Nella quiete lucente dei suoi tavoli imbanditi,
Clara Peeters fissò l’immagine di un mondo che non le apparteneva del tutto,
rendendolo al contempo suo. Nata probabilmente ad Anversa tra il 1580 e il
1589, fu tra le prime artiste a trasformare la natura morta in un linguaggio
autonomo, capace di esprimere non solo il gusto e la ricchezza di un’epoca, ma
anche la presenza silenziosa di chi la dipingeva.
In una società che relegava le donne ai margini
dell’attività pubblica, Peeters trovò nella natura morta un campo di libertà:
un genere allora in piena espansione, scelto e collezionato da mercanti, notai
e artigiani arricchiti, desiderosi di circondarsi di oggetti che
testimoniassero prosperità, misura e raffinatezza. Il suo successo nacque non
solo dalla perizia tecnica, ma dall’intelligenza con cui seppe leggere i codici
visivi e morali della nuova borghesia fiamminga. Le sue tavole riflettono un
mondo che costruiva il proprio prestigio attraverso la bellezza ordinata delle
cose.
La vita di Clara resta avvolta dal mistero, ma
la qualità dei suoi lavori rivela una solida formazione. Le opere più antiche,
datate 1607-1612, mostrano una mano già matura, vicina a quella di Osias Beert
I ma più brillante nell’uso della luce. Nelle sue composizioni — calici
cesellati, monete d’oro, formaggi tagliati con precisione, dolcetti, fiori e
stoviglie su sfondi scuri — ogni oggetto è segno di distinzione e, insieme, di
meditazione. Il suo modo di disporli, senza sovrapposizioni e in perfetto
equilibrio, riflette la disciplina visiva e morale di un’epoca che identificava
la bellezza con la misura.
Dietro questa compostezza si nasconde una
tensione più profonda: quella di una donna che, attraverso il gesto pittorico,
afferma la propria presenza in un mondo di uomini. Nei riflessi dei calici e
delle brocche — dove spesso inserisce minuscoli autoritratti — Peeters dichiara
con discrezione la propria esistenza professionale. È la prima pittrice a farlo
nella natura morta: un modo sottile per occupare uno spazio negato, per dirsi
presente senza esporsi, per firmare non solo un quadro ma un’identità.
Natura morta con pesce: riflessi di una
società
domenica 5 ottobre 2025
Clara Peeters: lo sguardo riflesso dell’identà di genere di Massimo Capuozzo
La Natura
morta con pesce, conservata al Royal Museum of Fine Arts di Anversa e
datata prima del 1620, non è solo un esercizio di perizia pittorica, ma una
finestra su una società che si misura attraverso gli oggetti. Al centro della
tavola, una carpa e un luccio riposano in uno scolapasta di terracotta; a
destra, pesce affumicato, gamberi e ostriche; a sinistra altri gamberi. La
disposizione rigorosa, illuminata da una luce chiara e misurata, rivela l’occhio
esperto dell’artista e il gusto della borghesia che apprezzava queste immagini.
Clara gioca con i riflessi e le superfici
lucide, variando le tecniche: strati sottili per la carpa, pastosi per le
aragoste, sfumature delicate per il riflesso nella ciotola di peltro, ottenendo
un effetto tridimensionale che fa dialogare luce e materia. La doppia firma in
basso a sinistra, risultato di un aggiustamento durante il processo creativo,
diventa un piccolo atto di affermazione personale: un segno discreto della propria
presenza in un mondo che tendeva a ignorare le artiste.
Restaurata di recente, la tavola ha
riacquistato i toni freddi e il lucore originario, restituendo il ritmo
compositivo e la ricchezza dei dettagli. Ogni oggetto — il pesce, le aragoste,
le ostriche, il peltro e la terracotta — diventa simbolo di status, prosperità,
disciplina morale e piacere estetico. La tavola si trasforma in un microcosmo
sociale, uno spazio ordinato dove gli oggetti riflettono abitudini, valori e
aspirazioni di una società urbana in trasformazione.
Natura morta di pesci e gatti: abbondanza
domestica e intelligenza visiva
La straordinaria abilità di Peeters nel
rendere trame e dettagli naturalistici si manifesta pienamente in questa
tavola. Al centro, uno scolapasta di terracotta rossastra contiene diversi tipi
di pesce, tra cui un’anguilla che forma un elegante anello; a destra, pesce
affumicato, gamberi e ostriche; a sinistra, altri gamberi. Un gatto vigile
osserva attentamente, pronto a difendere la propria fortuna di pesce,
introducendo un elemento di vita domestica e leggerezza narrativa.
La tecnica di Peeters rivela una sorprendente
versatilità: strati sottili per la carpa, vernice spessa e pastosa per le
aragoste con riflessi tridimensionali, sfumature delicate per i riflessi nella
ciotola di peltro, ottenendo un effetto di morbida fusione cromatica. Questa
cura tecnica mostra un controllo raffinato, probabilmente influenzato da Osias
Beert I, suo possibile maestro.
Sotto l’apparente compostezza, due firme (CLARA. P) in basso a sinistra testimoniano
un “pentimento” creativo, un aggiustamento durante il processo pittorico che
diventa anche dichiarazione d’identità. La tavola mostra la sua attenzione alla
composizione compatta e armonica, con una tavolozza dai toni controllati e un
punto di vista più basso rispetto alle prime nature morte a volo d’uccello.
Il dipinto ha subito interventi di restauro
che ne avevano alterato i toni e la profondità; la rimozione delle
sovraverniciature ha restituito luce cristallina ai metalli, tridimensionalità
ai pesci e precisione compositiva. In questa tavola, come in altre, ogni
elemento — pesce, scolapasta, peltro, gamberi, ostriche e perfino il gatto —
diventa simbolo di un mondo in cui ricchezza, gusto e autocontrollo si
manifestano senza parole.
Natura morta con formaggi, mandorle e
salatini: l’intelligenza silenziosa del banchetto
Intorno al 1615, Peeters compose una delle sue
tavole più emblematiche, oggi conservata al Mauritshuis dell’Aia. Dipinta ad
olio su tavola, alta 34,5 cm e larga 49,5 cm, l’opera porta la firma
dell’artista sul manico di un coltello, piccolo oggetto quotidiano che diventa
insieme strumento di riconoscimento e simbolo di discreta distinzione.
Peeters si specializzò nelle nature morte di
banchetti, destinate a un pubblico borghese emergente, attento al possesso e
alla misura, alla ricchezza e al buon gusto domestico. In queste composizioni,
ogni oggetto — dai formaggi al burro, dai fichi secchi all’uvetta, dal panino
al bicchiere veneziano dorato — è scelto con cura e disposto con precisione,
riflettendo l’ordine morale e sociale del suo tempo. La tavola diventa un
microcosmo ordinato, dove lusso e moderazione convivono, e l’atto di guardare il
cibo e gli oggetti quotidiani si trasforma in esercizio di osservazione,
riflessione e virtù.
La varietà dei materiali — porcellana cinese,
peltro, vetro dorato, gres — consente a Peeters di esplorare luce e texture,
rendendo ogni dettaglio sensoriale e palpabile. Nel coperchio a specchio della
brocca Bartmann, l’artista inserisce il proprio autoritratto, come a dire che
dietro la composizione di oggetti preziosi c’è una presenza pensante e vigile.
Questo gesto richiama la tradizione di Jan van Eyck e si ripete in altre sette
opere note di Peeters, un modo sottile di affermare identità e autorità in un
contesto che raramente permetteva visibilità alle donne.
Il coltello, oltre a firmare l’opera, reca
incise le figure della fides e della temperantia, insieme a mani che stringono un
cuore ardente: simboli di fedeltà, moderazione e affetto. Piccoli dettagli,
come ammaccature sui piatti o imperfezioni sui bordi, testimoniano l’attenzione
alla verità della materia e alla quotidianità del consumo domestico.
Natura morta con fiori, calice d’argento
dorato e brocca di peltro: la presenza silenziosa dell’artista
In Natura
morta con fiori, un calice in argento dorato, frutta secca, dolciumi,
grissini, vino e una brocca di peltro, Clara Peeters continua il suo dialogo
tra precisione tecnica e intelligenza visiva, trasformando la tavola in un
microcosmo domestico che parla della società fiamminga del primo Seicento.
L’opera, databile intorno al 1612-1615, mostra la pittrice al culmine della sua
maturità artistica: ogni oggetto è disposto con cura geometrica, illuminato da
una luce chiara che rivela superfici e lucentezza dei materiali.
Clara vi inserisce ben sette autoritratti:
tre nel calice e quattro nella brocca, piccoli e discreti, che
testimoniano la
sua presenza silenziosa ma costante. È un gesto straordinario: in un mondo
artistico dominato dagli uomini, Peeters afferma la propria identità attraverso
la rifrazione della luce e la precisione del dettaglio, rendendo la firma
visibile non solo come parola scritta, ma come riflesso vivo e concreto
dell’artista.
Ogni elemento — dal panetto di burro ai
grissini — diventa segno di gusto e disciplina, simbolo di una borghesia che
misura il proprio prestigio attraverso la qualità e l’estetica del cibo e degli
oggetti. Il gioco dei riflessi non è solo virtuosismo tecnico: è strategia
visiva e sociale. Nei calici e nella brocca, l’artista si colloca nello spazio
della tavola come osservatrice e protagonista, creando un dialogo tra oggetto e
spettatore.
Il raro autoritratto di Clara Peeters
Tra le pittrici fiamminghe del XVII secolo,
Clara Peeters emerge come figura singolare, specializzata in nature morte
raffinate e simbolicamente dense. Solo recentemente è tornato sotto i
riflettori il suo unico autoritratto conosciuto, messo all’asta da Sotheby’s a
Londra il 2 luglio 2025, con una stima tra 1,2 e 1,8 milioni di sterline.
Il dipinto ritrae una donna vestita con
eleganza, circondata da oggetti tipici delle nature morte vanitas: monete,
gioielli, un calice decorato, un mazzo di fiori e un piccolo specchio. Ogni
elemento richiama la caducità della bellezza e della ricchezza, mentre il volto
femminile, probabilmente quello della stessa Peeters, funge da firma pittorica
simbolica: un modo discreto e ingegnoso di lasciare la propria traccia, dato
che altri ritratti della pittrice non sono documentati.
Dopo l’ultima vendita documentata nel 1994,
questa asta rappresenta una rara opportunità di avvicinarsi a un’opera di una
delle poche donne attive professionalmente nel panorama artistico europeo del
primo Seicento, testimoniando la maestria e l’ingegno di Clara Peeters.
E forse, tra quegli oggetti scintillanti e
riflessi nello specchio, si nasconde ancora un segreto: uno sguardo che osserva
il tempo che passa e l’arte che rimane, silenzioso ma implacabile, come la
stessa Peeters. Massimo Capuozzo
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