L'abbazia
monumentale di Santa Maria Maddalena in Armillis è
un'importante abbazia che si trova nel comune di Sant'Egidio del
Monte Albino, di cui è chiesa madre.
Con molte probabilità, il primo luogo di culto
della comunità di Sant'Egidio fu un piccolissimo monastero, sorto, tra l'VIII e
il XI secolo ad opera di alcuni monaci benedettini e ricavato all'interno di un
vano con pianta quadrilatera - oggi in zona ipogea - che, in origine, doveva
essere il criptoportico di una villa romana di età augustea.
Basandoci
sull'atto di donazione di Giordano di
Capua, in cui si fa menzione del solo monastero di sant'Egidio, per la
prima volta si fa riferimento alla chiesa
di Santa Maria Maddalena si deve ritenere che quest'ultimo edificio fu
realizzato tra il 1113 ed il 1231. I lavori di costruzione della nuova chiesa
iniziarono nel 1506 con la costruzione del campanile (terminato nel 1518) e si
conclusero nel 1542.
Si possono
ricavare le uniche descrizioni della chiesa dai resoconti delle Visite
pastorali dei Vescovi Nocerini e da qualche atto notarile.
La
chiesa, il cui impianto è quello della basilica latina, ha una lunghezza di
38,55 metri ed una larghezza di 23,00 metri ed è composta da tre navate.
La
navata centrale, coperta da un tetto, nascosto alla vista da un'incannucciata piana, è leggermente più
lunga delle due navate laterali per la presenza dell'abside, sormontato da una
cupola a base circolare, poggiante su quattro archi. Le navate laterali
coperte, invece, da una serie di cupolette a croce, si fermano all'altezza
dell'altare maggiore ed ospitano – tutti ornati da tele – undici altari (cinque
nella navata destra e sei in quella sinistra), alcuni dei quali rivestiti di
marmi di pregevole fattura.
Nel 1542,
all'epoca della conclusione dei lavori nella chiesa, oltre all'altare maggiore,
esistevano 15 altari ma, a quel tempo, la maggior parte di essi erano spogli e
privi di immagini sacre e di ornamenti[1].
In
sostituzione della vecchia chiesa e inglobandone in qualche punto i resti (zona
del campanile), a partire dal 1506 e fino al 1542, fu costruito l'edificio
nuovo. Furono aperte le due porte che danno accesso dall'esterno alla navate
laterali e furono aboliti i corrispondenti altari, mentre, negli anni fra la
metà del '600 e i primi del '700 furono aboliti gli altari in pilastro e i due
che si trovavano di fronte ad essi, per far posto alla sacrestia e alla
realizzazione del portale in pietra vulcanica sulla porta principale e la
demolizione per motivi statici, avvenuta nella seconda metà dell'Ottocento,
dell'ultimo piano del campanile, è rimasto praticamente immutato.
Questa
era la successione degli altari, quale era in origine e come furono modificati
nel tempo, a partire dalla navata orientale.
Cappella
ad oriente dell'altare maggiore, con altare lapideo senza diritto di patronato.
Inizialmente fu identificato come Altare di Santa Maria di Costantinopoli, poi come altare
dell'Abate di San Trifone e infine divenne Altare di San Giacomo.
Nell'ipogeo,
oltre alla volta affrescata con figure di stelle, anche se molto deteriorato, è
possibile ammirare un affresco risalente al XIII secolo definibile come un episodio di pittura cortese:
nell'affresco è raffigurato il Miracolo
di Sant'Egidio e della cerva, così come è descritto nella Legenda aurea di Jacopo da Varaggine (1228-1298). Sempre nell'ipogeo fu rinvenuto un
frammento di affresco, Sant'Egidio o San Nicola (secolo XIII), collocato nel
1927 nel muro sud della sagrestia.
Altare
in pilastro con immagine del Salvatore, patronato della famiglia Stile. Sulla
facciata esterna, con un grandioso ciclo di affreschi, databile al XVI secolo,
sono rappresentate scene della vita di San Nicola e della predicazione della
Maddalena. Coevo, ma all'interno, dove è collocato nell'abside dietro l'altare
maggiore, l'imponente polittico a nove tavole, realizzato tra il 1540 ed il
1543 dal pittore Giovan Lorenzo Firello.
Nel
secoli successivi, sia ad opera di potenti e ricche congreghe, sia per
iniziativa di alcune facoltose famiglie locali, che detenevano il patronato
sugli altari minori, la chiesa si arricchì delle opere di importanti artisti, come
l'altare con tavola della Maddalena.
Nei documenti della Visita Pastorale del 1599 lo ritroviamo, per la prima
volta, come Altare del SS Rosario, al quale lavorò - per quel che riguarda in
particolare il volto della Madonna - Luca Giordano.
L’altare
di San Domenico, San Biagio e del
Crocifisso e fu dotato prima del 1652, del quadro che, ancora oggi, lo adorna:
la tela fu oggetto di un orribile ritocco o restauro prima del 1721.
Altare
con immagine dell'Annunziata dipinta sul muro.
L’Altare
con immagini di Santa Maria della Consolazione e San Sebastiano dipinte sul
muro fu sostituito con L'Altare delle Anime del Purgatorio, eseguito, sul
finire del Seicento da Angelo Solimena, e dell'altare di San Nicola,
progettato, agli inizi del Settecento, da Francesco
Solimena, ed arricchito da una tela di Giovan
Antonio D'Amato.
Risale,
poi, al 1707 l’Altare di Santa Maria delle Grazie, dotandolo di una tela con le
immagini di una Madonna con bambino,
Sant'Anna e Sant’Ignazio di Loyola, opera del pittore napoletano Nicola Malinconico ed infine al 1821 la
tela della Deposizione del pittore
atellano Tommaso De Vivo.
Il palazzo
abbaziale fu parte integrante del Monastero di Sant'Egidio e, probabilmente,
parte delle sue strutture murarie risalgono all'epoca della prima costruzione,
che è databile tra l'VIII ed il IX secolo.
Dal
1438, in seguito dell'assunzione del titolo di Abazia da parte dell'antico
monastero, questo edificio diventò la residenza ufficiale degli Abati. In esso,
fino alla fine del Settecento, hanno periodicamente dimorato Arcivescovi e
Cardinali napoletani come i Brusco (1527-1531) e i Filomarino (1634-1660) e
romani come Giuseppe Renato Imperiali (1700-1721).
Con l'Unità d'Italia parte dei beni ecclesiastici
furono espropriati dallo Stato e venduti a privati, per questa ragione, nella
seconda metà dell'Ottocento, il palazzo passò nella proprietà del notaio
Giovanni Antonio Calabrese. Nel retrostante giardino, annesso alla Basilica,
esiste ancora l'antico cellario.
Kyra Afeltra
[1] La disposizione dei 15 altari diventa
più chiara e si ha la possibilità di ricostruire la pianta originaria della
Chiesa, che era leggermente diversa da come si presenta oggi. Innanzitutto, non
c'erano le due porte di ingresso piccole e, inoltre, le due navate laterali
erano lunghe come quella centrale, perché la sacrestia e il corrispondente
locale orientale facevano parte integrante della Chiesa. Tale disposizione
planimetrica consentiva la presenza di sei altari in più rispetto a quelli
attualmente esistenti, tre per ogni navata: due, infatti, occupavano lo spazio
delle attuali porte laterali, mentre altri quattro, disposti, a due a due,
frontalmente tra loro, si trovavano in fondo alle navate, in posizione
arretrata rispetto all'Altare maggiore. In particolare, due di questi altari
erano chiamati altari in pilastro per
il fatto che alle loro spalle, invece di esservi un muro perimetrale, c'era uno
dei pilastri che li separava dalla zona in cui si trova il coro e il polittico;
in pratica, nell'aria dell'attuale sacrestia c'erano tre altari, di cui uno
sulla parete sud e due, che si fronteggiavano, sulle pareti laterali.
affresco il Miracolo di Sant'Egidio e della cerva e frammento di affresco, Sant'Egidio o San Nicola, è possibile avere una buona foto di questi due affreschi, gandalf54@gmail.com
RispondiEliminaGrazie a buon rendere