mercoledì 9 gennaio 2013

La Storia le storie: la storia di Properzia. Di Massimo Capuozzo

Parlare di donne, tanto spesso soffocate da una società maschilista, nonostante ottime prove in campo artistico e letterario, serve a dare un equanime e doveroso contributo ad una pari opportunità in campo artistico e letterario e ad offrire il tributo della memoria alle tante creature femminili che hanno scolpito, dipinto e poetato come e talvolta anche meglio degli animi maschili, senza che di loro, però si trovino più tracce nei manuali scolastici oltre alle solite Artemisia Gentileschi e Rosalba Carriera.
Properzia de' Rossi (1490 – 1530) è stata la prima scultrice in Europa. Bella ed affascinante, passionale e sensibile, durante la sua breve e tormentata esistenza, riuscì a vivere intensamente come poche donne dell’epoca e a costituire un modello per molte artiste che vennero dopo di lei. Indubbiamente rappresentò un elemento di disturbo nel panorama artistico bolognese per la sua accesa e straripante sensualità e per il suo carattere passionale nella vita e nell’arte: ancora nel XIX secolo le fu dedicata una tragedia dal ravennate Paolo Costa (1771 - 1836) cui Properzia, a tre secoli dalla morte, ispirò una tragedia in versi intitolata a lei. Era senz’altro una donna controcorrente, poiché si sottrasse al vincolo del matrimonio e scelse la convivenza, guadagnandosi l’epiteto di concubina, fatto cui si collegò la critica contemporanea che l’accusò di usare la sfera sessuale per ottenere in scambio incarichi. I tratti peculiari delle sue scelte di vita, anche nel senso delle sue scelte artistiche, motivano in parte la predilezione per tecniche contrassegnate da un impegno-sfida: piccoli tocchi di cesello impressi su noccioli di frutta alternati a colpi vibrati sulle lastre di marmo.
Properzia era figlia naturale del notaio Girolamo de’ Rossi di Bologna e nacque nel 1490 probabilmente a Bologna. Neppure per lei manca un aneddoto che ne tratteggi la precocità infantile, prefigurando l'attività futura: si racconta, infatti, che da bambina, il suo gioco preferito era quello di modellare nella creta figure d'uomini e di animali.
Secondo la tradizione, Properzia si formò nello studio dell'incisore bolognese Marcantonio Raimondi, quando lei era un’adolescente di sedici anni e lui di dieci anni maggiore di lei; da Raimondi apprese l’arte della miniatura e della scultura in marmo e terracotta fino al 1507, anno in cui l’incisore lasciò Bologna per Roma.
Il misogino Giorgio Vasari, mai tenero con gli artisti bolognesi, era rimasto talmente impressionato dall’abilità tecnica di Properzia, capace di scolpire perfino noccioli di pesca, che le dedicò un ritratto leggendario nelle sue celebri Vite: l'eccezionale presenza di una donna che mise le «tenere e bianchissime mani nelle cose meccaniche, e fra la ruvidezza de' marmi e l'asprezza del ferro» destò la sua stupita ammirazione e le riservò un esaltante elogio per la sua bellezza e per il suo virtuosismo come intagliatrice di noccioli di frutta. Un ritratto tanto celebrato da crearne un mito.

Presso il Museo Civico Medievale di Bologna, si conserva uno stemma eseguito in forma di gioiello per la nobile famiglia Grassi: esso è realizzato in filigrana d'argento e vi è raffigurata un’aquila bicefala, sormontata da una corona. Nella filigrana sono incastonati a giorno undici noccioli di pesca, intagliati dalla scultrice. Per ciascun nocciolo, Properzia eseguì due immagini: da una parte l'effige di un apostolo e dall'altra quella di una santa, l'aquila imperiale a due teste sormontata da corona sintetizza un’interessante iconografia, rappresenta, infatti, un emblema araldico e al contempo un simbolo di devozione.
In un nocciolo di pesca, parte di una collana conservata al Palazzo Pepoli-Bonamini di Pesaro, Properzia scolpì l’intera Passione di Gesù.
Secondo alcune fonti, è opera sua anche un nocciolo di ciliegia con incise sessanta teste ed incastonato in un anello conservato presso il Gabinetto delle Gemme della Galleria degli Uffizi di Firenze.
Questi gioielli sono preziosi non tanto per il valore intrinseco dei materiali, quanto per la perizia dell'esecuzione: essi, infatti, suscitarono le lodi di collezionisti e di esperti d'arte, come si rileva dalle parole tratte da un manoscritto di Marcello Oretti: «...figurine così ben mosse, che è uno stupore il vederle.»
La vita di Properzia, che «fu del corpo bellissima, e sonò, e cantò ne' suoi tempi, meglio che femmina della sua città», secondo le parole di Vasari, è avvolta in gran parte dall'ombra ed è caratterizzata da inquietudini e trasgressioni, che secondava il suo ingegno, definito da Vasari “capriccioso e destrissimo”.
Le sue mirabili miniature la fecero notare e molti nobili bolognesi cominciarono a commissionarle busti in marmo. Properzia giunse così alle opere di grandi dimensioni grazie alla fama procuratale dai lavori ad intaglio su superfici infinitesime.
Per la chiesa bolognese di Santa Maria del Barracano, eseguì alcune figure per il baldacchino e per l’altare maggiore, attirandosi per questo l’invidia dei rivali: precisione di tratto ed abilità inventiva trovavano espressione nella sua vibrante capacità di far guizzare dai materiali – legno, marmo o calcare – figure turgide, rappresentate nella pienezza delle loro emozioni.
Nel 1520, Properzia fu citata in giudizio e processata insieme al giurista Anton Galeazzo Malvasia, del quale era ritenuta convivente, per aver danneggiato la proprietà di un vicino, il vellutaro Francesco da Milano: vilipesa con l'epiteto di concubina fu accusata d'aver schiantato, con la complicità del suo amante, «ventiquattro piedi di vite ed un arbore di marasca».
Tra tutte queste turbolenze esistenziali, Properzia tra il 1525 e il 1526 ottenne il premio della sua vita: l’esecuzione di alcuni lavori nel cantiere della basilica di San Petronio di Bologna per la decorazione della facciata ovest della Cattedrale con figure di angeli e di sibille.
Il cantiere di San Petronio significava per lei lavorare nel cantiere più prestigioso della città: mentre il portale centrale era stato realizzato da Jacopo Della Quercia dal 1425 al 1434, i due portali laterali furono disegnati da Ercole Seccadenari – ingignero dal 1524 della Fabbrica della Basilica di San Petronio – e dovevano essere decorati da formelle: i pilastri ospitano, infatti, Scene bibliche, mentre gli architravi Storie del Nuovo Testamento. Alla decorazione partecipavano gli artisti più in vista del momento, da Amico Aspertini, a Niccolò Tribolo, ad Alfonso Lombardi, a Girolamo da Treviso, fino a Zaccaria da Volterra e allo stesso Saccadenari. Properzia era l’unica donna in un contesto artistico, quello della scultura, di esclusiva prerogativa maschile a causa della maggiore difficoltà, provata proprio dall'assenza di donne scultrici. Ma Properzia aveva vinto il concorso e doveva realizzare due formelle in marmo sul tema della castità di Giuseppe.
Alla particolare attenzione dell'intreccio narrativo, rapidamente sintetizzato nelle due formelle Giuseppe e la moglie di Putifarre e La moglie di Putifarre accusa Giuseppe, è associato un dramma interiore, riflesso della personale vicenda biografica di Properzia: Vasari riconduce la formella con Giuseppe e la moglie di Putifarre alla passione della bella Properzia non ricambiata per un giovane bolognese, forse Anton Galeazzo Malvasia, con cui sembra comunque convivesse. Nelle sembianze di Giuseppe, l'artista avrebbe, infatti, rappresentato l'uomo amato, ritraendo invece la propria fisionomia nei panni della seduttrice.
Nella Genesi si racconta che la moglie del ricco signore d'Egitto Putifarre si fosse infatuata del giovane schiavo Giuseppe che per le sue capacità, era stato posto a capo dell'amministrazione della casa. La donna cercò di sedurlo, ma piccata dal rifiuto del ragazzo, si vendicò accusandolo di aver tentato di farle violenza, mostrando come prova la veste dello schiavo, della quale questi si era liberato per fuggire dalle mani della moglie del padrone. Per questa falsa accusa Giuseppe fu rinchiuso nelle prigioni del Faraone dove, però trovò grazia agli occhi del direttore del carcere al punto che questi gli affidò le sue stesse mansioni.
Al di là degli aspetti romanzeschi ed autobiografici proposti da Vasari, questo bassorilievo rimanda piuttosto ad un’interpretazione al femminile del testo biblico, in cui i modelli figurativi raffaellizzanti per la resa del morigerato Giuseppe, si fanno michelangioleschi nel gesto forte e deciso del braccio della donna che tenta il giovane afferrandogli il mantello con braccia vigorose: l’emergere aggressivo e protagonistico della figura femminile, l’attenzione con cui è indagato il suo corpo, reso con assoluta naturalezza, può indurre ad un’immediata identificazione con l’inquieta scultrice, qui intenta quasi a proclamare senza ritegno la volontà femminile della propria vita affettiva sentimentale e sessuale. Più che una confessione autobiografica è la dichiarazione di un modo di intendere la propria condizione umana, sociale e professionale.
L’invidia dei colleghi le causò la solita accusa di concubinaggio con il nobile Malvasia: coinvolta in una lite avvenuta notte tempo insieme al pittore Domenico Francia, graffiò la faccia del pittore Vincenzo Miola. Al processo intervenne come testimone accusatore anche il collega Amico Aspertini, forse determinato a stroncare con Miola la carriera della pericolosa rivale, con evidente ostilità verso Properzia, al punto di adoperarsi – a detta di Vasari – per screditarla fino ad ottenere che le formelle le fossero pagata un vilissimo prezzo: evidentemente la fama di Properzia costituiva un elemento di disturbo nei riguardi del monopolio artistico maschile e le citazioni in giudizio potevano essere un efficace strumento per mettere a rischio il suo prestigio.
Tuttavia, nonostante l'ostile concorrenza degli altri maestri attivi nel cantiere di S. Petronio, Properzia riuscì ad ottenere anche altre importanti commissioni, ma i suoi interventi furono comunque controllati e sottoposti alla supervisione del fiorentino Tribolo, infatti, dagli atti di pagamento, si deduce che la scultrice si limitava ad eseguire in marmo i modelli predisposti dall'artista: Properzia eseguì Gli Angeli reggenti i simboli della passione e le diverse Sibille, dalle movenze ancora di sapore michelangiolesco.
Per l’undicesima cappella della Basilica di San Petronio Properzia realizzò due angeli in altorilievo, posti ai lati dell’Annunciazione di Domenico Brusasorci. Suo è anche un’altra formella che raffigura La visita della regina di Saba a Salomone.
È noto che Properzia avesse ricevuto molte commesse per realizzare sculture in legno e marmo, ma molte opere non sono documentate e l’attribuzione è incerta.
Per salvaguardare la propria posizione, in seguito al clima conflittuale determinato dalle rivalità degli altri artisti, Properzia ricorse alla protezione dei Pepoli, per i quali eseguì un bassorilievo che ritrae, il Conte Guido già defunto copiando mirabilmente un oggetto fornitogli dal figlio, conservato presso la proprietà della famosa famiglia a Palata.
È abbastanza difficile invece distinguere la produzione di Properzia nell'esecuzione dei capitelli del portico del palazzo Salina-Amorini a Bologna, perché l'artista collaborò con altri scultori di fama: la prerogativa estetica dell'edificio consiste, infatti, non solo nella struttura architettonica, ma soprattutto nelle invenzioni decorative delle sculture che ne abbelliscono il prospetto.
A Properzia sono inoltre attribuiti gli intagli nel cortile di palazzo Grassi a Bologna.
Alla sua turbolenta vita corrisponde un epilogo tragico.
La sua fama era giunta anche al Papa Clemente VII dei Medici che avrebbe voluto conoscerla. Vasari riferisce che, al termine dell'incoronazione di Carlo V il 24 febbraio del 1530, papa Clemente VII chiese di incontrare la scultrice, ma gli fu risposto che Properzia era morta di peste, quella stessa settimana, notizia «che li spiacque grandissimamente».
Questa donna a forti tinte, ammirata, invidiata e forse molto infelice, era morta sola com’era sempre vissuta nell'ospedale di San Giobbe ed era stata sepolta nell'ospedale della Morte.
Aveva appena trentanove anni.
Massimo Capuozzo

2 commenti:

  1. Amo la steria delle donne e la studio per divulgarla nelle mie conferenze,Adriana Abate Occhipinti Trapani

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  2. Seguo Properzia dal 1974 e vi ringrazio per larticolo cosi articolato.Finalmente torna nella luce😁bravo.Ma mi sono sempre chiesto.....ha visto 'i modi' di Marcantonio?Io dico di si!!!!🙃

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