lunedì 23 novembre 2015

Per una didattica della parafrasi di Massimo Capuozzo

La parafrasi indica la trasformazione di un testo scritto nella propria lingua, ma in un registro linguistico distante (sia esso arcaico, elevato o poetico, o infine settoriale), in prosa nel registro medio e attuale e infine comprensibile ai più: parafrasare un brano vuol dire, infatti, mantenere tutto ciò che c'è nel brano, ma renderlo più facile, più semplice più leggibile al lettore comune.
Quest’operazione è necessaria per i testi più antichi, sia in prosa sia in poesia, mentre, per i testi moderni, prevalentemente per i testi in poesia, come da definizione anche per la prosa scientifica e tecnica che si servono di linguaggi settoriali. Vi sono, infatti, testi di natura politico-sindacale, tecnico scientifico e quant’altro, che sono scritti solo per i conoscitori di quel determinato linguaggio speciale e, per renderli comprensibili al comune lettore, occorre non solo un'operazione di semplificazione, ma anche un processo di rielaborazione, di chiarificazione di concetti e di riscrittura.
La parafrasi dunque è la realizzazione di un testo che ha lo stesso significato e una struttura parallela a quelli del testo di partenza, da cui però si differenzia sul piano lessicale e sul piano morfosintattico e talvolta sul piano esplicativo.
Come inevitabile effetto collaterale della parafrasi è il fatto che il profondo rapporto tra significante e significato, tipico della comunicazione letteraria e soprattutto fulcro dei testi poetici, finisce ovviamente sacrificato.
Il processo di parafrasi prevede dunque alcune operazioni:
·         indicare sempre i soggetti di ogni frase,
·         modificare se necessario la punteggiatura,
·         usare la costruzione diretta, ossia il soggetto deve di norma precedere il verbo. 
·         esplicitare, rendendo comprensibili, i riferimenti pronominali,
·         escludere il discorso diretto, anche se il testo di partenza è un dialogo,
·         ricostruire la sintassi e le figure sintattiche,
·         sostituire gli scarti linguistici (forma linguistica antica, scomparsa o desueta o troppo specialistici) usando sinonimi più convenzionali,
·         esplicitare le figure retoriche di significato come metafore, metonimie, ecc.
·         esplicare gli scarti culturali ovviamente in parentesi
·         riscrivere in prosa moderna del testo.
Possono anche essere operati dei chiarimenti di alcuni punti del testo: una buona parafrasi include, infatti, tutti i dettagli e rende il testo originale più semplice da comprendere. Poiché il testo risultante è normalmente più ampio del testo di partenza, quest’operazione si oppone a quella del riassunto.
Sebbene la velocità e l’immediatezza della comunicazione globale contrasti con la lentezza, con la fatica e con la disponibilità a rivedere richieste da una buona riscrittura, il valore strumentale della parafrasi è abbastanza evidente. Chi traduce le lingue straniere o le lingue antiche conosce bene la fatica del processo cognitivo che sta sotto al suo lavoro: parafrasare bene, con gusto, con chiarezza, nel rispetto del testo di partenza, ma anche della lingua di arrivo, è un lavoro che educa alla profondità e alla pazienza, elementi fondanti dell’aspetto educativo che una scuola di valore non può ignorare.
Nella prassi didattica più comune, la parafrasi cerca di favorire la possibilità di un ampliamento del campo semantico, certi che il parafrasare è un atto complesso della mente, che presuppone e genera altre azioni rilevanti non soltanto in ambito scolastico ma, più in generale, in ambito culturale ed in ambito civico.
Il lavoro in classe, nel corso dei quinquenni di cui qui io parlo, ha prodotto, nella fase della sua rivisitazione critica a posteriori, una sorta di mappa dei pregi del parafrasare capace di mettere in evidenza la più ampia dimensione formativa, e di conseguenza disciplinare, trasversale ed educativa della parafrasi, di solito relegata ad una funzione limitata alla didattica della letteratura ed alla comprensione.
In primo luogo mi sono accorto che la pratica della parafrasi, se risultava più agevole con quegli studenti che potevano ancorarla ad un passato scolastico precedente nel loro approccio globale al sapere della scuola, costituisce l’antidoto del tanto deplorato apprendimento mnemonico, ed ha una ricaduta ancora maggiore su quegli studenti, le cui strutture linguistiche risultavano più lacerate. Per questi ultimi l’approccio globale con la lingua costringe ad ordinare la frase e a riconoscerne le funzioni morfosintattiche e ad usare il vocabolario che, come è noto, accresce il bagaglio lessicale insieme alla lettura.
Il lavoro con i ragazzi sviluppato in verticale negli ultimi quinquenni, ha favorito la persuasione didattica che una buona capacità parafrastica richieda due competenze fondamentali:
1.    una di ordine linguistico, che si esercita simultaneamente sul testo di partenza e sul testo di arrivo (competenza ricettiva e produttiva) e che si articola in competenza lessicale/semantica e competenza morfosintattica (soprattutto nel primo biennio).
2.    una di ordine culturale/contestuale, che ha a che fare con l’epoca del testo e con l’ambiente culturale del suo autore e dei suoi lettori (soprattutto negli anni successivi);
Lo studente che parafrasa un testo non cerca solo di raggiungere lo scopo di produrre un altro testo più semplice, ma la parafrasi gli serve per comprendere più profondamente il significato letterale di quel testo.
Il famoso invito a dire con parole proprie, che comincia a circolare nelle aule fin dalla scuola dell’educazione primaria, rappresenta da una parte un’esigenza di interiorizzazione e dall’altra di una riformulazione dei contenuti culturali che supera il semplice passaggio tecnico del parafrasare un testo letterario per comprenderne la lettera.
Parafrasare un testo letterario è un’operazione dell’apprendimento convergente perché è estremamente vincolante al testo e alla sua decodificazione.
Inutile sottolineare il potenziale di sviluppo delle competenze linguistiche (lessicali, morfosintattiche, semantiche) insito nel laboratorio della parafrasi.
L’attitudine parafrastica può essere spiegata come attitudine alla riformulazione. L’incapacità di riformulare, o comunque di trasformare i contenuti in cultura personale, si presenta in genere come uno dei maggiori ostacoli all’apprendimento.
Gli studenti che non riformulano sono quelli che ripetono mnemonicamente ed è proprio il ripetere il grande antagonista del parafrasare, quindi di un apprendimento consapevole.
Un approccio alla lingua che preveda manipolazioni, riformulazioni, reazioni critiche, atteggiamenti creativi e che, risulti quindi, in accezione larga, di carattere parafrastico nella misura in cui per essere fatto proprio (imparato) un contenuto deve essere compreso e per essere compreso dev’essere ricostruito (parafrasato) e adattato alle strutture cognitive di chi impara.
Per questa ragione il contributo disciplinare dell’italiano attraverso lo strumento della parafrasi alle generali capacità di apprendimento degli studenti è notevole. Si sarà anche compreso come diventi più importante a questo livello tenere sotto controllo, ancor più che il prodotto (pur necessario alla comprensione), il processo della parafrasi, che è fatto di passaggi, snodi, problemi di fronte ai quali gli studenti non possono trovare scorciatoie. Nel processo parafrastico – in cui la classe assume un atteggiamento laboratoriale – è stimolato al massimo da un lato l’atteggiamento di attenzione nei confronti del dato, presupposto di natura scientifica, dall’altro la capacità di superare il dato stesso – che in questo caso è dato linguistico – per assumerlo ed integrarlo nei propri schemi, ma sempre nella consapevolezza interpretativa che l’operazione contiene una quota di soggettività.
Accanto a questa trasversalità di carattere cognitivo ce n’è un’altra, per così dire, di carattere motivazionale che comprendono gli insegnanti e gli studenti alle prese con la difficoltà di riformulare (parafrasare o tradurre) testi. Davanti a formulazioni strane, astruse o criptiche si è tentati di demordere o di cercare soluzioni sbrigative. Non c’è nulla di più fecondo didatticamente che una parafrasi difficile e pertanto demoralizzante. L’importante è evitare soluzioni preconfezionate per far presto.
L’impostazione laboratoriale data al processo della parafrasi diventa a questo punto un valore aggiunto e respinge radicalmente un’impostazione in senso quantitativo del lavoro. Si tratta di quella situazione in cui l’insegnante e la classe non ne vengono a capo, né le note del libro riescono a dare una mano. In quel momento bisogna pensare insieme, confrontarsi con altri testi, provare e riprovare. Ci si trova tutti insieme davanti alla stessa complessità di un testo, metafora della complessità dell’esistenza.
Come si è visto, la riflessione sulla parafrasi ha accolto elementi che prima hanno superato il pur ineludibile ambito disciplinare e poi anche lo stesso ambito cognitivo per approdare all’ambito educativo della cittadinanza.
Il processo parafrastico, infatti, educa ad una cultura del dato e dell’argomento perché sollecita gli studenti ad argomentare le proprie opinioni (“penso che il poeta Tale dei Tali si possa considerare in questo modo o in quest’altro, perché in questo brano ha detto questo”), e pertanto sembra dirigersi verso uno dei requisiti più importanti della cittadinanza, che è la capacità critica argomentata, qualità molto auspicabile in tempi di discussioni mediatiche autoreferenziali e di attacchi personali gratuiti in cui la relazione si sovrappone al merito della discussione.
Sapere basare i propri discorsi su argomentazioni e non su slogan, su pregiudizi ideologici o su prese di posizione è un obiettivo auspicabile per tutti gli studenti con la costruzione di un habitus mentale che spetta anche alla scuola attraverso il modo in cui rende possibile l’incontro intelligente degli studenti con il sapere. Per incontro intelligente intendo in questa sede qualcosa che ha molto a che fare con la capacità di tenere sotto controllo dati, di assumerli tutti, di riformularli, di valutarli criticamente, di reinterpretarli, tutte competenze trasversali auspicate oggi dai documenti europei – recepiti anche dall’Italia – sull’istruzione.
Da quanto detto si possono sintetizzare le finalità educative della parafrasi:
1.    rispettare la realtà senza subirla,
2.    ascoltare l’altro prima di riformularlo,

3.    leggere attentamente le culture altrui prima di giudicarle.

6 commenti:

  1. Gli alunni di II B AFM dell'IIS DON MILANI di Gragnano ringraziano il prof. Capuozzo per la spiegazione accurata.

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  2. Risposte
    1. Non si dovrebbero scrivere scioceze...Invece di scivere che e stata una bella spiegazzione scrivi cueste cose

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  3. capuozzo figlio di troia

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