domenica 5 ottobre 2025

Clara Peeters: lo sguardo riflesso dell’identà di genere di Massimo Capuozzo

Nella quiete lucente dei suoi tavoli imbanditi, Clara Peeters fissò l’immagine di un mondo che non le apparteneva del tutto, rendendolo al contempo suo. Nata probabilmente ad Anversa tra il 1580 e il 1589, fu tra le prime artiste a trasformare la natura morta in un linguaggio autonomo, capace di esprimere non solo il gusto e la ricchezza di un’epoca, ma anche la presenza silenziosa di chi la dipingeva.
In una società che relegava le donne ai margini dell’attività pubblica, Peeters trovò nella natura morta un campo di libertà: un genere allora in piena espansione, scelto e collezionato da mercanti, notai e artigiani arricchiti, desiderosi di circondarsi di oggetti che testimoniassero prosperità, misura e raffinatezza. Il suo successo nacque non solo dalla perizia tecnica, ma dall’intelligenza con cui seppe leggere i codici visivi e morali della nuova borghesia fiamminga. Le sue tavole riflettono un mondo che costruiva il proprio prestigio attraverso la bellezza ordinata delle cose.
La vita di Clara resta avvolta dal mistero, ma la qualità dei suoi lavori rivela una solida formazione. Le opere più antiche, datate 1607-1612, mostrano una mano già matura, vicina a quella di Osias Beert I ma più brillante nell’uso della luce. Nelle sue composizioni — calici cesellati, monete d’oro, formaggi tagliati con precisione, dolcetti, fiori e stoviglie su sfondi scuri — ogni oggetto è segno di distinzione e, insieme, di meditazione. Il suo modo di disporli, senza sovrapposizioni e in perfetto equilibrio, riflette la disciplina visiva e morale di un’epoca che identificava la bellezza con la misura.
Dietro questa compostezza si nasconde una tensione più profonda: quella di una donna che, attraverso il gesto pittorico, afferma la propria presenza in un mondo di uomini. Nei riflessi dei calici e delle brocche — dove spesso inserisce minuscoli autoritratti — Peeters dichiara con discrezione la propria esistenza professionale. È la prima pittrice a farlo nella natura morta: un modo sottile per occupare uno spazio negato, per dirsi presente senza esporsi, per firmare non solo un quadro ma un’identità.
Natura morta con pesce: riflessi di una società

La Natura morta con pesce, conservata al Royal Museum of Fine Arts di Anversa e datata prima del 1620, non è solo un esercizio di perizia pittorica, ma una finestra su una società che si misura attraverso gli oggetti. Al centro della tavola, una carpa e un luccio riposano in uno scolapasta di terracotta; a destra, pesce affumicato, gamberi e ostriche; a sinistra altri gamberi. La disposizione rigorosa, illuminata da una luce chiara e misurata, rivela l’occhio esperto dell’artista e il gusto della borghesia che apprezzava queste immagini.
Clara gioca con i riflessi e le superfici lucide, variando le tecniche: strati sottili per la carpa, pastosi per le aragoste, sfumature delicate per il riflesso nella ciotola di peltro, ottenendo un effetto tridimensionale che fa dialogare luce e materia. La doppia firma in basso a sinistra, risultato di un aggiustamento durante il processo creativo, diventa un piccolo atto di affermazione personale: un segno discreto della propria presenza in un mondo che tendeva a ignorare le artiste.
Restaurata di recente, la tavola ha riacquistato i toni freddi e il lucore originario, restituendo il ritmo compositivo e la ricchezza dei dettagli. Ogni oggetto — il pesce, le aragoste, le ostriche, il peltro e la terracotta — diventa simbolo di status, prosperità, disciplina morale e piacere estetico. La tavola si trasforma in un microcosmo sociale, uno spazio ordinato dove gli oggetti riflettono abitudini, valori e aspirazioni di una società urbana in trasformazione.
Natura morta di pesci e gatti: abbondanza domestica e intelligenza visiva
La straordinaria abilità di Peeters nel rendere trame e dettagli naturalistici si manifesta pienamente in questa tavola. Al centro, uno scolapasta di terracotta rossastra contiene diversi tipi di pesce, tra cui un’anguilla che forma un elegante anello; a destra, pesce affumicato, gamberi e ostriche; a sinistra, altri gamberi. Un gatto vigile osserva attentamente, pronto a difendere la propria fortuna di pesce, introducendo un elemento di vita domestica e leggerezza narrativa.
La tecnica di Peeters rivela una sorprendente versatilità: strati sottili per la carpa, vernice spessa e pastosa per le aragoste con riflessi tridimensionali, sfumature delicate per i riflessi nella ciotola di peltro, ottenendo un effetto di morbida fusione cromatica. Questa cura tecnica mostra un controllo raffinato, probabilmente influenzato da Osias Beert I, suo possibile maestro.
Sotto l’apparente compostezza, due firme (CLARA. P) in basso a sinistra testimoniano un “pentimento” creativo, un aggiustamento durante il processo pittorico che diventa anche dichiarazione d’identità. La tavola mostra la sua attenzione alla composizione compatta e armonica, con una tavolozza dai toni controllati e un punto di vista più basso rispetto alle prime nature morte a volo d’uccello.
Il dipinto ha subito interventi di restauro che ne avevano alterato i toni e la profondità; la rimozione delle sovraverniciature ha restituito luce cristallina ai metalli, tridimensionalità ai pesci e precisione compositiva. In questa tavola, come in altre, ogni elemento — pesce, scolapasta, peltro, gamberi, ostriche e perfino il gatto — diventa simbolo di un mondo in cui ricchezza, gusto e autocontrollo si manifestano senza parole.
Natura morta con formaggi, mandorle e salatini: l’intelligenza silenziosa del banchetto
Intorno al 1615, Peeters compose una delle sue tavole più emblematiche, oggi conservata al Mauritshuis dell’Aia. Dipinta ad olio su tavola, alta 34,5 cm e larga 49,5 cm, l’opera porta la firma dell’artista sul manico di un coltello, piccolo oggetto quotidiano che diventa insieme strumento di riconoscimento e simbolo di discreta distinzione.
Peeters si specializzò nelle nature morte di banchetti, destinate a un pubblico borghese emergente, attento al possesso e alla misura, alla ricchezza e al buon gusto domestico. In queste composizioni, ogni oggetto — dai formaggi al burro, dai fichi secchi all’uvetta, dal panino al bicchiere veneziano dorato — è scelto con cura e disposto con precisione, riflettendo l’ordine morale e sociale del suo tempo. La tavola diventa un microcosmo ordinato, dove lusso e moderazione convivono, e l’atto di guardare il cibo e gli oggetti quotidiani si trasforma in esercizio di osservazione, riflessione e virtù.
La varietà dei materiali — porcellana cinese, peltro, vetro dorato, gres — consente a Peeters di esplorare luce e texture, rendendo ogni dettaglio sensoriale e palpabile. Nel coperchio a specchio della brocca Bartmann, l’artista inserisce il proprio autoritratto, come a dire che dietro la composizione di oggetti preziosi c’è una presenza pensante e vigile. Questo gesto richiama la tradizione di Jan van Eyck e si ripete in altre sette opere note di Peeters, un modo sottile di affermare identità e autorità in un contesto che raramente permetteva visibilità alle donne.
Il coltello, oltre a firmare l’opera, reca incise le figure della fides e della temperantia, insieme a mani che stringono un cuore ardente: simboli di fedeltà, moderazione e affetto. Piccoli dettagli, come ammaccature sui piatti o imperfezioni sui bordi, testimoniano l’attenzione alla verità della materia e alla quotidianità del consumo domestico.
Natura morta con fiori, calice d’argento dorato e brocca di peltro: la presenza silenziosa dell’artista
In Natura morta con fiori, un calice in argento dorato, frutta secca, dolciumi, grissini, vino e una brocca di peltro, Clara Peeters continua il suo dialogo tra precisione tecnica e intelligenza visiva, trasformando la tavola in un microcosmo domestico che parla della società fiamminga del primo Seicento. L’opera, databile intorno al 1612-1615, mostra la pittrice al culmine della sua maturità artistica: ogni oggetto è disposto con cura geometrica, illuminato da una luce chiara che rivela superfici e lucentezza dei materiali.
Clara vi inserisce ben sette autoritratti: tre nel calice e quattro nella brocca, piccoli e discreti, che
testimoniano la sua presenza silenziosa ma costante. È un gesto straordinario: in un mondo artistico dominato dagli uomini, Peeters afferma la propria identità attraverso la rifrazione della luce e la precisione del dettaglio, rendendo la firma visibile non solo come parola scritta, ma come riflesso vivo e concreto dell’artista.
Ogni elemento — dal panetto di burro ai grissini — diventa segno di gusto e disciplina, simbolo di una borghesia che misura il proprio prestigio attraverso la qualità e l’estetica del cibo e degli oggetti. Il gioco dei riflessi non è solo virtuosismo tecnico: è strategia visiva e sociale. Nei calici e nella brocca, l’artista si colloca nello spazio della tavola come osservatrice e protagonista, creando un dialogo tra oggetto e spettatore.
Il raro autoritratto di Clara Peeters
Tra le pittrici fiamminghe del XVII secolo, Clara Peeters emerge come figura singolare, specializzata in nature morte raffinate e simbolicamente dense. Solo recentemente è tornato sotto i riflettori il suo unico autoritratto conosciuto, messo all’asta da Sotheby’s a Londra il 2 luglio 2025, con una stima tra 1,2 e 1,8 milioni di sterline.
Il dipinto ritrae una donna vestita con eleganza, circondata da oggetti tipici delle nature morte vanitas: monete, gioielli, un calice decorato, un mazzo di fiori e un piccolo specchio. Ogni elemento richiama la caducità della bellezza e della ricchezza, mentre il volto femminile, probabilmente quello della stessa Peeters, funge da firma pittorica simbolica: un modo discreto e ingegnoso di lasciare la propria traccia, dato che altri ritratti della pittrice non sono documentati.
Dopo l’ultima vendita documentata nel 1994, questa asta rappresenta una rara opportunità di avvicinarsi a un’opera di una delle poche donne attive professionalmente nel panorama artistico europeo del primo Seicento, testimoniando la maestria e l’ingegno di Clara Peeters.
E forse, tra quegli oggetti scintillanti e riflessi nello specchio, si nasconde ancora un segreto: uno sguardo che osserva il tempo che passa e l’arte che rimane, silenzioso ma implacabile, come la stessa Peeters.                                                                                              Massimo Capuozzo

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