sabato 14 ottobre 2023

Il Manierismo 3: Pier Soderini e le committenze pubbliche di Massimo Capuozzo

Sostenitore non troppo fazioso del partito mediceo dei “Palleschi” (per ricordare il partito filomediceo), ma al contempo stimatissimo in tutta la città, Soderini guidò col titolo di Gonfaloniere un governo moderato che cercò la conciliazione fra i partiti e che inaugurò una politica di incremento delle arti, volta ad accrescere il prestigio della nuova Repubblica e, perché no, anche a legare il suo nome a grandi imprese artistiche.
Fig. 1
Oltre alla commissione del David nel 1503, Pier Soderini maturò l'idea di far decorare la grande Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Vecchio – corrispondente oggi al Salone dei Cinquecento –, con dei dipinti storico celebrativi che raffigurassero imprese militari vittoriose conseguite dai fiorentini.
La grande sala era stata voluta da Savonarola nel 1494 in seguito alla straordinaria rivoluzione piagnona i cui princìpi, promossi dal frate, avevano portato i cittadini al governo di Firenze, distaccandosi dagli antichi schemi di potere. Vasari, che avrebbe completamente trasformato la sala, la descrive come un ambiente trapezoidale sulla cui parete orientale, base maggiore del trapezio, era collocata una tribuna, una severa loggia di legno architravata collocata al centro della parete dove sedeva la Signoria, sommo organo politico, costituita da otto Priori e dal Gonfaloniere di Giustizia. Ai suoi lati rimanevano libere due ampie porzioni di parete alte circa sette metri e larghe diciotto, nelle quali si sarebbero dovute dipingere le due battaglie.
Originariamente entrambe le opere erano state commissionate a Leonardo, ma ben presto Soderini si rese conto che Leonardo, impegnato anche nel progetto per la deviazione delle acque dell'Arno, non aveva tempo per realizzare le due opere ed ebbe l’idea di mettere a confronto i due sommi artisti fiorentini commissionando a Michelangelo la Battaglia di Cascina, appena ebbe completato il David.
Umberto Baldini, grande conoscitore di Michelangelo e delle cose fiorentine, studiando l'antico aspetto del Salone, ipotizza non a torto che i due dipinti, più che essere affrontati, dovevano trovarsi sulla stessa parete, quella orientale, in due spazi affiancati: a destra doveva trovarsi il dipinto di Leonardo e a sinistra quello di Michelangelo[1].
Soderini quindi, favorito dalla felice congiuntura che vedeva a Firenze contemporaneamente due dei più grandi maestri fiorentini, reduci da grandi successi in altri Stati italiani, riuscì a coinvolgere nell'impresa i due massimi artisti fiorentini dell’epoca.
Fino ad allora la grande sala era stata molto spoglia, di un’austerità quasi monastica, ma con quelle decorazioni la Repubblica fiorentina perseguiva un progetto di chiara propaganda politica: enfatizzare le più importanti vittorie dell’esercito fiorentino all'insegna della celebrazione della rinata Repubblica e del suo trionfo contro i nemici, protetta da Dio e dalla virtù dei suoi uomini. In quel modo Leonardo e Michelangelo, due personalità così diverse e contrastanti, sarebbero stati messi a confronto diretto. Ciascuno dei due dipinti avrebbe dovuto coprire una superficie di 7 × 17,5 metri, ma per un caso bizzarro e per ragioni molto diverse, nessuno dei due dipinti fu mai completato.
Massimo Capuozzo
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[1] Umberto Baldini Palazzo Vecchio e i quartieri monumentali. Firenze 1950

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