Dalla
piazzetta del casale di Massaquano, a Vico Equense, una stradina medievale,
segnata da un ampio arco, conduce alla trecentesca Cappella di Santa Lucia.
Il
piccolo edificio sorgeva accanto all’abitazione del sacerdote Bartolomeo de Cioffo che, in accordo con
il Vescovo di Vico Ludovico da Napoli,
l’aveva fatto costruire nel 1385 per devozione alla Santa e per trovarvi dopo
la morte, con i suoi discendenti, degna sepoltura.
La
cappella, a cui è annessa una stretta sacrestia, si compone di un unico
ambiente a pianta quadrata voltata a crociera che mostra alle pareti uno
splendido ciclo di affreschi di scuola giottesca.
Sulla
parete di fondo è raffigurata l’Assunzione
della Vergine in cui sono facilmente riconoscibili, nonostante la presenza
di qualche grossa lacuna, i due episodi
della Morte e dell’Incoronazione di Maria (Dormitio e Coronatio Virginis).
È
interessante notare che la Dormitio
presenta nella parte bassa una storia tratta dai vangeli apocrifi e diffusa
dalla tradizione bizantina: San Michele Arcangelo usa la spada per tagliare le
mani all’ebreo Jefonia che aveva tentato di rovesciare il catafalco su cui
giaceva la Vergine. Le Sante Caterina d’Alessandria e Lucia, rappresentate a
grandezza naturale, chiudono la scena.
Lungo
le pareti laterali, invece, sono sopravvissute in stato frammentario le Storie Santa Lucia sulla parete sinistra
e le Storie della vita di Cristo, con
una bella Crocifissione sulla parete
destra.
I
maestri “senza nome” di Massaquano
con ogni probabilità iniziarono ad affrescare le mura della cappella qualche
anno dopo la sua costruzione, rinnovando il linguaggio figurativo locale sui
modi di Giotto e dei suoi seguaci Maso di Banco e Roberto d’Oderisio.
Per
più di un secolo le pitture sono state coperte dallo strato di calce che, nel
1877, il cappellano Gennaro Cioffi fece stendere sulle pareti con l’intento di
ammodernare la chiesetta di Santa Lucia; sulla parete di fondo, invece, per
volere dello stesso cappellano, fu inserita una cornice marmorea che ha
danneggiato in maniera definitiva il volto della Vergine dormiente.
I
lavori di restauro, iniziati nel 1991 e completati nel 1995, hanno portato alla
luce consistenti porzioni di affresco che nel 2007 sono state oggetto di
ulteriori operazioni di consolidamento. Quest’ultimo intervento ha interessato
anche l’esterno della cappella e in modo particolare la lunetta che conteneva
l’immagine della Santa titolare.
In
una pagina del “libro delle visite”, appoggiato su una specie di leggio accanto
ad uno degli ingressi, è possibile leggere il commento positivo di Vittorio
Sgarbi.
Anche
se non sappiamo nulla dell’anonimo maestro di Massaquano, egli è sicuramente
riconducibile all’entourage del
napoletano Roberto d’Oderisio (1335 ca.- Napoli, 1382 ca.) uno dei massimi
esponenti della pittura napoletana del Trecento. La prima parte della sua
attività intorno alla metà del secolo potrebbe essersi svolta nel salernitano,
come è attestato dalle opere che la critica ha riunito intorno alla Crocifissione conservata al Museo diocesano di Salerno, proveniente
dalla chiesa di San Francesco di Eboli che è la sua sola opera firmata e
riporta la seguente iscrizione, con la firma e le generalità del suo autore:
“Hoc Opus Pinsit Robertus De Odorisio De Neapolis". Scrive lo storico dell'arte Gerardo Pecci: "La tempera su tavola raffigurante la “Crocefissione” è un’opera “problematica”. In essa sono presenti declinazioni stilistiche che appartengono al linguaggio e alla maniera di Giotto. Tuttavia, vi sono anche influssi cavalliniani e senesi. Anche la datazione è incerta, oscilla tra il 1350 e il 1360. La scelta compositiva è chiaramente a giottesca, come, per esempio, gli angeli che emergono disperati dal fondo, e la tipologia del Cristo, con un lungo e trasparente perizoma drappeggiato. Vi sono anche modi stilistici e di lavorazione, come le punzonature delle aureole, e le dorature (perdute) degli elmi dei soldati, che ci riportano a un influsso di derivazione senese. Nell’opera è presente anche l’eco stilistico di modi pittorici di Maso di Banco, ai tempi in cui lavorava anch’egli nel cantiere napoletano di Giotto. L’impianto iconografico della “Crocefissione” presenta una scena si svolge in un angusto spazio, compresso dal prolungamento della parte superiore del legno della croce, che si trasforma nell’ “albero della vita”, o “legno della vita”, intorno al quale vi è il biblico serpente tentatore di Eva e Adamo, e sulla cui chioma si vi è un pellicano che nutre i piccoli con il proprio sangue, anch’esso simbolo di pietà e del supremo sacrificio di Gesù, morto in croce per redimere l’umanità. A sinistra, invece, l’artista ha rappresentato uno svenimento della Madonna, sorretta da altre donne. A destra c’è S. Giovanni. Infine, nel cielo dorato, vi sono angeli che volano e che raccolgono il sangue che sgorga dalle mani e dal costato di Cristo. Ai piedi di Cristo vi è la Maddalena, abbracciata al sacro legno della croce. Alle spalle della Madonna e di San Giovani non potevano mancare i canonici soldati armati." Quest’opera è certamente significativa nel panorama pittorico del Trecento a
Napoli.
Di Roberto
di Oderisio è polittico con la Dormitio
Virginis e Incoronazione della
Madonna tra i Santi Nicola di Bari, Giacomo, Giuliano e Antonio abate, i
profeti e l’Annunciazione, della
cripta del Duomo di Scala ora in collezione privata.
L’affresco
con la Crocifissione nel duomo di Amalfi. A questi affreschi si collegano
strettamente la Crocifissione nel Museo di Capodimonte e la Madonna dell’Umiltà
(Mater Omnium) nella chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli.
La
sua mano è stata riconosciuta anche negli affreschi del sepolcro di Roberto d’Angiò nella chiesa di Santa Chiara, noti
soprattutto attraverso le foto precedenti ai danni che i bombardamenti della
seconda guerra mondiale hanno arrecato al patrimonio artistico della chiesa.
Dopo
il 1364 egli eseguì Storie Bibliche e la famosa serie dei Sacramenti e il Trionfo
della Chiesa nella Chiesa
dell’Incoronata di Napoli dove prevalgono altri accenti culturali, derivati
in parte da alcuni caratteri dell’arte di Simone Martini: nel quadro dei
rapporti tra l’ambiente artistico napoletano e le forme del gotico
internazionale, questi affreschi si pongono come uno dei risultati più validi e
meglio caratterizzati per genuina forza narrativa.
Altre
opere assegnate a lui dalla critica d’arte potrebbero appartenere ai suoi
allievi o altri pittori coevi: in particolare il bellissimo dittico con Madonna e Cristo dolente e San Giovanni e la Maddalena rispettivamente
a Londra e New York, è ancora di controversa attribuzione.
Da
un documento recentemente riesaminato e interpretato emerge che al Magistro
Roberto da Napoli fu commissionato il decoro
in affresco della tribuna e controtribuna della chiesa di Sant'Angelo in Itri, voluta dai primiceri
Roberto
di Oderisio risulta infine documentato il 1º febbraio 1382, quando re Carlo III
di Durazzo lo nominò suo familiare ospite nella reggia e proto pittore di corte
(et de regio hospitio et in magistrum
pictorem regium) con lo stipendio di trenta once annue.
Si
crede opera di Roberto d'Oderisio la Crocifissione
trecentesca presente nel vano della ruota del monastero di Sant'Anna a Nocera
Inferiore.
È
attribuito a Roberto d'Oderisio un affresco nella sacrestia della chiesa di San
Giovanni del Toro.
È
stato attribuito a Roberto d'Oderisio il polittico con la Dormitio Virginis e
Incoronazione della Madonna tra i santi Nicola di Bari, Giacomo, Giuliano e
Antonio abate, i profeti e Annunciazione nella cripta del Duomo di Scala, ora
in collezione privata.
È
stata attribuita a Roberto d'Oderisio la Crocifissione trecentesca nel
Chiostro del Paradiso raffigurata nelle sei cappelle decorate del colonnato del
chiostro.
Si
crede sia opera di Roberto d'Oderisio una superba Madonna sul Trono nel Battistero di Santa Maria Maggiore.
Restano
di Roberto d'Oderisio solo alcuni frammenti di affreschi nella Cattedrale di
Vico Equense.
Sono
presenti tracce di affreschi di Roberto d'Oderisio nella chiesa di Santa Chiara
Vecchia a Nola.
Nell'epoca
Angioina, affrescò la Cappella Regia del Duca di Calabria (annessa al vecchio
Palazzo dei Tribunali), in seguito questa Cappella opportunamente ampliata
prese il nome di 'Chiesa dell’Incoronata' e fu affrescata dall’Oderisio, tra il
1360 ed il 1370, con figure rappresentanti: Il Trionfo della Religione ed
i Sacramenti. Nei lavori di restauro in questa Chiesa, agli inizi del
1960, vennero fuori dei Cicli di dipinti, due dei quali opera dell’Oderisio
(che si attiene alle concezioni spaziali di Giotto).
Elvira Fontanella
sapere che ciò che si legge è frutto di una giovane studentessa stupisce ed ammira chi, come me , leggendo ha notato tocchi di vera sapienza.. congratulazione, un lavoro molto suggestivo ed interessante
RispondiEliminaRispondo per lei: Grazie.
RispondiEliminaquesti miracoli accadono quando ci sono studenti motivati e docenti stimolanti
Massimo Capuozzo
http://lacittadisalerno.gelocal.it/salerno/cronaca/2013/09/19/news/quella-crocefissione-nel-segno-di-giotto-1.7776830?refresh_ce
RispondiEliminaLa studentessa è stata brava nel copiare ampiamente il mio articolo apparso sul quotidiano LA CITTAà il 13 settembre 2013, riguardate Roberto di Oderisio: "La tempera su tavola raffigurante la “Crocefissione” è un’opera “problematica”. In essa sono presenti declinazioni stilistiche che appartengono al linguaggio e alla maniera di Giotto. Tuttavia, vi sono anche influssi cavalliniani e senesi. Anche la datazione è incerta, oscilla tra il 1350 e il 1360. La scelta compositiva è chiaramente a giottesca, come, per esempio, gli angeli che emergono disperati dal fondo, e la tipologia del Cristo, con un lungo e trasparente perizoma drappeggiato. Vi sono anche modi stilistici e di lavorazione, come le punzonature delle aureole, e le dorature (perdute) degli elmi dei soldati, che ci riportano a un influsso di derivazione senese. Nell’opera è presente anche l’eco stilistico di modi pittorici di Maso di Banco, ai tempi in cui lavorava anch’egli nel cantiere napoletano di Giotto. L’impianto iconografico della “Crocefissione” presenta una scena si svolge in un angusto spazio, compresso dal prolungamento della parte superiore del legno della croce, che si trasforma nell’ “albero della vita”, o “legno della vita”, intorno al quale vi è il biblico serpente tentatore di Eva e Adamo, e sulla cui chioma si vi è un pellicano che nutre i piccoli con il proprio sangue, anch’esso simbolo di pietà e del supremo sacrificio di Gesù, morto in croce per redimere l’umanità. A sinistra, invece, l’artista ha rappresentato uno svenimento della Madonna, sorretta da altre donne. A destra c’è S. Giovanni. Infine, nel cielo dorato, vi sono angeli che volano e che raccolgono il sangue che sgorga dalle mani e dal costato di Cristo. Ai piedi di Cristo vi è la Maddalena, abbracciata al sacro legno della croce. Alle spalle della Madonna e di San Giovani non potevano mancare i canonici soldati armati.". Gerardo Pecci, storico dell'arte.
Bisogna insegnare agli studenti che è doveroso, corretto e opportuno, sempre, citare i testi degli altri. Lìonestà intellettuale prima di tutto passa per la corretta prassi della ricerca.
RispondiEliminaSe lei è un bravo professore, e non ho motivo di dubitarne, dica alle sue allieve che devono stare attente quando scrivono. le fonti e le citazioni vanno sempre riportate, anche in internet. Grazie. Gerardo Pecci,
RispondiEliminaAncora una scheda sul maestro Roberto di Oderisio e la "Crocifissione" di Eboli, redatta dal prof. Gerardo Pecci, storico dell'arte e giornalista.
RispondiEliminahttp://www.weboli.it/arte_cultura.php
Attenzione ci sono gli estremi per una denuncia penale a carico di chi ha copiato il mio pezzo su Roberto d'Oderisio attribuendosene la paternità. L'articolo è la copia di quello da me pubblicato il 13 settembre 2013 sul quotidiano LA CITTA' ed è "proprietà riservata" come chiaramente si può leggere in calce alla pagina in cui è contenuto. Vi invito a togliere l'articolo entro un lasso di tempo di cinque giorni altrimenti sarete denunciati a norma di Legge. Gerardo Pecci, storico e critico d'arte.
RispondiEliminaGentile Professore credo di aver rimediato alla malaccortezza della mia studentessa riportando fra virgloette il suo lavoro. Se ancora c'è qualcosa che non va, me lo comunica ed io provvederò alla rimozione del post
RispondiEliminaLe porgo le mie scuse personali e le auguro una buona domenica
Massimo Capuozzo
Ricordiamo agli studiosi sull' esegesi di Roberto d' Oderisio che la clamorosa scoporta sul Codex Diplomaticus Cajetanus del documento 515 bis datato 1368 ( 1365) è dovuta allo studioso Petruccelli Antonio (dott. Prof. e Capitano di Lungo Corso. AUTORE DI ROBERTO D'Oderisio). Rogito di commissione dei primiceri della Chiesa Collegiata di S. Michele Arcangelo, di cui anche la Crocifissione in affresco nel registro superiore della controfacciata della chiesa.
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