L'isola
di Capri è situata nel golfo di Napoli e nel golfo di Salerno, tra la penisola
sorrentino-amalfitana. Nel 476 d.C. con la fine dell’età imperiale Capri
ritornò a far parte dell’orbita napoletana. In questo stesso periodo l’isola fu
anche vittima delle scorrerie e dei saccheggi da parte di pirati.
Nell’886
Capri passò sotto il dominio di Amalfi per decisione dell’imperatore Ludovico
II, il quale, desiderava premiare gli amalfitani per i servigi offertigli,
durante la lotta contro i saraceni, nella liberazione del vescovo di Napoli
Atanasio, imprigionato in Castel dell’Ovo da Sergio II duca di Napoli.
Sergio
II era molto giovane quando aveva ereditato il ducato di Napoli e non ascoltava
i consigli del santo Vescovo suo zio: non volle infatti sottomettersi a
Ludovico II, padrone di quasi tutta la penisola, rinchiuse tutti gli zii
compreso il Vescovo, congiura che fu ordita da sua suocera.
Atanasio
trovò rifugio sull’isolotto del Salvatore (Castel dell’Ovo), non rinunciando
alla carica episcopale così come voleva il nipote. Allora il Duca con la sua
milizia, tra cui si contavano molti saraceni, ordinò di assaltare l’isolotto,
ma Ludovico II che si trovava a Benevento, riuscì a salvare Atanasio
inviandogli Marino di Amalfi con 20 sagene. Per lo smacco subito, il Duca fece
saccheggiare il tesoro della Chiesa napoletana e perseguitò così tanto il clero
che si attirò la scomunica del Papa. Atanasio che si era rifugiato a Sorrento,
volle andare a Roma per poter far togliere la scomunica al nipote e alla città,
ma morì durante la strada nel Monastero di San Felice nei pressi di
Montecassino.
Il
forte controllo esercitato da Amalfi su Capri è particolarmente evidente nel
campo artistico ed architettonico: Amalfi, avendo infatti frequenti rapporti
con l’Oriente, introdusse anche nella piccola isola stili e modelli classici,
bizantini e islamici. Nonostante questi diversi influssi artistici, la Chiesa di Sant'Anna, la Chiesa di San Michele, la Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli
e la Chiesa di San Costanzo sono
riuscite a conservare i loro originari caratteri e la loro semplicità.
Tra il
X e il XVIII secolo dell’isola la popolazione si trasferì dalla piana di San
Costanzo sulle alture, forse intorno alla Chiesa
di Sant'Anna. La diocesi di Capri, oggi una sede soppressa Chiesa
cattolica, fu istituita nel 987, l'anno in cui l'arcidiocesi di Amalfi fu
elevata a sede metropolitana e furono erette con Capri le diocesi suffraganee
di Scala, Minori e Lettere.
Nello
stesso anno la cattedra vescovile fu stabilita nella chiesa di San Costanzo,
patrono della città, e in essa, per ordine di Papa Giovanni XV fu consacrato il
primo vescovo caprese.
La
piccola Chiesa di San Costanzo, sorta
nel borgo medioevale e intorno alla quale si raccoglieva la popolazione che
risiedeva presso Marina Grande, era originariamente intitolata a San Severino e
successivamente al santo protettore di Capri e al culto della Madonna della
Libera, è considerata una delle più antiche di Capri. La data precisa di
costruzione della chiesa resta tuttora ignota. Alcuni storici sostengono che un
primo impianto sia già esistito intorno al V secolo d.C. sulle rovine di un
palazzo romano di epoca tardo-repubblicana, mentre altri affermano che potrebbe
essere stata costruita tra il IX ed il XII secolo. Tuttavia una primitiva
chiesa doveva sicuramente esistere quando fu creata la diocesi di Capri periodo
in cui a seguito dell’evento dovette essere profondamente rinnovata: la chiesa
passò infatti da uno stile paleocristiano ad uno bizantino.
Nel
1928 la chiesa di San Costanzo subì ulteriori danni quando, abbattendo
follemente il pronao ed il timpano triangolare e modificandone la facciata, fu
costruita la casa canonica in soprelevazione. Proprio a seguito di questo
evento, si rese necessario un intervento di ristrutturazione e di
consolidamento, che durò dal 1932 al 1935, facendo assumere alla chiesa
l'aspetto attuale: della vecchia struttura rimane solo un acquerello di
Giacinto Gigante del 1840. Nel 1990 furono effettuati altri lavori di restauro
che portarono alla luce un pavimento di epoca romana in opus signinum o cocciopesto ed un tratto di muro in laterizio del V
secolo: non è chiaro tuttavia se questi ritrovamenti facessero parte della
chiesa o di edifici preesistenti prima della costruzione del tempio.
La
facciata è divisa in due da una sottile trabeazione e nella parte inferiore, si
apre il portale risalente al XIV secolo, sovrastato dallo stemma degli
Angioini, mentre in quella superiore si trovano due finestre della casa
parrocchiale. Tutto termina con una sorta di piccolo timpano ed ai lati delle
volute. Nel XIV secolo, più precisamente tra il 1330 ed il 1370, per ordine del
conte Giacomo Arcucci che commissionò
importanti lavori di ristrutturazione, alla struttura iniziale della Chiesa di
San Costanzo: furono aggiunti il presbiterio e il pronao facendo così assumere
alla struttura l'architettura tipica gotica con un campanile in stile arabo,
successivo alla prima edificazione, e volte a cupola.
L'interno della chiesa è a croce greca,
inserita in un quadrato, nelle cui diagonali si aprono quattro cappelle con
volta a crociera; nel punto d'incontro dei bracci, con volta a botte, poggiante
su quattro archi a sesto rialzato, si apre la cupola. Tutto il perimetro era
ornato in origine da dodici colonne, alcune delle quali rimosse per essere
utilizzate nella Reggia di Caserta; sul lato sud è posto il presbiterio
quadrato del XIV secolo, sul lato ovest c’è l'abside: probabilmente in origine
l'ingresso doveva essere sul lato est, in linea con la zona absidale e solo
dopo il restauro trecentesco spostato sul lato nord.
Nel
XVII secolo, precisamente nel 1560, la chiesa di San Costanzo perse la sua
funzione di cattedrale di Capri la cui sede fu spostata nella chiesa di Santo
Stefano.
La
Cattedrale di Santo Stefano è la principale chiesa di Capri e la più grande
dell'isola: essa si trova in cima alle scale della piazzetta ed è stata
cattedrale della diocesi di Capri fino al 1818.
L'edificio
fu progettato dall'architetto napoletano Francesco
Antonio Picchiatti[1] (1617 – 1694), architetto stimato dalla
corte spagnola tanto da affidargli numerosi incarichi come la realizzazione
della guglia di piazza San Domenico Maggiore di Napoli, per reinterpretare,
rielaborare e recuperare l'antico il convento benedettino dedicato a santa
Sofia del VI secolo, eretto in cima alle scalinate della piazzetta di Capri, e di
cui è rimasto soltanto il campanile sulla piazzetta. Il progetto fu realizzato
tra il 1688 ed il 1695 dal maestro muratore amalfitano Marziale Aniello Desiderio, riflette lo stile barocco con le cupole
e le volte estradossate delle cappelle laterali che ne esaltano il barocco.
Il 17
maggio 1723 fu consacrata dal vescovo Michele
Vandeneyndel, diventando cattedrale di Capri. I lavori di completamento
definitivo si protrassero tuttavia fino al 1751, quando fu sistemato il coro e
alcuni accorgimenti all'interno: agli stessi anni risale il dissotterramento di
Villa Jovis di cui il più bel
pavimento di marmo della villa imperiale fu destinato alla cattedrale di Santo
Stefano.
La facciata della chiesa di Santa Stefano
si presenta scandita in due da una trabeazione: la parte inferiore è
caratterizzata da un portale principale, decorato con finti riquadri in marmo e
due laterali, sormontati da nicchie nelle quali sono contenute statue di santi
ed una serie di lesene, mentre la parte superiore, più piccola rispetto a
quella sottostante, presenta un ampio finestrone centrale e termina alle
estremità con delle volute; su tutta la facciata sono riconoscibili diverse
decorazioni in stucco.
All'interno la chiesa si presenta a croce
latina, divisa in tre navate, dove quella principale è coperta da una volta a
botte, mentre le due laterali, dove si aprono quattro cappelle su ogni lato,
sono coperte da una serie di cupole: all'esterno, tali cupole, sono
caratterizzate da tamburi con solchi verticali e contrafforti ad arco; la
cupola principale, extradossata, si trova all'incrocio tra la navata centrale e
il transetto.
La zona
dell'altare maggiore è a forma di abside rettangolare: la mensa è stata realizzata tramite una colonna in marmo giallo
proveniente dalla chiesa di San Costanzo,
mentre la pavimentazione è in marmo policromo, proveniente da Villa Jovis; alle spalle dell'altare si
trova l'organo.
Nella navata di destra la prima è la Cappella di San Michele Arcangelo, con
dipinto di Paolo De Matteis (1662 – 1728), la seconda è la Cappella della Vergine Maria e reca
sull'altare una tela del XIX secolo raffigurante la Madonna tra gli angeli; la terza è la Cappella della Madonna del Carmine, con dipinto della Vergine del Carmelo tra le anime del
Purgatorio sempre di Paolo De Matteis;
la quarta è la Cappella del Sacro Cuore
di Gesù, la quale, sulle pareti laterali, contiene dei reliquiari in legno risalenti al XVII secolo ed altri reliquiari,
sempre in legno, a forma di statue di santi, tra cui quello del Sacro Cuore, opera di Giacomo Colombo (1663 – 1731), in origine raffigurante il Salvatore e poi riadattato.
Nella navata
sinistra la prima cappella una tavola del XV secolo effigiante Sant'Antonio e San Michele con in mezzo la
Madonna col Bambino, la cui leggenda narra sia tornata miracolosamente al
suo posto dopo essere stata gettata dai corsari in una rupe. nella seconda
cappella è presente il fonte battesimale ed è adornata con un dipinto che
riproduce il Battesimo di Gesù, opera
della scuola del Solimena, la terza
cappella è dedicata a san Nicola di Bari e la quarta è dedicata a san Giuseppe,
con raffigurazioni della Sacra Famiglia
sull'altare, di Maria ed il Bambino tra
san Giuseppe e san Francesco sul lato destro e il Transito di san Giuseppe sulla parete sinistra.
Nella parte
destra del transetto si trovano una tela di Andrea
Malinconico (1624 - 1698),
raffigurante Sant'Andrea ed una di Giacomo Farelli (1629 – 1706),
rappresentate il Martirio di san Giovanni,
oltre ad un'epigrafe che ricorda la consacrazione della chiesa; sullo stesso
lato del transetto si apre la Cappella
del Santissimo Crocifisso, emblema del gusto seicentesco, dove sono
conservate le tombe di Giacomo e Vincenzo Arcucci (interessante la prima tomba
dove è una riproduzione della certosa posta nelle mani del suo fondatore),
realizzate nel 1612 da Michelangelo Naccherino (1550 – 1622) e trasferite dalla certosa di San Giacomo nel 1891 ed il
sepolcro della Serva di Dio Madre
Serafina: sull'altare è posta una pala del VII secolo che ritrae Maria,
Giovanni e Maria Maddalena ai piedi della croce, un Crocifisso in legno del 1691, realizzato da Giacomo Colombo.
Nella
parte sinistra del transetto si trova l'altare contenente le reliquie di san
Costanzo, ornato con una tela di Giacomo
Farelli che raffigura San Costanzo
che scaccia i saraceni e con la statua
in argento impreziosita di zaffiri e granati; anche in questo lato del
transetto si apre la cappella del
Santissimo Sacramento: sull'altare è un dipinto raffigurante la Madonna del Rosario, mentre ai lati uno
rappresenta Gesù fanciullo, uno Maria Immacolata ed uno San Gioacchino e Sant'Anna, della scuola di Luca Giordano.
Gli
arabeschi e le linee sinuose arricchiscono l’aspetto estetico della chiesa,
impreziosita da pavimenti in marmi policromi, provenienti dalle ville romane e
Villa Jovis.
Il 27
giugno 1818 la diocesi di Capri fu soppressa con la bolla De utiliori di papa Pio VII
Chiaramonti ed il suo territorio fu annesso all'arcidiocesi di Sorrento.
Nello
Iovine e Titti Cascone
[1] Francesco Antonio Picchiatti, detto il
Picchetti. - Architetto (Napoli 1619 - ivi 1694).
Figlio
di Bartolomeo (n. Ferrara - m. Napoli 1643), anch'egli architetto e (dal 1623)
ingegnere maggiore del Regno di Napoli. Noto esponente del Barocco; ricordiamo
tra le sue opere principali a Napoli: il palazzo
del Monte dei poveri vergognosi (1657), la guglia di piazza S. Domenico (1658), la chiesa e il palazzo del Monte della misericordia (1658-78), il convento e la chiesa di S. Maria dei
Miracoli (1661-75), il convento di S.
Maria Regina Coeli (1682-83) e il convento
del Divino Amore (1688-89), la chiesa
di S. Girolamo, ecc.
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