Il
borgo di Castello è stata una struttura
militare in uso dal X secolo fino alla caduta del ducato amalfitano; sono
visibili solo alcuni resti, come una porta d'ingresso, parti delle mura di
cinta e qualche torre.
In un
luogo dove probabilmente prima sorgeva un oppidum
romano gli Amalfitani, intorno al X secolo fu edificato il castello, per lo
stesso motivo per cui avevano costruito il vicino castello di Lettere, ossia per
difendere il territorio del loro ducato da possibili incursioni da parte dei
Longobardi e successivamente dei Normanni, che minacciavano dal golfo di
Napoli.
I
primi documenti in cui si fa chiaro riferimento al castello risalgono al 1077,
quando nel Codice Amalfitano, la struttura è descritta come nel pieno delle sue
potenzialità; nel XIII secolo raggiunse l'apice del suo splendore, diventando
il centro politico e religioso di Gragnano, con la sede dell'arcipretura e di
una chiesa.
Con
la caduta del ducato di Amalfi il castello perse la sua funzione difensiva ed
il borgo che si era creato al suo interno andò pian piano a spopolarsi,
soprattutto con lo spostamento a valle delle maggiori attività commerciali:
tuttavia ancora oggi diverse centinaia di persone risiedono nel borgo, che ha
mantenuto in parte il suo aspetto medievale.
Il castrum granianense, così era in origine
chiamato il borgo all'interno del castello, sorgeva in posizione strategica,
dominando la valle dei Mulini ed era protetto da tre cinte murarie: la prima
percorreva l'intera vallata, la seconda, caratterizzata da dodici torri e tre
porte d'ingresso, cingeva il borgo e la terza, rappresentava il vero e proprio
castello, contraddistinto da un mastio, poi abbattuto per far spazio ad una
chiesa; di queste strutture rimangono solo una porta a volta e alcuni resti di
torri.
Resta
invece ben visibile l'impianto viario, con un decumano lungo circa centrotrenta metri, che collegava due porte e
alcune strette strade secondarie, larghe appena per permettere il passaggio di
un mulo e denominate coi i nomi dei lavori che vi si svolgevano.
Nella
piazza principale del castello era posta la chiesa
di Santa Maria Assunta, ancora oggi esistente.
La chiesa di Santa Maria Assunta nel 1927 fu dichiarata monumento nazionale.
Sono due le ipotesi sull'origine della chiesa: la prima fa risalire la sua
fondazione al X secolo, in concomitanza della costruzione del castello di
Gragnano. La chiesa si rese necessaria per avere un luogo di culto all'interno
del borgo fortificato, ma che allo stesso tempo era utilizzata anche come
arcipretura. Altri studiosi ipotizzano invece che sia stata costruita tra il V
ed il VI secolo.
La
chiesa divenne in poco tempo punto focale della zona, sia come centro religioso
sia economico, tanto che nel 1567 il cardinale D'Aragona ne chiese l'elevazione
a vescovado, richiesta che poi non fu mai accolta.
Negli
stessi anni subì notevoli lavori di ampliamento: fu realizzata una scalinata,
grazie all'abbattimento del mastio del castello, che la collegava direttamente
alla piazza principale del borgo, fu costruito il campanile e le decorazioni
interne cambiarono dal gotico romanico al barocco.
Nel
1731 papa Clemente XII Corsini trasformò la chiesa in collegiata, qualificata
con il titolo di insignis, attributo
che le conferiva diversi privilegi, come la presenza di un arciprete e la
possibilità di partecipare alla Messa Conventuale: la collegiata, nel 1840, fu
spostata nella chiesa del Corpus Domini
ed definitivamente soppressa tra il 1979 e il 1980.
Nel
1927 lavori di restauro interessarono il nartece,
nel quale fu riaperto il varco centrale e furono ampliati i due laterali, così
come era il suo aspetto originario: il 26 luglio dello stesso anno la chiesa fu
dichiarata monumento nazionale; un altro restauro si è avuto a seguito del
terremoto del 1980 che arrecò notevoli danni alla struttura.
L'accesso
alla chiesa avviene con una scalinata realizzata in pietra vesuviana che porta
direttamente al patio, caratterizzato da un nartece, al quale si accede tramite
tre archi di tipo arabo siculo: caratteristico l'arco centrale, realizzato in tufo grigio, decorato con teste di
gatto e sormontato nella chiave, da un'edicola in marmo bianco dove è
raffigurata la Madonna col Bambino, due
angeli e l'Eterno Padre: l'edicola è stata posta in una zona dove fino al
1925 era dipinto un affresco dell'Assunta,
gravemente danneggiato.
Intorno
all'edicola sono posti quattro frammenti triangolari di vetro policromo
amalfitano: due decorati con onde stilizzate e due con disegni di stelle.
Il
portico presenta una volta a crociera, mentre sul muro che dà l'ingresso alla
chiesa sono disposte quattro lastre tombali dedicate agli arcipreti che si
avvicendarono tra il XIV ed il XVI secolo: si tratta di lastre del 1330
appartenuta a Pietro Longobardo, del
1346 a Jacob Marino, del 1498 a Sansone Arcucci e del 1528 a Alfonso de Marinis; tuttavia la maggior
parte delle altre lastre tombali sono andate perdute.
L'interno è diviso in tre navate mediante
otto colonne: queste sono tutte diverse l'una dall'altra e realizzate o in
porfido o in granito o in cipollino verde o in statuario bianco, sono tutte
lisce, eccetto una, che presenta ventiquattro scanalature.
Tutti
diversi anche i capitelli, in ordine sia corinzio, sia dorico, romanico o
ionico; dalle colonne, senza architrave, partono archi in stile arabo-siculo.
La navata centrale presenta una volta a
botte, decorata con stucchi. La chiesa, leggermente in pendenza, presenta sotto
il pavimento varie tombe, dove erano sepolti sia persone del popolo che
sacerdoti: grazie al rifacimento della pavimentazione nel 1963, è stato
possibile fare un'accurata esplorazione, scoprendo che le tombe erano profonde
dai quattro ai cinque metri e che, quelle per il popolo contenevano ossa
ammassate fino alla sommità, mentre quelle dei nobili e dei sacerdoti,
contenevano casse, alcune delle quali, a causa del passare del tempo aperte, al
cui interno si poteva notare scarpe appuntite, cappelli in feltro e vestiti in
stoffa rossa.
Dopo
aver superato il portale d'ingresso, sulla sinistra, è collocato il battistero: esso si presenta con una
base rettangolare rivestita di marmi e maioliche, dalla quale si alzano quattro
colonne, di cui una sola tortile, di circa un metro e trenta, che sostengono un
arco a tutto sesto, sotto il quale è posta la vasca battesimale, risalente al
1592; caratteristici i capitelli delle colonne, formate da foglie e pomi,
dipinti in oro. Sul lato destro è invece un'acquasantiera, di un metro di
diametro, realizzata in marmo bianco, decorata con petali e scanalature e
sorretta da un colonna, abbellite con foglie acquatiche, che termina su un
capitello capovolto: l'altezza totale è di un metro e venti centimetri.
Struttura
simile a questa si trova nella sagrestia ed era utilizzata dal prete prima di
celebrare le funzioni religiose: il lavabo mediceo risale al 1592 e presenta
una vasca simile ad una conchiglia, che poggia su di una colonna di tipo
romanico.
Sull'altare
maggiore è posto un trittico, raffigurante la Madonna, San Pietro e San Paolo, attribuito da Braca a Decio
Tramontano e risalente alla metà del XVI secolo: la Madonna, con manto azzurro,
è raffigurata con il bambino tra le braccia su di un fondo dorato, utilizzato
come cornice e retto da putti; ai piedi della Vergine, in ginocchio, è
raffigurato l'arciprete Loisius Sicardus,
committente del dipinto. Sul lato sinistro del trittico è raffigurato San
Pietro con le chiavi e le lettere, mentre sul lato destro, San Paolo, con la
spada e le lettere.
Al
di sopra del trittico è la tela dell'Assunta,
commissionata dallo stesso Loisius
Sicardus quando fece realizzate il trittico: è di scuola napoletana e
raffigura Maria assunta, in un manto verde, nell'atto di pregare e salire verso
il cielo; ai suoi piedi gli apostoli, che guardano il sepolcro, all'interno del
quale fiorisce un roseto.
La
chiesa era sicuramente dotata di un ambone, posto originariamente tra la terza
e la quarta colonna, ma a seguito dei lavori di ristrutturazione, nel XVIII
secolo, fu smontato per essere ricostruito sull'altare maggiore: ritenuto
ingombrante fu diviso in più parti e sparso per la chiesa; la parte centrale,
che raffigurava la Rivelazione Divina, fu messa in una torre del castello,
trasformandolo in un piccolo tempietto: da tutti, questa sorta di statua, era
erroneamente conosciuta come Santo
Mamozio. In seguito fu poi riportata in chiesa ed utilizzata come
lettorile: si tratta di un altorilievo, in stile romanico, risalente al XII
secolo e raffigura, dall'alto verso l'alto, un serpente, simbolo della cultura
cosmica, un uomo vestito da guerriero nell'atto di stringere il serpente,
simbolo di materia e spirito e l'aquila che afferra con i suoi artigli il capo
dell'uomo, offrendogli la possibilità di diventare figlio di Dio; sulle ali
dell'aquila, il Vangelo di San Giovanni.
Tra
le varie opere presenti nella chiesa, diverse statue: la statua di Sant'Antonio risale sicuramente a prima del XVII secolo ed
era posta originariamente nella cappella
della congrega della Pietà, nella piazza antistante la chiesa; la statua lignea della Pietà, copia di una
simile, esposta nel museo di Capodimonte, risalente al XVIII secolo; la statua dell'Assunta, del XVIII secolo,
ha mani e capo in legno, con veri capelli e busto in stoffa con ricami in oro:
è nell'atto di guardare verso il cielo, con le braccia aperte; la statua del Rosario, molto simile a
quella dell'Assunta; la statua
dell'Addolorata è del XVIII secolo, con mani e volto in legno e testa
coperta da un velo: il petto è trafitto da una spada; la statua del Sacro Cuore risale al XX secolo, è in gesso ed è
dipinta in bianco con il manto rosso. Notevole anche la tela del Santissimo Rosario, posta sopra l'ingresso principale,
risalente al XVIII secolo, ma alquanto danneggiata dall'umidità: posta in una
cornice di legno dorato, raffigura la Madonna, alla quale gli angeli reggono la
corona, nell'atto di porgere il rosario a San Domenico e Gesù bambino a Santa
Caterina.
Il
campanile, costruito tra la fine del XV secolo e l'inizio del XVI secolo, è in
stile romanico e moresco, è a pianta quadrata, su due livelli, con cupola a
base ottagonale, realizzata in tufo e rivestita da maioliche di colore giallo:
sulla sommità è posta una croce in ferro battuto con una banderuola. Il primo piano
è contrassegnato da due monofore ed un bifora, mentre il secondo piano, che
ospita la cella campanaria, possiede una monofora e tre bifore; la campana fu
fusa alla fine del XVI secolo ed è in bronzo.
Accanto
alla chiesa si trova la casa
dell'arciprete, composta da due complessi: uno romanico, con volte a botte,
caratterizzato da tre stanze ed una cisterna e un altro, con soffitto a travi
in legno di castagno, rifatto nel XVI secolo, per volere dell'arciprete Ascanio
de' Medici, e formato da sette stanze che si aprono lungo un corridoio con
colonne decorate a stucco, di cui solo due agibili: caratteristico un forno
ricavato all'inizio del corridoio e un'edicola che riporta lo stemma dei
Medici.
Laura Parlato
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