Il nobile Amilcare, influenzato dal clima intellettuale ed
aperto della cultura cremonese e, sull’esempio del giurista Agostino Gallarati che sostenne il talento letterario
della figlia Partenia, intese le inclinazioni artistiche delle
figlie e tentò di promuoverle presso le più alte cariche del tempo.
Amilcare
aveva un ruolo importante nella società, faceva parte del consiglio dei
Decurioni, che governava la città di Cremona per conto dell’impero spagnolo di
Filippo II. Questa attività gli permise importanti contatti con personaggi in
vista sia spagnoli sia italiani. Bianca ebbe un ruolo importante nella famiglia
con le sue altolocate conoscenze, probabilmente riuscì a promuovere il talento
artistico delle sue figlie. I tempi erano maturi per un riconoscimento dei
talenti femminili, ad iniziare dalle corti, dove si misero in luce.
Le
Sofonisbe, come le chiama il misogino Carlo Emilio Gadda, crebbero
insieme, istruite e assecondate dai genitori a coltivare i loro talenti
intellettuali ed artistici. Una storia di illuminata anticipazione di ciò che,
a distanza di poco meno di tre secoli, divenne la costruzione borghese
dell’identità femminile di classe medio-alta: secondo i suoi genitori, infatti,
la musica, la poesia, l’arte potevano sposarsi con la maternità, con la
dedizione ai figli, con la cura della casa, purché non si facessero mestiere,
purché non emancipassero la donna dal perimetro della casa e della famiglia,
procurandole autonomia, decisionalità e denaro da amministrare.
Intorno al 1546, le Sofonisbe
continuarono ad essere indirizzate dal padre verso una formazione intellettuale
piuttosto liberale e sicuramente anticonformista per l’epoca. Perseguendo l’obiettivo
di un modello di socialità filo-femminile, e coltivando la speranza di
garantire lustro e continuità alla propria stirpe, Amilcare Anguissola decise,
infatti, di coltivare le qualità delle proprie figlie, avviandole a studi
umanistici ed artistici. In virtù di un padre per certi aspetti anticonvenzionale,
come Amilcare, che si può considerare, senza dubbio, un precursore di quella
che, pochi secoli dopo, diventò l’educazione tradizionale delle future
nobildonne, la figura di Sofonisba acquisisce oggi una valenza storica ancora
più significativa.
Nel
1546, Amilcare Anguissola si accordò con il
pittore Bernardino Campi (1546 – 1549) giovane – era più grande di Sofonisba
soltanto di dieci anni – ma destinato ad
una carriera folgorante e gli mandò a bottega le due maggiori, Sofonisba ed
Elena, di poco più piccola, affinché imparassero a disegnare e a dipingere dopo
il tirocinio Elena però decise di entrare in convento.
Il
ventiquattrenne maestro Bernardo era un pittore di formazione mantovana non
imparentato con i cremonesi Giulio
Campi e Antonio Campi e Vincenzo Campi, era il
tipico esponente del Manierismo lucido,
elegante e sofisticato di Parmigianino. Campi era famoso per i ritratti, ed
Amilcare desiderava che le figlie potessero seguire questa strada potendo, in
un futuro, ritrarre l’aristocrazia che essi frequentavano e in quel periodo la
corsa al ritratto era diventata una vera mania.
Certamente le due ragazze non frequentarono la bottega vera e
propria accanto a garzoni e apprendisti di ogni
genere, ma per tre anni si recarono tutti i giorni
a casa del pittore, accompagnate da una domestica, sotto la vigilanza della madre
e ricevettero un’educazione che fornì loro i rudimenti dell’arte, in particolar
modo dedicandosi allo studio dei ritratti dal naturale e tralasciando l’invenzione
dei consueti soggetti religiosi.
Nel
1549, però, Bernardino dovette lasciare Cremona, per ritrarre Ippolita Gonzaga,
figlia del governatore di Milano: trasferitosi in
maniera stabile Milano alla corte di Ferrante I Gonzaga, esportò le novità del Manierismo in una scuola pittorica ancora
attardata nell'imitazione dello stile di Leonardo e Gaudenzio
Ferrari.
Sebbene
le sorelle fossero già pronte per camminare da sole, il padre le volle affiancare
al più anziano Bernardino Gatti detto il
Sojaro (1549-1551ca), pavese d’origine,
ma radicato tra Cremona e Piacenza era ben legato
alla vivace cultura artistica cremonese del Cinquecento: i suoi modelli furono Pordenone e Correggio, che fu suo maestro, riuscì a combinare questi motivi in una formula personale di
classicismo, senza escludere inflessioni naturalistiche di sapore lombardo.
Sofonisba
ritornò in famiglia si specializzò nel ritratto ed insegnò le tecniche alle
sorelle Lucia, Europa e Anna Maria e proprio nell’ambiente domestico nacquero i
suoi dipinti più celebri. In questo periodo spesso i modi figurativi sono
collocati all’incrocio di diverse traiettorie, tra il linguaggio dell'area
emiliana e lombarda, quello che affluisce dalle scuole nordiche, in particolare
quelle fiamminghe, e le influenze iniziali provenienti dalla Spagna. Il repertorio
che si viene definendo predilige, più che la pittura religiosa o storica, i
temi delle nature morte magari ambientate nelle vaste cucine e soprattutto la
pratica del ritratto, nella quale Sofonisba eccelle, nel virtuosismo, nella
resa dei dettagli di stoffe e gioielli, nell'attenzione per una resa
fisiognomica che sottolinea, nell'individuo, la sua aderenza alla società di
corte.
Massimo Capuozzo
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