso il Museo del Louvre a Parigi.
In quest'opera il pittore
rappresenta il Colosseo circondato dalla verdeggiante e luminosa vegetazione. Corot
rende bene l'idea della luminosità, che fa apparire il paesaggio molto
armonico. È molto evidente l'elemento chiaroscurale nella rappresentazione
della vegetazione; tale elemento chiaroscurale è reso con varie sfumature di
colore verde.
L'altra opera di rilievo,
che riguarda il suo soggiorno a Roma, è Roma, Castel Sant'Angelo ed il fiume
Tevere; l'elemento fondamentale dell'opera è la luminosità che è visibile con
il riflesso dell'acqua.
Durante il suo viaggio in
Italia Corot fu ospite presso la laguna veneta, dove dipinse Studio di Venezia,
la piazzetta del 1828. Anche in quest'opera l'elemento in primo piano è la
luminosità e proprio la ricerca di questo particolare fa è che Corot sia un
precursore dell'Impressionismo, con l'uso della tecnica en plein air, ossia
dipingere immergendosi nella natura, ponendole basi per una paesaggistica realista.
Un'altra opera di rilievo è "Firenze
vista dal Giardino di Boboli" del 1835, custodita al Museo del Louvre di
Parigi. Corot rappresenta una piacevole conversazione tra due monaci, su di un
ampio terrazzo. Rispetto ai paesaggi dipinti da Corot, in questa veduta si
avverte l'intenzione dell'artista nel voler prestare maggior attenzione alla
natura.
Corot, a differenza di chi
coglie nel paesaggio italiano il richiamo del passato, è colpito dalla luce e
dal sole che accendeva i colori rendendoli strumento diretto per la stesura
pittorica, iniziando a dipingere secondo la propria sensibilità e slegandosi
dal procedimento tradizionale. Da questa tecnica derivano opere come “Foro
romano visto dai giardini Farnese”, “Campagna romana con acquedotto Claudio” alla
National Gallery di Londra e “Roma: Trinità dei Monti vista dai giardini
dell’Accademia di Francia”, conservato al Louvre.
Corot iniziò la sua
maturazione artistica, ispirandosi agli artisti del neoclassicismo come: Achille
Etna Michallon (1796-1822), Pierre Henri Valenciennes (1750-1819) e Jean Victor
Bertin (1720-1792). Corot si ispirò spesso alla libertà stilistica dei
paesaggisti inglesi, cui si lega per il comune amore nel dipingere all'aria
aperta.
Una celebre frase di Corot
evidenzia il suo avvicinamento all'arte paesaggistica: «C'è
solo uno scopo che perseguirò con costanza nella mia vita: fare paesaggi».
Corot intendeva dipingere il
paesaggio attraverso la messa in evidenza del naturalismo classico. La sua
piena maturazione in questo campo avvenne nel momento in cui inizia a dedicarsi
alla paesaggistica dell’Italia. Durante il proprio soggiorno italiano, Corot
non si interessò ai soggetti del tipico paesaggio classico, bensì amò ritrarre
gli aspetti marginali della natura e volle rendere soprattutto la percezione
della luce e dell’atmosfera, cercando di catturare la fugacità di un istante.
Corot è strettamente legato
alla scuola di Barbizon, da cui prese ispirazione per quanto riguarda alcune tecniche
pittoriche, come l'accostamento di colori, tramite pennellate ampie che non
definisce più un disegno rifinito nei contorni e nelle figure.
Nel momento in cui il
pubblico iniziò ad entusiasmarsi per una pittura nuova, intorno al 1850 Corot
si legò ad un tipo di paesaggio che mise in evidenza i soggetti naturalistici e
gli elementi romantici.
Corot lavorò con lo stile
degli artisti realisti e romantici del suo tempo. L'artista francese non guarda
al significato morale del paesaggio, ma cercò di vedere in modo corretto.
Questo concetto è visibile tramite l'uso di alcuni punti fondamentali:
l'eliminazione dell'effetto pittoresco, la creazione di mosse di colore e
l’utilizzazione della luce per rappresentare il campo visivo in modo sintetico,
ma esatto. Egli condivise con i romantici la convinzione che la natura possa
essere compresa dall’artista solo attraverso il sentimento.
Corot si dedicò anche allo
studio della figura umana; un esempio di questo studio è “Roma, vecchio seduto
su un baule appartenente a Corot“, dove Corot mette a fuoco un personaggio
umano universale.
Il paesaggio di Corot hanno
per oggetto immagini fresche, vicine alla realtà e non filtrate
dall'intelletto.
Le immagini sono "povere",
differenti dai colori sfolgoranti di Delacroix e dalle forme di Ingres,
valorizzando il lato umano.
Corot fu un pittore dalla "doppia vita", una sorta di Dottor jekyll e Mister Hyde dell'arte del paesaggio, poiché egli accostava al gusto classicheggiante e accademico la ricerca della luce colta dal vero.
Corot è votato a cercare la resa veritiera, quindi rivoluzionaria, delle atmosfere.
Sotto la cura di Vincent Pomerède , furono recuperate un centinaio di opere che raccontano l'estro raffinato di Corot e che furono modello di ispirazioni per l'artista impressionista Claude Monet.
«Delacroix è un'aquila, io sono un'allodola», dice Camille Corot. "Ma si fa torto. Se il suo canto è certamente il più squisito dell'Ottocento, bisogna aggiungere che esso annuncia l'alba, cioè la luce moderna, esattamente come l'allodola di Giulietta e Romeo dopo l'ultima notte d'amore. La sua pittura, nell'istante stesso in cui chiude il turno di notte della classicità, si fa vigile e per nulla assonnato portiere di giorno di un tonalismo senza il quale non si arriverebbe né a Monet (1840-1926) né a Matisse (1869-1954)" (Flavio Caroli).
Negli anni conclusivi della sua vita, Corot è pronto a visioni estreme ed apocalittiche. Lune che escono da alberi d pece e si riflettono in acque fosforescenti. Alberi di spugna, con ninfe, su tramonti di seta beige chiarissima.
"Poiché il "Bon Homme Corot" è insaziabile estimatore del femminile,anzi è un forsennato, ancorché segregato, erotista. L'espressione dell'eros è evidentemente più repressa che dichiarata, più tormentosa che felice, più correggesca che rubensiana" ( Flavio Caroli).
L’artista francese fu una fonte di ispirazione per i più importanti dei giovani impressionisti, ai quali fece diverse raccomandazioni: «Non imitate, non seguite gli altri, o resterete dietro di loro».
Corot fu un pittore dalla "doppia vita", una sorta di Dottor jekyll e Mister Hyde dell'arte del paesaggio, poiché egli accostava al gusto classicheggiante e accademico la ricerca della luce colta dal vero.
Corot è votato a cercare la resa veritiera, quindi rivoluzionaria, delle atmosfere.
Sotto la cura di Vincent Pomerède , furono recuperate un centinaio di opere che raccontano l'estro raffinato di Corot e che furono modello di ispirazioni per l'artista impressionista Claude Monet.
«Delacroix è un'aquila, io sono un'allodola», dice Camille Corot. "Ma si fa torto. Se il suo canto è certamente il più squisito dell'Ottocento, bisogna aggiungere che esso annuncia l'alba, cioè la luce moderna, esattamente come l'allodola di Giulietta e Romeo dopo l'ultima notte d'amore. La sua pittura, nell'istante stesso in cui chiude il turno di notte della classicità, si fa vigile e per nulla assonnato portiere di giorno di un tonalismo senza il quale non si arriverebbe né a Monet (1840-1926) né a Matisse (1869-1954)" (Flavio Caroli).
Negli anni conclusivi della sua vita, Corot è pronto a visioni estreme ed apocalittiche. Lune che escono da alberi d pece e si riflettono in acque fosforescenti. Alberi di spugna, con ninfe, su tramonti di seta beige chiarissima.
"Poiché il "Bon Homme Corot" è insaziabile estimatore del femminile,anzi è un forsennato, ancorché segregato, erotista. L'espressione dell'eros è evidentemente più repressa che dichiarata, più tormentosa che felice, più correggesca che rubensiana" ( Flavio Caroli).
L’artista francese fu una fonte di ispirazione per i più importanti dei giovani impressionisti, ai quali fece diverse raccomandazioni: «Non imitate, non seguite gli altri, o resterete dietro di loro».
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