Il dipinto Ragazzo con un roemer di vino alla luce di una candela, attribuito a Hendrick ter Brugghen e databile intorno al 1623, appartiene al genere delle scene di vita quotidiana. Conservato oggi presso la Schorr Collection del Castello di Dublino, è un olio su tela di formato medio, destinato forse a una raccolta privata, come se dovesse custodire non solo un’immagine, ma un segreto. Non è un semplice esercizio di stile, ma una meditazione silenziosa e visiva sulla luce, sulla caducità, sulla fragile intensità del vivere.
Un giovane emerge dall’ombra mentre solleva un roemer, il tipico bicchiere verde panciuto, trasparente e vivo grazie al lume tremolante di una candela. La fiamma, dorata e pulsante, scolpisce i tratti del volto e le mani, mentre tutto il resto sprofonda nella penombra. È un gesto quotidiano, ma nell’occhio dell’artista si fa rito: il vino, simbolo di gioia effimera e di piacere terreno, e la candela, che lentamente si consuma, diventano allegorie dell’esistenza, del tempo che scorre e si spegne.
La composizione è costruita con rigore e intimità. La verticale che unisce lo sguardo del giovane al bicchiere guida lo spettatore, mentre la diagonale del braccio introduce una vibrazione segreta. Lo spazio non si apre, resta chiuso e raccolto, come una stanza mentale, un luogo interiore. Le forme sono naturalistiche e concrete, definite con tocchi morbidi e privi di ridondanza: sono vive, ma insieme trasfigurate da una poesia sommessa.
La tavolozza è scarna e luminosa. I bruni e i neri del fondo fanno da contrappunto ai bagliori caldi della candela, al verde trasparente del vetro, al carnato caldo del giovane. La luce, laterale e caravaggesca, non illumina soltanto: modella, scava, incide, trasformando il chiaroscuro in ritmo vitale e in respiro drammatico. Il risultato è un’atmosfera sospesa, silenziosa, quasi meditativa. Nessun rumore, nessun movimento: soltanto la fragile intensità di un istante che sembra eterno. Ter Brugghen, erede e interprete della lezione di Caravaggio, ma fedele alla propria sensibilità nordica, eleva un gesto semplice in un teatro interiore, dove il sacro e il quotidiano si incontrano. In quel vino che brilla e svanisce, in quella candela che illumina e consuma, l’artista ci consegna l’immagine più poetica e più vera della condizione umana.
Massimo Capuozzo
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